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LUNEDÌ 18 MAGGIO 2009 – VI SETTIMANA DI PASQUA

LUNEDÌ 18 MAGGIO 2009 – VI SETTIMANA DI PASQUA

SAN GIOVANNI I PAPA (mf)

MESSA DEL GIORNO

Prima Lettura   At 16, 11-15
Il Signore aprì il cuore a Lidia per aderire alle parole di Paolo.

Dagli Atti degli Apostoli
Salpàti da Tròade, facemmo vela verso Samotràcia e il giorno dopo verso Neàpoli e di qui a Filippi, colonia romana e città del primo distretto della Macedònia.
Restammo in questa città alcuni giorni; il sabato uscimmo fuori della porta lungo il fiume, dove ritenevamo che si facesse la preghiera, e sedùtici rivolgevamo la parola alle donne là riunite.
C’era ad ascoltare anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiatira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo. Dopo esser stata battezzata insieme alla sua famiglia, ci invitò: «Se avete giudicato ch’io sia fedele al Signore, venite ad abitare nella mia casa». E ci costrinse ad accettare.

la memoria facoltativa dal sito:

http://liturgia.silvestrini.org/santo/191.html

San Giovanni I
Papa

BIOGRAFIA
Toscano di nascita, Giovanni era succeduto a Papa Ormisda nel 523. Si recò a Costantinopoli presso l’imperatore Giustino come legato del re Teodorico. La memoria di s. Giovanni I è legata al dramma politico-religioso di questo re. Qualche studioso lo identifica con il Giovanni diacono autore di un Epistola ad Senarium, importante per la storia della liturgia battesimale, perché è forse l’unico documento ad attestare la tradizione della Chiesa romana di esigere e consacrare al sabato santo sette altari e di versare nel calice un miscuglio di latte e miele. Perseguitato da questo medesimo re ariano, fu incarcerato a Ravenna, ove ricevette la palma del martirio nel 526.
Il Martirologio Romano di lui scrive: A Ravenna il natale di san Giovanni I°, papa e martire; che, dall’Ariano Re d’Italia Teodorico fu colà chiamato con inganno, ed ivi, a lungo macerato da lui nel carcere per la fede ortodossa, finì di vivere. La sua festa poi si celebrava ai ventisette di questo mese, nel quale giorno, il suo sacro corpo, trasportato a Roma, fu sepolto nella Basilica di san Pietro, Principe degli Apostoli.

DAGLI SCRITTI…
Dalle «Lettere» di san Giovanni d’Avila, sacerdote
«Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio. Infatti, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione» (2 Cor 1, 3-5). Queste sono parole dell’apostolo san Paolo. Egli tre volte é stato battuto con verghe, cinque con una sferza, una volta fu lapidato, un’altra abbandonato come morto; soffrì persecuzioni da uomini di ogni specie, fu torturato con ogni sorta di sofferenze e fatiche, non una o due volte, ma, come egli stesso dice altrove: «Noi veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale» (2 Cor 4, 11).
E in tutte queste molestie non solo non mormora e non si lamenta di Dio, come fanno i deboli; non solo non si contrista come coloro che amano la gloria e i piaceri, né domanda a Dio di esserne liberato, come fanno gli insipienti che rifuggono dalle sofferenze, né le stima di poco conto, come coloro che non ne apprezzano il valore, ma, messa da parte ogni ignoranza e debolezza, benedice Dio proprio quand’é in mezzo alle pene, lo ringrazia come di un dono grande e si stima felice quando può patire qualcosa per l’onore di colui che soffre tante ed incredibili ignominie per liberare noi che, per il peccato, eravamo in esse implicati, e ci ornò ed abbellì del suo Spirito e dell’adozione dei figli di Dio. In se stesso e per se stesso ci diede un pegno e un segno della gioia celeste.
O miei carissimi fratelli, il Signore apra i vostri occhi perché possiate vedere quanta ricchezza ci dona in quelle cosa che il mondo disprezza! Di quanto onore siamo ricolmi nel disonore, quando cerchiamo la gloria di Dio! Quanta gloria ci é riservata nella presente afflizione! Quanto dolci, amorose e liete sono le braccia del buon Dio, aperte per accogliere i feriti nelle sue battaglie. Quelle braccia che senza dubbio ci stringono in un abbraccio più dolce del miele, tale da compensare tutte le amarezze che possono dare le pene di questo mondo. Se gusteremo di queste cose, desidereremo ardentemente un tale abbraccio. Chi infatti non desidera questa totalità di amore e di desiderio, se non colui che é ignaro di ogni desiderio?
Se dunque vi attirano quelle cose grandiose e le volete vedere e godere, sappiate che non c’é via migliore che il soffrire. Questa é la strada percorsa da Cristo e dai suoi. Egli chiama «stretta», ma conduce alla vita. Ed egli insegna che, se vogliamo giungere a lui, dobbiamo seguire la sua stessa via. Non é infatti conveniente che, mentre il Figlio di Dio procede per la via dell’infamia, i figli degli uomini cerchino la via degli onori, perché «un discepolo non é da più del maestro, né un servo da più del suo padrone» (Mt 10, 24).
Voglia Dio che l’anima nostra non trovi pace, né cerchi altro alimento in questo mondo se non nelle fatiche per la croce di Cristo.

