Maria e San Paolo: « Ti basta la mia grazia »

dal sito:

http://www.kolbemission.org/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/133

MARIA E SAN PAOLO

« Ti basta la mia grazia »

(« La comprensione della verità mariana, mi pare, è tutta nell’espressione paolina », sottotitolo mio tratto dal testo)
 
Dogma: pagina aperta

    L’8 dicembre del 1854 Pio IX dichiarava, pronunciava e definiva  « che la dottrina, la quale ritiene che la beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare privilegio di Dio onnipotente ed in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, sia stata preservata immune da ogni macchia della colpa originale, è rivelata da Dio, e perciò da credersi fermamente, costantemente da tutti i fedeli » (Pio IX, Bolla Ineffabilis Deus, 62.). Si concludeva così, solennemente, la lunga storia della ricerca teologica, degli interventi magisteriali e, soprattutto, della devozione popolare sull’Immacolata Concezione della Vergine Maria. Se con la definizione dogmatica si chiudeva una pagina della storia della verità in questione, in realtà se ne apriva un’altra. È la pagina dell’approfondimento del dogma in chiave pastorale, del dialogo ecumenico su una verità definita in un contesto di chiese separate, della sua portata antropologica, del suo contenuto teologico e cristologico. Pagina aperta più che mai oggi.  Sì, pagina aperta, perché questa verità dica qualcosa all’uomo di oggi, parli alla sua vita e alla sua fede e non rischi di allontanarla, lei, proprio la Madre, dal popolo di Dio a causa di questo « singolare privilegio ». Singolare dice la specificità, la particolarità del dono di grazia fatto a Maria, ma non l’esclusività o l’eccezionalità, poiché la benedizione di Dio è per tutti i suoi figli e la chiamata alla santità perfetta è il progetto di Dio su ogni uomo (cfr. Ef 1,3-14; 5,27). Maria non è un’eccezione rispetto all’universale salvezza operata da Cristo, ma un caso particolare di salvezza, perché attuata prima ancora che il male la potesse toccare. Privilegio, poi, è una parola da dimenticare. A meno di non riconoscere sinceramente e umilmente che ciascuno di noi è privilegiato dalla grazia che lo tocca gratuitamente. Il Concilio Vaticano II, riprendendo la dottrina dell’Immacolata Concezione della Vergine, si muove in questa direzione quando afferma: « Mentre la chiesa ha già raggiunto nella beatissima Vergine la perfezione che la rende senza macchia e senza ruga (cfr. Ef 5,27), i fedeli si sforzano di crescere nella santità debellando il peccato… » (LG 65.). Anche la liturgia, che ci fa contemplare e pregare il mistero che si attua nella celebrazione, proponendoci, nella seconda lettura, proprio l’inno di Efesini (1,3-14), ci guida ad una interpretazione non separante, ma ecclesiologica ed antropologica del dono fatto a Maria.
  
Ti basta la mia grazia

 La comprensione della verità mariana, mi pare, è tutta nell’espressione paolina: « Ti basta la mia grazia » (2Cor 12,9). L’Immacolata Concezione della Vergine è puro dono di grazia. « Sola gratia », usando un’espressione cara ai nostri fratelli evangelici. La formulazione « negativa » del dogma: « preservata immune da ogni macchia di colpa originale », potrebbe farci dimenticare che il punto qualificante della verità sulla quale stiamo ponendo la nostra attenzione non è, primariamente, la preservazione dalla macchia del peccato originale, ma l’oceano della grazia che avvolge gratuitamente Maria « fin dal primo istante della sua concezione ». Come altro definire un dono fatto in maniera così prematura ad un essere umano se non « grazia », pura grazia? Può un piccolissimo embrione « meritare » qualcosa? Siamo davvero al trionfo della iniziativa divina che si piega sulla piccolezza umana. Se Maria, abbracciando la cugina Elisabetta, esclamava colma di stupore per il concepimento del suo Figlio: « Ha guardato l’umiltà della sua serva » (Lc 1,48), mettendo l’accento sull’assoluta gratuità del dono di Dio, il dogma ci fa estendere questo stupore a tutta l’esistenza di lei. Un’esistenza sotto lo sguardo, il favore, l’amore, la gratuità di Dio: ecco la vita di Maria. Davvero il vanto è escluso, come insiste l’Apostolo (cfr. Rom 3,27) (Cfr. 1 Cor 1,31; 2 Cor 10,17; 2 Cor 12,1-10.). Se Paolo può affermare: « Egli mi ha detto: « ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza »" e aggiungere: « Mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo » (2Cor 12,9), quanto più Maria può proclamare l’assoluta gratuità della salvezza accordatale. « Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione operata da Cristo » (Rom 3,22-24). Il dogma sottolinea che questa grazia è accordata gratuitamente fin dal primo istante della concezione. Quando ancora era « una perla di luce » (Turoldo), tutto lo splendore della Pasqua fu riflesso in lei e la salvezza la raggiunse in modo tale da non essere offuscata da alcuna ombra. Sarà questa grazia a rendere disponibile Maria a prestare a Dio l’obbedienza della fede, quando, al momento dell’annunciazione, la sua Parola irromperà nella sua vita chiedendole di farsi cooperatrice non di un’opera qualunque, ma dell’opera dei secoli, l’Incarnazione del Verbo (Cfr. MC 37). Sarà questa grazia a sostenere Maria nella sua risposta grata, nella sua peregrinazione della fede. Sì, perché santità perfetta (titolo caro alla tradizione Orientale.), immunità dal peccato originale, dono gratuito e abbondante di grazia, non staccano Maria dalla storia e dalla comune condizione umana. Se è immune dal peccato non è immune dai sentimenti umani più intensi e vitali, dai limiti culturali, dalla sofferenza, dal cammino di maturazione nella fede (Cfr. LG 58; RM I parte.). « Non ritardata da alcun peccato – scrive il Concilio – ha abbracciato con tutto l’animo la volontà divina di salvezza » (LG 56.).    L’Immacolata Concezione della Vergine è pura grazia: dono gratuito del Padre, salvezza operata da Cristo, nuova creazione nello Spirito.
  
