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MERCOLEDÌ 13 MAGGIO 2009 – V SETTIMANA DI PASQUA

MERCOLEDÌ 13 MAGGIO 2009 – V SETTIMANA DI PASQUA

B. VERGINE MARIA DI FATIMA (mf)

UFFICIO DI PASQUA

Seconda Lettura
Dall’«Omelia sulla Pasqua» di un antico autore.
(Disc. 35, 6-9; PL 17, 696-697)

Cristo autore della risurrezione e della vita
L’apostolo Paolo ricordando la felicità per la riacquistata salvezza, dice: Come per Adamo la morte entrò in questo mondo, così per Cristo la salvezza viene nuovamente data al mondo (cfr. Rm 5, 12). E ancora: Il primo uomo tratto dalla terra, è terra; il secondo uomo viene dal cielo, ed è quindi celeste (1 Cor 15, 47). Dice ancora: «Come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di terra», cioè dell’uomo vecchio nel peccato, «porteremo anche l’immagine dell’uomo celeste» (1 Cor 15, 49), cioè abbiamo la salvezza dell’uomo assunto, redento, rinnovato e purificato in Cristo. Secondo lo stesso apostolo, Cristo viene per primo perché è l’autore della sua risurrezione e della vita. Poi vengono quelli che sono di Cristo, cioè quelli che vivono seguendo l’esempio della sua santità. Questi hanno la sicurezza basata sulla sua risurrezione e possederanno con lui la gloria della celeste promessa, come dice il Signore stesso nel vangelo: Colui che mi seguirà, non perirà ma passerà dalla morte alla vita (cfr. Gv 5, 24).
Così la passione del Salvatore è la vita e la salvezza dell’uomo. Per questo infatti volle morire per noi, perché noi, credendo in lui, vivessimo per sempre. Volle diventare nel tempo quel che noi siamo, perché, attuata in noi la promessa della sua eternità, vivessimo con lui per sempre.
Questa, dico, è la grazia dei misteri celesti, questo il dono della Pasqua, questa è la festa dell’anno che più desideriamo, questi sono gli inizi delle realtà vivificanti.
Per questo mistero i figli generati nel vitale lavacro della santa Chiesa, rinati nella semplicità dei bambini, fanno risuonare il balbettio della loro innocenza. In virtù della Pasqua i genitori cristiani e santi continuano, per mezzo della fede, una nuova e innumerevole discendenza.
Per la Pasqua fiorisce l’albero della fede, il fonte battesimale diventa fecondo, la notte splende di nuova luce, scende il dono del cielo e il sacramento dà il suo nutrimento celeste.
Per la Pasqua la Chiesa accoglie nel suo seno tutti gli uomini e ne fa un unico popolo e un’unica  famiglia.
Gli adoratori dell’unica sostanza e onnipotenza divina e del nome delle tre Persone cantano con il Profeta il salmo della festa annuale: «Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo in esso» (Sal 117, 24). Quale giorno? mi chiedo. Quello che ha dato il principio alla vita, l’inizio alla luce. Questo giorno è l’artefice dello splendore, cioè lo stesso Signore Gesù Cristo. Egli ha detto di se stesso: Io sono il giorno: chi cammina durante il giorno non inciampa (cfr. Gv 8, 12), cioè: Chi segue Cristo in tutto, ricalcando le sue orme arriverà fino alle soglie della luce eterna. E’ ciò che richiese al Padre quando si trovava ancora quaggiù con il corpo: Padre, voglio che dove sono io siano anche coloro che hanno creduto in me: perché come tu sei in me e io in te, così anche essi rimangano in noi (cfr. Gv 17, 20 ss.).

Responsorio    1 Cor 15, 47. 49. 48
R. Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo. * Come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di terra, così porteremo l’immagine dell’uomo celeste, alleluia.
V. Qual è l’uomo fatto di terra, così sono quelli di terra; ma quale il celeste, così anche i celesti.
R. Come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di terra, così porteremo l’immagine dell’uomo celeste, alleluia.

