Archive pour avril, 2010

GIOVEDÌ 29 APRILE 2010 – IV SETTIMANA DI PASQUA

GIOVEDÌ 29 APRILE 2010 – IV SETTIMANA DI PASQUA

SANTA CATERINA DA SIENA – PATRONA D’ITALIA (f)

UFFICIO DELLE LETTURE

(metto anche la prima lettura dal bellissimo libro della Sapienza)

Prima Lettura
Dal libro della Sapienza 7, 7-16. 22-30

I giusti trovano gioia nella conoscenza del Signore
Pregai e mi fu elargita la prudenza;
implorai e venne in me lo spirito della sapienza.
La preferii a scettri e a troni,
stimai un nulla la ricchezza al suo confronto;
non la paragonai neppure a una gemma inestimabile,
perché tutto l’oro al suo confronto è un po’ di sabbia
e come fango sarà valutato di fronte ad essa l’argento.
L’amai più della salute e della bellezza,
preferii il suo possesso alla stessa luce,
perché non tramonta lo splendore che ne promana.
Insieme con essa mi sono venuti tutti i beni;
nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile.
Godetti di tutti questi beni, perché la sapienza li guida,
ma ignoravo che di tutti essa è madre.
Senza frode imparai e senza invidia io dono,
non nascondo le sue ricchezze.
Essa è un tesoro inesauribile per gli uomini;
quanti se lo procurano si attirano l’amicizia di Dio,
sono a lui raccomandati per i doni
del suo insegnamento
Mi conceda Dio di parlare secondo conoscenza
e di pensare in modo degno dei doni ricevuti,
perché egli è guida della sapienza
e i saggi ricevono da lui orientamento.
In suo potere siamo noi e le nostre parole,
ogni intelligenza e ogni nostra abilità.
In essa c’è uno spirito intelligente, santo,
unico, molteplice, sottile,
mobile, penetrante, senza macchia,
terso, inoffensivo, amante del bene, acuto,
libero, benefico, amico dell’uomo,
stabile, sicuro, senz’affanni,
onnipotente, onniveggente
e che pervade tutti gli spiriti
intelligenti, puri, sottilissimi.
La sapienza è il più agile di tutti i moti;
per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa.
E` un’emanazione della potenza di Dio,
un effluvio genuino della gloria dell’Onnipotente,
per questo nulla di contaminato in essa s’infiltra.
E` un riflesso della luce perenne,
uno specchio senza macchia dell’attività di Dio
e un’immagine della sua bontà.
Sebbene unica, essa può tutto;
pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova e
attraverso le età entrando nelle anime sante,
forma amici di Dio e profeti.
Nulla infatti Dio ama se non chi vive con la sapienza.
Essa in realtà è più bella del sole
e supera ogni costellazione di astri;
paragonata alla luce, risulta superiore;
a questa, infatti, succede la notte,
ma contro la sapienza la malvagità non può prevalere.

Responsorio   Sap 7, 7-8; Gc 1, 5
R. Pregai, e mi fu elargita la prudenza; implorai, e venne in me lo spirito della sapienza; * io l’ho preferita agli onori e al potere, alleluia.
V. Se qualcuno di voi manca di sapienza, la chieda a Dio, che dona a tutti generosamente, e gli sarà data:
R. io l’ho preferita agli onori e al potere, alleluia.

Seconda Lettura
Dal «Dialogo della Divina Provvidenza» di santa Caterina da Siena, vergine
(Cap. 167, Ringraziamento alla Trinità; libero adattamento; cfr. ed. I. Taurisano, Firenze, 1928, II pp. 586-588)