La Madonna della Lettera, Patrona della città di Messina – San Paolo Apostolo

La Madonna della Lettera, Patrona della città di Messina - San Paolo Apostolo dans MARIA VERGINE E SAN PAOLO MESSINA-Madonna_Lettera1

ho trovato questo culto a Maria che riguarda San Paolo, io personalmente non ne so nulla, ma è interessante, lo metto sotto una nuova categoria: tradizioni, dal sito:

http://www.mariadinazareth.it/madonna%20della%20lettera.htm

LA MADONNA DELLA LETTERA

Patrona della città di Messina
 

Secondo la tradizione, verso l’anno 42 si trovava a Reggio Calabria l’apostolo  Paolo di Tarso che, su invito dei Messani, venne a sbarcare in Sicilia, circa 12 Km a sud di Messana (vicino l’attuale Giampilieri) in una località che fu chiamata Cala San Paolo.

A Messina l’apostolo non si fermò per molto. Infiammati dalla sua predicazione, molti cittadini si convertirono al Cristianesimo e molti di loro manifestarono il desiderio di andare a visitare i luoghi santi e, possibilmente, di conoscere di persona anche Maria di Nazareth ed i suoi familiari. Paolo di Tarso fu ben felice di accontentarli. Di questa delegazione la tradizione della Chiesa messinese ricorda Geronimo Origgiano, Marcello Benefacite, Centurione Mulè e Brizio Ottavia.

Al loro arrivo a Nazareth, Maria accolse i delegati con materno affetto, ed alla loro partenza li gratificò di una lettera di protezione, arrotolata e legata con una ciocca dei suoi capelli. La delegazione tornò a Messana l’8 settembre dello stesso anno.

Nel manoscritto in lingua ebraica, tradotto in latino nel 1940 dal greco-messinese Costantino Lascaris,  si leggeva:

Maria Vergine figlia di Gioacchino,

umilissima serva di Dio, Madre di Gesù

crocifisso, della tribù di Giuda, della

stirpe di David, salute a tutti i Messinesi

e benedizione di Dio Padre Onnipotente.

Ci consta per pubblico strumento che voi

tutti con fede grande avete a noi spedito

Legati e Ambasciatori, confessando che

il Nostro Figlio, generato da Dio sia Dio

e uomo e che dopo la sua resurrezione

 salì al cielo: avendo voi conosciuta la via

della verità per mezzo della predicazione

di Paolo apostolo eletto per la qual cosa

BENEDICIAMO VOI E L’ ISTESSA CITTA’
della quale noi vogliamo essere perpetua

protettrice. Da Gerusalemme l’ anno 42

di Nostro Figlio. Indizione 1 luna XXVII

giorno di giovedì a 3 di giugno.

Tratto dal sito www.salvatorecuratola.it

LA DEVOZIONE

ALLA MADONNA DELLA LETTERA


La devozione alla Madonna della Lettera è caratteristica della Città di Messina, ed è avvalorata da una antichissima tradizione.

Avendo accolto con grande entusiasmo l’annuncio del Vangelo predicato da S. Paolo nei suoi viaggi apostolici, gli abitanti di Messina ardono dal desiderio di conoscere personalmente la Gran Madre di Dio, e mettersi sotto la sua protezione. Pensano quindi di inviare una loro delegazione a Gerusalemme con una lettera, nella quale professano la loro fede e chiedono la protezione di Maria. Nell’anno 42, S. Paolo in persona accompagna la delegazione e la presenta alla Madonna, la quale l’accoglie con materna bontà ed, in risposta della missiva, invia ai Messinesi una sua Lettera, scritta in ebraico. In essa Maria loda la loro fede, gradisce la loro devozione, ed assicura loro la sua perpetua protezione. Così termina la Lettera: “Benediciamo voi e tutta la cittadinanza ed assicuriamo la nostra perpetua protezione”. Da allora cresce grandemente la devozione dei Messinesi verso la Madonna; è eretta una chiesa, poi ampliata, sulla porta della quale viene scritta in lettere greche la frase: “Velox ad audiendum” (Pronta ad ascoltare) a significare come nel corso dei secoli Maria sia stata maternamente presente non solo nell’accogliere le domande degli abitanti di Messina, ma molte volte anche nel prevenirle.(1)

