Archive pour mai, 2009

San Cirillo di Gerusalemme: « Lo Spirito dà vita » (2Cor 3,6)

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20090519

Martedì della VI settimana di Pasqua : Jn 16,5-11
Meditazione del giorno
San Cirillo di Gerusalemme (313-350), vescovo di Gerusalemme, dottore della Chiesa
Catechesi n° 16

« Lo Spirito dà vita » (2Cor 3,6)

« L’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,14). Intendeva parlare di un’acqua viva e zampillante di nuovo genere: zampillante, ma su quanti vogliono rendersene degni. Perché chiamò « acqua » la grazia dello Spirito? Perché l’acqua è l’elemento costitutivo dell’universo, fonte della vita vegetale e animale. La pioggia scende dal cielo con una sola forma, ma produce forme diverse… in una forma nella palma e in un’altra nella vite. È tutto per tutte le cose, ed è sempre acqua non diversa da quella di prima: la medesima pioggia, che in continuazione si trasforma, cadendo in una forma o in un’altra, e adattandosi a una struttura o a un’altra degli esseri che la ricevono fino a diventare quello che ciascun essere è.

Così lo Spirito Santo, uno, semplice e indivisibile, «distribuisce la sua grazia a ciascuno come vuole» (1 Cor 12,11). Come al contatto con l’acqua un albero già quasi secco emette nuovi polloni, così con la conversione che rende degni dello Spirito Santo l’anima già peccatrice produce grappoli di santità. Per volere del Padre e nel nome di Cristo, un solo Spirito opera in molteplici potenze.

Si manifesta nella lingua di uno come spirito di saggezza e nella mente illuminata d’un altro come spirito di profezia, conferisce a
uno il potere di scacciare i demoni e ad un altro il dono di interpretare le Scritture, elargisce a uno la forza di mantenersi casto e ad un altro la conoscenza della vera misericordia, insegna a uno le vie del digiuno e dell’ascesi e ad un altro quelle del disprezzo degli interessi corporali o della preparazione al martirio. Egli non muta in se stesso, eppure come sta scritto: «A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune» (1 Cor 12,7).

LETTERA A FILEMONE – COMMENTO DI S. TOMMASO D’AQUINO

pubblico solo questo studio di San Tommaso d’Aquino, perché è relativamente breve e, perché, giustamente, non potrei mettere tutto; ci sono di San Tommaso d’Aquino i commenti a tutte le lettere di San Paolo, metto il link alle lettere di San Paolo sotto link però, se da lì, ritornate sull’Home page, è tutto molto interessante, dal sito:

http://amicidisantommaso.googlepages.com/LETTERAAFILEMONE.doc

DON GIUSEPPE SALA
CUGGIONO

LETTERA A FILEMONE

COMMENTO DI S. TOMMASO D’AQUINO

QUADERNI DI CATECHESI BIBLICA

INTRODUZIONE

La Lettera racconta una vicenda.
Lo schiavo Onesimo era fuggito, dopo aver rubato qualcosa o aver causato un notevole danno al suo padrone Filemone.
Nella sua fuga arrivò a Roma, centro di attrazione di tutti i fuggiaschi e dei senza legge.
Paolo gli diede ospitalità e riuscì a convertirlo al cristianesimo.
Più tardi Paolo apprese che Onesimo era schiavo di Filemone.
Benché Paolo desiderasse trattenere con sé Onesimo perché era un utile collaboratore nella predicazione dei Vangelo, egli riconobbe il diritto di Filemone e decise così di rimandare Onesimo al suo padrone.
Paolo scrisse questa Lettera, pregando Filemone di accogliere con sentimenti di umanità lo schiavo fuggiasco: .
In pratica Paolo chiede a Filemone di non infliggergli le severe punizioni previste dalla legge.
Ma egli promette anche di risarcire personalmente il danno causato a Filemone da Onesimo ed esprime anzi il desiderio di riavere con sé Onesimo come suo collaboratore.

PROLOGO

Anche a questa Lettera, brevissima, San Tommaso premette un Prologo; egli parte da una espressione biblica, che, secondo lui, esprime il senso della Lettera che sta per commentare.
L’espressione biblica per questo Prologo è la seguente:
(Sir.33,31).
Il sapiente, cioè il Siracide, mostra tre cose che riguardano il padrone e lo schiavo:
1. ciò che si richiede da parte dello schiavo: si esige la fedeltà; dice: , perché la fedeltà esiste in pochi; (Pr.20,6);
2. quale deve essere l’affetto del padrone verso lo schiavo: un tale schiavo, fedele, deve essere trattato come un amico quanto all’affetto; perciò dice: ; con ciò si lascia intendere che tra schiavo e padrone esiste un consenso, poiché lo schiavo fedele si trasforma in amico;
3. quale deve essere l’uso che il padrone deve fare dello schiavo; l’uso dello schiavo da parte del padrone è che sia trattato come un fratello; e questo
a. sia per quanto concerne la generazione della natura, perché hanno entrambi lo stesso autore; (Ml.210);
b. sia per quanto concerne la generazione della grazia, che è la stessa in tutti; (Gal.3,27).

