Gli anni oscuri di Paolo, L’apostolo in Arabia, Siria e Gerusalemme

dal sito:

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Gli anni oscuri di Paolo
 
L’apostolo in Arabia, Siria e Gerusalemme   di: p. Fabrizio Tosolini, sx 

  Pensiamo di sapere quasi tutto della vita e dell’azione missionaria di Paolo. In realtà non è così: ci sono dei periodi di cui non sappiamo quasi niente. Tra questi, il tempo che segue la conversione di Paolo fino al suo ritorno a Tarso (tra il 33 e il 38), e poi la sua presenza ad Antiochia fino a circa il 46, quando ha intrapreso il suo primo viaggio missionario. Un periodo « oscuro » di circa 13 anni.
Paolo ci informa che dopo la conversione egli va in Arabia, poi torna a Damasco (Gal 1,17-18). Dove si trova l’Arabia di cui parla? A quel tempo si chiamava « Arabia » un territorio molto vasto, difficile da definire: una regione a sud della fortezza di Macheronte, abitata dai nabatei, e con capitale Petra. C’era tensione tra questa popolazione e i giudei della Palestina.

In Arabia Paolo non vive come un eremita: sembra invece che abbia subito cominciato ad evangelizzare. Dove, in quali ambienti e occasioni, a chi, in che lingua, cosa ha detto…, di tutto questo non sappiamo niente. 

Paolo lavora. È fabbricante di tende, come ci racconta Luca (At 18,3). Dovunque c’è bisogno di tende: tende di lino leggero per ripararsi dal sole nei mercati e nelle case; tende di lino pesante o di cuoio, per ripararsi dalla pioggia; senza contare le vele per barche e navi, e tutte le riparazioni necessarie su oggetti di cuoio, dalle calzature ai finimenti degli animali.

A Paolo occorrono pochi arnesi, leggeri e facili da trasportare: un coltello a mezzaluna, aghi e filo cerato, una lesina. Può trovare lavoro in ogni città, su ogni strada, nei porti o sulle navi. Mentre lavora può parlare con chi lo avvicina, nel negozio; se viene impiegato da un datore di lavoro o al mercato, attendendo i clienti.

Così vediamo Paolo in qualche città nabatea, forse a Petra, impegnato nel lavoro e ancor più nel parlare di Cristo. E siccome c’è tensione tra nabatei e giudei, anche il giudeo Paolo non passa inosservato. La sua predicazione deve aver suscitato il sospetto di qualcuno, timoroso che una nuova setta giudaica venisse a creare confusione tra la popolazione. Così Paolo torna in Siria, a Damasco, in un ambiente più tranquillo all’ombra delle aquile romane.

La città di Damasco era fortemente ellenizzata e i giudei erano una minoranza. Paolo divide il suo tempo tra il lavoro e i dialoghi con tutti coloro che si incuriosiscono delle sue idee. Quando però nel 37 d.C., Gaio Caligola sale al trono, questi affida la difesa della Siria proprio ai nabatei, che prendono il controllo della città. Paolo deve fuggire, di notte, calato dalle mura in una cesta (2Cor 11,33).

Questa volta prende la strada per Gerusalemme (una settimana, a piedi) per incontrare la chiesa della città santa. Qui incontra Pietro e sicuramente gli fa tutte le domande possibili e immaginabili su Gesù, che Pietro aveva conosciuto e che Paolo desiderava conoscere dopo aver creduto in lui.

Paolo evangelizza. A proposito di tutte queste vicende, il racconto di Luca (At 9,19-30) ci presenta Saulo a Damasco, impegnato a testimoniare Cristo nelle sinagoghe, di fronte ai giudei. Proclama Gesù Figlio di Dio e Cristo, confondendo e irritando i giudei a tal punto che decidono di ucciderlo. Per questo fugge da Damasco, aiutato dai suoi discepoli. Va quindi a Gerusalemme, dove il suo nome evoca ancora tristi ricordi. C’è comunque l’intervento di Barnaba che lo presenta agli apostoli e così anche a Gerusalemme Paolo può predicare. Anche qui però i giudei (quelli di lingua greca), particolarmente accesi nel difendere la tradizione, cercano di ucciderlo. Per questo viene condotto a Cesarea e di là fatto imbarcare per Tarso.

Gli anni che seguono, dal 38 al 46, sono avvolti nell’ombra. Otto anni di cui sappiamo poco, ma che possiamo immaginare spesi tra viaggi e predicazione, forse facendo riferimento alla chiesa di Antiochia e come aiutante di Barnaba. 

Paolo e noi. Visto dall’esterno, Paolo appare un operaio itinerante che, come Socrate, ha la passione di intavolare discorsi profondi negli ambienti pubblici. Discorsi che gli creano amici e oppositori, in mezzo a una situazione socio-politica piuttosto turbolenta. Paolo non si lascia condizionare da questo. Pensa solo al vangelo di cui è debitore a giudei e a greci.

E noi? Tutti andiamo al lavoro, in una situazione socio-politica non sempre tranquilla. Ci interessa il vangelo? Se non c’è passione di parlare di Cristo non andiamo molto lontano.

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