Nella ricostruzione del vecchio Campanile, dopo il terremoto del 1908, la scena è riprodotta in modo spettacolare. Al suono delle campane a mezzogiorno nella loggia del quarto piano si animano personaggi alti due metri. Davanti al trono, sul quale siede la Madonna con il Bambino, appare dapprima un Angelo con una palma nella sinistra e nella destra una lettera che porge alla Madonna; quindi viene S. Paolo che si china davanti al trono ed introduce l’ambasceria; il primo Ambasciatore si china come S. Paolo, viene benedetto e consegna la lettera; quindi sfilano tutti gli altri Ambasciatori che si chinano davanti al trono e sono a loro volta benedetti. Al termine della sfilata la Madonna benedice la Città ed il Popolo di Messina.
È interessante scoprire le tante raffigurazioni della Madonna della Lettera, riportate nel volume del Rev. Padre Placido Samperi, messinese, della Compagnia di Gesù, Iconologia della gloriosa Vergine Madre di Dio Maria Protettrice di Messina “divisa in cinque Libri ove si ragiona delle Immagini di Nostra Signora che si riveriscono nei Templi, e Cappelle più famose della Città di Messina, edito in Messina, appresso Giacomo Mattei, stampatore camerale, 1644”, anteriore di molti secoli al terribile terremoto del 1908, che si trova nella Biblioteca del nostro Centro di Documentazione.
La prima la troviamo nella Cappella del Palazzo del Senato, opera del pittore messinese Antonino Barbalonga, nella quale la Madonna, circondata da Angeli, è rappresentata mentre con la mano destra alzata benedice gli Ambasciatori, presentati da S. Paolo, e con la sinistra consegna loro la lettera. Un altro quadro si trova nella chiesa del Monastero di S. Paolo, dove è custodita con grande devozione. La Madonna vi è raffigurata non seduta in trono, ma in piedi mentre viene incontro agli Ambasciatori per consegnare loro la lettera. Un quadro simile lo troviamo anche nella chiesa “de’ Fanciulli dispersi” cioè abbandonati, anch’essi raffigurati nel dipinto.
Più interessante ed originale è l’immagine della Madonna della lettera nella chiesa di S. Nicolò de’ Greci. Tra tanti quadri raffiguranti la Madonna, tutti antichi e bisognosi di restauro, ve n’è uno al quale nessuno dà importanza. “Il pittore Paolo Savola, che già ha restaurato gli altri quadri, per la devozione che porta alla Madonna, chiede di poter restaurare anche quella tavola con la pittura antichissima, tutta tarlata e in parte scorticata nei colori, e la porta a casa sua. È un’immagine dipinta all’antica, con un manto come usano le donne egiziane, con un Bambino in braccio che sta rimirando la madre”. Ripulito il dipinto, “si scoprì nelle mani del Puttino un foglio sul quale si vedono scritte alcune lettere greche. … Il Cappellano, vedendo quello scritto non si cura di leggerlo, pensando sia una sentenza del Santo Vangelo, secondo l’uso della Chiesa greca. Ma osservandolo bene, il dottor D. Leonardo Parè, professore di lingua greca, legge con attenzione quei caratteri e si accorge che sono il principio della Lettera della Beata Vergine scritta ai Messinesi: La vergine Maria, figlia di Gioacchino, umile Ancella di Dio, Madre di Gesù Cristo, della tribù di Giuda, della famiglia di Davide, a quanti sono in Messina salute e benedizione di Dio Onnipotente. Questo avviene nel giorno appunto di S. Caterina Alessandrina 25 di novembre 1643”.(2)

 La felice scoperta provoca il pianto del professore Parè e suscita l’entusiasmo dei devoti.                                                                  

Don Mario Morra SDB

1 Francesco Rozzi in Giardinetto di Maria, serie 1a, volume V, pag. 224, Bologna, Libreria dell’Immacolata 1864.
2 Padre Placido Samperi, Iconologia della gloriosa Vergine Madre di Dio Maria Protettrice di Messina, Messina, Giacomo Mattei 1644.

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IMMAGINI: 1 Santa Maria della Lettera, Cappella del Senato  

Sant’Agostino: « Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20090522

Venerdì della VI settimana di Pasqua : Jn 16,20-23
Meditazione del giorno
Sant’Agostino (354-430), vescovo d’Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa
Discorsi sul vangelo di Giovanni, n° 101

« Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà »

Il Signore ha detto : «Ancora un poco e non mi vedrete più, e un altro poco e mi vedrete» (Gv 16,16). E’ breve infatti tutto questo spazio in cui si svolge il tempo presente; per cui il medesimo evangelista nella sua lettera dice: «E’ l’ultima ora» (1 Gv 2, 18)… Queste parole sono una promessa per tutta la Chiesa, così come lo sono le altre: «Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo» (Mt 28, 20). Il Signore non ritarda il compimento della sua promessa: ancora un poco e lo vedremo, lassù dove non avremo più nulla da chiedergli, più nessuna domanda da fargli, perché non rimarrà alcun desiderio insoddisfatto, nulla di nascosto da cercare.

Questo breve intervallo di tempo a noi sembra lungo, perché dura ancora; allorché sarà finito, ci accorgeremo quanto sia stato breve. La nostra gioia, quindi, non sia come quella del mondo, il quale, come dice il Signore, «godrà»; tuttavia nel travaglio di questo desiderio, non dobbiamo essere tristi senza gioia, ma, come dice l’apostolo Paolo, dobbiamo essere «gioiosi nella speranza, pazienti nella tribolazione» (Rm 12, 12). Del resto, anche la donna in travaglio, alla quale siamo paragonati, gioisce per il bambino che attende più di quanto non sia triste per il suo dolore presente.

Benedetto XVI traccia un bilancio del suo pellegrinaggio in Terra Santa

dal sito:

http://www.zenit.org/article-18328?l=italian

Benedetto XVI traccia un bilancio del suo pellegrinaggio in Terra Santa

Durante l’Udienza generale del mercoledì

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 20 maggio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo del discorso pronunciato questo mercoledì da Benedetto XVI in occasione dell’Udienza generale svoltasi in piazza San Pietro.

Durante l’incontro con i gruppi di pellegrini e fedeli, il Papa si è soffermato sul suo recente pellegrinaggio in Terra Santa.

