Archive pour novembre, 2009

Clemente d’Alessandria: « Non potete servire a Dio e a Mammona »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20091107

Sabato della XXXI settimana del Tempo Ordinario : Lc 16,9-15
Meditazione del giorno
Clemente d’Alessandria (150-circa 215), teologo

« Non potete servire a Dio e a Mammona »

C’è una ricchezza che semina la morte dovunque essa domini : liberatevene e sarete salvi. Purificate la vostra anima ; rendetela povera per potere udire la chiamata del Salvatore che vi dice nuovamente : « Vieni e seguimi » (Mc 10,21). Egli è la via su cui cammina chi ha il cuore puro ; la grazia di Dio non si infila in un’animo ingombrato e lacerato da una moltitudine di possessi.

Chi considera la sua fortuna, il suo oro e il suo argento, le sue case come doni di Dio, costui testimonia a Dio la sua riconoscenza venendo in aiuto ai poveri con i suoi averi. Egli sa di possederli più per i suoi fratelli che per se stesso. Rimane padrone delle sue ricchezze invece di diventarne schiavo ; non le rinchiude nel suo animo, né rinchiude la sua vita in esse, ma prosegue senza stancarsi un’opera tutta divina. E se un giorno la sua fortuna venisse a scomparire, accetta la sua rovina con un cuore libero. Dio dichiara che un tale uomo è « beato » ; lo chiama « povero in spirito », erede assicurato del Regno dei cieli (Mt 5,3)…

Invece, c’è chi serra la sua ricchezza nel suo cuore, al posto dello Spirito. Costui tiene in lui le sue terre, accumula senza fine la sua fortuna, non si preoccupa di nulla se non di ammassare sempre di più. Non alza mai gli occhi verso il cielo ; sprofonda nelle cose materiali. In effetti, non è altro che polvere e in polvere tornerà. Come potrebbe provare il desiderio del Regno colui che, al posto del cuore, porta in sè un campo o una mina, e che la morte sorprenderà inevitabilmente in mezzo alle passioni ? « Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore » (Mt 6,21).

Benedetti attraverso Gesù Cristo (Lettera agli Efesini)

dal sito:

http://www.atma-o-jibon.org/italiano5/anselm_grun_2.htm

ANSELM GRÜN
Tu sei una benedizione

Benedetti attraverso Gesù Cristo (Lettera agli Efesini)

La lettera agli Efesini vede l’operato di redenzione e riscatto di Dio in Gesù Cristo come benedizione. Con l’immagine della benedizione l’autore esprime ciò che Dio ha fatto per noi in Gesù Cristo. La lettera inizia con un rendimento di lode:

«Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto» (Ef 1,3s.).

La benedizione con cui Dio ci ha benedetti consiste nel fatto che ci ha scelti in Gesù Cristo. In Gesù Dio ha diretto lo sguardo su ciascuno di noi, ricolmandoci di tutto l’amore che ha donato a suo figlio. In Gesù, però, ci ha anche chiamati a essere santi e immacolati al suo cospetto. L’8 dicembre, nella solennità di Maria immacolata, la liturgia riferisce questa frase a Maria, la Madre di Dio. Allo stesso tempo, però, questa frase vale anche per noi. In Gesù Cristo siamo già santi e immacolati. Là dove Gesù è in noi, c’è in noi qualcosa di sincero e di puro. Lì il peccato non ha alcun potere su di noi. In Cristo Dio ci ha benedetti, dicendoci:

«Tu sei buono. Ti ho creato buono. E ai miei occhi sei buono, santo e immacolato. Il mondo non ha potere su di te. In te non c’è nessuna macchia. Quando sei in comunione con il mio figlio è tutto buono in te».

Paolo sviluppa questa grande benedizione che abbiamo ricevuto in Gesù Cristo. Consiste nel fatto che in Gesù ci è stata donata la redenzione, «la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia» (Ef 1,7). Redenzione significa in realtà liberazione, riscatto. In Gesù non siamo più in balia di forze demoniache che vorrebbero nuocerci. In Cristo persino il peccato non ha potere su di noi. Siamo sottratti alla sua orbita. Non abbiamo più bisogno di condannarci. In Gesù, infatti, Dio ei ha rimesso i peccati. Non ei gravano più addosso per paralizzarci con i sensi di colpa. Là dove siamo benedetti in Cristo il peccato non conta più. Non dobbiamo scontarlo. Possiamo semplicemente lasciarlo andare. La benedizione è più forte della maledizione che spesso ci infliggiamo da soli quando ci dilaniamo con i sensi di colpa, indebolendo così la nostra energia vitale.