MARTEDÌ 12 MARZO – V SETTIMANA DI PASQUA

MARTEDÌ 12 MARZO – V SETTIMANA DI PASQUA

SANTI NEREO E ACHILLEO (mf)

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di sant’Anastasio, vescovo di Antiochia
(Disc. 4, 12; PG 89, 1347-1349)

Cristo doveva patire e così entrare nella sua gloria
Cristo, dopo aver mostrato con l’insegnamento e con le sue opere di essere il vero Dio e il Signore dell’universo, mentre stava per recarsi a Gerusalemme diceva ai suoi discepoli: Ecco stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo verrà dato in mano ai pagani, ai sommi sacerdoti e agli scribi per essere flagellato, vilipeso e crocifisso (cfr. Mt 20, 18-19). Diceva che queste cose erano conformi alle predizioni dei profeti, i quali avevano preannunziato la sua morte, che doveva avvenire in Gerusalemme. Avendo pertanto la Sacra Scrittura predetto fin dal principio la morte di Cristo e la sua passione prima della morte, predice ancora ciò che accadde al suo corpo dopo la morte. Afferma però anche che, come Dio, era impassibile e immortale.
Osservando la verità dell’incarnazione, ne deduciamo i motivi per proclamare rettamente e giustamente l’una e l’altra cosa, cioè la passione e l’impassibilità. Il motivo per cui il Verbo di Dio, impassibile in se stesso, sostenne la passione era che l’uomo non poteva essere salvato in altro modo. Egli lo sapeva bene e con lui anche coloro ai quali volle manifestarlo. Il Verbo, infatti, conosce tutto del Padre, come lo «Spirito ne scruta le profondità» (1 Cor 2, 10) cioè i misteri impenetrabili.
Era davvero necessario che Cristo soffrisse, e non poteva non farlo, come egli stesso affermò. Per questo chiamò stolti e tardi di mente quanti ignoravano che Cristo doveva in tal modo soffrire ed entrare nella sua gloria. Egli venne per la salvezza del suo popolo. Per lui si privò, in un certo senso, di quella gloria che possedeva presso il Padre prima che il mondo fosse. La salvezza era l’evento che doveva maturare attraverso la passione dell’autore della vita. Lo insegna san Paolo: Egli è l’autore della vita, reso perfetto mediante le sofferenze (cfr. Eb 2, 10). La gloria di Unigenito, poi, che egli aveva abbandonato per noi, gli venne restituita per mezzo della croce, nella carne che aveva assunta. Dice infatti san Giovanni nel suo vangelo, quando spiega quale fosse l’acqua di cui parlò il Salvatore: «Scorrerà come fiume dal seno di chi crede. Questo disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c’era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato» (Gv 7, 38-39), e chiama gloria la morte in croce. Perciò il Signore, mentre innalzava preghiere prima di subire la croce, supplicava il Padre di essere glorificato con quella gloria che aveva presso di lui, prima che il mondo esistesse.

Responsorio    Cfr. Eb 2, 10; Ap 1, 6, Lc 24, 26
R. Era ben giusto che Dio, volendo portare molti figli alla gloria, rendesse perfetto mediante la sofferenza il capo che li ha guidati alla salvezza. * A lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli, alleluia.
V. Bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria.
R. A lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli, alleluia.

LUNEDÌ 11 MAGGIO – V SETTIMANA DI PASQUA

LUNEDÌ 11 MAGGIO – V SETTIMANA DI PASQUA

MESSA DEL GIORNO

Prima Lettura   At 14, 5-18
Vi predichiamo di convertirvi da queste vanità al Dio vivente.

