Frédéric Manns: Il vero Paolo e le donne

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SBF Letture Bibliche: Il vero Paolo e le donne

Frédéric Manns, ofm

Messo on line il mercoledì 8 aprile 2009 a 08h46

Due donne hanno scritto ultimamente libri bellissimi: Gisèle Halimi è l’autrice di un libro intitolato : L’altra metà dell’umanità. Le donne rappresentano più della metà dell’umanità. Ed Elisabeth Dufourcq, cristiana, ha pubblicato un altro libro con il titolo: Storia delle donne cristiane, l’altra metà del Vangelo. Cito un breve passo: “Ogni volta che la gerarchia maschile si lasciò dominare dalle preoccupazioni del potere, soffocò il genio e la voce delle donne cristiane, limitò l’accesso alle scritture e trasformò la donna idealizzata in un simbolo. Ciò nonostante, il dialogo del Cristo con le donne è sempre proseguito, con i suoi fulgori”. Gesù è stato un maestro rivoluzionario: ha permesso a donne di seguirlo e di essere discepole. Maria di Magdala è stata chiamata dai santi padri apostola apostolorum. Anche Paolo è stato un rivoluzionario: ha avuto donne come discepole. Ma il messaggio di Paolo, dopo 2000 anni, non è stato ancora compreso. La libertà cristiana non piace molto ad alcuni che preferiscono basare tutto sull’obbedienza.

Percorrendo la mostra su Paolo non ho visto molte immagini di donne. C’è il pannello dedicato a Lidia, ma l’immagine abbinata è quella di un bassorilievo che presenta San Paolo e Santa Tecla (nella prima sezione, titolo « Lidia: battesimo e ospitalità ». L’autore della mostra, grazie a Dio, non è insensibile alla presenza delle donne nella vita di Paolo.

Un cliché che viene ripetuto ancora oggi da molti esegeti, specialmente da donne che studiano la scrittura, è questo: Paolo è un antifemminista, un misogino. Basta rileggere il capitolo 7 della prima ai Corinzi sul matrimonio e la verginità per capire che Paolo fa una concessione a quelli che sono sposati, ma vorrebbe che tutti fossero come lui. Dietro queste affermazioni di molti esegeti moderni c’è uno sbaglio metodologico: Paolo viene letto alla luce delle teorie europee e con una mentalità occidentale. Non viene messo nel suo contesto autentico.

Comincio con due premesse:

Lascio da parte le lettere pastorali che non sono di Paolo, ma dei suoi discepoli. In queste lettere ritroviamo la mentalità giudaica del primo secolo. La donna si salva soltanto se diventa madre (1Tm 2,15). Quindi la donna è stata creata per fare figli.

Un testo deve essere letto nel suo contesto. Bisognerebbe cominciare con una lunga parentesi sulla situazione della donna nel mondo antico, mondo greco-romano e mondo giudaico. Jeremias nel suo libro Gerusalemme all’epoca di Cristo ha un bellissimo excursus sulla situazione della donna nel giudaismo. Per darvi soltanto un piccolo esempio, la Bibbia ripete alcune volte: il tuo asino, il tuo servo, e la tua moglie. La Mishna sarà contenta di ripetere questa litania. La donna è oggetto di possesso del marito.

Alla luce di questi testi ebraici Paolo non è antifemminista. Al contrario è in anticipo sul suo tempo.

Un altro esempio : l’ebreo fedele dice ogni mattina la triplice benedizione: “Benedetto sei tu Signore che mi hai creato Ebreo e non pagano (goy), che mi hai creato uomo libero e non schiavo, che mi hai creato uomo e non donna”. Paolo rifiuta due volte nelle sue lettere di recitare tale benedizione dopo la risurrezione di Cristo: Non c’è più Ebreo né goy, non c’è più uomo libero né schiavo, non c’è più uomo né donna. Tutti siamo uno in Cristo. Avere il coraggio di dire che una preghiera non è più valida, significa avere le idee chiare. Ci voleva uno spirito profetico per annunciare questo messaggio nuovo.