Il terzo effetto che la lettera agli Efesini attribuisce alla grande benedizione in Gesù Cristo è «l’iniziazione al mistero» (Heinrich Schlier, 39 [trad. it. cit., 20s.]). Viene sviluppata in Ef 1,8-10:

«Egli l’ha [la grazia] abbondantemente riversata su di noi con ogni sapienza e intelligenza, poiché egli ci ha fatto conoscere il mistero [mysterion] della sua volontà, secondo quanto, nella sua benevolenza, aveva in lui prestabilito per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno, cioè, di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra».

In Gesù Dio ei ha resi partecipi della sua sapienza. Abbiamo conquistato la gnosis, a cui le persone dell’epoca tanto anelavano. Gnosis significa: conoscenza, illuminazione, vero sapere. In Gesù siamo diventati sapienti. In lui comprendiamo i veri motivi delle cose. In lui riconosciamo la nostra vera natura. E questa vera natura consiste nel fatto che Cristo è in noi e unisce tutti quei nostri ambiti che non di rado viviamo come separati: tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra, la parte terrena e quella celeste, quella oscura e quella luminosa, quella debole e quella forte, la nostra caducità e l’immortalità di Dio. Il mistero della sua volontà è: «Cristo in noi». Così è stato descritto dalla lettera ai Colossesi:

«Dio volle far conoscere [loro] la gloriosa ricchezza di questo mistero [mysterium] in mezzo ai pagani, cioè Cristo in mezzo a voi, speranza della gloria» (Col 1,27).

Si può tradurre anche come «Cristo in voi, speranza della gloria». In ciò consiste la benedizione più profonda che Dio ei ha donato in Cristo. Cristo stesso è in noi. È in noi come colui che unisce dentro di noi ciò che è separato e scisso. Ed è in noi come speranza della gloria. È come la caparra che cresceremo nella forma (d6xa) che Dio ci ha assegnato, che la gloria di Dio risplenda pura e chiara in noi.

Medita tra te e te l’inizio della lettera agli Efesini e lascia cadere nel profondo del tuo cuore le parole: «Ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto» (Ef 1,3s.). Durante la meditazione non devi tanto riflettere sulle parole quanto accogliere le parole nel tuo cuore) nella fede che «questa è la verità. Questa è la realtà autentica. lo sono benedetto. Sono scelto da Dio, eletto, amato incondizionatamente. Là, dove la benedizione di Dio si posa su me, sono santo e immacolato».

Publié dans:Lettera agli Efesini |on 6 novembre, 2009 |Pas de commentaires »

SABATO 7 NOVEMBRE 2009 – XXXI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

SABATO 7 NOVEMBRE 2009 – XXXI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

MESSA DEL GIORNO

Prima Lettura  Rm 16, 3-9.16.22-27
Salutatevi gli uni gli altri con il bacio santo.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù. Essi per salvarmi la vita hanno rischiato la loro testa, e a loro non io soltanto sono grato, ma tutte le Chiese del mondo pagano. Salutate anche la comunità che si riunisce nella loro casa.
Salutate il mio amatissimo Epèneto, che è stato il primo a credere in Cristo nella provincia dell’Asia. Salutate Maria, che ha faticato molto per voi.
Salutate Andrònico e Giunia, miei parenti e compagni di prigionia: sono insigni tra gli apostoli ed erano in Cristo già prima di me. Salutate Ampliato, che mi è molto caro nel Signore. Salutate Urbano, nostro collaboratore in Cristo, e il mio carissimo Stachi.
Salutatevi gli uni gli altri con il bacio santo. Vi salutano tutte le Chiese di Cristo.
Anch’io, Terzo, che ho scritto la lettera, vi saluto nel Signore. Vi saluta Gaio, che ospita me e tutta la comunità. Vi salutano Erasto, tesoriere della città, e il fratello Quarto.
A colui che ha il potere di confermarvi
nel mio Vangelo, che annuncia Gesù Cristo,
secondo la rivelazione del mistero,
avvolto nel silenzio per secoli eterni,
ma ora manifestato mediante le scritture dei Profeti,
per ordine dell’eterno Dio,
annunciato a tutte le genti
perché giungano all’obbedienza della fede,
a Dio, che solo è sapiente,
per mezzo di Gesù Cristo,
la gloria nei secoli. Amen.