Dagli Atti degli Apostoli
In quei giorni, a Icònio ci fu un tentativo dei pagani e dei Giudei con i loro capi per maltrattare e lapidare Paolo e Bàrnaba; essi se ne accorsero e fuggirono nelle città della Licaònia, Listra e Derbe e nei dintorni, e là continuavano a predicare il vangelo.
C’era a Listra un uomo paralizzato alle gambe, storpio sin dalla nascita, che non aveva mai camminato. Egli ascoltava il discorso di Paolo e questi, fissandolo con lo sguardo e notando che aveva fede di esser risanato, disse a gran voce: «Alzati diritto in piedi!». Egli fece un balzo e si mise a camminare. La gente allora, al vedere ciò che Paolo aveva fatto, esclamò in dialetto licaònio e disse: «Gli dèi sono scesi tra di noi in figura umana!». E chiamavano Bàrnaba Zeus e Paolo Hermes, perché era lui il più eloquente.
Intanto il sacerdote di Zeus, il cui tempio era all’ingresso della città, recando alle porte tori e corone, voleva offrire un sacrificio insieme alla folla. Sentendo ciò, gli apostoli Bàrnaba e Paolo si strapparono le vesti e si precipitarono tra la folla, gridando: «Cittadini, perché fate questo? Anche noi siamo esseri umani, mortali come voi, e vi predichiamo di convertirvi da queste vanità al Dio vivente che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che in essi si trovano.
Egli, nelle generazioni passate, ha lasciato che ogni popolo seguisse la sua strada; ma non ha cessato di dar prova di sé beneficando, concedendovi dal cielo piogge e stagioni ricche di frutti, fornendovi il cibo e riempiendo di letizia i vostri cuori». E così dicendo, riuscirono a fatica a far desistere la folla dall’offrire loro un sacrificio.

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di san Gregorio Di Nissa, vescovo
(Disc. sulla risurrezione di Cristo, 1; PG 46, 603-606. 626-627)

Primogenito della nuova creazione
E’ venuto il regno della vita ed è stato distrutto il dominio della morte. Una diversa generazione è apparsa, e una vita diversa e un diverso modo di vivere. La nostra stessa natura ha subito un cambiamento.
Quale è questa generazione? Quella che non scaturisce dal sangue, né da volere di uomo, né da volere di carne, ma è stata creata da Dio (cfr. Gv 1, 13). Come può avvenire questo? Ascolta e te lo spiegherò in breve.
Questa nuova prole viene concepita per mezzo della fede, viene data alla luce attraverso la rigenerazione del battesimo, ha come madre la Chiesa, succhia il latte della sua dottrina e delle sue istituzioni. Hai poi come suo cibo il pane celeste. L’età matura è costituita da un altro stile di vita. Le sue nozze sono la familiarità con la sapienza. Suoi figli la speranza, sua casa il regno, sua eredità e ricchezza le gioie del paradiso. La sua fine poi non è la morte, ma quella vita eterna e beata che è preparata a coloro che ne sono degni.
«Questo è il giorno che ha fatto il Signore» (Sal 117, 24), giorno ben diverso da quelli che furono stabiliti all’inizio della creazione del mondo e che si misurano col trascorrere del tempo. Questo giorno segna l’inizio di una nuova creazione. Poiché in questo giorno Dio crea un cielo nuovo e una terra nuova, come afferma il Profeta. E quale cielo? Il firmamento della fede in Cristo. E quale terra? Un cuore buono, come disse il Signore, una terra avida della pioggia che la irriga e che produce abbondante messe di spighe.
In questa creazione il sole rappresenta una vita pura, e le stelle le virtù; l’aria una buona condotta; il mare «la profondità della ricchezza della sapienza e della scienza» (Rm 11, 33). Le erbe e i germogli sono la buona dottrina e la Sacra Scrittura, di cui si pasce il popolo, gregge di Dio. Le piante da frutta poi rappresentano l’osservanza dei comandamenti.
In questo giorno viene creato il vero uomo ad immagine e somiglianza di Dio. E non deve divenire il tuo mondo questo inizio: «Questo giorno che ha fatto il Signore»? Questo giorno e questa notte che il Profeta disse diversi dagli altri giorni e dalle altre notti?
Ma non abbiamo ancora spiegato quello che in questa grazia è più importante. Questo giorno ha distrutto le sofferenze della morte. Questo giorno ha dato al mondo il primogenito dei morti.
«Io salgo», dice «al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (Gv 20, 17). O confortante e splendida notizia! Colui che si è fatto per noi uomo, pur essendo l’unigenito Figlio di Dio, per renderci suoi fratelli, si presenta come uomo davanti al Padre, per portare con sé tutti coloro che gli sono congiunti.

Responsorio    1 Cor 15, 21-22; 2 Pt 3, 13
R. A causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dai morti, * come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo, alleluia.
V. Secondo la promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova:
R. come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo, alleluia.