Ora le suddette parole del Siracide corrispondono alla materia di questa Lettera.
Infatti, l’Apostolo,
«  come in altre Lettere ha mostrato in che modo i prelati spirituali si devono comportare con i loro sudditi;
«  così qui egli fa vedere in che modo i devono comportare i padroni temporali con gli schiavi temporali, e in che modo si deve comportare lo schiavo fedele con il suo padrone.

CAPITOLO UNICO

LEZIONE 1 (1-9)
1. Paolo, prigioniero di Cristo Gesù, e il fratello Timoteo al nostro caro collaboratore Filemone,
2. alla sorella Appia, ad Archippo nostro compagno d’armi e alla comunità che si raduna nella tua casa:
3. grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore nostro Gesù Cristo.
4. Rendo sempre grazie a Dio ricordandomi di te nelle mie preghiere,
5. perché sento parlare della tua carità per gli altri e della fede che hai nel Signore Gesù e verso tutti i santi.
6. La tua partecipazione alla fede diventi efficace per la conoscenza di tutto il bene che si fa tra voi per Cristo.
7. La tua carità è stata per me motivo di grande gioia e consolazione, fratello, poiché il cuore dei credenti è stato confortato per opera tua.
8. Per questo, pur avendo in Cristo piena libertà di comandarti ciò che devi fare,
9. preferisco pregarti in nome della carità, così qual io sono, Paolo, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù;

Versetti 1-2.
L’occasione della Lettera proviene dal fatto che presso i Colossesi un cristiano di valore aveva uno schiavo, che di nascosto si era rifugiato a Roma ed era stato battezzato dall’Apostolo, e per il quale egli scrive.
Dice: , che è nome venerando per tutti i fedeli, , come dice in 2Tm.2,9: ; infatti  allora si trovava prigioniero a Roma; schiavo ma , dove si mostra la causa delle catene; è una cosa molto encomiabile essere prigioniero per Cristo; (1Pt.4,15).
; sono fratelli di fede; egli aggiunge a se stesso Timoteo, per comandare più facilmente, perché è impossibile non ascoltare le preghiere di più persone.

Poi presenta le persone salutate.
Viene presentata prima di tutti la persona principale: Filemone; e poi le persone aggiunte: Appia…
.
Lo chiama a motivo delle sue buone opere.
(Gv.13,34).
Lo chiama
, in quanto serviva i santi.
(Pr.18,19).
Viene presentata la persona aggiunta quando dice: , che era una persona influente a Colossi.
(Col.4,17).
Dice inoltre: , perché tutti i prelati sono come dei soldati spirituali della Chiesa.
(2Cor.10,4).
Aggiunge: ; allora non c’erano le chiese, i cristiani si riunivano nelle case.

Versetto 3.
L’Apostolo presenta le cose augurate, secondo la consuetudine: grazia e pace.

Versetto 4.
Viene iniziato il racconto epistolare; incomincia dal rendimento di grazie.
Dice: .
Come se dicesse: rendo grazie per il passato in modo tale da pregarvi per le cose future.
Perciò dice: .

Versetto 5.
L’Apostolo espone la materia del rendimento di grazia e della preghiera; egli mostra per che cosa intende pregare Filemone.
Ora la materia era necessaria e buona per Filemone, cioè la carità e la fede.
Senza la carità nessun’altra cosa vale.
(1Cor.13,1).
Ma in chi Filemone ha fede e carità?
.
(1Cor.16,22).
E questo è necessario perché dal Cristo amato più dolcemente procede l’amore alle membra; e non ama il capo chi non ama le membra.
(1Gv.4,20).
Perciò aggiunge: .
L’Apostolo parla della fede di Filemone.
La fede si basa sulla dottrina così come essa viene manifestata per mezzo di Cristo.

Versetto 6.
, dice l’Apostolo a Filemone, perché il bene che si cela nel tuo cuore si manifesti per mezzo delle opere buone.
Prosegue: , bene che si compie per mezzo di te.
E questo bene avviene , ossia a vantaggio di Gesù Cristo.
Ci può essere un’altra interpretazione:
nel mondo ci sono molte buone opere che però non sono buone rispetto a Dio, perché non sono fatte rettamente.
Le opere sono fatte rettamente quando sono fatte mediante una fede retta.

Versetto 7.
Viene presentato il motivo per cui l’Apostolo rende grazie: il motivo è la gioia e la consolazione.
Perciò dice: .
(3Gv.4).
Questa gioia alleggeriva le afflizione; perciò aggiunge: .
(Sal.93,19).
L’Apostolo assegna la ragione di ciò dicendo: , di Filemone.