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dal Trattato «Sul bene della morte» di sant’Ambrogio, vescovo (Gal 6, 14;2 Cor 4, 10ss)
(Capp. 3, 9; 4, 15; CSEL 32, 710. 716-717)

Portiamo sempre e dovunque la morte di Cristo

Dice l’Apostolo: «Il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo» (Gal 6, 14). Inoltre, perché sappiamo che anche vivendo possiamo avere una morte, ma buona però, ci esorta a portare sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché colui che avrà avuto in sé la morte di Gesù, avrà nel suo corpo anche la vita del Signore Gesù (cfr. 2 Cor 4, 10).
Allora operi pure in noi la morte, perché compia la sua opera anche la vita. Venga una buona vita dopo la morte, cioè, una buona vita dopo la vittoria, una buona vita al termine della battaglia. La legge della carne non sia più in grado di opporsi alla legge dello spirito, e non vi sia più nessuna lotta con il corpo mortale, ma nel corpo mortale regni la vittoria. E non saprei dire io stesso se questa morte non abbia maggiore potenza della vita.
Certo mi sento spinto dall’autorità dell’Apostolo che dice: «In noi opera la morte, ma in voi la vita» (2 Cor 4, 12). La morte di uno solo, a quanti popoli portò la vita! Perciò insegna che noi, posti in questa vita, dobbiamo desiderare questa morte, perché la morte di Cristo risplenda nel nostro corpo, quella morte beata per mezzo della quale l’uomo esteriore si va disfacendo perché quello interiore si rinnovi di giorno in giorno (cfr. 2 Cor 4, 16) e la nostra abitazione terrestre venga disfatta (cfr. 2 Cor 5, 1) e così ci si apra la dimora celeste.
Pertanto imita la morte colui che si sottrae alla complicità di questa carne e si scioglie da quelle catene di cui parla il Signore per mezzo di Isaia: «Sciogli le catene inique, togli i legami del giogo, rimanda liberi gli oppressi e spezza ogni giogo» (Is 58, 6).
Perciò il Signore permise che sottentrasse la morte perché cessasse il peccato. Ma perché a sua volta la morte non segnasse la fine della natura, fu data la risurrezione dei morti. Così per mezzo della morte veniva a cessare la colpa e per mezzo della risurrezione la natura restava per sempre.
Questa morte dunque è il passaggio obbligato per tutti. Bisogna che la tua vita sia un passaggio continuo, che tu compia un passaggio dalla corruzione all’incorruzione, dalla mortalità all’immortalità, dai turbamenti alla quiete. Non ti disgusti perciò il nome della morte; ti allietino, invece, i benefici di un transito felice. In realtà che cosa è la morte se non la sepoltura dei vizi e la risurrezione delle virtù? Per cui anche Balaam ha
detto: «Possa io morire della morte dei giusti» (Nm 23, 10), vale a dire: che io sia sepolto in modo da deporre i vizi e da rivestire la grazia dei giusti, i quali portano sempre e dappertutto nel loro corpo e nella loro anima la morte di Cristo.

VENERDÌ 6 NOVEMBRE 2009 – XXXI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

VENERDÌ 6 NOVEMBRE 2009 – XXXI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

MESSA DEL GIORNO

Prima Lettura   Rm 15, 14-21
Sono ministro di Cristo Gesù tra le genti, perché esse divengano un’offerta gradita.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli miei, sono anch’io convinto, per quel che vi riguarda, che voi pure siete pieni di bontà, colmi di ogni conoscenza e capaci di correggervi l’un l’altro. Tuttavia, su alcuni punti, vi ho scritto con un po’ di audacia, come per ricordarvi quello che già sapete, a motivo della grazia che mi è stata data da Dio per essere ministro di Cristo Gesù tra le genti, adempiendo il sacro ministero di annunciare il vangelo di Dio perché le genti divengano un’offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo.
Questo dunque è il mio vanto in Gesù Cristo nelle cose che riguardano Dio. Non oserei infatti dire nulla se non di quello che Cristo ha operato per mezzo mio per condurre le genti all’obbedienza, con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la forza dello Spirito.
Così da Gerusalemme e in tutte le direzioni fino all’Illiria, ho portato a termine la predicazione del vangelo di Cristo. Ma mi sono fatto un punto di onore di non annunciare il Vangelo dove era già conosciuto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui, ma, come sta scritto: «Coloro ai quali non era stato annunciato, lo vedranno, e coloro che non ne avevano udito parlare, comprenderanno».