Papa Benedetto XVI, dalla « Spe salvi »: « Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20090515

Venerdì della I settimana di Pasqua : Jn 15,12-17
Meditazione del giorno
Papa Benedetto XVI
Enciclica « Spe salvi », § 38-39 (© copyright Libreria Editrice Vaticana)

« Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi »

La misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la com-passione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana… La parola latina con-solatio, consolazione, lo esprime in maniera molto bella suggerendo un essere-con nella solitudine, che allora non è più solitudine. Ma anche la capacità di accettare la sofferenza per amore del bene, della verità e della giustizia è costitutiva per la misura dell’umanità, perché se, in definitiva, il mio benessere, la mia incolumità è più importante della verità e della giustizia, allora vige il dominio del più forte; allora regnano la violenza e la menzogna…

Soffrire con l’altro, per gli altri; soffrire per amore della verità e della giustizia; soffrire a causa dell’amore e per diventare una persona che ama veramente – questi sono elementi fondamentali di umanità, l’abbandono dei quali distruggerebbe l’uomo stesso. Ma ancora una volta sorge la domanda: ne siamo capaci?… Alla fede cristiana, nella storia dell’umanità, spetta proprio questo merito di aver suscitato nell’uomo in maniera nuova e a una profondità nuova la capacità di tali modi di soffrire che sono decisivi per la sua umanità. La fede cristiana ci ha mostrato che verità, giustizia, amore non sono semplicemente ideali, ma realtà di grandissima densità. Ci ha mostrato, infatti, che Dio – la Verità e l’Amore in persona – ha voluto soffrire per noi e con noi.

qualche pensiero,oggi, su questo « viaggio » verso e con San Paolo

qualche pensiero su questo « viaggio » verso, e con, San Paolo, ancora frammentarie le esperienze, le riflessioni, i sentimenti che sto provando; direi gioia fondamentalmente, meraviglia, una sorta di meraviglia continua, sicurezza, come se avessi poggiato i piedi su qualcosa di sicuro, ma anche di…caldo, non so se è l’espressione giusta, di familiare; qualcuno, Paolo capace di leggere la storia, con quello che ha detto, ma e forse, soprattutto con quello che ha vissuto;

è questa l’impressione che ho, che è la sua storia capace di farci « leggere » i suoi scritti, che ci da la possibilità di proseguire nel cammino, nel percorso, nella storia della nostra vita; sì, come ho letto più volte le sue lettere sono difficili e per tante ragioni: perché sono occasionali e, nello stesso tempo, perché sono vissute nella storia concreta ed immediata delle Chiese, e come fuori del tempo, ossia per tutti, per la Chiesa e per tutti noi, e per sempre;

perché Paolo è arrivato là, è giunto, a quel capitolo di profondità che oltrepassa le parole, i ragionamenti, i giudizi, le paure, e si trova nel silenzio profondo della « Parola », ci si trova ora, ci si trovò allora; al di là di ogni parola c’è come un silenzio pieno di amore, un amore pieno di silenzio;

cerco commenti ai suoi scritti, conoscerlo, ma anche come vivere la fede, con lui; come trovare il percorso in mezzo alle piccole – e grandi – cose di questo mondo verso la fermezza della fede, quel qualcosa in più, qualcosa che, stranamente, a me mi fa fermare e non correre; mi fa fermare in mezzo alla strada per cogliere il battito del cuore di questo mondo, e, nello stesso tempo, il battito del cuore di Dio;

vorrei poter proseguire il cammino iniziato – l’anno scorso con il blog – ma anche quello che ho vissuto nel passato, sapendo che la mia vita è cambiata, che sono…diventata libera, forse non del tutto, anzi non del tutto o poco, ma che comprendo che la « familiarità » con Dio è un’altra cosa, che è diverso; non lo so ancora, non comprendo, ma ogni passo vissuto con Paolo mi porta dentro il momento, il luogo, la storia che vivo, e, contemporaneamente, oltre, verso il tempo infinito, « negli atri della casa del Signore » dove « un giorno è pìù che mille altrove;