Ho gustato e veduto
O Deità eterna, o eterna Trinità, che, per l’unione con la divina natura, hai fatto tanto valere il sangue dell’Unigenito Figlio! Tu, Trinità eterna, sei come un mare profondo, in cui più cerco e più trovo; e quanto più trovo, più cresce la sete di cercarti. Tu sei insaziabile; e l’anima, saziandosi nel tuo abisso, non si sazia, perché permane nella fame di te, sempre più te brama, o Trinità eterna, desiderando di vederti con la luce della tua luce.
Io ho gustato e veduto con la luce dell’intelletto nella tua luce il tuo abisso, o Trinità eterna, e la bellezza della tua creatura. Per questo, vedendo me in te, ho visto che sono tua immagine per quella intelligenza che mi vien donata della tua potenza, o Padre eterno, e della tua sapienza, che viene appropriata al tuo Unigenito Figlio. Lo Spirito Santo poi, che procede da te e dal tuo Figlio, mi ha dato la volontà con cui posso amarti.
Tu infatti, Trinità eterna, sei creatore ed io creatura; ed ho conosciuto — perché tu me ne hai data l’intelligenza, quando mi hai ricreata con il sangue del Figlio — che tu sei innamorato della bellezza della tua creatura.
O abisso, o Trinità eterna, o Deità, o mare profondo! E che più potevi dare a me che te medesimo? Tu sei un fuoco che arde sempre e non si consuma. Sei tu che consumi col tuo calore ogni amor proprio dell’anima. Tu sei fuoco che toglie ogni freddezza, e illumini le menti con la tua luce, con quella luce con cui mi hai fatto conoscere la tua verità.
Specchiandomi in questa luce ti conosco come sommo bene, bene sopra ogni bene, bene felice, bene incomprensibile, bene inestimabile. Bellezza sopra ogni bellezza. Sapienza sopra ogni sapienza. Anzi, tu sei la stessa sapienza. Tu cibo degli angeli, che con fuoco d’amore ti sei dato agli uomini.
Tu vestimento che ricopre ogni mia nudità. Tu cibo che pasci gli affamati con la tua dolcezza. Tu sei dolce senza alcuna amarezza. O Trinità eterna!

MERCOLEDÌ 28 APRILE 2010 – IV SETTIMANA DI PASQUA

MERCOLEDÌ 28 APRILE 2010 – IV SETTIMANA DI PASQUA

MESSA DEL GIORNO

Prima Lettura   At 12,24-13,5
Riservate per me Bàrnaba e Sàulo.

Dagli Atti degli Apostoli
In quei giorni, la parola di Dio cresceva e si diffondeva. Bàrnaba e Sàulo poi, compiuto il loro servizio a Gerusalemme, tornarono prendendo con sé Giovanni, detto Marco.
C’erano nella Chiesa di Antiòchia profeti e maestri: Bàrnaba, Simeone detto Niger, Lucio di Cirène, Manaèn, compagno d’infanzia di Erode il tetràrca, e Sàulo. Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: «Riservate per me Bàrnaba e Sàulo per l’opera alla quale li ho chiamati». Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li congedarono.
Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, scesero a Selèucia e di qui salparono per Cipro. Giunti a Salamina, cominciarono ad annunciare la parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dal trattato «Sulla Trinità» di sant’Ilario, vescovo
(Lib. 8, 13-16; PL 10, 246-249)

La naturale unità dei fedeli in Dio mediante l’incarnazione del Verbo e il sacramento dell’Eucaristia
E’ indubitabile che il Verbo si è fatto carne (Gv 1, 14) e che noi con il cibo eucaristico riceviamo il Verbo fatto carne. Perciò come non si dovrebbe pensare che dimori in noi con la sua natura colui che, fatto uomo, assunse la natura della nostra carne ormai inseparabile da lui, e unì la natura della propria carne con la natura divina nel sacramento che ci comunica la sua carne? In questo modo tutti siamo una cosa sola, perché il Padre è in Cristo, e Cristo è in noi.
Dunque egli stesso è in noi per la sua carne e noi siamo in lui, dal momento che ciò che noi siamo si trova in Dio.
In che misura poi noi siamo in lui per il sacramento della comunione del corpo e del sangue, lo afferma egli stesso dicendo: E questo mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete; poiché io sono nel Padre e voi in me e io in voi (cfr. Gv 14, 17-20).
Se voleva che si intendesse solo l’unione morale o di volontà, per quale ragione avrebbe parlato di una graduatoria e di un ordine nell’attuazione di questa unità? Egli è nel Padre per natura divina. Noi siamo in lui per la sua nascita nel corpo. Egli poi è ancora in noi per l’azione misteriosa dei sacramenti.
Questa è la fede che ci chiede di professare. Secondo questa fede si realizza l’unità perfetta per mezzo del Mediatore. Noi siamo uniti a Cristo, che è inseparabile dal Padre. Ma pur rimanendo nel Padre resta unito a noi. In tal modo arriviamo all’unità con il Padre. Infatti Cristo è nel Padre connaturalmente perché da lui generato. Ma, sotto un certo punto di vista, anche noi, attraverso Cristo, siamo connaturalmente nel Padre, perché Cristo condivide la nostra natura umana. Come si debba intendere poi questa unità connaturale nostra lo spiega lui stesso: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui» (Gv 6, 56).
Nessuno sarà in lui, se non colui nel quale egli stesso verrà, poiché il Signore assume in sé solo la carne di colui che riceverà la sua.
Il sacramento di questa perfetta unità l’aveva già insegnato più sopra dicendo: «Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me» (Gv 6, 7). Egli vive in virtù del Padre. E noi viviamo in virtù della sua umanità così come egli vive in virtù del Padre.
Dobbiamo rifarci alle analogie per comprendere questo mistero. La nostra vita divina si spiega dal fatto che in noi uomini si rende presente Cristo mediante la sua umanità. E, mediante questa, viviamo di quella vita che egli ha dal Padre.