Versetti 8-9.
L’Apostolo presenta con fiducia  una richiesta a Filemone; gli dice: , cioè poiché abbondi nella carità, , come se dicesse: non da me, ma dall’autorità di Cristo, nella cui fede ti ho generato; e perciò ti posso comandare quale padre, tuttavia .
(Pr.18,23).
Che cosa spinge Paolo a supplicare Filemone?
La sua condizione di vecchio e di sofferente per Cristo.
Perciò dice: .

LEZIONE 2 (10-25)
10. Ti prego dunque per il mio figlio, che ho generato in catene, Onesimo,
11. lui che un giorno ti fu inutile, ma ora è utile a te e a me.
12. Te l’ho rimandato, lui, il mio cuore.
13. Avrei voluto trattenerlo presso di me, perché mi servisse in vece tua nelle catene che porto per il Vangelo.
14. Ma non ho voluto far nulla senza il tuo parere, perché il bene che farai non sapesse di costrizione, ma fosse spontaneo.
15. Forse per questo è stato separato da te per un momento perché tu lo riavessi per sempre:
16. non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come un fratello carissimo in primo luogo a me, ma quanto più a te, sia come uomo sia come fratello nel Signore.
17. Se dunque tu mi consideri come amico, accoglilo come me stesso.
18. E se in qualcosa ti ha offeso o ti è debitore, metti tutto sul mio conto.
19. Lo scrivo di mio pugno, io, Paolo: pagherò io stesso. Per non dirti che anche tu mi sei debitore e proprio di te stesso!
20. Sì, fratello! Che io possa ottenere da te questo favore nel Signore; dà questo sollievo al mio cuore in Cristo!
21. Ti scrivo fiducioso nella tua docilità, sapendo che farai anche più di quanto ti chiedo.
22. Al tempo stesso preparami un alloggio, perché spero, grazie alle vostre preghiere, di esservi restituito.
23. Ti saluta Epafra, mio compagno di prigionia per Cristo Gesù,
24. con Marco, Aristarco, Dema e Luca, miei collaboratori.
25. La grazia del Signore Gesù Cristo sia con il vostro spirito.

Versetti 10-11.
Espressa la fiducia dell’Apostolo nella bontà di Filemone, l’Apostolo presenta qui la sua richiesta; e mostra la persona per la quale presenta la sua petizione, cioè Onesimo.
Dice: è davvero da esaudire la mia richiesta, perché essa contiene la pietà per il mio figlio Onesimo, di cui si occupa la mia presente premura.
L’Apostolo aveva generato Onesimo alla fede in prigione.
Per un secondo motivo Filemone deve esaudire la richiesta dell’Apostolo per Onesimo: per il cambiamento dei costumi.
Se infatti avesse perseverato nel peccato, non sarebbe stato degno del perdono.
L’Apostolo parla lievemente della colpa di Onesimo, dicendo , ossia dannoso portando via le tue cose; , che si è convertito dal male allo stato della virtù, è per il servizio di Dio e degli uomini.
(2Tm.2,21).
(Pr.25,4).

Versetto 12.
Dicendo: , invita Filemone a perdonarlo.

Versetto 13.
Qui l’Apostolo esprime il proposito di trattenere Onesimo, dicendo: .

Versetto 14.
L’Apostolo spiega il motivo per cui ha desistito da tale proposito, dicendo: .
Egli dice dunque a Filemone che, sebbene fosse una persona eminente, tuttavia era solito prestare servizi all’Apostolo.
(Mt.20,26).
Perciò, per questa fiducia, gli propone di tenerlo presso di sé, cioè presso l’Apostolo, cosicché gli presti servizio al suo posto.
Perciò dice: .
Un tale servizio era massimamente necessario all’Apostolo quando si trovava in prigione per Cristo.
Il motivo per cui egli rinunziò è che egli non voleva usare una cosa altrui, mentre il padrone non lo sapeva.
Perciò dice: ; come se dicesse: se l’avessi trattenuto senza il tuo parere, anzi senza che tu lo sapessi, avresti subìto una specie di costrizione; però non ho voluto fare così, ma ho voluto che venisse fatto volontariamente da te.

Versetti 15-22.
L’Apostolo indica il motivo per cui Filemone deve ricevere benevolmente Onesimo:
«  sia da parte di Dio,
«  sia da parte dell’Apostolo,
«  sia da parte dello stesso Filemone.
L’Apostolo dice il motivo per ricevere Onesimo da parte di Dio, perché la provvidenza divina spesso permette che accada ciò che sembra cattivo, perché poi ne segua il bene, come è evidente nel caso della vendita di Giuseppe, perché liberasse dall’Egitto la stessa famiglia del padre Giacobbe.
(Gen.45,5).
L’Apostolo dice: , perché (Rm.11,33).
E dice di accoglierlo .

