Il Tempo Ordinario: La bellezza del quotidiano

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TEMPO ORDINARIO

La bellezza del quotidiano

Il Tempo ordinario ricorda che la vita cristiana è una continua memoria rinnovata della pasqua. La vita di Cristo, culminata nel mistero pasquale, viene attualizzata ogni domenica. Il legame della chiesa con il Salvatore non genera solo un rapporto di fedeltà al passato, ma apre al futuro. Radicata nel Risorto, la chiesa non ripete un cammino lineare, ma vive un rapporto circolare. La grazia della passione e risurrezione permette alla chiesa di inserirsi in modo vitale nelle situazioni sempre nuove del mondo.
 Il Tempo ordinario richiama all’attenzione al quotidiano. Terminate le grandi festività, con quanto di specifico le accompagna anche nella liturgia, l’evento pasquale di Cristo tende ad entrare nei meandri di ogni esperienza personale e familiare, sociale ed ecclesiale del credente. Nulla può restare fuori dalla grazia trasformante di Cristo: affetti e doti, beni e scelte, lavoro e festa, gioie e fatiche, malattia e morte. Tutto ne viene segnato profondamente. L’adesione al Risorto abbisogna di un percorso costante e progressivo, per arrivare a rivestirsi totalmente di lui (Gal 3,27). Il mistero pasquale è troppo denso per essere assimilato in poche settimane: occorrono tempi lunghi e varie mediazioni per accoglierlo come regola di vita e criterio di giudizio, forza di azione e certezza di futuro.
 Il Tempo ordinario non è irrilevante: è anzi il normale sbocco della celebrazione della pasqua. Nei secoli, la concentrazione dell’attenzione sul compimento del precetto pasquale ha forse ritardato la maturazione della consapevolezza che la pasqua va vissuta tutti i giorni della vita, in qualunque circostanza. La risurrezione di Cristo e il dono del suo Spirito non sono finalizzati solo alla domenica, ma anche ai giorni feriali. Infatti, il cristianesimo non è un insieme di riti o di idee, ma un incontro che cambia tutta la vita. Per la chiesa d’occidente, il martirio può consistere nel cammino di conversione e di fedeltà al Signore nelle piccole realtà e situazioni quotidiane. Ogni domenica i fedeli si fermano attorno a Cristo vittorioso per ritrovare la forza di affrontare cristianamente una nuova settimana di vita. Di qui l’importanza di riscoprire il senso della “festa” cristiana come punto trasformante di un’esistenza che diversamente trascorre nel grigiore e nella banalità.
 Nell’esortazione Sacramentum caritatis il papa afferma: «Il culto a Dio nell’esistenza umana non è relegabile ad un momento particolare e privato, ma per natura sua tende a pervadere tutte le circostanze dell’esistenza in cui ogni particolare viene esaltato, in quanto vissuto dentro il rapporto con Cristo e come offerta a Dio» (n. 71). Al n. 79 il mondo è paragonato al «campo» e i cristiani laici al «buon seme» che il Padre vi semina per far germogliare «la novità radicale portata da Cristo proprio all’interno delle comuni condizioni di vita».
 