* * *

Cari fratelli e sorelle,

mi soffermo quest’oggi a parlare del viaggio apostolico che ho compiuto dall’8 al 15 maggio in Terra Santa, e per il quale non cesso di ringraziare il Signore, perché si è rivelato un grande dono per il Successore di Pietro e per tutta la Chiesa. Desidero nuovamente esprimere il mio « grazie » sentito a Sua Beatitudine il Patriarca Fouad Twal, ai Vescovi dei vari riti, ai Sacerdoti, ai Francescani della Custodia di Terra Santa. Ringrazio il Re e la Regina di Giordania, il Presidente d’Israele e il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, con i rispettivi Governi, tutte le Autorità e quanti in vario modo hanno collaborato alla preparazione e al buon esito della visita. Si è trattato anzitutto di un pellegrinaggio, anzi, del pellegrinaggio per eccellenza alle sorgenti della fede; e al tempo stesso di una visita pastorale alla Chiesa che vive in Terra Santa: una Comunità di singolare importanza, perché rappresenta una presenza viva là dove essa ha avuto origine.

La prima tappa, dall’8 alla mattina dell’11 maggio, è stata in Giordania, nel cui territorio si trovano due principali luoghi santi: il Monte Nebo, dal quale Mosè contemplò la Terra Promessa e dove morì senza esservi entrato; e poi Betania « al di là del Giordano », dove, secondo il quarto Vangelo, san Giovanni inizialmente battezzava. Il Memoriale di Mosè sul Monte Nebo è un sito di forte valenza simbolica: esso parla della nostra condizione di pellegrini tra un « già » e un « non ancora », tra una promessa così grande e bella da sostenerci nel cammino e un compimento che ci supera, e che supera anche questo mondo. La Chiesa vive in se stessa questa « indole escatologica » e « pellegrinante »: è già unita a Cristo suo sposo, ma la festa di nozze è per ora solo pregustata, in attesa del suo ritorno glorioso alla fine dei tempi (cfr Conc. Vat. II, Cost. Lumen gentium, 48-50). A Betania ho avuto la gioia di benedire le prime pietre di due chiese da edificare nel sito dove san Giovanni battezzava. Questo fatto è segno dell’apertura e del rispetto che vigono nel Regno Ascemita per la libertà religiosa e per la tradizione cristiana, e ciò merita grande apprezzamento. Ho avuto modo di manifestare questo giusto riconoscimento, unito al profondo rispetto per la comunità musulmana, ai Capi religiosi, al Corpo Diplomatico ed ai Rettori delle Università, riuniti presso la Moschea Al-Hussein bin-Talal, fatta costruire dal Re Abdallah II in memoria del padre, il celebre Re Hussein, che accolse il Papa Paolo VI nel suo storico pellegrinaggio del 1964. Quanto è importante che cristiani e musulmani coabitino pacificamente nel mutuo rispetto! Grazie a Dio, e all’impegno dei governanti, in Giordania questo avviene. Ho pregato pertanto affinché anche altrove sia così, pensando specialmente ai cristiani che vivono invece realtà difficili nel vicino Iraq.

In Giordania vive un’importante comunità cristiana, incrementata da profughi palestinesi e iracheni. Si tratta di una presenza significativa e apprezzata nella società, anche per le sue opere educative e assistenziali, attente alla persona umana indipendentemente dalla sua appartenenza etnica o religiosa. Un bell’esempio è il Centro di riabilitazione Regina Pacis ad Amman, che accoglie numerose persone segnate da invalidità. Visitandolo, ho potuto portare una parola di speranza, ma l’ho anche ricevuta a mia volta, come testimonianza avvalorata dalla sofferenza e dalla condivisione umana. Quale segno dell’impegno della Chiesa nell’ambito della cultura, ho inoltre benedetto la prima pietra dell’Università di Madaba, del Patriarcato Latino di Gerusalemme. Ho provato grande gioia nel dare avvio a questa nuova istituzione scientifica e culturale, perché essa manifesta in modo tangibile che la Chiesa promuove la ricerca della verità e del bene comune, ed offre uno spazio aperto e qualificato a tutti coloro che vogliono impegnarsi in tale ricerca, premessa indispensabile per un vero e fruttuoso dialogo tra civiltà. Sempre ad Amman si sono svolte due solenni celebrazioni liturgiche: i Vespri nella Cattedrale greco-melchita di San Giorgio, e la santa Messa nello Stadio Internazionale, che ci hanno dato modo di gustare insieme la bellezza di ritrovarsi come Popolo di Dio pellegrino, ricco delle sue diverse tradizioni e unito nell’unica fede.

Lasciata la Giordania, nella tarda mattinata di lunedì 11, ho raggiunto Israele dove, fin dall’arrivo, mi sono presentato come pellegrino di fede nella Terra dove Gesù è nato, ha vissuto, è morto ed è risorto, e, al tempo stesso, come pellegrino di pace per implorare da Dio che là dove Egli ha voluto farsi uomo, tutti gli uomini possano vivere da suoi figli, cioè da fratelli. Questo secondo aspetto del mio viaggio è naturalmente emerso negli incontri con le Autorità civili: nella visita al Presidente israeliano ed al Presidente dell’Autorità palestinese. In quella Terra benedetta da Dio sembra a volte impossibile uscire dalla spirale della violenza. Ma nulla è impossibile a Dio e a quanti confidano in Lui! Per questo la fede nell’unico Dio giusto e misericordioso, che è la più preziosa risorsa di quei popoli, deve poter sprigionare tutta la sua carica di rispetto, di riconciliazione e di collaborazione. Tale auspicio ho voluto esprimere facendo visita sia al Gran Muftì e ai capi della comunità islamica di Gerusalemme, sia al Gran Rabbinato di Israele, come pure nell’incontro con le Organizzazioni impegnate nel dialogo inter-religioso e, poi, in quello con i Capi religiosi della Galilea.

