Gli Inni di Sant’Ambrogio: Il « Te Deum » (presentazione storica, liturgica. musicale)
dal sito:
http://www.examenapium.it/meri/inno.htm
Gli inni di Ambrogio
Come il valoroso vescovo [Sant'Ambrogio], mentre era impegnato in una terribile lotta con l’imperatrice Giustina e i suoi seguaci della setta eretica degli ariani, introducesse a Milano il costume siriaco di cantare inni per tenere alti gli spiriti, dei suoi adepti cattolici, ci è raccontato dal contemporaneo, più giovane di lui, Sant’Agostino:
Era un anno, o non molto di più, dacché Giustina, madre dell’imperatore fanciullo Valentiniano, perseguitava il Tuo servo Ambrogio, per amore della sua eresia, alla quale era stata attirata dagli Ariani. Il popolo accampava nella chiesa, pronto a morire col suo vescovo, e servo Tuo …
In quella occasione si stabilì di cantare degli inni e dei salmi, secondo l’usanza delle regioni orientali, affinché il popolo non si lasciasse prendere da scoraggiamento; da quel tempo l’uso venne mantenuto, fino ai giorni nostri. Molti, quasi tutti i tuoi fedeli lo hanno imitato negli altri paesi della terra. [Confessioni, IX, 7]
Sant’Ambrogio definisce così la natura dell’inno:
Canto con la lode del Signore. Se voi celebrate il Signore, e non cantate voi non proferite un inno. Se voi cantate e non celebrate il Signore, non proferite un inno. Se voi celebrate qualche cosa che non pertiene alla lode del Signore, e se la celebrate col canto, voi non proferite un inno. Un inno, dunque, ha queste tre cose: e canto, e lode, e il Signore.
Dei molti testi di inni la cui paternità è stata attribuita al Santo soltanto quattro sono oggi generalmente accettati come autentici. Essi sono: Aeterne rerum Conditor; Deus Creator omnium; Iam surgit hora tertia; e Veni Redemptor gentium …
Niente di preciso si sa delle melodie che furono in origine applicate agli inni di Sant’Ambrogio, se fossero composte da lui o adattate da musica precedente. Poiché gli inni erano destinati all’uso dei fedeli, sembra logico supporre che la loro melodia fosse semplice e sillabica. Dalla definizione agostiniana del piede giambico apprendiamo che constava di « una breve e una lunga, di tre tempi », e le più moderne trascrizioni degli inni sono basate sull’ipotesi che il ritmo della melodia seguisse il metro del testo. Il metro ambrosiano era retto dalle leggi della quantità, sebbene il graduale passaggio dalla quantità all’accento fosse già iniziato al tempo di Sant’Ambrogio.
Gli inni ambrosiani si diffusero in tutta Europa. Durante il Medio Evo scrittori ecclesiastici di varie regioni cedettero alla moda di ornare le semplici melodie degli inni con brevi melismi …
Il Te deum
Un inno scritto non su un testo metrico, ma prosastico è il Te Deum. La sua struttura, come quella dei salmi, è retta dal principio del parallelismo. Secondo la leggenda fu improvvisato insieme da Sant’Ambrogio e Sant’Agostino, mentre il primo battezzava il secondo. Nel Medio Evo esso è talvolta chiamato «Hymnus Ambrosianus». Tuttavia si crede oggi che il Te Deum sia stato scritto da Niceta di Remesiana (c. 335-414). Sembra che fosse ben noto e largamente diffuso già fin dal VI secolo e che penetrasse in seguito nella liturgia romana. La musica di quest’inno, qual è giunta fino a noi, sembra essere una creazione composita; sembra che la prima parte della melodia abbia carattere pre-gregoriano e che sia di origine milanese, mentre la parte seguente è di carattere gregoriano.
Te Deum laudámus: te Dóminum confitémur.
Te ætérnum Patrem, omnis terra venerátur.
Tibi omnes ángeli, tibi cæli et univérsæ potestátes:
tibi chérubim et séraphim incessábili voce proclamant:
Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus Deus Sábaoth.
Pleni sunt cæli et terra maiestátis glóriæ tuae.
Te gloriósus Apostolórum chorus,
te prophetárum laudábilis númerus,
te mártyrum candidátus laudat exércitus.
Te per orbem terrárum sancta confitétur Ecclésia,
Patrem imménsæ maiestátis;
venerándum tuum verum et únicum Fílium;
Sanctum quoque Paráclitum Spíritum.