L’efficacia del Tempo ordinario

Vivere “da cristiani” il Tempo ordinario equivale ad essere fedeli all’eucaristia, che conferma la natura soprannaturale della vita cristiana e la riscatta dalle «mode del momento» (n. 37). Non si può «vivere secondo la domenica» (Ignazio di Antiochia) senza programmare impegni familiari, lavorativi, ludici ecc., per non mancare all’appuntamento eucaristico, ovunque ci si venga a trovare, anche in vacanza… Con troppa superficialità si omette la partecipazione al memoriale settimanale della pasqua.
 Non si tratta di moralismo, ma del dinamismo dell’amore: «La tensione morale che nasce dall’ospitare Gesù nella propria vita scaturisce dalla gratitudine per aver sperimentato l’immeritata vicinanza del Signore» (n. 82). La coerenza nasce dall’esigenza della pubblica testimonianza della propria fede, soprattutto in relazione ai valori non negoziabili, quali il rispetto e la difesa della vita umana, la famiglia, la libertà di educazione dei figli e la promozione del bene comune» (nn. 83,85). Il Tempo ordinario è la palestra per esercitare il dono ricevuto, con fedeltà e gratitudine.
È sorprendente l’esempio di Gesù, che per trent’anni conduce un’esistenza qualunque tra lavoro e casa, famiglia e amici. Anche il suo ministero è caratterizzato da incontri non eccezionali o eroici, quasi per sottolineare il valore del quotidiano. Ecco la scelta degli apostoli mentre stanno pescando o di Levi che riscuote le tasse; la partecipazione al matrimonio a Cana e la visita alla suocera di Pietro malata; il dialogo con la Samaritana che attinge acqua e la compassione al funerale del figlio della vedova di Nain; il riferimento al mondo agricolo e al vicinato…
 Gesù educa a cogliere la «perla preziosa» insita nella realtà, uscita buona dalle mani del Creatore, e nella persona umana, dotata del sigillo del soffio stesso di Dio: il tutto rigenerato dalla pasqua. Proprio perché non rinchiuso negli orizzonti del tempo, il cristiano è lungimirante, sa intuire ciò che altri non vedono. Sono suggestivi i suggerimenti di Paola Bignardi per intravedere nella propria esistenza quasi un “sacramento”, nel quale Dio si fa presente senza mostrarsi.
Anzitutto, il «lasciarsi stupire dal mistero» nelle molteplici forme in cui esso appare e negli infiniti luoghi che esso abita. La vita è molto più di ciò che le nostre giornate manifestano e questa convinzione va coltivata insieme a un atteggiamento e a un cuore vigili. La presenza di un Dio cui nulla è impossibile è sempre sorprendente e mai scontata.
Secondo, «svelare il mistero» di un’esistenza piena e affascinante, motivata e serena, non appassita nell’abitudine o bruciata dalla banalità. L’amore che “spinge” si fa parola di fiducia, gesto di misericordia e scelta di condivisione con i fratelli. Il Tempo ordinario è la serra delle relazioni semplici, della prossimità.
Terzo, «narrare il mistero» che racchiude il segreto luminoso che le dà senso. [1] Stretta al Signore Gesù, la vita profuma di vangelo e diventa evangelizzazione spontanea nella vicinanza alle persone. Come afferma efficacemente Benedetto XVI: «Diveniamo testimoni quando, attraverso le nostre azioni, parole e modo di essere, un Altro appare e si comunica… Chi non comunica la verità dell’Amore al fratello non ha ancora dato abbastanza» (nn. 85,86).
 Il Tempo ordinario è insieme risorsa, scuola di formazione e banco di prova per il laicato. Come annotava la Bignardi al convegno di Verona, è ora di riconoscere la vocazione dei laici non solo quando operano per sostenere le iniziative pastorali della comunità, ma quando si impegnano nell’azione secolare per mostrare a tutti che Dio ama la vita. È una straordinaria avventura quella dei fedeli laici, il cui cammino spirituale è tutt’uno con la loro responsabilità di trasformare la vita, stando dentro le sue ricchezze e le sue contraddizioni.
 L’esperienza insegna che nelle comunità c’è una certa separazione tra fede e vita, come pure si fatica a tentare il discernimento sulle problematiche emergenti della società in cambiamento. Si pensi alla limitata conoscenza della dottrina sociale della chiesa, ai non facili rapporti tra cristiani che fanno opzioni differenti in campo partitico e sindacale, alla scarsa attenzione alla salvaguardia del creato con uno stile di vita più sobrio, alla difficoltà di impegnarsi in prima persona a favore della pace e della giustizia, alla poca partecipazione alla vita civica, alla passività rassegnata di fronte a comportamenti neganti la salute e la vita propria e altrui (stragi del sabato sera, sfruttamento commerciale delle giovani generazioni, diffusione di alcol e droga), alla ritrosia a collaborare con cattolici di altre parrocchie e movimenti per proposte alternative, costruttive e credibili…
 Eppure, nella sua prima enciclica il papa ribadisce che i fedeli laici «non possono abdicare alla molteplice e svariata azione economica, sociale, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune» (n. 29). Esistono difficoltà oggettive, ma è un segno che forse il Tempo ordinario va meglio valorizzato per mostrare che l’azione dei cristiani può essere un’autentica e rispettosa risorsa per una società plurale come la nostra. Anche l’estate è una moneta preziosa da spendere bene per riposo, preghiera, servizio formativo e caritativo, contatti con altre comunità cristiane, letture spirituali, contemplazione dell’arte cristiana ecc.
 