L’Apostolo dice il motivo di ricevere Onesimo da parte di sé, cioè da parte dello stesso Apostolo.
E qui dice tre cose:
In primo luogo adduce la sua amicizia con Filemone, sotto la copertura della quale egli chiede che Onesimo sia ricevuto da Filemone.
Dice: , perché Onesimo è legato a me.
(Mt.10,40).
In secondo luogo l’Apostolo garantisce Filemone per il danno; l’Apostolo obbliga se stesso per soddisfare Filemone del danno che Onesimo gli ha procurato.
Dice dunque: , abbandonando il tuo servizio, ; come se dicesse: ripagherò per ogni cosa.
(Gal.6,2).
Perciò dice: , come se dicesse: perché tu, Filemone, sia certo riguardo alla restituzione, .
E questo non avviene per necessità, perché , perché ti ho strappato dalla morte eterna.
Pertanto Filemone deve considerare l’Apostolo come suo liberatore.
In terzo luogo l’Apostolo mostra a Filemone il compito dell’accoglienza.
Dice: .
Come se dicesse: se mi vuoi avere come collega, accoglilo, così anch’io ti potrò trattare come un fratello; cioè se farai questo ricolmerai il mio volere di gioia.
Infatti godere è gioire dei frutti, e come l’usare sta all’utile, così il godere sta al frutto.
Ora il frutto implica la dolcezza.
(Ct.2,3).
L’Apostolo dice: , cioè che io goda di te nella gioia di Dio, godendo della bontà divina in te, perché il suo atto è amore, e il godimento ne è l’effetto.
Dice ancora l’Apostolo: .
Un uomo viene ristorato spiritualmente quando soddisfa i desideri della sua anima.
Come se dicesse: colma gli intimi desideri del mio cuore; e non nelle cose cattive, ma ; è quindi buono il compimento del desiderio.

L’Apostolo dice il motivo di ricevere Onesimo da parte dello stesso Filemone.
L’Apostolo mostra  in che modo egli riponga la propria fiducia nell’obbedienza di Filemone.
Dice: .
(2Cor.7,16).
L’Apostolo inoltre comanda a Filemone qualcosa di simile; poiché l’uomo ascolta più facilmente una persona, quando spera di rivederlo, dice: .
Infatti quando si trovava a Colossi, era suo costume essere ospitato nella sua casa.
L’Apostolo aggiunge: .

Obiezione
Poiché l’Apostolo non potè recarsi da Filemone, ma morì a Roma, ha ingannato la fiducia di Filemone?
Risposta
Bisogna dire che conoscere le cose future è proprio solamente di Dio e non della conoscenza umana, tranne quella profetica.
E nessun profeta seppe il futuro di se stesso, tranne il solo Cristo, che non possedeva lo Spirito in misura limitata.
Perciò non c’è da meravigliarsi se l’Apostolo non conosceva alcune cose.

Versetti 23-25.
L’Apostolo conclude la lettera con i saluti da parte degli altri prima che da parte sua.
Dice dunque: .
I suoi personali saluti li esprime con un augurio: .
Come si vede, il saluto dell’Apostolo non va solo a Filemone, ma si estende a tutti quelli che sono legati a Filemone.
Il saluto dell’Apostolo è simile a quello della seconda lettera a Timoteo: .

Obiezione
Com’è possibili che tra i saluti degli altri ci sia anche quello di Dema, dal momento che in 2Tm.4,10 l’Apostolo dice: ?
Risposta
La Lettera a Filemone aveva preceduto la seconda Lettera a Timoteo, perché qui dice: , e là annuncia la propria morte: (« Tm.4,6).
Pertanto è necessario affermate che Paolo fu a Roma per quasi nove anni e che questa Lettera a Filemone fu scritta all’inizio, mentre la seconda Lettera a Timoteo fu scritta verso la fine della sua vita, e allora Dema, indebolito dalla lunga prigionia, lasciò l’Apostolo.
D’altronde le Lettere di Paolo non sono ordinate in ordine cronologico, perché le Lettere ai Corinzi furono scritte prima della Lettera ai Romani, e questa fu scritta prima della seconda Lettera a Timoteo.

UN PO’ DI CATECHISMO
(Dal Compendio del Catechismo)

Qual è il disegno di Dio per l’uomo?
Dio, infinitamente perfetto e beato in se stesso, per un disegno di pura bontà ha liberamente creato l’uomo per renderlo partecipe della sua vita beata.
Nella pienezza dei tempi, Dio Padre ha mandato suo Figlio come redentore e salvatore degli uomini caduti nel peccato, convocandoli nella sua Chiesa e rendendoli figli adottivi per opera dello Spirito Santo ed eredi della sua eterna beatitudine.