vorrei che questo anno paolino non finisse – solo – con gli studi e le conferenze su Paolo, e tutte le altre cose, ottime, che si stanno facendo, ma vorrei che fosse l’inizio di una storia, ossia l’inizio di un qualcosa di nuovo, di un moverci fedelmente, fermamente, liberamente, con le ali spiegate, verso Dio, non so ancora spiegarmi, ma vale la pena di scrivere qualcosa, ogni tanto…

con Paolo

(per oggi è tutto)

una « introduzione-spiegazione » della sequenza: Vieni, Spirito Santo

dal sito:

http://web.mclink.it/MF0878/spirito.htm

VIENI, SPIRITO SANTO

Vieni, Santo Spirito,
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce.
Vieni, padre dei poveri,
vieni, datore dei doni,
vieni, luce dei cuori.
Consolatore perfetto,
ospite dolce dell’anima,
dolcissimo sollievo.
Nella fatica, riposo,
nella calura, riparo,
nel pianto conforto.
O luce beatissima,
invadi nell’intimo
il cuore dei tuoi fedeli.
Senza la tua forza
nulla è nell’uomo,
nulla è senza colpa.
Lava ciò che è sordido,
bagna ciò che è arido,
sana ciò che sanguina.
Piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelido,
drizza ciò ch’è sviato.
Dona ai tuoi fedeli
che solo in te confidano
i tuoi santi doni.
Dona virtù e premio,
dona morte santa,
dona gioia eterna. AMEN.
 

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Introduzione

La sequenza  della Pentecoste fu chiamata « aurea » , per la ricchezza del pensiero, per la grande devozione , per la bellezza poetica. Fu composta fra il 1150 e il  1250 , forse da Stefano Langton, contemporaneo di Lotario dei conti di Segni, nato nel 1161, cardinale a 27 anni, papa a 37 , nel 1198, col nome di Innocenzo III. Ci sono , comunque, diversi critici che attribuiscono a Innocenzo III il Veni , Sancte  Spiritus..1

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Meditiamo la ‘sequenza aurea’.

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Vieni, Santo Spirito
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce
« Vieni, Santo Spirito » , così inizia la sequenza della Pentecoste, chiamata « aurea » per la preziosità del pensiero teologico e biblico, la grandezza devozione, la bellezza poetica.

L’inizio della sequenza è caratterizzato dal quadruplice invito delle prime due strofe: « Vieni,vieni,vieni,vieni ». Non sorge spontaneo , nella recita , l ‘ implorazione dell ‘ effusione dello Spirito , un rinnovato battesimo, una nuova Pentecoste ?

Il verbo « venire » , ci ricorda la figura del Cristo che , incarnato, viene a noi (cf. Gv 1,14) e dello Spirito « Paraclito »:  » Colui che chiamato , viene a noi », si effonde su di noi, penetra in noi ? Così nell ‘ incarnazione (Lc 1,35) e nell ‘eucaristia con le due epiclesi: invocazioni al Padre perché effonda lo Spirito che trasforma il pane e il vino nel Cristo (prima epiclesi) e trasforma i nostri cuori , perché siano degni della comunione eucaristica (seconda epiclesi). L ‘ implorazione inizia insistentemente, vieni,vieni,vieni,vieni, si realizza così la promessa di Gesù di inviarci un altro Consolatore che « rimanga sempre con noi per sempre » (Gv 14,17;14,26;16;14).

« un raggio della tua luce »

La « luce » è in rapporto diretto con la « vita » ; è la prima realtà creata da Dio : « Sia la luce! » (Gen 1,3). Con la luce la bellezza del creato si mostra a noi. Nella luce abbiamo modo di vedere le cose, gustiamo i colori , la vita ci si presenta in tutto il suo splendore. In opposizione alla luce , nelle tenebre della notte tutto è nascosto, tutto si nasconde e tace. Alla luce dell ‘ alba le creature si risvegliano e , se ne abbiamo fatto l ‘esperienza, possiamo ricordarne l ‘ esplosione di gioia , tutto brilla e canta in allegria. Giovanni nel prologo dice del Verbo:  » In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini » (Gv 1,4). Quando nasce un bambino , diciamo che è venuto alla luce.