MARTEDÌ 27 APRILE 2010 – IV SETTIMANA DI PASQUA

MARTEDÌ 27 APRILE 2010 – IV SETTIMANA DI PASQUA

MESSA DEL GIORNO

Prima Lettura   At 11, 19-26
Cominciarono a parlare anche ai Greci, annunciando che Gesù è il Signore.

Dagli Atti degli Apostoli
In quei giorni, quelli che si erano dispersi a causa della persecuzione scoppiata a motivo di Stefano erano arrivati fino alla Fenicia, a Cipro e ad Antiòchia e non proclamavano la Parola a nessuno fuorché ai Giudei. Ma alcuni di loro, gente di Cipro e di Cirène, giunti ad Antiòchia, cominciarono a parlare anche ai Greci, annunciando che Gesù è il Signore. E la mano del Signore era con loro e così un grande numero credette e si convertì al Signore.
Questa notizia giunse agli orecchi della Chiesa di Gerusalemme, e mandarono Bàrnaba ad Antiòchia. Quando questi giunse e vide la grazia di Dio, si rallegrò ed esortava tutti a restare, con cuore risoluto, fedeli al Signore, da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede. E una folla considerevole fu aggiunta al Signore.
Bàrnaba poi partì alla volta di Tarso per cercare Sàulo: lo trovò e lo condusse ad Antiòchia. Rimasero insieme un anno intero in quella Chiesa e istruirono molta gente. Ad Antiòchia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani.

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di san Pietro Crisologo, vescovo
(Disc. 108; PL 52, 499-500) 

(anche Paolo)