Tu rex glóriæ, Christe.
Tu Patris sempitérnus es Filius.
Tu, ad liberándum susceptúrus hóminem, non horruísti Virginis úterum.
Tu, devícto mortis acúleo, aperuísti credéntibus regna cælórum.
Tu ad déxteram Dei sedes, in glória Patris.
Iudex créderis esse ventúrus.
Te ergo, quæsumus, tuis fámulis súbveni, quos pretióso sánguine redemísti.
Aetérna fac cum sanctis tuis in glória numerári.
Salvum fac pópulum tuum, Dómine, et bénedic hereditáti tuæ.
Et rege eos, et extólle illos usque in ætérnum.
Per síngulos dies benedícimus te;
et laudámus nomen tuum in sæculum, et in sæculum sæculi.
Dignáre, Dómine, die isto sine peccáto nos custodíre.
Miserére nostri, Dómine, miserére nostri.
Fiat misericórdia tua, Dómine, super nos, quemádmodum sperávimus in te.
In te, Dómine, sperávi: non confúndar in ætérnum.
Noi ti lodiamo Dio, ti proclamiamo Signore.
O eterno Padre, tutta la terra ti adora.
A te cantano gli angeli e tutte le potenze dei cieli:
[...]
Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo.
I cieli e la terra sono pieni della tua gloria.
Ti acclama il coro degli apostoli
e la candida schiera dei martiri;
le voci dei profeti si uniscono nella tua lode;
la santa Chiesa proclama la tua gloria,
[...]
adora il tuo unico figlio,
e lo Spirito Santo Paraclito.
O Cristo, re della gloria,
eterno Figlio del Padre,
tu nascesti dalla Vergine Madre per la salvezza dell’uomo.
Vincitore della morte, hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre.
Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi.
Soccorri i tuoi figli, Signore, che hai redento col tuo sangue prezioso.
Accoglici nella tua gloria nell’assemblea dei santi.
Salva il tuo popolo, Signore, guida e proteggi i tuoi figli.
[...]
Ogni giorno ti benediciamo,
lodiamo il tuo nome per sempre.
Degnati oggi, Signore, di custodirci senza peccato.
Sia sempre con noi la tua misericordia: in te abbiamo sperato.
Pietà di noi, Signore, pietà di noi.
Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno.
Nel sec. V era già prescritto il canto domenicale del Te Deum nel monastero di Lérins. La Regola di San Benedetto lo vuole cantato al termine dell’Ufficio notturno, nelle domeniche e nelle solennità (eccetto in Quaresima). È usato anche in molte altre occasioni, come canto di lode e di ringraziamento, p.e. nell’ordinazione del vescovo, dopo la Comunione, alla fine dell’anno.
Sono tre le intonazioni del Te Deum accolte dal Vaticano I, solenne semplice e more romanum. Tutte strutturate allo stesso modo, intonano i versetti su uno schema salmodico non canonico (a testimonianza dell’antichità di parte della melodia):
La prima sezione, qui su fondo chiaro, con tenor su la non è riconducibile a un tono canonico. I due emistichi si rivelano assai indipendenti tanto da riconoscere una doppia intonatio (mi sol la per il primo e sol si la per il secondo). È molto più simile a una mediatio la conclusione del secondo e, al contrario, appare più come terminatio quella del primo. Anche sulla scorta della distribuzione dei versetti sarebbe perciò opportuno invertire la distribuzione degli emistichi nello schema. Tuttavia la presenza di un’intonatio così solenne nel primo e l’uniformità di struttura con la successiva sezione (dal versetto Tu Rex gloriae, su fondo verde) ha fatto preferire questa distribuzione.
Qui il tono sembra più facilmente riconducibile al IV, con la terminazio a mi. Quella che prima era una evidente intonatio del secondo emistichio qui è chiaramente trasformato in mediatio restituendo corrispondenza fra fraseggio del tono e versetto.
La trasformazione melodica, accanto a un apparente nuovo esordio del testo (invocazione di Cristo) fa supporre la combinazione di testi con una loro precisa impronta melodica.
Particolarmente anomalo questo terzo modulo che non solo si riconduce con difficoltà allla stuttura del tono salmodico ma presenta un doppio tenor su fa (con finalis do) e sol (con finalis mi).
Il primo versetto (Aeterna…) sembra quasi preparate la mutazione melodica.
Ricompare con caratteristiche simili la formula più facilmente riconducibile al IV modo.
L’ultimo versetto è intonato su frammenti della terza sezione

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