UFFICIO DELLE LETURE

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di san Gregorio Nazianzeno, vescovo
(Disc. 7 per il fratello Cesare, 23-24; PG 35, 786-787)

E’ cosa veramente santa pregare per i morti
«Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi?» (Sal 8, 5). Qual nuovo e grande mistero avvolge la mia esistenza? Perché sono piccolo e insieme grande, umile eppure eccelso, mortale e immortale, terreno ma insieme celeste? La prima condizione viene dal mondo inferiore, l’altra da Dio; quella dalla sfera materiale, questa dallo spirito.
E’ necessario che io sia sepolto con Cristo, che risorga con Cristo, che sia coerede di Cristo, che diventi figlio di Dio, anzi che diventi come lo stesso Dio.
Ecco la profonda realtà che è racchiusa in questo nuovo e grande mistero. Dio ha assunto in pieno la nostra umanità ed è stato povero per far risorgere la carne, salvarne l’immagine primitiva e restaurare così l’uomo perché diventiamo una cosa sola con Cristo. Egli si è comunicato interamente a noi. Tutto ciò che egli è , è diventato completamente nostro. Sotto ogni aspetto noi siamo lui. Per lui portiamo in noi l’immagine di Dio dal quale e per il quale siamo stati creati. La fisionomia e l’impronta che ci caratterizza è quella di Dio. Perciò solo lui può riconoscerci per quel che siamo. Conseguentemente passano in seconda linea le differenze e le distinzioni fisiche e sociali, che pur certamente esistono fra gli uomini. Per questo si può dire che non c’è più né maschio né femmina, né barbaro né scita, né schiavo né libero (cfr. Col 3, 11).
Dio voglia che anche nel futuro riusciamo a diventare quello che speriamo di essere e che l’amore di Dio ci ha preparato! Egli esige poco da noi, però ora e sempre fa grandi doni a coloro che lo amano. E allora, pieni di speranza in lui, soffriamo tutto e sopportiamo tutto lietamente. Abbiamo il coraggio di rendergli grazie sempre e dappertutto, nella gioia e nel dolore. Convinciamoci che le tribolazioni sono strumento di salvezza. E poi non dimentichiamoci di raccomandare al Signore le anime nostre e anche quelle di coloro che ci hanno preceduto nel comune viaggio verso la casa paterna.
O Signore, sei tu che hai creato tutte le cose, tu che hai plasmato il mio essere. Tu sei Dio, Padre e guida di tutti gli uomini. Sei il sovrano della vita e della morte. Sei la difesa e la salvezza delle nostre anime. Sei tu che fai tutto. Sei tu che dirigi il progresso di tutte le cose, scegliendo le scadenze più opportune e ubbidendo alla tua infinita sapienza e provvidenza e sempre attraverso la tua parola.
 
Accogli fra le tue braccia, o Signore, il mio fratello maggiore che ci ha lasciati. A suo tempo accogli anche noi, dopo che ci avrai guidati lungo il pellegrinaggio terreno fino alla meta da te stabilita. Fà che ci presentiamo a te ben preparati e sereni, non sconvolti dal timore, non in stato di inimicizia verso di te, almeno nell’ultimo giorno, quello della nostra dipartita. Fà che non ci sentiamo come strappati e sradicati per forza dal mondo e dalla vita e non ci mettiamo quindi contro voglia in cammino. Fà invece che veniamo sereni e ben disposti, come chi parte per la vita felice che non finisce mai, per quella vita che è in Cristo Gesù, Signore Nostro, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Responsorio
R. Signore Gesù, accogli presso di te i nostri fratelli defunti, per i quali hai versato il tuo sangue: * ricordati che siamo polvere, e la nostra vita passa come il fiore dei campi.
V. Signore della misericordia, della pietà e dell’amore,
R. ricordati che siamo polvere, e la nostra vita passa come il fiore dei campi.