Per guardare avanti

Parafrasando quanto indicato dal papa nel messaggio per la 22ª Giornata mondiale della gioventù, si possono individuare alcuni ambiti per l’impegno dei laici nel Tempo ordinario.
Il primo è amare realmente la chiesa nella quale si è inseriti, come comunione di persone segnata dalla varietà, dall’unità e dall’universalità. Sono ben appropriate le parole prolusive del card. Tettamanzi a Verona a proposito della comunione secondo una modulazione ecclesiale (rapporto tra vocazioni, doni e ministeri) ma anche antropologica e sociale (relazione tra uomini e donne, giovani e adulti, ricchi e poveri, studenti e maestri, sani e malati, potenti e deboli, vicini e lontani). L’auspicio dell’arcivescovo di Milano è una comunione missionaria tra le diverse categorie di fedeli «più compattata e dinamica, più libera e insieme strutturata, più convinta e convincente, più visibile e credibile. Non si dà testimonianza cristiana al di fuori o contro la comunione ecclesiale!».
 Per maturare nella comunione-collaborazione-corresponsabilità è necessario incontrarsi, dialogare, condividere esperienze: è la via della “sinodalità”. Quanto è importante prevedere, ogni anno, occasioni per conoscere quanto stanno vivendo “altri fratelli” in parrocchia e nella zona pastorale, nella diocesi e nel mondo. Assemblea parrocchiale e consiglio pastorale allargato, apertura e chiusura dell’anno pastorale, programmazione e verifica, incontri informali e formali tra aggregazioni diverse, ascolto riconoscente per l’opera dello Spirito ovunque… È uno stile più che un dovere, una ricchezza più che un problema, un’occasione di grazia.
 Un secondo ambito è cogliere i “segni dei tempi” del presente e prepararsi al futuro, che non sarà la semplice riedizione del passato. Il sociologo Zigmunt Bauman individua tre parole-chiave del 21° secolo: società liquida, politica e città. Il cambiamento socioculturale in atto è caratterizzato dalla globalizzazione dell’economia e dei problemi, dalla compresenza di varie religioni e dall’acuirsi delle domande relative alla vita. Anche il cristiano vive nel proprio territorio e, contemporaneamente, si sente cittadino dell’Europa e del mondo. Questo chiede un cuore attento e una mente desiderosa di documentarsi, senza paure e senza anatemi, ma con lungimiranza e prudenza. Di fronte alla tentazione della semplificazione, dell’integralismo o del ripiegamento su di sé e sul proprio piccolo mondo, per il cristiano è fondamentale acquisire una cultura profonda, ampia, aggiornata alle grandi questioni del tempo: altrimenti la testimonianza risulta sfuocata, povera di ragioni, scarsamente incisiva, incapace di dialogo.
 Il confronto con altre fedi esige di superare l’analfabetismo religioso, molto diffuso tra i cattolici del nostro paese: non è un sintomo di ateismo ma di ignoranza. Per molti la chiesa è un impasto di diritti civili e di carità (o di buonismo, per dirla con Vittorio Messori; o di religione civile, semplice collante di una democrazia affaticata, direbbe il card. A. Scola), mentre la fede sembra risultare muta. Il Tempo ordinario è adatto per una formazione graduale e diversificata sui fondamenti del Credo, tramite varie forme ecclesiali e anche l’“autoformazione” (ben diversa dall’individualismo!). C’è troppa pigrizia di fronte alla secolarizzazione e al relativismo, che relegano la fede cristiana ai margini dell’esistenza, come se essa fosse inutile allo svolgimento concreto della vita degli uomini (n. 77) o che confondono la vita cristiana con le notizie vaticane. È tempo di ricerca per una nuova visione della laicità. [2]
 Terzo, l’audacia di «osare l’amore» sull’esempio dei santi e nella concretezza quotidiana, per evidenziare in “quale” Dio si crede e per rendere convincente la fede. Scrive il papa a proposito della spiritualità cristiana autenticamente eucaristica: «L’offerta della nostra vita, la comunione con tutta la comunità e la solidarietà con ogni uomo sono aspetti imprescindibili del culto spirituale, santo e gradito a Dio, in cui tutta la nostra concreta realtà umana è trasformata a gloria di Dio» (n. 94). Il forte legame con Gesù, unico Salvatore, impedisce di ridurre «in chiave meramente sociologica» la decisiva opera di promozione umana sempre implicata in ogni autentico processo di evangelizzazione (n. 86). Un aspetto dell’unità tra verità e amore è la «saggia misura», come suggerisce il monaco A. Grün: nei nostri tempi in cui non solo si usa il creato senza alcuna misura, ma in cui anche le pretese verso se stessi e la società sono senza misura, proprio la virtù della misura sarebbe un rimedio per le persone e per la convivenza, anche per mantenersi liberi da suggestioni ideologiche e da simpatie partitiche, come richiamava il papa a Verona.
 