Perché nell’uomo c’è il desiderio di Dio?
Dio stesso, creando l’uomo a propria immagine, ha scritto nel suo cuore il desiderio di vederlo.
Anche se tale desiderio è spesso ignorato, Dio non cessa di attirare l’uomo a sé, perché viva e trovi in lui quella pienezza di verità e di felicità, che cerca senza posa.
Per natura e per vocazione, l’uomo è pertanto un essere religioso, capace di entrare in comunione con Dio.
Questo intimo e vitale legame con Dio conferisce all’uomo la sua fondamentale dignità.

Come si può conoscere Dio con la sola luce della ragione?
Partendo dalla creazione, cioè dal mondo e dalla persona umana, l’uomo, con la sola ragione, può con certezza conoscere Dio come origine e fine dell’universo e come sommo bene, verità e bellezza infinita.

Basta la sola luce della ragione per conoscere il mistero di Dio?
L’uomo, nel conoscere Dio con la sola luce della ragione, incontra molte difficoltà.
Inoltre non può entrare da solo nell’intimità del mistero divino.
Per questo, Dio l’ha voluto illuminare con la sua Rivelazione non solo su verità che superano la comprensione umana, ma anche su verità religiose e morali, che, pur accessibili di per sé alla ragione, possono essere così conosciute da tutti senza difficoltà, con ferma certezza e senza mescolanza di errore.

San Giovanni I Papa (2Cor) (mf.- si celebra il 18 quest’anno perché cade di domenica)

dal sito:

http://liturgia.silvestrini.org/santo/191.html

memoria facoltativa  17 maggio –

(si celebra il 18 quest’anno perché cade di domenica)

San Giovanni I Papa

BIOGRAFIA
Toscano di nascita, Giovanni era succeduto a Papa Ormisda nel 523. Si recò a Costantinopoli presso l’imperatore Giustino come legato del re Teodorico. La memoria di s. Giovanni I è legata al dramma politico-religioso di questo re. Qualche studioso lo identifica con il Giovanni diacono autore di un Epistola ad Senarium, importante per la storia della liturgia battesimale, perché è forse l’unico documento ad attestare la tradizione della Chiesa romana di esigere e consacrare al sabato santo sette altari e di versare nel calice un miscuglio di latte e miele. Perseguitato da questo medesimo re ariano, fu incarcerato a Ravenna, ove ricevette la palma del martirio nel 526.
Il Martirologio Romano di lui scrive: A Ravenna il natale di san Giovanni I°, papa e martire; che, dall’Ariano Re d’Italia Teodorico fu colà chiamato con inganno, ed ivi, a lungo macerato da lui nel carcere per la fede ortodossa, finì di vivere. La sua festa poi si celebrava ai ventisette di questo mese, nel quale giorno, il suo sacro corpo, trasportato a Roma, fu sepolto nella Basilica di san Pietro, Principe degli Apostoli.

DAGLI SCRITTI…
Dalle «Lettere» di san Giovanni d’Avila, sacerdote
«Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio. Infatti, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione» (2 Cor 1, 3-5). Queste sono parole dell’apostolo san Paolo. Egli tre volte é stato battuto con verghe, cinque con una sferza, una volta fu lapidato, un’altra abbandonato come morto; soffrì persecuzioni da uomini di ogni specie, fu torturato con ogni sorta di sofferenze e fatiche, non una o due volte, ma, come egli stesso dice altrove: «Noi veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale» (2 Cor 4, 11).
E in tutte queste molestie non solo non mormora e non si lamenta di Dio, come fanno i deboli; non solo non si contrista come coloro che amano la gloria e i piaceri, né domanda a Dio di esserne liberato, come fanno gli insipienti che rifuggono dalle sofferenze, né le stima di poco conto, come coloro che non ne apprezzano il valore, ma, messa da parte ogni ignoranza e debolezza, benedice Dio proprio quand’é in mezzo alle pene, lo ringrazia come di un dono grande e si stima felice quando può patire qualcosa per l’onore di colui che soffre tante ed incredibili ignominie per liberare noi che, per il peccato, eravamo in esse implicati, e ci ornò ed abbellì del suo Spirito e dell’adozione dei figli di Dio. In se stesso e per se stesso ci diede un pegno e un segno della gioia celeste.
O miei carissimi fratelli, il Signore apra i vostri occhi perché possiate vedere quanta ricchezza ci dona in quelle cosa che il mondo disprezza! Di quanto onore siamo ricolmi nel disonore, quando cerchiamo la gloria di Dio! Quanta gloria ci é riservata nella presente afflizione! Quanto dolci, amorose e liete sono le braccia del buon Dio, aperte per accogliere i feriti nelle sue battaglie. Quelle braccia che senza dubbio ci stringono in un abbraccio più dolce del miele, tale da compensare tutte le amarezze che possono dare le pene di questo mondo. Se gusteremo di queste cose, desidereremo ardentemente un tale abbraccio. Chi infatti non desidera questa totalità di amore e di desiderio, se non colui che é ignaro di ogni desiderio?
Se dunque vi attirano quelle cose grandiose e le volete vedere e godere, sappiate che non c’é via migliore che il soffrire. Questa é la strada percorsa da Cristo e dai suoi. Egli chiama «stretta», ma conduce alla vita. Ed egli insegna che, se vogliamo giungere a lui, dobbiamo seguire la sua stessa via. Non é infatti conveniente che, mentre il Figlio di Dio procede per la via dell’infamia, i figli degli uomini cerchino la via degli onori, perché «un discepolo non é da più del maestro, né un servo da più del suo padrone» (Mt 10, 24).
Voglia Dio che l’anima nostra non trovi pace, né cerchi altro alimento in questo mondo se non nelle fatiche per la croce di Cristo.

