Romano Penna: Una libertà altra
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Una libertà altra
ANNO PAOLINO
ROMANO PENNA
« La verità del Vangelo » è stato il tema affrontato da mons. Romano Penna, docente di esegesi del Nuovo Testamento presso la Pontificia Università Lateranense di Roma e uno dei maggiori esperti italiani di San Paolo, nella sua « lectio magistralis » per l’inaugurazione dell’Anno accademico 2008-2009 della Pontificia Facoltà teologica « Marianum », svoltasi il 22 ottobre a Roma. Ma qual è il concetto di libertà, che sta dietro il sintagma paolino « la verità del Vangelo »? « Secondo lo sfondo semitico ma non greco, il concetto di libertà non si contrappone a vergogna, falsità, piuttosto a inautenticità, cioè fa riferimento a una condizione esistenziale, non tanto a un’astrazione metafisica ». Tenendo conto di tale contesto, ha ricordato il biblista, « questo sintagma paolino, che si trova nella Lettera ai Galati, significa che la verità del Vangelo consiste nella libertà dalla legge ». Il che vuol dire che « il cristiano non fonda la propria identità sulle prestazioni morali o religiose, ma fonda la propria identità su una nuda, pura adesione a Gesù Cristo nella sua funzione di Colui che mi ha amato e ha dato la sua vita per me, come San Paolo dice nella stessa Lettera ai Galati ».
Un concetto originale. « Si tratta – ha spiegato Penna – di un concetto di libertà originale: non è la libertà politica di cui si parla nella grecità, quella stoica filosofica o quella intesa come dominio di sé. E neanche la libertà in senso gnostico che consiste nel prendere coscienza della propria radice divina per liberarsi delle cose terrene. Sostanzialmente non è neanche la libertà della decisione morale di cui si parla in Aristotele ». Quella di Paolo, insomma, « è una libertà che si può etichettare con una parola non usuale: una libertà escatologica, cioè una libertà che viene dall’alto e che s’inscrive nella storia, pur non essendo autogena nella storia ma appartenendo a qualcosa di definitivo che congiunge il presente con il futuro ultimo. È una libertà effettivamente donata, elargita, non da conquistare. Il Vangelo non solo annuncia, ma offre questa libertà nella misura in cui il credente aderisce a Gesù Cristo ». Nel testo di Galati 5,1, San Paolo scrive: « Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù ». « È interessante – ha sostenuto il biblista – che Tommaso d’Aquino quando commenta questo testo dice che in questa libertà bisogna stare a piedi fermi, per non lasciarsi smuovere perché siamo già in questa libertà, che ci è stata donata ».
Liberi e schiavi. Che valenza può avere per l’uomo di oggi il concetto paolino di libertà? « Tale concetto non appartiene certo – per il biblista – alle pre-comprensioni usuali. Del resto tutto il Vangelo, che è un annuncio che si rivela nella sofferenza di un Crocifisso, va contro le logiche umane ». La libertà di cui parla Paolo è quella che scioglie « da tutto ciò che può essere condizionamento politico, sociale. Non a caso, in Galati 3,28 l’apostolo dice, tra l’altro: «non c`è più schiavo né libero… poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù». O in 1 Corinzi 7,22 che «lo schiavo che è stato chiamato nel Signore, è un liberto affrancato del Signore! Similmente chi è stato chiamato da libero, è schiavo di Cristo». Siamo di fronte a uno scambio di situazioni, che capovolgono i parametri sociali, storici e culturali ». L’uomo moderno, a giudizio del biblista, « è invitato a prendere atto di questo modo diverso di vedere le cose e le persone, al di là delle semplici categorie politiche, sociali, culturali, da cui non si può comunque prescindere perché la libertà cristiana si esercita proprio in quel contesto politico, sociale e culturale ».
Servizio d’amore. Nella « lectio magistralis » il biblista ha fatto riferimento anche ad altre espressioni paoline, come quella « molto forte che c’è in Galati 5,1: Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi ». Per Penna, « Paolo è l’apostolo della libertà nel senso che il nostro rapporto con Dio non si fonda su opere morali ma sulla nuda accettazione di quello che ha compiuto per noi in Cristo e cioè si fonda sulla fede ». C’è da precisare, comunque sia, che « la morale nell’ottica paolina ha un suo posto bello chiaro, però, in seconda battuta. Ricopre il posto della visibilizzazione della fede sul piano del vissuto ». In particolare, « in Galati 5,6 San Paolo dice che in Cristo ciò che conta è la fede che opera per mezzo della carità, cioè la fede è il dato primario, ma per natura sua richiede una traduzione, una fruttificazione, una fioritura sul piano del vissuto concreto, che è tutto sintetizzato nell’esigenza dell’amore ». Dunque, la verità del Vangelo consiste nella libertà dalla legge, che partendo dalla libertà interiore si esprime in un servizio agapico, amorevole, verso gli altri ». Insomma, « è una libertà che non va sbandierata a scapito delle incomprensioni altrui, o dei tradizionalismi altrui, è una libertà che recede di fronte alle esigenze dell’amore. Una libertà esasperata può essere segno di immaturità adolescenziale, ma l’esercizio dell’amore è segno sicuramente di maturità e di coscienza adulta ». « L’augurio che non solo il Sinodo ma l’Anno Paolino – ha concluso don Penna – aiuti a scoprire di più l’originalità e la «scandalosità» di Paolo che non è mai stato un personaggio troppo comodo. Si è sempre cercato di addomesticarlo. C’è da augurarsi un cristianesimo meno devozionistico, meno moralistico e più aperto, disponibile a una vita di fede nuda, schietta, pura, benché vissuta in Cristo e in una dimensione comunitaria ».
(24 ottobre 2008)
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