Ci basta la sua grazia

Se questo dogma non separa Maria dal resto dei redenti, se Maria rimane « unita, nella stirpe di Adamo, con tutti gli uomini bisognosi di salvezza » (LG 53.), allora c’è qualcosa di comune fra noi e lei, c’è una parola che il dogma può dire alla mia vita di uomo o di donna e di credente. La nostra vita umana riposa sotto lo sguardo benedicente di Dio fin dal momento del concepimento. La vita è gratis. È pura grazia per la quale non facciamo nulla. È dono che non possiamo né chiedere, né meritare, ma che ci è dato gratuitamente dal Padre. Si discute molto sul « quando » della vita umana. Ma Dio va alle radici, là, in quella perla di luce che è l’embrione umano appena concepito, pone la sua grazia, la sua benedizione, la sua cura, il suo amore. Beati noi se sapremo fare come Dio: custodire la vita fin dal suo sorgere, essere gratuiti verso la debolezza radicale. Cosa c’è di più debole di un embrione? Puoi manovrarlo o rispettarlo, accoglierlo o buttarlo via. Beati noi se saremo gratuiti, come Dio lo è con noi. L’iniziativa divina è assoluta in noi. La grazia ci precede e ci accompagna. Il suo progetto di amore ci vede destinatari del suo dono fin da prima della creazione del mondo (cfr. Ef 1,3-4). Non esistevamo e Dio ci benediceva, ci sognava in Cristo, ci faceva santi e immacolati nel suo amore. Una storia di amore e di gratuità ci precede lungamente. Questa grazia ci raggiunge nel battesimo, ci sostiene nella nostra risposta di fede, nella nostra adesione alla Parola che irrompe nella nostra vita, ci cura teneramente. La nostra debolezza, qualunque essa sia, la nostra radicale debolezza che è la condizione umana, è guardata da Dio con amore. Dio ripete a noi come a Maria, come a Paolo: « Ti basta la mia grazia, la mi potenza si manifesta pienamente nella debolezza ». Quante volte ho sentito giovani, adulti, anziani non sentirsi degni del perdono di Dio, del suo amore, della sua grazia: « Dopo quello che ho fatto, Dio non può amarmi ». Ma la risposta di Dio è sorprendente, travalica ogni immaginazione: « Dove ha abbondato il peccato ha sovrabbondato la grazia » (Rom 5,20). Questo è il messaggio del dogma: un perdono che va alle radici, una grazia che prescinde da ogni merito, un amore che si stende gratuitamente su ogni uomo. È Dio che sostiene la nostra debolezza. È Dio che donandoci la sua grazia ci fa compiere la nostra peregrinazione nella fede, insieme con Maria e con gli altri fratelli e sorelle che sono in cammino con noi. E Dio inondando la nostra vita di gratuità ci provoca alla gratuità verso la vita, verso gli altri. « Ti basta la mia grazia ». Beati noi se sapremo riconoscere i segni di questa grazia necessaria e sufficiente, se sapremo vederne le tracce, se sapremo guardare in faccia coloro che se ne fanno strumenti: potremmo rimanere commossi da tanto amore ed essere spinti a dare qualcosa, a restituire qualcosa di quella sovrabbondanza di grazia che abbiamo ricevuto.


Anna Maria Calzolaro

Publié dans : MARIA VERGINE E SAN PAOLO |le 24 octobre, 2009 |Pas de Commentaires »

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