Una fede amica dell’uomo
Nella sua prima prolusione da presidente della Cei, mons. A. Bagnasco ha chiesto ai vescovi che «il primato di Dio sia il più possibile “visibile” e “palpabile” nell’esistenza concreta e quotidiana delle nostre persone e delle nostre comunità… Questa è la missione della chiesa, lo scopo del suo esserci e il suo unico desiderio: l’annuncio della speranza che è Cristo». Rivelando il mistero del Padre e del suo amore, Cristo svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione (GS 22). Per questo, «la fede è gioia e la vita cristiana, proprio perché alta ed esigente, è gioia. Generare le persone alla vera gioia esprime in modo eminente la maternità della chiesa».[3]
 Il Tempo ordinario è il più adatto a mostrare una fede amica dell’uomo, a testimoniare cioè la bellezza di essere cristiani in un’epoca in cui è diffusa l’opinione che il cristianesimo sia qualcosa di faticoso e di opprimente da vivere. Come amava ripetere mons. L. Giussani, Cristo è la strada verso la realizzazione dei desideri più profondi del cuore dell’uomo, poiché egli non ci salva a dispetto della nostra umanità, ma attraverso di essa. Senza temere il confronto con la cultura odierna, l’avvenimento cristiano è fonte di nuovi valori e capace di orientare l’intera esistenza.
 È così che lo Spirito prepara le “pietre vive” sagomandole e cementandole sulla pietra angolare che è Cristo, per costruire la chiesa corale e sinfonica, popolare e missionaria, gioiosa e pellegrinante.   (Luigi Guglielmoni)
 
 
[1] Bignardi P., “Lasciamoci sorprendere dal mistero”, in Messaggero di Sant’Antonio, aprile 2007, p. 51; cf. la sua relazione al convegno di Verona.
[2] Scola A., Una nuova laicità. Temi per una società plurale, Marsilio 2007.
[3] Avvenire 27 marzo 2007, p. 7.

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