Lasciamo le idee e vediamo i fatti. Sono tante le donne che Paolo ha incontrato secondo Luca, l’autore degli Atti degli Apostoli. A Filippi nel secondo viaggio ha incontrato Lidia. Era una commerciante di porpora della città di Tiatira, quindi una donna forte che aveva il senso degli affari. Dopo il suo battesimo invita Paolo: “Se avete giudicato che io sia fedele al Signore venite ad abitare nella mia casa. E ci costrinse ad accettare”, dice Luca. Quindi Paolo è andato ad abitare da una donna, il che nel mondo antico era sospettoso. Rileggete la Mishna Pirqe Abot: “Non parlate molto con le proprie donne, a fortiori con le donne degli altri”. Per Paolo la libertà del cristiano gli permette di rompere con il fariseismo nel quale era stato educato nella yeshiva di Raban Gamaliel.

Anche a Filippi una giovane schiava che aveva uno spirito di divinazione e che faceva guadagnare molti soldi ai suoi padroni facendo l’indovina seguiva Paolo dicendo che era un uomo di Dio. Paolo interviene per liberare questa schiavetta e lo spirito partì da lei. Paolo e Sila furono gettati in prigione per aver liberato questa ragazza. Se Paolo fosse stato misogino avrebbe lasciato questa ragazza sotto l’influsso dello spirito cattivo. Non ha più continuato a recitare la preghiera: ti ringrazio perché mi hai creato uomo libero, non schiavo. Anche gli schiavi sono creature di Dio.

A Tessalonica, molte donne della nobiltà ascoltano e aderiscono alla sua dottrina (At 17,4). Paolo, come Gesù, accetta che le donne siano discepole, fatto che i rabbini non accettavano; solo i maschi potevano essere discepoli dei rabbini. Una sola eccezione viene menzionata per il caso di Gamaliele.

A Berea molte donne della nobiltà greca seguono Paolo (At 17,12).

A Corinto Paolo incontra Aquila e Priscilla, una coppia ebrea cacciata da Roma su ordine dell’imperatore Claudio (At 18,2). Erano fabbricanti di tende e Paolo si stabilì nella loro casa.

Ad Efeso, dove c’era il grande tempio di Artemide, Paolo interviene contro il culto delle dea della fertilità (At 19,23). Conoscete tutti le statue di Artemide polymastos. Il suo culto era in gran parte all’origine della prostituzione, sacra o profana. Paolo ha avuto sempre il coraggio di combattere questo culto per ridare la dignità alla donna. A Pafo, a Corinto e a Efeso combatterà la prostituzione che rende la donna schiava. A Efeso gli costerà caro.

Atti 21,9 menziona le figlie del diacono Filippo che profetizzavano a Cesarea. Paolo passa da Filippo a Cesarea al termine del suo terzo viaggio. Non condanna le figlie di Filippo. Sa e ripeterà che le donne possono essere profetesse, come la tradizione giudaica lo riconosce per Miriam, la sorella di Mosè. Anche nel NT vediamo lo Spirito che si riposa su Elisabetta e su Anna. Nella 1Cor 11,3-9 Paolo menziona donne che profetizzano.

A Gerusalemme Paolo aveva una sorella (At 23,16). Il figlio della sorella è intervenuto per salvare Paolo.

In Rm 16 Paolo saluta 26 persone che lo hanno aiutato, 9 sono donne; 2 apostoli, una è una donna, Giunia. Nel Medio Evo hanno trasformato il suo nome per farne un maschio, Giunius. Quindi un primo fatto è molto chiaro: in un mondo chiuso, Paolo propone un’identità cristiana aperta anche alle donne.

Ma ci sono altri testi da spiegare. In Col 3,18 e in Ef 5,22 Paolo chiede alle donne di essere sottomesse ai loro mariti. Il genere letterario di questi testi sono i codici domestici, la morale tradizionale giudaica conosciuta in molti testi, specialmente in Derek erets Zuta. Gli schiavi devono essere sottomessi ai padroni, e le donne ai loro mariti. 1Pt 5 aggiunge che i giovani devono essere sottomessi ai presbiteri, a gli anziani. Paolo richiede invece la sottomissione reciproca, dell’uomo alla donna e della donna all’uomo. La sottomissione reciproca corrisponde di fatti a un rispetto reciproco.

Paolo riprende questi codici domestici ebraici, ma aggiunge una novità che li farà esplodere. Che le donne siano sottomesse ai loro mariti come al Signore (Ef 5,22). I mariti devono amare le mogli, come Cristo ha amato la Chiesa. In Col 3,18 Paolo dice che le donne siano sottomesse ai mariti come conviene nel Signore. Queste piccole aggiunte faranno esplodere la morale antica.