Gerusalemme è il crocevia delle tre grandi religioni monoteiste, e il suo stesso nome – « città della pace » – esprime il disegno di Dio sull’umanità: formare di essa una grande famiglia. Questo disegno, preannunciato ad Abramo, si è pienamente realizzato in Gesù Cristo, che san Paolo chiama « nostra pace », perché ha abbattuto con la forza del suo Sacrificio il muro dell’inimicizia (cfr Ef 2,14). Tutti i credenti debbono pertanto lasciare alle spalle pregiudizi e volontà di dominio, e praticare concordi il comandamento fondamentale: amare cioè Dio con tutto il proprio essere e amare il prossimo come noi stessi. E’ questo che ebrei, cristiani e musulmani sono chiamati a testimoniare, per onorare con i fatti quel Dio che pregano con le labbra. Ed è esattamente questo che ho portato nel cuore, in preghiera, visitando, a Gerusalemme, il Muro Occidentale – o Muro del Pianto – e la Cupola della Roccia, luoghi simbolici rispettivamente dell’Ebraismo e dell’Islam. Un momento di intenso raccoglimento è stato inoltre la visita al Mausoleo di Yad Vashem, eretto a Gerusalemme in onore delle vittime della Shoah. Là abbiamo sostato in silenzio, pregando e meditando sul mistero del « nome »: ogni persona umana è sacra, ed il suo nome è scritto nel cuore del Dio eterno. Mai va dimenticata la tremenda tragedia della Shoah! Occorre al contrario che sia sempre nella nostra memoria quale monito universale al sacro rispetto della vita umana, che riveste sempre un valore infinito.

Come ho già accennato, il mio viaggio aveva come scopo prioritario la visita alle Comunità cattoliche della Terra Santa, e ciò è avvenuto in diversi momenti anche a Gerusalemme, a Betlemme e a Nazaret. Nel Cenacolo, con la mente rivolta a Cristo che lava i piedi degli Apostoli e istituisce l’Eucaristia, come pure al dono dello Spirito Santo alla Chiesa nel giorno di Pentecoste, ho potuto incontrare, tra gli altri, il Custode di Terra Santa e meditare insieme sulla nostra vocazione ad essere una cosa sola, a formare un solo corpo e un solo spirito, a trasformare il mondo con la mite potenza dell’amore. Certo, questa chiamata incontra in Terra Santa particolari difficoltà, perciò, con il cuore di Cristo, ho ripetuto ai miei fratelli Vescovi le sue stesse parole: « Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno » (Lc 12,32). Ho poi salutato brevemente le religiose e i religiosi di vita contemplativa, ringraziandoli per il servizio che, con la loro preghiera, offrono alla Chiesa e alla causa della pace.

Momenti culminanti di comunione con i fedeli cattolici sono state soprattutto le celebrazioni eucaristiche. Nella Valle di Giosafat, a Gerusalemme, abbiamo meditato sulla Risurrezione di Cristo quale forza di speranza e di pace per quella Città e per il mondo intero. A Betlemme, nei Territori Palestinesi, la santa Messa è stata celebrata davanti alla Basilica della Natività con la partecipazione anche di fedeli provenienti da Gaza, che ho avuto la gioia di confortare di persona assicurando loro la mia particolare vicinanza. Betlemme, il luogo nel quale è risuonato il canto celeste di pace per tutti gli uomini, è simbolo della distanza che ancora ci separa dal compimento di quell’annuncio: precarietà, isolamento, incertezza, povertà. Tutto ciò ha portato tanti cristiani ad andare lontano. Ma la Chiesa continua il suo cammino, sorretta dalla forza della fede e testimoniando l’amore con opere concrete di servizio ai fratelli, quali, ad esempio, il Caritas Baby Hospital di Betlemme, sostenuto dalle Diocesi di Germania e Svizzera, e l’azione umanitaria nei campi profughi. In quello che ho visitato, ho voluto assicurare alle famiglie che vi sono ospitate, la vicinanza e l’incoraggiamento della Chiesa universale, invitando tutti a ricercare la pace con metodi non violenti, seguendo l’esempio di san Francesco d’Assisi. La terza e ultima Messa con il popolo l’ho celebrata giovedì scorso a Nazaret, città della santa Famiglia. Abbiamo pregato per tutte le famiglie, affinché siano riscoperti la bellezza del matrimonio e della vita familiare, il valore della spiritualità domestica e dell’educazione, l’attenzione ai bambini, che hanno diritto a crescere in pace e serenità. Inoltre, nella Basilica dell’Annunciazione, insieme con tutti i Pastori, le persone consacrate, i movimenti ecclesiali e i laici impegnati della Galilea, abbiamo cantato la nostra fede nella potenza creatrice e trasformante di Dio. Là, dove il Verbo si è fatto carne nel seno della Vergine Maria, sgorga una sorgente inesauribile di speranza e di gioia, che non cessa di animare il cuore della Chiesa, pellegrina nella storia.

