PAOLO E IL MISTERO PASQUALE DI CRISTO (1Cor 1,18-2,5)

dal sito:

http://www.sanpaolo.org/istit/rivistagm/0803catec.htm

PAOLO E IL MISTERO PASQUALE DI CRISTO
La famiglia vive il suo esodo
 
1Cor 1,18 — 2,5:

La parola della croce è stoltezza per quelli cha vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio… Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio… Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili.

Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti. …sta scritto: Chi si vanta si vanti nel Signore. Anch’io, o fratelli, quando sono venuto tra voi, non mi sono presentato ad annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso. Io venni in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione; e la mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.
  

1) È importante comprendere il significato dell’espressione « mistero pasquale » e conseguentemente del termine « esodo », che deve qualificare la vita di ogni famiglia.

La parola « mistero » deriva dal greco e significa « progetto segreto ». Vi è un progetto, segreto nel suo svolgersi, che ha componenti da accogliere, anche se non le comprendiamo bene con la ragione. Le accogliamo con fede, pur cercando di ragionarvi.

« pasquale » da Pasqua; significa « passaggio ». Per il popolo ebraico, in esilio in Egitto, ha segnato il passaggio dalla schiavitù egiziana alla libertà nella terra promessa; per noi credenti il passaggio dalla schiavitù del peccato alla libertà di figli di Dio. Il passaggio è avvenuto nel battesimo: è la nostra Pasqua.

Questo passaggio comporta un « esodo », cioè un cammino più o meno lungo di fatica e di sofferenza. Per il popolo ebraico l’esodo durò 40 anni; per noi credenti l’esodo è il cammino di questa vita che con la morte sfocia nella vera vita.

2) Quali sono le componenti del « mistero pasquale » di Cristo, che ci tocca incarnare anche nella nostra vita personale e di famiglia? Paolo ce lo dice chiaramente:

passione di Cristo. Gesù ha voluto accettare flagellazione, incoronazione di spine e crocifissione per redimere e dare valore alle sofferenze della vita, a cui ogni uomo, credente o non credente, va incontro. Quindi, vita natural durante, la sofferenza non è stata eliminata, ma acquista un grande valore di salvezza;

morte di Cristo. Gesù ha voluto morire per redimere e dare valore anche alla morte, a cui tutti dobbiamo andare incontro;

risurrezione di Cristo. Gesù non è rimasto prigioniero della morte. È risorto nel suo vero corpo; e ora siede alla destra del Padre come Figlio di Dio e come « figlio dell’uomo ». Di conseguenza anche noi risorgeremo con il nostro corpo.

Su tutto svetta la verità dell’incarnazione: il Figlio di Dio si è fatto uomo, assumendo un corpo di carne da Maria; è il « suo » corpo, come ognuno di noi ha il proprio.

3) In che senso, allora, la famiglia vive il suo esodo? Con la convinzione che in questa vita è solo di passaggio; per cui i membri si impegnano a valorizzare le sofferenze e le fatiche, coltivano in modo saggio il pensiero della morte (impara a vivere chi pensa al morire), certi che la morte è solo la porta di entrata alla vera vita.

A) Un gravissimo problema di fondo. – La scelta del brano biblico ci aiuta a mettere in luce un serio errore di valutazione che tutti possiamo commettere.

1) È il problema della croce, su cui Cristo ha volontariamente accettato di essere appeso. Quanto sia paradossale e scandalosa la « predicazione della croce » ce lo fa intendere un’affermazione di Cicerone che scrive: «Il nome stesso della croce sia allontanato non solo dalla persona dei cittadini romani, ma anche dai loro pensieri e dai loro occhi, perché la sola menzione della croce è indegna per un cittadino romano e per un uomo libero». Era il supplizio degli schiavi ribelli, considerati la feccia della società. Per i pagani era, perciò, « obbrobrio », per gli ebrei era « scandalo » perché legato alla maledizione divina: «Maledetto chi pende dal legno» (Dt 21,23; Gal 3,13).

Invece, la vicenda di un Dio, ucciso nella forma più degradante, diviene una sublime lezione della « logica divina » che fa sì che «ciò che è stoltezza di Dio sia più sapiente degli uomini e ciò che è debolezza per Dio sia più forte degli uomini» (v 25). La croce diventa il nucleo essenziale dell’annunzio: la nostra salvezza è la croce.

2) Ma in tutti i tempi il messaggio della croce sarà sempre segno di contraddizione, ritenuto folle ed assurdo per la « sapienza orizzontale », accolto come salvezza da chi crede, senza perdersi in inutili e devianti ragionamenti. Già Paolo, scrivendo ai corinzi, deve affrontare un problema che snaturava il messaggio cristiano: la morte in croce di Gesù era sì accolta ma considerata solo un incidente di percorso.

3) La posta in gioco è la salvezza: «Predicare la morte di Cristo in croce sembra una pazzia a quelli che vanno verso la perdizione; ma per noi… è la potenza di Dio».

In un tempo, volto alla ricerca del più facile e del più comodo, sempre all’insegna della minor fatica, questo annuncio diventa scandalo; in un tempo, in cui l’uomo tenta in tutti i modi di deporre la sua croce, di scrollarsela di dosso (i due mondi: spiaggia e casa di ricovero) è necessario predicare Cristo crocifisso.