Paolo non ha conosciuto il Gesù storico. Non poteva citare le beatitudini e la nuova morale cristiana. Perciò cita la morale giudaica portando un elemento nuovo: in Cristo. Di nuovo bisogna leggere i testi nel contesto giudaico, vedere le somiglianza e la novità paolina.

C’è un altro testo che fa problema, perché sembra contraddire quello che abbiamo detto prima: « La donna taccia nelle assemblee ». Questa è una delle sue frasi maggiormente incriminate dalle femministe. Ma che cosa ha detto davvero Paolo e che cosa voleva dire?

I testi sotto accusa infatti sono due. Il primo è in 1Cor 11 e ha come tema « l’uomo che prega o profetizza e la donna che prega o profetizza con il capo scoperto manca di riguardo al proprio capo. Se una donna non vuole mettere il velo che gli si tagli anche i capelli. La donna deve portare un segno di dipendenza sul capo a causa degli angeli » (v. 4-5).

Prima di tutto Paolo accetta che la donna possa essere profetessa. Di nuovo bisogna ricordare una tradizione giudaica antica, conosciuta dal II secolo prima di Cristo: il peccato degli angeli. Gli angeli quando hanno visto che le donne erano belle si sono innamorati e hanno sposato le donne, e da questa unione sono nati i giganti. Poi viene introdotto il male nel mondo. Per evitare un’altra tentazione degli angeli, la donna deve coprirsi la testa.

Seconda osservazione: gli scritti di Paolo sono scritti di circostanza. Bisogna sempre conoscere le città alle quale sono rivolte le lettere. In questo caso la lettera è rivolta alla comunità di Corinto, nota per la sua vita lasciva. 1000 prostitute erano presenti sull’Acrocorinto, con il suo santuario di Artemide (Strabone, Geografia 8,6,21). In questo contesto Paolo richiede alle donne cristiane un atteggiamento diverso dalle altre donne. Nel capitolo 11 di 1Cor Paolo riconosce che la donna può pregare e profetizzare nelle assemblee. Abbiamo qui una contraddizione.

L’altro testo accusato è quello di 1Cor 14,33-35, che senza ombra di dubbio impone il silenzio alle donne nelle assemblee, ma non è facilmente attribuibile a Paolo, in quanto contrasta con altri testi paolini. Di fatto, l’imposizione del silenzio alle donne di 1Cor 14,33-35 può avere altre due o tre attribuzioni. Potrebbe essere una glossa di un copista, oppure potrebbe riprendere le parole di un gruppo di Corinzi contro i quali reagirebbe lo stesso Paolo in 1Cor 14,36. Bisogna ricordare che nella tradizione rabbinica non è permesso ad una donna di fare la lettura pubblica della Legge (T. Megillot 4,11, Talmud di Babilonia Megillot 23a; Sifre Dt 22,16). D’altra parte in 1Cor 12,13 Paolo dice: Siamo stati battezzati in un solo Spirito per essere un solo corpo, Giudei e greci. Non si può contraddire.

In poche parole, quando Paolo riprende le tradizioni giudaiche sembra misogino; quando riprende le tradizioni cristiane è rivoluzionario. Il cristianesimo non è antifemminista.

Un altro problema: Paolo era sposato o vedovo? Normalmente ogni Ebreo doveva sposarsi all’età di 18 anni. Poteva rimandare il matrimonio per un po’ di tempo se l’amore della Torah era più forte che l’amore della donna. Per Paolo non abbiamo nessun elemento che ci costringe a scegliere. Paolo sa che altri apostoli sono accompagnati dalle proprie moglie, ma non dice niente sul suo caso.

Dulcis in fundo: i testi apocrifi parlano di una donna famosa che seguiva Paolo: Tecla di Iconio. Era così famosa che in molti santuari si fa memoria di lei a Silifke, dove Eteria ha visto la grande basilica dedicata a Tecla. In Siria, il santuario di Ma’alula è dedicato a Tecla. A Efeso una grotta porta le pitture di Paolo e di Tecla e della mamma di Tecla.

La leggenda di Tecla viene narrata negli Atti di Paolo e Tecla, un testo apocrifo del secondo secolo noto a molti Padri della Chiesa. Tertulliano, nel De Baptismo adversus Quintillam (17,5) riferisce che il testo venne scritto in onore di san Paolo da un presbitero d’Asia che, scoperta la sua frode, venne privato del suo ufficio intorno all’anno 160.