Sii sacrificio e sacerdote di Dio
«Vi prego per la misericordia di Dio» (Rm 12, 1). E’ Paolo che chiede, anzi è Dio per mezzo di Paolo che chiede, perché vuole essere più amato che temuto. Dio chiede perché vuol essere non tanto Signore, quanto Padre. Il Signore chiede per misericordia, per non punire nel rigore.
Ascolta il Signore che chiede: vedete, vedete in me il vostro corpo, le vostre membra, il vostro cuore, le vostre ossa, il vostro sangue. E se temete ciò che è di Dio, perché non amate almeno ciò che è vostro? Se rifuggite dal padrone, perché non ricorrete al congiunto?
Ma forse vi copre di confusione la gravità della passione che mi avete inflitto. Non abbiate timore. Questa croce non è un pungiglione per me, ma per la morte. Questi chiodi non mi procurano tanto dolore, quanto imprimono più profondamente in me l’amore verso di voi. Queste ferite non mi fanno gemere, ma piuttosto introducono voi nel mio interno. Il mio corpo disteso anziché accrescere la pena, allarga gli spazi del cuore per accogliervi. Il mio sangue non è perduto per me, ma è donato in riscatto per voi.
Venite, dunque, ritornate. Sperimentate almeno la mia tenerezza paterna, che ricambia il male col bene, le ingiurie con l’amore, ferite tanto grandi con una carità così immensa.
Ma ascoltiamo adesso l’Apostolo: «Vi esorto», dice, «ad offrire i vostri corpi» (Rm 12, 1). L’Apostolo così vede tutti gli uomini innalzati alla dignità sacerdotale per offrire i propri corpi come sacrificio vivente.
O immensa dignità del sacerdozio cristiano! L’uomo è divenuto vittima e sacerdote per se stesso. L’uomo non cerca fuori di sé ciò che deve immolare a Dio, ma porta con sé e in sé ciò che sacrifica a Dio per sé. La vittima permane, senza mutarsi, e rimane uguale a se stesso il sacerdote, poiché la vittima viene immolata ma vive, e il sacerdote non può dare la morte a chi compie il sacrificio.
Mirabile sacrificio, quello dove si offre il corpo senza ferimento del corpo e il sangue senza versamento di sangue. «Vi esorto per la misericordia di Dio ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente».
Fratelli, questo sacrificio è modellato su quello di Cristo e risponde al disegno che egli si prefisse, perché, per dare vita al mondo, egli immolò e rese vivo il suo corpo; e davvero egli fece il suo corpo ostia viva perché, ucciso, esso vive. In questa vittima, dunque, è corrisposto alla morte il suo prezzo. Ma la vittima rimane, la vittima vive e la morte è punita. Da qui viene che i martiri nascono quando muoiono, cominciano a vivere con la fine, vivono quando sono uccisi, brillano nel cielo essi che sulla terra erano creduti estinti.
«Vi esorto, dice, o fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo». Questo è quanto il profeta ha predetto: Non hai voluto sacrificio né offerta, ma mi hai dato un corpo (cfr. Sal 39, 7 volg.) . Sii, o uomo, sii sacrificio e sacerdote di Dio; non perdere ciò che la divina volontà ti ha dato e concesso. Rivesti la stola della santità. Cingi la fascia della castità. Cristo sia la protezione del tuo capo. La croce permanga a difesa della tua fronte. Accosta al tuo petto il sacramento della scienza divina. Fa’ salire sempre l’incenso della preghiera, come odore soave. Afferra la spada dello spirito, fà del tuo cuore un altare, e così presenta con ferma fiducia il tuo corpo quale vittima a Dio.
Dio cerca la fede, non la morte. Ha sete della tua preghiera, non del tuo sangue. Viene placato dalla volontà, non dalla morte.

LUNEDÌ 26 APRILE 2010 – IV SETTIMANA DI PASQUA

LUNEDÌ 26 APRILE 2010 – IV SETTIMANA DI PASQUA

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dal libro «Su lo Spirito Santo» di san Basilio Magno, vescovo
(Cap. 15, 35-36; PG 32, 130-131)