B) Vivere il mistero pasquale. – è essenziale «per non rendere inutile la morte di Cristo in croce» (v 17). Scrive mons. Tonino Bello: «Purtroppo la nostra vita cristiana non incrocia il Calvario. Come i corinzi anche noi, la croce, l’abbiamo « inquadrata » nella cornice della sapienza umana, e nel telaio della sublimità di parola. L’abbiamo attaccata con riverenza alle pareti di casa nostra, ma non ce la siamo piantata nel cuore. Pende dal nostro collo, ma non pende sulle nostre scelte. Le rivolgiamo inchini in chiesa, ma ci manteniamo agli antipodi della sua logica».

Per questo Paolo esorta le famiglie della comunità: «Considerate, fratelli, la vostra chiamata». Nella logica della croce la famiglia è chiamata a valorizzare le sofferenze e le fatiche della vita quotidiana, a svolgere nell’umiltà il lavoro di ogni giorno senza cedere alla tentazione del successo, del potere, del denaro e del sesso. Difatti:

1) La croce configura l’aspetto della comunità ecclesiale e familiare. Paolo ha notato che la comunità di Corinto è formata, a parte poche eccezioni, da persone di scarsa cultura (« non molti sapienti »), di poco peso politico e sociale (« non molti potenti »), di origine popolana, insignita di nessun blasone (« non molti nobili »). Eppure Dio ha voluto scegliere proprio queste persone di nessun peso per donare loro la fede e aprirli al progetto di salvezza. Perché? «Chi si vanta, si vanti nel Signore».

2) La croce qualifica la persona del battezzato. Paolo ha imparato la lezione della croce; si presenta ai corinzi non con affascinanti discorsi. Per di più, con probabilità, reso fisicamente o moralmente impotente dalla « spina nella carne », di cui parla in 2Cor 12,7ss. «Il messaggio e il messaggero fanno un tutt’uno » (Barbaglio).

Quante e quali problematiche che deviano i vostri figlioli dalla retta via della fede. A volte i figli sono convinti di essere nel vero: aborto, eutanasia, convivenze, matrimoni gay, embrioni congelati, discoteca, strage del sabato sera, utero in affitto… Non dovete perdere la convinzione delle verità di fede, anche se vi pare di essere perdenti.

C) La risurrezione dei corpi. – La meta finale del nostro esodo, e quindi del mistero pasquale, è la nostra risurrezione: come Cristo è risorto nel suo corpo, così anche il nostro corpo risorgerà. Questa verità è negata oggi da molte pseudo-religioni, tipo New Age e Next Age, a cui aderiscono anche cristiani. Paolo aveva già affrontato questa eresia; scrivendo ai Colossesi, afferma: «In Cristo abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» (2,9). Quel « corporalmente » mette in luce due verità della nostra fede che, pur nel rispetto delle altre religioni, non possiamo negare:

la verità dell’incarnazione: il Figlio di Dio si è fatto uomo con un suo corpo. Gesù è una persona specifica e singola, e nel suo proprio corpo di carne abita tutta la pienezza della divinità; è vero Dio e vero uomo con un suo corpo; con quel suo corpo di carne ha offerto se stesso sulla croce;

la verità della risurrezione: con quel suo corpo di carne è risorto dai morti. Anche questo nostro corpo risorgerà. Il Battesimo ci ha introdotti in questa straordinaria esperienza di Dio, che culminerà nella risurrezione dei corpi.

Ebbene, queste due verità sono negate da queste nuove religioni che oggi vanno di moda, soprattutto dalla New Age e dalla Next Age. Quali sono gli errori?

non esiste un Dio-Persona, ma solo una Grande Energia di cui tutti facciamo parte (panteismo). Gesù non è Dio, non si è incarnato, ma è solo una reincarnazione del Cristo cosmico che anima l’universo.

Propone come vero quello che ognuno crede. Ciascuno si fabbrica la sua spiritualità per stare bene nella sua pelle, in attesa della Grande Religione. Le religioni tradizionali sono espressamente rigettate.

Qualunque mezzo è buono per entrare in contatto con le potenze spirituali: esoterismo, occultismo, magia, divinazione, telepatia, viaggi fuori del corpo.

Della morte occorre ridere perché non esiste. Il corpo lo si abbandona semplicemente quando si è completata la propria maturità spirituale. Se lo si abbandona in anticipo, si rientra (reincarnazione) in questa prigione che è il corpo. Quindi la persona non ha un suo corpo, è solo spirito. Non si ammette la risurrezione dei corpi; di conseguenza l’incarnazione del Figlio di Dio è una fandonia.

Attenti! In quarta pagina vi è dato un elenco di queste nuove proposte religiose, a cui purtroppo aderiscono anche cristiani, ingannati dal fatto che gli adepti dicono di rispettare le convinzioni religiose di ognuno; in alcune di esse si fa uso della Bibbia; ma con il tempo la propria fede viene talmente svilita da un costante lavaggio delle idee che si perde la coscienza delle verità fondamentali della fede cristiana.

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