Ricordiamo la trama del racconto: San Paolo in viaggio da Antiochia si ferma ad Iconio (che fu effettivamente una tappa del suo primo viaggio). Fuori dalla città gli era andato incontro Onesiforo con la sua famiglia, il quale poté riconoscerlo da una descrizione che gli era stata inviata per lettera, riportata nel testo e alla base di alcune caratteristiche delle successive raffigurazioni del santo nell’iconografia cristiana (« uomo di bassa statura, la testa calva, le gambe arcuate, il corpo vigoroso, le sopracciglia congiunte, il naso alquanto sporgente »).

Accolto nella casa di Onesiforo, Paolo vi predicò la parola di Dio sulla continenza e sulla risurrezione. Una giovane vergine di nome Tecla, ascoltava le parole di Paolo dalla finestra della sua casa e ne rimase affascinata. Il suo fidanzato, Tamiri, che si vedeva privato del prossimo matrimonio, accusò Paolo presso il governatore della città, che lo condannò alla fustigazione. Tecla, su istigazione della sua stessa madre, venne condannata al rogo, ma una tempesta miracolosa e un terremoto le permisero di sfuggire al martirio.

Riunitasi con Paolo, Tecla lo accompagnò ad Antiochia di Pisidia, dove fu costretta a difendersi dalle insidie del ricco Alessandro, il quale, respinto, la accusò presso il governatore: questi la condannò ad essere divorata dalle belve, nonostante le proteste delle donne della città. In attesa dello spettacolo, venne affidata alla « regina » Trifena, che aveva deciso di accoglierla in seguito ad una raccomandazione della figlia defunta apparsale in sogno, in modo che Tecla pregasse per lei e che per sua intercessione potesse passare in paradiso.

Già alla sfilata delle belve, una leonessa le aveva leccato i piedi e Tecla le si era seduta in groppa. Durante lo spettacolo, accompagnato dalle proteste delle donne della città per la condanna ingiusta, le belve si ammansirono e gli altri supplizi tentati non ebbero effetto per la protezione divina. Intanto la santa si era battezzata da sola, gettandosi in una grande vasca. Venne quindi liberata tra i festeggiamenti delle donne e fu ospitata nuovamente da Triferna, che si convertì con le sue ancelle.

Saputo che Paolo si trovava nella città di Mira, prese con sé dei giovani, si vestì da uomo e lo raggiunse. Poi espresse il proposito di tornare nella nativa Iconio e Paolo le rispose di andare e di insegnarvi la parola di Dio. A Iconio rivide la madre. Si recò quindi a Seleucia di Isauria.

Da questo punto in poi i diversi manoscritti presentano finali leggermente diversi: il più ampio di essi prosegue raccontando come, stabilitasi in una grotta, avesse vissuto in eremitaggio e avesse radunato intorno a sé una comunità di donne che avevano seguito il suo esempio. I malati che si avvicinavano alla montagna venivano guariti e i demoni scacciati.

Dopo 72 anni, quando la santa aveva raggiunto l’età di 90 anni, i medici pagani della città, che avevano perso i loro clienti, ritenendola consacrata ad Artemide, mandarono degli uomini per violentarla, in modo che perdesse la protezione della dea, ma la santa sfuggì loro per intervento divino, scomparendo nella roccia il 24 settembre.

Se Paolo fosse stato antifemminista non avrebbe permesso a Tecla di seguirlo.

Tra i cliché che bisogna cambiare è quello di Paolo misogino. Lidia, Tecla, Giunia, Priscilla e tante altre donne vi proveranno il contrario.

Un ultima parola: Paolo non ha conosciuto Maria. Né a Gerusalemme né a Efeso. Se Maria è andata con Giovanni ad Efeso, era molti anni dopo la presenza di Paolo nella città. Quando parla di Gesù Paolo dice soltanto “nato da donna”. E’ stato salvato senza devozione a Maria.

Uno dei problemi del mondo moderno è la dialettica uomo-donna, perché gli uomini non sanno più essere maschi e le donne vogliono essere maschi. Il libro interesantissimo di G. Fessard, Le mystère de la Société ne tratta a lungo. Se uomini e donne fossero fedeli al messaggio di Paolo, il mondo potrebbe cambiare. I movimenti femministi troverebbero la pace e gli uomini rispetterebbero di più le donne.

Così sia.

Publié dans : PAOLO E LE DONNE |le 15 septembre, 2009 |Pas de Commentaires »

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