Lo Spirito dà la vita
Il Signore, che governa la nostra vita, ha istituito per noi il patto del battesimo, espressione sia della morte che della vita. L’acqua dà l’immagine della morte, lo Spirito invece ci dà la garanzia della vita. Da ciò risulta evidente ciò che cercavano, cioè per quale motivo l’acqua sia unita allo Spirito. Infatti nel battesimo sono due i fini che ci si propone di raggiungere, l’uno che venga eliminato il corpo del peccato, perché non abbia più a produrre frutti di morte, l’altro che si viva dello Spirito e si ottenga così il frutto nella santificazione.
L’acqua ci offre l’immagine della morte accogliendo il corpo come in un sepolcro. Lo Spirito, invece, immette una forza che vivifica, facendo passare le nostre anime dalla morte alla vita piena. Questo è il rinascere dall’acqua e dallo Spirito.
Mediante la tre immersioni e le altrettante invocazioni si compie il grande mistero del battesimo: da una parte, viene espressa l’immagine della morte e dall’altra l’anima di coloro che sono battezzati resta illuminata per mezzo dell’insegnamento della scienza divina. Però se nell’acqua vi è una grazia, questa non deriva di certo dalla natura dell’acqua in quanto tale, ma dalla presenza e dall’azione dello Spirito. Infatti il battesimo non è un’abluzione materiale, ma un titolo di salvezza presentato a Dio da una buona coscienza.
Perciò il Signore, nel prepararci a quella vita che viene dalla risurrezione, ci propone tutto un modo di vivere secondo il Vangelo. Vuole che non ci adiriamo, che siamo pazienti nelle avversità e puri dall’attaccamento ai piaceri, che i nostri costumi siano liberi dall’amore del denaro. In tal modo ciò che nella vita futura si possiede per condizione connaturale alla nuova esistenza, lo anticipiamo già qui con le disposizioni della nostra anima.
Già qui per mezzo dello Spirito Santo veniamo riammessi in paradiso, possiamo salire nel regno dei cieli, ritorniamo allo stato di adozione di figli, ci viene dato il coraggio di chiamare Dio nostro Padre, di compartecipare alle grazie di Cristo, di venire chiamati figli della luce, di essere partecipi della gloria eterna e, in breve, di vivere nella pienezza della benedizione. Tutto questo già ora come poi nel tempo futuro. Contemplando come in uno specchio la grazia di quelle ricchezze messe da parte per noi nelle promesse della fede, viviamo nell’attesa di poterle godere.
Infatti se tale è il pegno, quale sarà il tesoro da possedere? E se le primizie sono già così abbondanti, quale sarà la misura completa quando tutto avrà raggiunto il traguardo finale?

Omelia 30-04-2010, prima lettura: Noi vi annunziamo la buona novella che la promessa fatta ai padri si è compiuta. (Atti 13,32)

dal sito: 

 http://www.lachiesa.it/calendario/omelie

Omelia (30-04-2010) 
Eremo San Biagio

Dalla Parola del giorno
Noi vi annunziamo la buona novella che la promessa fatta ai padri si è compiuta. (Atti 13,32)

Come vivere questa Parola?
Nel discorso di Paolo nella sinagoga, salta agli occhi la frequente ripetizione di uno stesso concetto: è avvenuto come era scritto, secondo quanto annunciato dalle Scritture.
L’intera storia della salvezza appare cosa già scritta. L’unico regista è Dio e nulla può impedire la realizzazione del suo disegno: infatti quanti non hanno accolto la salvezza e hanno messo a morte Gesù, in verità proprio in tal modo hanno collaborato al compimento delle Scritture.
Vi è dunque una collaborazione, per così dire, inconsapevole degli uomini al piano divino. Ciò è senz’altro consolante: l’amore di Dio vince ogni resistenza. Ma nel discorso di Paolo c’è anche un secondo tema dominante: della salvezza che si è compiuta secondo quanto era scritto, gli apostoli sono testimoni ed essa sono stati invitati ad annunziare al mondo intero. Se c’è una collaborazione inconsapevole degli uomini al disegno salvifico di Dio, Dio stesso però richiede anche una collaborazione consapevole: di generazione in generazione, egli manifesta il mistero pasquale, cuore della storia della salvezza, ad alcuni uomini, affinché essi lo rendano noto a tutti gli uomini e tutti possano essere salvati.

Nella mia pausa contemplativa, ascolterò l’annunzio dell’apostolo, lascerò che faccia eco nel mio cuore, affinché anch’io sia abilitato a testimoniare la resurrezione di Cristo.

Signore Gesù, che anch’io ascolti le parole che con amore il Padre ha detto a te: « Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato » (v 33; cf Sal 2,7).

Le parole di un esegeta
Il cristiano vive del suo Signore, ma la storia della salvezza è affidata alla testimonianza responsabile del credente, sacramento di salvezza nel mondo
Silvano Fausti 

Omelia per il giorno 30 aprile 2010

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/15257.html

Omelia (08-05-2009) 
Eremo San Biagio
Commento su Giovanni 14,5-6

Dalla Parola del giorno
Gli disse Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?” Gli disse Gesù: “Io sono la via, la verità, la vita.”

