Verso il Natale con San Paolo

lo so che questo articolo di Mons Tommaso Stenico è un po’ fuori del tempo liturgico, ma mi è piaciuto e lo metto, in particolare la frase d’inizio: « Ho quasi l’impressione che ci siamo dimenticati dell’Anno Paolino »,  io ce l’ho ora l’impressione che ci stiamo dimenticando dell’anno paolino, dei grandi risultati che ha portato, ho l’impressione che i « frutti » debbano essere ancora raccolti, forse qualcuno lo sta facendo, vorrei farlo anche io, ma è vero che non è facile, anzi non è facile per niente; sembra quasi che sia difficile trovare un filo conduttore, un percorso; spero che lo troveremo e sarà possibile ripercorrere la bellezza e lo « straordinario » dell’incontro con Paolo;

dal sito:

http://www.pontifex.roma.it/index.php/editoriale/il-fatto/956-verso-il-natale-con-san-paolo-propter-nos-homines-et-propter-nostram-salutem-per-noi-uomini-e-per-la-nostra-salvezza-discese-dal-cielo

Verso il Natale con San Paolo :

“Propter nos homines et propter nostram salutem. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo”     

Lunedì 22 Dicembre 2008

Ho quasi l’impressione che ci siamo dimenticati dell’Anno Paolino! L’anno giubilare dedicato all’Apostolo delle Genti sta scorrendo molto alla chetichella. Mi auguro che – almeno a livello personale – si profitti di questo felice occasione per leggere, almeno, gli Scritti di Paolo di Tarso. Nel contesto dell’Anno Paolino prepariamoci alla Natività con le riflessioni del grande Apostolo. Ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica: “La venuta del Figlio di Dio sulla terra è un avvenimento di tale portata che Dio lo ha voluto preparare nel corso dei secoli. Riti e sacrifici, figure e simboli della « prima Alleanza » (Eb 9,15),  li fa convergere tutti verso Cristo; lo annunzia per bocca dei profeti che si succedono in Israele; risveglia inoltre nel cuore dei pagani l’oscura attesa di tale venuta”. La liturgia dell’Avvento ci ha accompagnati con la lettura del profeta Isaia: in lui,  più che in altri profeti risuona l’eco della grande speranza …

… che conforta il popolo eletto durante i difficili secoli della sua storia. L’Avvento celebra “il Dio della speranza” (Rm 15, 13) e fa vivere la gioia speranza (cf Rm 8, 24-25).

Questa speranza prende corpo nell’ “avvenimento unico e totalmente singolare” (CCC 464) che san Paolo proclama dicendo: “Dio ha inviato suo Figlio” (Ga 4, 4). E’ questa la Buona Novella: Dio ha visitato il suo popolo, ha compiuto le promesse fatte ad Abramo e alla sua discendenza; lo ha fatto superando ogni più rosea aspettativa: ha inviato il suo Figlio amato. (cf CCC 422).

Tuttavia, per “formargli un corpo” Dio Padre ha chiesto la libera cooperazione di una creatura. Maria è stata invitata a concepire colui nel quale abiterà “corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col 2, 9). In Maria si è inaugurata “la pienezza del tempo” : “quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli”. (Gal 4, 4-5).

L’Avvento ha posto felicemente in evidenza la relazione e la cooperazione di Maria nel mistero della redenzione. La solennità dell’Immacolata fa parte del mistero che celebriamo. Non è un’aggiunta, ma una collocazione liturgica assai provvida. Maria Immacolata è il prototipo della umanità redenta, il frutto più splendido della venuta redentrice di Cristo. Dio ha chiesto che Maria, come ha cantato il prefazio della solennità “fosse inizio e immagine della Chiesa, sposa di Cristo, senza macchia e senza ruga”.

Nel suo purissimo grembo Dio ha “assunto una natura umana per realizzare in essa la nostra salvezza”. (CCC 461). Nella lettera ai Filippesi (cf Fil2, 6-11) –“uno dei testi più elevati di tutto il Nuovo Testamento”, come ha detto Benedetto XVI nel Udienza del 22.10.2008, – San Paolo canta il mistero dell’Incarnazione: “Cristo Gesù … il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”. (Filip 2, 5-8).

L’Apostolo delle Genti ci rivela in queste parole l’orientamento pasquale del mistero della Incarnazione. Il Figlio di Dio prende corpo per offrirsi al Padre in sacrificio. La Lettera agli Ebrei pone sulle labbra dello stesso Cristo alcune parole del Salmo 40 che esprimono il carattere redentivo della Incarnazione: “Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato.  Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà”.

Betlemme e Gerusalemme sono unite nel disegno salvifico di Dio Padre, nel mistero redentore del Figlio, nella virtù feconda dello Spirito Santo.

Perché questa obbedienza? Perché questa umiliazione? Perché questa sofferenza?
Le risposte le troviamo nel credo: “Propter nos homines et propter nostram salutem: per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo”.

“Gesù è disceso dal cielo per farvi risalire lassù a pieno diritto l’uomo, e, rendendolo figlio nel Figlio, per restituirlo alla dignità perduta col peccato. È venuto per portare a compimento il piano originario dell’Alleanza. L’Incarnazione conferisce per sempre all’uomo la sua straordinaria, unica, ineffabile dignità”. (Giovanni Paolo II, Udienza Generale, 25.3.1981)
 

Tutto ciò che fa, pensa e predica San Paolo è centrato sulla offerta generosa di Gesù nella Incarnazione e nella croce fino al punto di costituire la motivazione più intima e profonda della sua vita.
Nella lettera ai Galati dichiara: « … Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2, 20).
La sua fede è l’esperienza di essere amato da Gesù Cristo; l’impatto dell’amore di Dio nel suo cuore.
Così questa stessa fede è amore per Gesù Cristo.
 
Che l’esempio e la dottrina dell’Apostolo Paolo ci facciano “comprendere con tutti i santi l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e conoscere l’amore di Cristo” (Ef 3,18) manifestato a Betlemme.

di Mons. Tommaso Stenico

Vous pouvez laisser une réponse.

Laisser un commentaire

Une Paroisse virtuelle en F... |
VIENS ECOUTE ET VOIS |
A TOI DE VOIR ... |
Unblog.fr | Annuaire | Signaler un abus | De Heilige Koran ... makkel...
| L'IsLaM pOuR tOuS
| islam01