San Cirillo Alessandrino : « Anche voi mi renderete testimonianza »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20090518

Lunedì della VI settimana di Pasqua : Jn 15,26-27#Jn 16,1-4
Meditazione del giorno
San Cirillo Alessandrino (380-444), vescovo, dottore della Chiesa
Commento sul vangelo di Giovanni, 10

« Anche voi mi renderete testimonianza »

Cristo aveva compiuto la sua missione sulla terra, e per noi era ormai venuto il momento di entrare in comunione con la natura del Verbo (2 Pt 1,4), cioè di passare dalla vita naturale a quella che trascende l’esistenza umana… Finché Cristo infatti viveva ancora con il suo corpo insieme ai fedeli, egli stesso dispensava loro ogni bene. Quando invece giunse il momento stabilito di salire al Padre celeste, era necessario che egli fosse presente ai suoi seguaci per mezzo dello Spirito e «abitasse per la fede nei nostri cuori» (Ef 3,17).

Che lo Spirito infatti trasformi in un’altra natura coloro nei quali abita e li rinnovi nella loro vita è facile dimostrarlo con testimonianze sia dell’Antico che del Nuovo Testamento. Samuele infatti, ispirato, rivolgendo la parola a Saul dice: «Lo Spirito del Signore ti investirà e sarai trasformato in un altro uomo» (1 Sam 10,6). San Paolo poi dice: «Il Signore è lo Spirito. E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore» (2 Cor 3,18).

Vedi come lo Spirito trasforma, per così dire, in un’altra immagine coloro nei quali abita? Infatti porta con facilità dal gusto delle cose terrene a quello delle sole cose celesti e da una imbelle timidezza a una forza d’animo piena di coraggio e di grande generosità. I discepoli erano così disposti e così rinfrancati nell’animo dallo Spirito Santo, da non essere per nulla vinti dagli assalti dei persecutori, ma fortemente stretti dall’amore di Cristo. È vero dunque quello che dice il Salvatore: «È meglio per voi che io me ne ritorni in cielo» (Gv 16,7). Quello infatti era il tempo in cui sarebbe disceso lo Spirito Santo.

I SIMBOLI DELLO SPIRITO SANTO

dal sito:

http://www.vatican.edu/archive/catechism_it/p1s2c3a8_it.htm

CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA

CAPITOLO TERZO – CREDO NELLO SPIRITO SANTO

dall’ARTICOLO 8

I SIMBOLI DELLO SPIRITO SANTO

694 L’acqua. Il simbolismo dell’acqua significa l’azione dello Spirito Santo nel Battesimo, poiché dopo l’invocazione dello Spirito Santo essa diviene il segno sacramentale efficace della nuova nascita: come la gestazione della nostra prima nascita si è operata nell’acqua, allo stesso modo l’acqua battesimale significa realmente che la nostra nascita alla vita divina ci è donata nello Spirito Santo. Ma, « battezzati in un solo Spirito », noi « ci siamo » anche « abbeverati a un solo Spirito » (1 Cor 12,13): lo Spirito, dunque, è anche personalmente l’Acqua viva che scaturisce da Cristo crocifisso come dalla sua sorgente (16) e che in noi zampilla per la vita eterna. (17)
695 L’unzione. Il simbolismo dell’unzione con l’olio è talmente significativo dello Spirito Santo da divenirne il sinonimo.(18) Nell’iniziazione cristiana essa è il segno sacramentale della Confermazione, chiamata giustamente nelle Chiese d’Oriente « Crismazione ». Ma per coglierne tutta la forza, bisogna tornare alla prima unzione compiuta dallo Spirito Santo: quella di Gesù. Cristo (« Messia » in ebraico) significa « unto » dallo Spirito di Dio. Nell’Antica Alleanza ci sono stati alcuni « unti » del Signore,(19) primo fra tutti il re Davide. (20) Ma Gesù è l’unto di Dio in una maniera unica: l’umanità che il Figlio assume è totalmente « unta di Spirito Santo ». Gesù è costituito « Cristo » dallo Spirito Santo. (21) La Vergine Maria concepisce Cristo per opera dello Spirito Santo, il quale, attraverso l’angelo, lo annunzia come Cristo fin dalla nascita (22) e spinge Simeone ad andare al Tempio per vedere il Cristo del Signore;(23) è lui che ricolma Cristo, (24) è sua la forza che esce da Cristo negli atti di guarigione e di risanamento.(25) È lui, infine, che risuscita Cristo dai morti.(26) Allora, costituito pienamente « Cristo » nella sua umanità vittoriosa della morte, (27) Gesù effonde a profusione lo Spirito Santo, finché « i santi » costituiranno, nella loro unione all’umanità del Figlio di Dio, l’« uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo » (Ef 4,13): « il Cristo totale », secondo l’espressione di sant’Agostino. (28)
696 Il fuoco. Mentre l’acqua significava la nascita e la fecondità della vita donata nello Spirito Santo, il fuoco simbolizza l’energia trasformante degli atti dello Spirito Santo. Il profeta Elia, che « sorse simile al fuoco » e la cui « parola bruciava come fiaccola » (Sir 48,1), con la sua preghiera attira il fuoco del cielo sul sacrificio del monte Carmelo, (29) figura del fuoco dello Spirito Santo che trasforma ciò che tocca. Giovanni Battista, che cammina innanzi al Signore è « con lo spirito e la forza di Elia » (Lc 1,17), annunzia Cristo come colui che « battezzerà in Spirito Santo e fuoco » (Lc 3,16), quello Spirito di cui Gesù dirà: « Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! » (Lc 12,49). È sotto la forma di « lingue come di fuoco » che lo Spirito Santo si posa sui discepoli il mattino di pentecoste e li riempie di sé. (30) La tradizione spirituale riterrà il simbolismo del fuoco come uno dei più espressivi dell’azione dello Spirito Santo: (31) « Non spegnete lo Spirito » (1 Ts 5,19).
697 La nube e la luce. Questi due simboli sono inseparabili nelle manifestazioni dello Spirito Santo. Fin dalle teofanie dell’Antico Testamento, la nube, ora oscura, ora luminosa, rivela il Dio vivente e salvatore, velando la trascendenza della sua gloria: con Mosè sul monte Sinai,(32) presso la tenda del convegno (33) e durante il cammino nel deserto;(34) con Salomone al momento della dedicazione del Tempio.(35) Ora, queste figure sono portate a compimento da Cristo nello Spirito Santo. È questi che scende sulla Vergine Maria e su di lei stende la « sua ombra », affinché ella concepisca e dia alla luce Gesù.(36) Sulla montagna della trasfigurazione è lui che viene nella nube che avvolge Gesù, Mosè e Elia, Pietro, Giacomo e Giovanni, e « dalla nube » esce una voce che dice: « Questi è il mio Figlio, l’eletto; ascoltatelo » (Lc 9,35). Infine, è la stessa nube che sottrae Gesù allo sguardo dei discepoli il giorno dell’ascensione(37) e che lo rivelerà Figlio dell’uomo nella sua gloria il giorno della sua venuta.(38)
698 Il sigillo è un simbolo vicino a quello dell’unzione. Infatti su Cristo «Dio ha messo il suo sigillo» (Gv 6,27), e in lui il Padre segna anche noi con il suo sigillo.(39) Poiché indica l’effetto indelebile dell’unzione dello Spirito Santo nei sacramenti del Battesimo, della Confermazione e dell’Ordine, l’immagine del sigillo (FND »(\H), è stata utilizzata in certe tradizioni teologiche per esprimere il « carattere » indelebile impresso da questi tre sacramenti che non possono essere ripetuti.
699 La mano. Imponendo le mani Gesù guarisce i malati (40) e benedice i bambini.(41) Nel suo nome, gli Apostoli compiranno gli stessi gesti.(42) Ancor di più, è mediante l’imposizione delle mani da parte degli Apostoli che viene donato lo Spirito Santo.(43) La lettera agli Ebrei mette l’imposizione delle mani tra gli « articoli fondamentali » del suo insegnamento.(44) La Chiesa ha conservato questo segno dell’effusione onnipotente dello Spirito Santo nelle epiclesi sacramentali.
700 Il dito. « Con il dito di Dio » Gesù scaccia « i demoni ».(45) Se la Legge di Dio è stata scritta su tavole di pietra « dal dito di Dio » (Es 31,18), « la lettera di Cristo », affidata alle cure degli Apostoli, è « scritta con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei [...] cuori » (2 Cor 3,3). L’inno « Veni, Creator Spiritus » invoca lo Spirito Santo come « dexterae Dei tu digitus – dito della mano di Dio ».(46)
701 La colomba. Alla fine del diluvio (il cui simbolismo riguarda il Battesimo), la colomba fatta uscire da Noè torna, portando nel becco un freschissimo ramoscello d’ulivo, segno che la terra è di nuovo abitabile.(47) Quando Cristo risale dall’acqua del suo battesimo, lo Spirito Santo, sotto forma di colomba, scende su di lui e in lui rimane.(48) Lo Spirito scende e prende dimora nel cuore purificato dei battezzati. In alcune chiese, la santa Riserva eucaristica è conservata in una custodia metallica a forma di colomba (il columbarium) appesa al di sopra dell’altare. Il simbolo della colomba per indicare lo Spirito Santo è tradizionale nell’iconografia cristiana.
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NOTE
(16) Cf Gv 19,34; 1 Gv 5,8.
(17) Cf Gv 4,10-14; 7,38; Es 17,1-6; Is 55,1; Zc 14,8; 1 Cor 10,4; Ap 21,6; 22,17.
(18) Cf 1 Gv 2,20.27; 2 Cor 1,21.
(19) Cf Es 30,22-32.
(20) Cf 1 Sam 16,13.
(21) Cf Lc 4,18-19; Is 61,1.
(22) Cf Lc 2,11.
(23) Cf Lc 2,26-27.
(24) Cf Lc 4,1.
(25) Cf Lc 6,19; 8,46.
(26) Cf Rm 1,4; 8,11.
(27) Cf At 2,36.
(28) Sant’Agostino, Sermo 341, 1, 1: PL 39, 1493; Ibid. 9, 11: PL 39, 1499.
(29) Cf 1 Re 18,38-39.
(30) Cf At 2,3-4.
(31) Cf San Giovanni della Croce, Llama de amor viva: Biblioteca Mística Carmelitana, v. 13 (Burgos 1931) p. 1-102; 103-213.
(32) Cf Es 24,15-18.
(33) Cf Es 33,9-10.
(34) Cf Es 40,36-38; 1 Cor 10,1-2.
(35) Cf 1 Re 8,10-12.
(36) Cf Lc 1,35.
(37) Cf At 1,9.
(38) Cf Lc 21,27.
(39) Cf 2 Cor 1,22; Ef 1,13; 4,30.
(40) Cf Mc 6,5; 8,23.
(41) Cf Mc 10,16.
(42) Cf Mc 16,18; At 5,12; 14,3.
(43) Cf At 8,17-19; 13,3; 19,6.
(44) Cf Eb 6,2.
(45) Cf Lc 11,20.
(46) Domenica di Pentecoste, Inno ai I e II Vespri: Liturgia delle Ore, v. 2 (Libreria Editrice Vaticana 1981) p. 919 e 942.
(47) Cf Gn 8,8-12.
(48) Cf Mt 3,16 e par.