Il mio pellegrinaggio si è chiuso, venerdì scorso, con la sosta nel Santo Sepolcro e con due importanti incontri ecumenici a Gerusalemme: al Patriarcato Greco-Ortodosso, dove erano riunite tutte le rappresentanze ecclesiali della Terra Santa, e infine alla Chiesa Patriarcale Armena Apostolica. Mi piace ricapitolare l’intero itinerario che mi è stato dato di effettuare proprio nel segno della Risurrezione di Cristo: malgrado le vicissitudini che lungo i secoli hanno segnato i Luoghi santi, malgrado le guerre, le distruzioni, e purtroppo anche i conflitti tra cristiani, la Chiesa ha proseguito la sua missione, sospinta dallo Spirito del Signore risorto. Essa è in cammino verso la piena unità, perché il mondo creda nell’amore di Dio e sperimenti la gioia della sua pace. In ginocchio sul Calvario e nel Sepolcro di Gesù, ho invocato la forza dell’amore che scaturisce dal Mistero pasquale, la sola forza che può rinnovare gli uomini e orientare al suo fine la storia ed il cosmo. Chiedo anche a voi di pregare per tale scopo, mentre ci prepariamo alla festa dell’Ascensione che in Vaticano celebreremo domani. Grazie per la vostra attenzione.

[Il Papa ha poi salutato i pellegrini in diverse lingue. In italiano ha detto:]

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i fedeli delle diocesi di Crema, Volterra e Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata dei Goti, accompagnati dai rispettivi Pastori Mons. Oscar Cantoni, Mons. Alberto Silvani e Mons. Michele De Rosa. Cari amici, la sosta presso le tombe degli Apostoli susciti in ciascuno il vivo desiderio di diventare artefici di pace e testimoni di speranza. Saluto i sacerdoti studenti del Pontificio Collegio san Paolo e le religiose partecipanti al corso promosso dalla Pontificia Facoltà Auxilium, li esorto a seguire con fedeltà la propria vocazione, diventando sempre più segni eloquenti dell’amore di Dio.

Il mio pensiero si rivolge infine ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. La Solennità dell’Ascensione del Signore – che celebreremo domani in Vaticano come in altri Paesi, mentre in Italia domenica prossima – ci invita a guardare a Gesù, il quale prima di salire al cielo, affida agli Apostoli il mandato di portare il suo Messaggio di salvezza fino agli estremi confini della terra. Cari giovani, impegnatevi a mettere le vostre energie al servizio del Vangelo. Voi, cari malati, vivete le vostre sofferenze uniti al Signore, nella certezza di offrire un contributo prezioso alla crescita del suo Regno nel mondo. E voi, cari sposi novelli, fate in modo che le vostre famiglie siano luoghi in cui si impara a essere gioiosi testimoni del Vangelo della speranza.

questa è la « Discesa agli inferi », metto questa immagine perché…

questa è la

in un certo senso la percepisco vicina alla fede profonda di Paolo, non so se mi so spiegare, ma Gesù che sende fino agli inferi e risale con le anime dei…giusti…(scrivo giusti a modo ebraico, non so se si può dire santi, ossia non so qual’è il temine adatto) è un fatto della vita di Gesù che a me da molta speranza; dentro il mio libro della Liturgia delle Ore, all’Ufficio delle Letture, io ho messo, come segnalibro, un’immagine della discesa agli inferi, la foto, la cartolina, viene dalla, vicina per me, Basilica di San Clemente a Roma, dalla cripta, è un affresco o comunque un dipinto su muro, è un po’ rovinato, ma bello;

insomma mi conforta, così come mi aiuta questo continuo ripetere di Paolo la sua conformità, la sua adesione, la « bellezza » se si può dire, la « verità » decisiva della croce di Cristo, senza di essa non c’è resurrezione, mi sembra che anche il Papa, per i motivi della recente visita in Terra Santa, parlava della necessità della sofferenza per la resurrezione;

è bello, straordinario e dolce, sapere che Gesù ci viene incontro, ci viene ad aiutare, in qualsiasi luogo nel quale ci troviamo, persino negli inferi, così ancora di più nella nostra vita nella quale, a volte c’è tanto dolore;

Mosaique Il Est Descendu Aux Enfers Pskov

http://www.artbible.net/3JC/-Mat-27,45_Entombment,freedom_Tombeau,%20liberation/2nd-14th_siecle/index2.html

Publié dans:1. CON TE PAOLO, immagini sacre |on 20 mai, 2009 |Pas de commentaires »

Guglielmo di Saint-Thierry: « Lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20090520

Mercoledì della VI settimana di Pasqua : Jn 16,12-15
Meditazione del giorno
Guglielmo di Saint-Thierry (circa 1085-1148), monaco benedettino poi cistercense
Specchio, 6 ; PL 180, 384

« Lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera »