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Vieni padre dei poveri,
vieni, datore dei doni
vieni, luce dei cuori. 
La preghiera autentica è animata da tante virtù , prima fra tutte la carità, quindi la fiducia, l ‘ abbandono , la speranza, l ‘umiltà; con la preghiera , dinanzi a Dio ci riconosciamo bisognosi di aiuto, poveri. Il superbo , l ‘orgoglioso , l ‘egoista rifuggono la preghiera. Nella triplice invocazione , possiamo anche intravedere un appello alla presenza delle Persone trinitarie :

Vieni padre dei poveri ! Lo Spirito procede dal Padre poiché « ogni buon regalo e ogni dono perfetto proviene dall ‘ alto e discende dal Padre della luce  » (Gc 1,17).

Vieni, datore dei doni ! Lo Spirito procede anche dal figlio , per mezzo del quale « tutto è stato fatto », afferma s. Giovanni nel prologo, « e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste » (Gv 1,3)

Vieni, luce dei cuori ! Lo Spirito è luce dei cuori , perché è « Spirito di verità » (Gv 14,17). Interior intimo meo , afferma S. Agostino , « Più intimo del mio intimo »; ci guida « alla verità tutta intera » (Gv 16,13) e ci ricorda tutto ciò che Gesù ci ha detto (cf. Gv 14,26), aiutandoci a realizzarlo nella nostra vita.

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Consolatore perfetto,
ospite dolce dell ‘ anima,
dolcissimo sollievo.             
La vera consolazione viene solo da Dio. Lui è la roccia sicura ove rifugiarsi nei momenti  della grande sventura. Dio , non solo dà sollievo al cuore, ma dà forza (conforto nel senso etimologico della parola), trasforma il cuore, libera e salva. « Ti amo , Signore, mia forza, – Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore, – mio Dio , mia rupe, in cui trovo riparo; – mio scudo e baluardo, mia potente salvezza » (Sal 18 (17), 2-3). Dio non elimina la nostra sofferenza, ma ce ne fa scoprire il significato misterioso e profondo.

Ospite dolce dell ‘ anima ! Ha un particolare sapore di paradiso. « Dio ci ha fatto dono del suo Spirito » ( 1 Gv 4,13). « E dove c’è lo Spirito del Signore c’è la libertà » (2 Cor 3,17); liberi dal rifiuto all ‘ Amore, il peccato; ricolmi di gioia , di pace, di speranza, di vita, pregustiamo il paradiso. La dolcezza dell ‘ ospitalità   di Dio la esprime nell ‘ anima specialmente lo Spirito Santo; la esprime come un ‘ esperienza profonda di pace, di gioia, di bontà, che scoglie ogni durezza di cuore, placa ogni turbamento e inquietudine, allieva il peso della croce e dona la gioia nel dolore. Scomparsa ogni paura , ogni tristezza, ogni angoscia, l ‘anima può realmente dire allo Spirito : « Dolcissimo sollievo.. Dolcissimo sollievo! ».             

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Nella fatica, riposo
nella calura, riparo 
nel pianto, conforto.
Abbiamo , sinora, parlato degli aspetti positivi e dolcissimi , del battesimo dello Spirito o effusione dello Spirito, ora consideriamo la debolezza umana: la fatica quotidiana, l ‘ardore delle passioni, il pianto della prova e del dolore. Considerando queste realtà , scaturiscono spontanee le implorazioni allo Spirito : Nella fatica, riposo ,- nella calura, riparo ,- nel pianto, conforto. Sentiamo in queste parole ,   l ‘ eco delle parole di Gesù : « Venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi , e io vi ristorerò  » (Mt 11,28). Noi siamo spesso stanchi ed affaticati sul piano morale e spirituale. Gesù ci ristora con la sua presenza , il ritrovarlo nella celebrazione dell ‘ Eucaristia , nei sacramenti ci dà la forza di riposare. Nel pianto della nostra miseria morale nel confessionale , ci soccorre con la sua misericordia , ci conforta e ci rialza . Ricordiamo che l ‘ umiltà è la via della carità. Farsi piccoli , essere poveri in spirito è attirare la compiacenza di Dio. « Su chi volgerò lo sguardo ? Sull ‘umile e su chi ha il cuore contrito  » (Is 66,2). « Chiedete e troverete … bussate e vi sarà aperto » (Mt 7,7) : il mistero della preghiera insistente, perseverante !… non perché pensiamo di essere esauditi per le molte preghiere; ma per la virtù che la preghiera ci fa esercitare: la fiducia, la speranza, la carità , l ‘umiltà. (cf. Lc 11,5-8).