Sant’Ignazio d’Antiochia: « Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20090517

VI Domenica di Pasqua – Anno B : Jn 15,9-17
Meditazione del giorno
Sant’Ignazio d’Antiochia (? – circa 110), vescovo et martire
Lettera ai Romani, 4-8

« Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici »

Sto scrivendo a tutte le Chiese per far sapere che sono pronto a morire per Dio, se voi però non me l’ho impedite. Vi scongiuro: non abbiate per me una pietà inopportuna. Lasciate che diventi pasto delle belve, per mezzo delle quali mi è dato raggiungere Dio. Sono frumento di Dio e devo essere macinato dai denti delle fiere per poter divenire pane puro di Cristo…

A nulla mi gioveranno i godimenti del mondo né i regni di questa terra. È meglio per me morire per Gesù Cristo che estendere il mio impero fino ai confini della terra. Io cerco colui che è morto per noi, voglio colui che per noi è risorto. È vicino il momento della mia nascita. Abbiate compassione di me, fratelli. Non impeditemi di nascere alla vita… Lasciate che io raggiunga la pura luce; giunto là, sarò veramente un uomo. Lasciate che io imiti la passione del mio Dio…

Ogni mio desiderio terreno è crocifisso e non c’è più in me nessun’aspirazione per le realtà materali, ma un’acqua viva (Gv 4,10 ; 7,38) mormora dentro di me e mi dice: «Vieni al Padre». Non mi diletto più di un cibo corruttibile, né dei piaceri di questa vita. Voglio il pane di Dio, che è la carne di Gesù Cristo, della stirpe di Davide: voglio per bevanda il suo sangue che è la carità incorruttibile… Pregate per me, perché possa raggiungerlo.

DAL SITO BIBLE SERVICE – COMMENTO ALLE LETTURE IN FRANCESE (LINK)

non ho avuto il tempo di tradurre niente, scusate, chi conosce il francese può andare al sito Bible-Service, leggete in successione dai due link:

FICHES DOMENICALES

http://www.bible-service.net/site/436.html

CÉLÉBRER LA DIMANCHE

http://www.bible-service.net/site/376.html

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