«Nessuno conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui; così pure i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio» (1 Cor 2,11). Affrettati dunque a essere partecipe dello Spirito Santo. Quando lo si invoca, si fa presente, né lo si potrebbe invocare se già non fosse presente. Quando, invocato, viene, vi giunge con l’abbondanza della benedizione di Dio. È infatti un fiume in piena che allieta la città di Dio (Sal 45,5). E quando sarà venuto, se ti troverà umile e tranquillo, seppure tremante davanti alle parole di Dio, riposerà su di te e ti rivelerà ciò che Dio Padre tiene nascosto ai sapienti e ai prudenti di questo mondo (Mt 11,25). Incominceranno allora a brillare nel tuo spirito quelle cose che la Sapienza poté dire in terra ai suoi discepoli, ma che essi non potevano capire, finché non fosse venuto lo Spirito di verità, che avrebbe insegnato loro tutta la verità…

E come è necessario che quelli che lo adorano, lo adorino «in spirito e verità» (Gv 4,24), così coloro che desiderano sapere e conoscere è necessario che cerchino l’intelligenza della fede e il senso di quella pura e semplice verità solo nello Spirito Santo… Infatti nelle tenebre e nell’ignoranza di questa vita egli è luce illuminante per i poveri in spirito (Mt 5,3); egli è la carità che trascina, egli la dolcezza che affascina, egli è la via dell’uomo a Dio, egli l’amore di chi ama, egli la devozione, egli la pietà. Egli rivela ai fedeli, in un crescendo di fede, la giustizia di Dio, quando dà grazia su grazia (Gv 1,16), e fede illumintata dalla fede che nasce dall’ascolto.

Il pazzo di Montfort: San Luigi-Maria Grignion de Montfort elesse san Paolo a suo modello di missionario

ho trovato già da qualche tempo questo articolo su San Luigi-Maria Grignion de Montfor, ho aspettato a pubblicarlo perché volervo cercare una presentazione del santo, almeno, o in parte del tema; mi sembra una santità molto bella questa che si « fonda » su San Paolo, però è un po’ difficile presentare la storia e la spiritualità di Monfort, io ho letto qualcosa da un sito monfortiano, non tutto, ho intenzione di approfondire;

metto anche per voi il link al sito per trovare la radice di questo studio, link al sito monfortiano:

http://www.montfort.org/content/index2.php?lang=IT

l’articolo dal sito:

http://www.zenit.org/article-18213?l=italian

Il pazzo di Montfort

San Luigi-Maria Grignion de Montfort elesse san Paolo a suo modello di missionario

ROMA, lunedì, 11 maggio 2009 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito un articolo di padre Santino Brembilla, smm, Superiore generale dei Missionari Monfortani, apparso sull’undicesimo numero della rivista « Paulus » (maggio 2009), dedicato al tema “Paolo il giustificato”.

* * *

Il 6 giugno1706, san Luigi-Maria de Montfort (1673-1716) fu insignito da papa Clemente XI del titolo di Missionario Apostolico, con il compito di ritornare in Francia per rinnovare lo spirito del cristianesimo. Egli lo visse sullo stile di san Paolo, che chiamava familiarmente «l’Apostolo» e gli fu sempre modello. Nelle sue opere troviamo citati oltre duecento versetti paolini da tutte le sue Lettere, eccetto la Seconda ai Tessalonicesi. Ne cogliamo l’eco anche nelle Regole che scrisse per i Missionari della Compagnia di Maria, dove si afferma che il vero missionario deve sempre poter dire con san Paolo: «Il Signore non mi ha mandato a battezzare, ma ad evangelizzare» (1Cor 1,17); e «noi siamo senza fissa dimora» (1Cor 4,11), per poter «correre con san Paolo» senza che nulla ci trattenga (cfr. Regole 2 e 6). Anche san Luigi-Maria era «sempre sul chivalà», spinto dalla missione «come una palla nel gioco della pallacorda» (Lettera 26). E ancora egli chiede ai suoi futuri collaboratori «di compiere fedelmente queste parole traboccanti di amore del grande Apostolo: “Mi sono fatto tutto a tutti”, facendosi tutto a tutti con la carità» (cfr. Regole 49). Un atteggiamento che lo impressiona al punto di ripetere continuamente queste parole nei suoi Cantici sul Santissimo Sacramento. Ed è interessante notare che san Luigi-Maria legga molto spesso in chiave cristologica quei testi dove san Paolo parla della missione apostolica, palesando l’unione e la somiglianza tra il Cristo e il suo apostolo.