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O luce beatissima,
invadi nell ‘ intimo
il cuore dei tuoi fedeli.
E’ un ‘ implorazione che sale dalle tenebre, nelle quali, senza la luce e la forza dello Spirito, siamo spesso sommersi. Brancoliamo nel buio di dubbi e di problemi non risolti; esperimentiamo il doloroso vuoto del cuore , privo d ‘amore, di gioia , di pace; il vuoto doloroso della vita priva di opere buone, di virtù. Imploriamo lo Spirito , perché ci illumini e ci guidi  » alla verità tutta intera » (Gv 16,13); ci aiuti a realizzarla nella nostra vita: « (lo Spirito) vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà ( vi aiuterà a realizzare) tutto ciò che vi ho detto » (Gv 14,26). Preghiamo per tutti quelli che lo ignorano, lo rattristano o  addirittura l ‘ hanno spento nella loro vita. Preghiamo col grande Manzoni nella Pentecoste : « Noi t ‘ imploriam! Placabile – Spirito discendi ancora, – ai tuoi cultor propizio, – propizio a chi t ‘ ignora .. ».

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Senza la tua forza,
nulla è nell ‘ uomo,
nulla senza colpa.
Fare l ‘ umile esperienza della debolezza umana, della nostra  impotenza, nonostante i buoni propositi, le sincere intenzioni; debolezza e impotenza non solo nelle azioni , ma anche nei pensieri, nell ‘amore : accettare con umiltà e semplicità questa situazione, è una garanzia del nostro cammino verso Dio. Pietro disse a Gesù :  » Signore , insieme a te sono pronto a subire il carcere e anche la morte » (cf. Lc 22,33). Pietro è indubbiamente sincero , ma Gesù sa che cosa c’è nel cuore dell ‘uomo e non ha bisogno che alcuno glielo dica (cf. Gv 2,24-25), « Non ora , Pietro, ora non puoi seguirmi, mi seguirai più tardi » (cf. Gv. 13,36).

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Lava ciò che è sordido,
bagna ciò che è arido,
sana ciò che sànguina.
L’ uomo senza lo Spirito è nulla , è dolore , è colpa. Il « nulla » ci richiama, il deserto, l ‘abisso, il peccato. Scegliamo la via dell ‘umiltà , della carità , del semplice abbandono ; « Beati i puri di cuore » (Mt 5,8). Preferiamo alla speculazione , la contrizione del cuore, che purifica e la contemplazione che porta all ‘unione d ‘amore. Dio « non è lontano da ciascuno di noi » , dice Paolo agli Ateniesi. « In lui , infatti, noi viviamo , ci muoviamo ed esistiamo. Di lui stirpe noi siamo » (At 17,27-28).  Perché il nostro sguardo sia limpido, curiamo la purificazione del cuore. « Crea in me , o Dio, un cuore puro-.. Un cuore affranto e umiliato tu , o Dio, non disprezzi » (Sal 51(50),12,19).

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Piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelido,
drizza ciò ch ‘ è sviato.
Lo Spirito Santo fa suoi i nostri limiti , le nostre imperfezioni, le nostre impotenze, perfino i nostri peccati…. « Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza » (Rm 8,26). Lo Spirito completa ciò che in noi è incompleto, perfeziona ciò che in noi è imperfetto, purifica ciò che in noi è impuro, sana ciò che in noi è malato. Missione dello Spirito è trasformare il nostro cuore inaridito e indurito, secondo la promessa-profezia di Ezechiele: « Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati. Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò  da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne » (Ez 36,25,26). Maria è la più valida collaboratrice dello Spirito Santo. Preghiamo Lei, porta del cielo… preghiamo Lei che interceda per noi peccatori e le chiediamo :P iega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò ch ‘ è sviato.