GIOVEDÌ 5 NOVEMBRE 2009 – XXXI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARO

GIOVEDÌ 5 NOVEMBRE 2009 – XXXI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARO

MESSA DEL GIORNO

Prima Lettura   Rm 14, 7-13
Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore. Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi.
Ma tu, perché giudichi il tuo fratello? E tu, perché disprezzi il tuo fratello? Tutti infatti ci presenteremo al tribunale di Dio, perché sta scritto:
«Io vivo, dice il Signore:
ogni ginocchio si piegherà davanti a me
e ogni lingua renderà gloria a Dio».
Quindi ciascuno di noi renderà conto di se stesso a Dio.

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dalle «Catechesi» di san Cirillo di Gerusalemme, vescovo
(Catech. 5 sulla fede e il simbolo, 12-13; PG 33, 519-523)

Il simbolo della fede
Nell’apprendere e professare la fede, abbraccia e ritieni soltanto quella che ora ti viene proposta dalla Chiesa ed è garantita da tutte le Scritture. Ma non tutti sono in grado di leggere le Scritture. Alcuni ne sono impediti da incapacità, altri da occupazioni varie. Ecco perché, ad impedire che l’anima riceva danno da questa ignoranza, tutto il dogma della nostra fede viene sintetizzato in poche frasi.
Io ti consiglio di portare questa fede con te come provvista da viaggio per tutti i giorni di tua vita e non prenderne mai altra fuori di essa, anche se noi stessi, cambiando idea, dovessimo insegnare il contrario di quel che insegniamo ora, oppure anche se un angelo del male, cambiandosi in angelo di luce, tentasse di indurti in errore. Così «se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un Vangelo diverso da quello che abbiamo predicato, sia anàtema!» (Gal 1, 8).
Cerca di ritenere bene a memoria il simbolo della fede. Esso non è stato fatto secondo capricci umani, ma è il risultato di una scelta dei punti più importanti di tutta la Scrittura. Essi compongono e formano l’unica dottrina della fede. E come un granellino di senapa, pur nella sua piccolezza, contiene in germe tutti i ramoscelli, così il simbolo della fede contiene, nelle sue brevi formule, tutta la somma di dottrina che si trova tanto nell’Antico quanto nel Nuovo Testamento.
Perciò, fratelli, conservate con ogni impegno la tradizione che vi viene trasmessa e scrivetene gli insegnamenti nel più profondo del cuore.
Vigilate attentamente perché il nemico non vi trovi indolenti e pigri e così vi derubi di questo tesoro. State in guardia perché nessun eretico stravolga le verità che vi sono state insegnate. Ricordate che aver fede significa far fruttare la moneta che è stata posta nelle vostre mani. E non dimenticate che Dio vi chiederà conto di Ciò che vi è stato donato.
«Vi scongiuro», come dice l’Apostolo, «al cospetto di Dio che dà vita a tutte le cose, e di Cristo Gesù, che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato» (1 Tm 6, 13), conservare intatta fino al ritorno del Signore nostro Gesù Cristo questa fede che vi è stata insegnata.
Ti è stato affidato il tesoro della vita, e il Signore ti richiederà questo deposito nel giorno della sua venuta «che al tempo stabilito sarà a noi rivelata dal beato e unico sovrano, il re dei regnanti e Signore dei signori; il solo che possiede l’immortalità, che abita una luce inaccessibile, che nessuno fra gli uomini ha mai visto né può vedere» (1 Tm 6, 15-16). Al quale sia gloria, onore ed impero per i secoli eterni. Amen.

Responsorio   Cfr. Eb 10, 38-39
R. Il mio giusto vivrà mediante la fede; ma se indietreggia, la mia anima non si compiace di lui. * Non siamo disertori per la nostra perdizione, ma uomini di fede per la nostra salvezza.
V. Chi non crede, non potrà perseverare sulla via diritta.
R. Non siamo disertori per la nostra perdizione, ma uomini di fede per la nostra salvezza.