Come vivere questa Parola?
Il discorre di Gesù coi suoi discepoli è sempre stimolante e consolante al medesimo tempo. Qui, poco prima che inizi la Passione, il Signore esorta i suoi a non lasciare che il cuore sia turbato. Li esorta a una fede che è piena fiducia nel Padre e li assicura di quel ‘posto’ nel Regno dei cieli che Lui stesso, con la sua morte e resurrezione, ci acquista.
Ed ecco lo stimolo: “Voi – dice – conoscete la via”. Tommaso s’impenna! “Non sappiamo dove stai andando e dunque come possiamo conoscere la via?”
È bello sentire questa inquieta domanda dell’apostolo come il trampolino di lancio in mare aperto. È Gesù che lo butta nell’oceano di un’affermazione che riempie della sua luce tutto il senso della fede cristiana. “Io sono la via, la verità, la vita”. E aggiunge: “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”
È questo suo dichiararsi la strada per avere un contatto filiale col Padre che toglie da noi quell’eccesso di timore (sia pure riverenziale) che c’incute paura e ci tiene lontani da Dio. Quando dice di essere Lui stesso la verità “Dio è AMORE e Gesù stesso afferma che “non c’è amore più grande che dare la vita, noi comprendiamo bene che la verità dell’amore è Lui, il Figlio unigenito. Perché“il Padre ha talmente amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito”.
Gesù dunque è la verità dell’amore. E siccome questo amore “è la vita dell’uomo” come ancora ci dice S.Giovanni, il passaggio è naturale: Gesù è la vita. “Sono vennuto perché abbiano la vita e l’abbiano in pienezza”.

Fermandomi in pausa contemplativa su questo che pare un assioma a volte logorato dall’essere da noi ripetuto ne scorgo, al contrario, la dinamitarda forza che è per noi coraggio, forza e gioia.

Signore, aprimi gli orizzonti del tuo essere via verità vita. E fammi una persona sempre più motivata nel suo aprirsi alla gioia.

La voce di un dottore della Chiesa
Se il Signore Dio tuo ti avesse detto soltanto: Io sono la verità e la vita, tu, desiderando la verità, anelando alla vita, cercheresti la via per pervenire ad esse, e diresti a te stesso: E’ un grande dono la verità, è un grande dono la vita; se la mia anima sapesse come arrivarvi! Cerchi la via per giungervi? Ascolta il Signore; è lui che per primo te lo dice: «Io sono la via».
S. Agostino 

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 29 avril, 2010 |Pas de commentaires »

San Bonaventura: « Io sono la Via, la Verità e la Vita »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100430

Venerdì della IV settimana di Pasqua : Jn 14,1-6
Meditazione del giorno
San Bonaventura (1221-1274), francescano, dottore della Chiesa
Itinerario della mente a Dio, VII, 1-2,4,6

« Io sono la Via, la Verità e la Vita »

        Chi si rivolge a Cristo, con dedizione assoluta, fissando lo sguardo sul crocifisso Signore mediante la fede, la speranza, la carità, la devozione, l’ammirazione, l’esultanza, la stima, la lode e il giubilo del cuore, fa con lui la Pasqua, cioè il passaggio ; attraversa con la verga della croce il Mare Rosso, uscendo dall’Egitto per inoltrarsi nel deserto. Qui gusta la manna nascosta, riposa con Cristo nella tomba come morto esteriormente, ma sente, tuttavia, per quanto lo consenta la condizione di pellegrini, ciò che in croce fu detto al buon ladrone, tanto vicino a Cristo con l’amore : « Oggi sarai con me nel paradiso » (Lc 23, 43).

        Ma perché questo passaggio sia perfetto, è necessario che sospesa l’attività intellettuale, ogni affetto del cuore sia integralmente trasformato e trasferito in Dio. È questo un fatto mistico e staordinario che nessuno conosce se non chi lo riceve (Ap 2, 17)… Se poi vuoi sapere come avvenga tutto ciò, interroga la grazia, non la scienza, il desiderio non l’intelletto, il sospiro della preghiera non la brama del leggere, lo Sposo non il maestro, Dio non l’uomo.

12345...25

Une Paroisse virtuelle en F... |
VIENS ECOUTE ET VOIS |
A TOI DE VOIR ... |
Unblog.fr | Annuaire | Signaler un abus | De Heilige Koran ... makkel...
| L'IsLaM pOuR tOuS
| islam01