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Dona ai tuoi fedeli
che solo in te confidano
i tuoi santi doni.
La prima generosità che lo Spirito ci domanda è la totale fiducia in lui, l ‘abbandono totale. Noi ci abbandoniamo a Lui , consapevoli che non siamo stati noi per primi  » ad amare Dio; ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati » ( 1 Gv 4,10) e « Ci ha fatto dono del suo Spirito ».  » Abbiamo noi riconosciuto e creduto all ‘amore che Dio ha per noi  » ? (1 Gv 4,16). Il lavoro , gli impegni , sono quelli di sempre ; ma interiormente e anche esteriormente c’è qualcosa di nuovo, di molto importante.  Il santo timore di Dio o amoroso rispetto per il Padre nostro celeste, la coscienza della nostra piccolezza e l ‘esperienza della maestà divina (Sal 139(138)).La fortezza che ci permette di combattere con le armi stesse di Dio, la fede, la speranza, la carità, la preghiera. Il consiglio che , dono dello Spirito, dà all ‘ anima la capacità dell ‘ascolto interiore, le fa cogliere la Voce che parla nel più intimo del suo intimo : Interior intimo meo, scrive S. Agostino. Impariamo a distinguere , nella nostra vita, le sfumature più delicate, quello che piace o dispiace a Dio.  » Il Consolatore, lo Spirito Santo, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto » (Gv 14,26). La pietà ci fa sperimentare la tenerezza paterna di Dio verso di noi, suoi figli. La scienza ci fa vedere le creature con l ‘occhio di Dio. La sapienza ci dà il gusto di Dio, delle realtà divine, tutte le realtà di questo mondo, senza riferimento a Dio , risultano insipide.

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Dona virtù e premio
dona morte santa,
dona gioia eterna
La sequenza aurea si era aperta con una visione di cieli lontani dai quali imploravamo « Vieni… vieni… vieni…vieni… : quattro implorazioni. Ora si chiude nella pace e nella sicurezza del dono. Si ripete , in conclusione , il verbo ‘donare’ . Ricordiamo ,allora , le parole di Paolo nella lettera ai Romani :  » Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare (tanto meno che cosa sia conveniente fare), ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili ; e colui (il Padre) che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti , secondo i disegni di Dio » (Rm 8,26-27) !. Così lo Spirito trasforma tutta la nostra vita per il tempo e per l ‘eternità. Sì lo credo, lo spero, ne sono sicuro, per il tempo e per l ‘eternità

Publié dans:LITURGIA, LITURGIA - INNI |on 14 mai, 2009 |Pas de commentaires »

Tertulliano : « Tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20090514

San Mattia apostolo, festa : Jn 15,9-17
Meditazione del giorno
Tertulliano (155? – 220?), teologo
De praescriptione, 20-21 : CCL 1, 201-203

« Tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi »

Cristo Gesù, Signore nostro, per tutto il tempo che visse sulla terra manifestò chi egli era, chi era stato, qual era la volontà del Padre. Questa rivelazione la fece apertamente al popolo e separatamente ai discepoli, fra i quali scelse i Dodici, come partecipi del suo magistero universale. Perciò, escluso uno di loro, sul punto di ritornare al Padre, dopo la risurrezione, ordinò agli altri Undici di andare e di ammaestrare le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo (Mt 28,19).

Gli apostoli – il cui nome significa « mandati » – sorteggiarono come dodicesimo del loro gruppo Mattia al posto di Giuda e ciò in ossequio all’autorità profetica del salmo di Davide (108, 8). Avendo ricevuto, secondo la promessa, lo Spirito Santo che doveva renderli capaci di fare i miracoli e predicare, testimoniarono la fede in Gesù Cristo prima in Giudea e poi in tutto il mondo, istituendo ovunque chiese particolari. Ovunque fecero risuonare il medesimo insegnamento e annunziarono la medesima fede…

Che cosa poi gli apostoli abbiano predicato, cioè che cosa Cristo abbia loro rivelato, non può essere altrimenti provato che per mezzo delle chiese stesse che gli apostoli hanno fondato, e alle quali hanno predicato sia a viva voce, sia in seguito per mezzo di lettere. Perciò, ogni dottrina che si accordi con queste chiese apostoliche, madri e fonti della fede, deve essere ritenuta vera in quanto contiene ciò che le chiese hanno ricevuto dagli apostoli, gli apostoli da Cristo, e Cristo da Dio.

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