MERCOLEDÌ 4 NOVEMBRE – XXXI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

MERCOLEDÌ 4 NOVEMBRE – XXXI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

SAN CARLO BORROMEO (m)

MESSA DEL GIORNO

Prima Lettura   Rm 13, 8-10
Pieno compimento della legge è l’amore.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole; perché chi ama il suo simile ha adempiuto la legge.
Infatti il precetto: « Non commettere adultèrio, non uccidere, non rubare, non desiderare » e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: « Amerai il prossimo tuo come te stesso ».
L’amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l’amore.

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dal Discorso tenuto da san Carlo, vescovo, nell’ultimo Sinodo
(Acta Ecclesiae Mediolanensis, Milano 1599, 1177-1178)
 
Vivere la propria vocazione
Tutti siamo certamente deboli, lo ammetto, ma il Signore Dio mette a nostra disposizione mezzi tali che, se lo vogliamo, possiamo far molto. senza di essi però non sarà possibile tener fede all’impegno della propria vocazione.
Facciamo il caso di un sacerdote che riconosca bensì di dover essere temperante, di dover dar esempio di costumi severi e santi, ma che poi rifiuti ogni mortificazione, non digiuni, non preghi, ami conversazioni e familiarità poco edificanti; come potrà costui essere all’altezza del suo ufficio?
Ci sarà magari chi si lamenta che, quando entra in coro per salmodiare, o quando va a celebrare la Messa, la sua mente si popoli di mille distrazioni. Ma prima di accedere al coro o di iniziare la Messa, come si è comportato in sacrestia, come si è preparato, quali mezzi ha predisposto e usato per conservare il raccoglimento?
Vuoi che ti insegni come accrescere maggiormente la tua partecipazione interiore alla celebrazione corale, come rendere più gradita a Dio la tua lode e come progredire nella santità? Ascolta ciò che ti dico. Se già qualche scintilla del divino amore è stata accesa in te, non cacciarla via, non esporla al vento. Tieni chiuso il focolare del tuo cuore, perché non si raffreddi e non perda calore. Fuggi, cioè le distrazioni per quanto puoi. Rimani raccolto con Dio, evita le chiacchiere inutili.
Hai il mandato di predicare e di insegnare? Studia e applicati a quelle cose che sono necessarie per compiere bene questo incarico.
Dà sempre buon esempio e cerca di essere il primo in ogni cosa. Predica prima di tutto con la vita e la santità, perché non succeda che essendo la tua condotta in contraddizione con la tua predica tu perda ogni credibilità.
Eserciti la cura d’anime? Non trascurare per questo la cura di te stesso, e non darti agli altri fino al punto che non rimanga nulla di te a te stesso. Devi avere certo presente il ricordo delle anime di cui sei pastore, ma non dimenticarti di te stesso.
Comprendete, fratelli, che niente è così necessario a tutte le persone ecclesiastiche quanto la meditazione che precede, accompagna e segue tutte le nostre azioni: Canterò, dice il profeta, e mediterò (cfr. Sal 100, 1 volg.) Se amministri i sacramenti, o fratello, medita ciò che fai. Se celebri la Messa, medita ciò che offri. Se reciti i salmi in coro, medita a chi e di che cosa parli. Se guidi le anime, medita da quale sangue siano state lavate; e «tutto si faccia tra voi nella carità» (1 Cor 16, 14). Così potremo facilmente superare le difficoltà che incontriamo, e sono innumerevoli, ogni giorno. Del resto ciò è richiesto dal compito affidatoci. Se così faremo avremo la forza per generare Cristo in noi e negli altri.

Responsorio   Cfr. 1 Tm 6, 11; 4, 11. 12. 6
R. Cerca la giustizia, la pietà e la fede, la carità, la pazienza e la mitezza. * Questo proclama e insegna; e sii di esempio ai fedeli.
V. Proponendo queste cose ai fratelli, sarai un buon ministro di Gesù Cristo.
R. Questo proclama e insegna; e sii di esempio ai fedeli.

MARTEDÌ 3 NOVEMBRE 2009 – XXXI SETIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

MARTEDÌ 3 NOVEMBRE 2009 – XXXI SETIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

MESSA DEL GIORNO

Prima Lettura  Rm 12, 5-16a
Siamo membra gli uni degli altri.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri.
Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi: chi ha il dono della profezia la eserciti secondo ciò che detta la fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi insegna si dedichi all’insegnamento; chi esorta si dedichi all’esortazione. Chi dona, lo faccia con semplicità; chi presiede, presieda con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia.
La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità.
Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile.  

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