Perfetta conformazione a Cristo

Un’altra massima paolina che san Luigi-Maria offre ai suoi missionari è: «Non conformatevi al mondo presente» (Rm 12,2; Regole 38). Questo atteggiamento di distacco è un tratto severo ma necessario, poiché essere conformi al mondo impedisce la conformità a Cristo, «nostro unico modello» (Trattato 61). Tanto da arrivare a scrivere: «Bisogna essere conformi all’immagine di Gesù Cristo o essere dannati» (Lettera agli Amici della Croce 9). Per san Luigi-Maria, la missione di lavorare è «come dice l’Apostolo, quella di rendere ogni uomo perfetto in Gesù Cristo, perché in Lui solo abita tutta la pienezza della Divinità» (Trattato 61; cfr. Col 1,29; 2,9). L’uomo perfetto è colui che giunge «alla pienezza dell’età del Cristo» (Ef 4,13). Quest’ultimo versetto assumerà un’importanza capitale nella spiritualità monfortana: è infatti la prima e l’ultima citazione biblica ne L’Amore dell’Eterna Sapienza, come pure le ultime parole della famosa Consacrazione a Gesù per Maria e la conclusione della sua preghiera allo Spirito Santo (cfr. Segreto di Maria 67). Ma come giungere a questa pienezza perfetta? La risposta è contenuta nel segreto che san Luigi-Maria ricevette quale missione, ovvero rivelare Maria, poiché «dal momento che tocca a Lei generarci in Gesù Cristo e Gesù Cristo in noi, fino alla pienezza della sua età, in modo che Ella può dire di sé, con più verità di san Paolo: “Io vi genero ogni giorno , miei cari figli, finché Gesù Cristo”, mio Figlio, “non sia perfettamente formato in voi”» (Amore della Sapienza 214; Gal 4,19 e Ef 4,13; cfr. Trattato 33; Segreto di Maria 56). Una rapida lettura di questo testo potrebbe far pensare a un abuso d’interpretazione: come applicare alla Vergine Maria ciò che san Paolo dice di se stesso? In Gal 4,19, egli utilizza la metafora del parto riferendola al suo ministero apostolico. Ma san Luigi-Maria trasforma la figura letteraria nel volto personale di una donna concreta: Maria. È la rivelazione che egli ha ricevuto dalla Spirito Santo (cfr. Segreto di Maria 1 e 20; Gal 1,11s): la scoperta della missione e del ruolo di Maria nella nostra vita spirituale. Nella costruzione del Corpo di Cristo (cfr. Ef 2,21; 4,12.13), egli vede Maria all’opera là dove san Paolo vedeva l’organizzazione “ministeriale”della Chiesa. Ed è ancora san Paolo a rivelargli la chiave della maternità spirituale della Vergine. Se Cristo è il Capo di questo corpo che è la Chiesa (Ef 1,22.23; 4,15.16; 5,23; ecc.) e noi le sue membra, allora Maria è nostra Madre: «Poiché Maria ha formato il Capo dei predestinati, che è Gesù Cristo, tocca pure a Lei formare le membra di questo Capo, che sono i veri cristiani» (Segreto di Maria 12; Trattato 17, 20, ecc.). Nel testo appena citato, san Luigi-Maria usa la parola predestinato, termine di marca chiaramente paolina che egli utilizza molto spesso. Tale predestinazione è un mistero di grazia: «Tutto si riduce, dunque, Maria, a trovare un mezzo facile per ottenere la grazia necessaria per diventare santi» (Segreto 6). Certamente egli non rifiuta le opere, i «mezzi di salvezza» (Segreto 3 e 4). Ma cosa sarebbero, senza la grazia divina?

La Santa Schiavitù

Un’altra parola del vocabolario monfortano derivata da san Paolo è l’essere «schiavo». La spiritualità della Consacrazione a Gesù per Maria è infatti chiamata spesso da san Luigi-Maria la «schiavitù di Gesù vivente in Maria». È nel Mistero dell’Incarnazione che si rivela il vocabolario della “Santa Schiavitù”. E tale mistero si fa carne in Maria, la schiava del Signore (Lc 1,38.48). Ma l’influsso paolino non si riduce a una lista di referenze testuali. San Luigi-Maria rilesse la sua vita nelle Lettere dell’Apostolo. La biografia del nostro santo è piena di persecuzioni (Lettera agli Amici 58; 1Cor 4,9.13). Nelle grandi difficoltà incontrate a Parigi nel 1703, poi descritte nella Lettera 16, riconosceva la comunione con l’esperienza dell’Apostolo (2 Cor 6,4-10). A sua sorella, religiosa benedettina, egli scriveva: «Sono contento e pieno di gioia in mezzo a tutte le mie sofferenze» (Lettera 26; cfr. Col 1,24; 2Cor 8,2; 1Tm 1,6). Egli tuttavia, al seguito di san Paolo, si pose fin dai suoi primi anni di sacerdozio la scelta della Sapienza divina (cfr. 1Cor 1,17-2,16). All’ospedale generale di Poitiers, fonda un gruppo di donne, pazze agli occhi della sapienza umana, che egli chiama Figlie della Sapienza (cfr. 1 Cor 1,26-28). Le scelte anticonformiste (cfr. Rm 12,2) gli valsero il soprannome di «pazzo di Montfort», ma egli sapeva che per diventare saggi secondo Dio, bisogna farsi pazzi agli occhi del mondo (cfr. 1Cor 3,18-19). Invitato una volta a predicare nella sua parrocchia natale, quand’era ormai noto quale grande oratore, san Luigi-Maria non proferì una sola parola: si limitò a mostrare il suo Crocifisso. Un gesto silenzioso che voleva dire: «non sono venuto per annunciarvi la testimonianza di Dio con l’eleganza della parola o della sapienza umana. No, non ho voluto sapere nulla tra voi, se non Gesù Cristo, e Gesù Cristo Crocifisso» (1Cor 1,1; cfr. Amore della Sapienza 12; Lettera agli Amici 26). Il grande progetto architettonico che san Luigi-Maria de Montfort realizzò fu proprio un grandioso Calvario eretto vicino a Nantes. Un trionfo nella debolezza, però, alla maniera di san Paolo: lo stesso giorno previsto per la benedizione solenne e inaugurazione dell’opera – il 14 settembre 1710 – giunse da Versailles l’ordine di raderlo al suolo.

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