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LUNEDÌ 27 APRILE 2009 – III SETTIMANA DI PASQUA

LUNEDÌ 27 APRILE 2009 – III SETTIMANA DI PASQUA

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dal «Commento sulla prima lettera di Pietro» di san Beda Venerabile, sacerdote  (Cap. 2; Pl 93, 50-51)

Stirpe eletta, sacerdozio regale
«Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale» (1 Pt 2, 9). Questa testimonianza di lode una volta fu data all’antico popolo di Dio per mezzo di Mosè. Ora ben a ragione l’apostolo Pietro la dà ai pagani perché hanno creduto in Cristo, il quale come pietra angolare ha accolto le genti in quella salvezza che Israele aveva avuto per sé.
Chiama i cristiani «stirpe eletta» per la fede, per distinguerli da coloro che col rigettare la pietra viva, sono diventati rèprobi.
Poi «sacerdozio regale» perché sono uniti al corpo di colui che è re sommo e vero sacerdote, il quale, in quanto re, dona ai suoi il regno e, in quanto pontefice, purifica i loro peccati col sacrificio del suo sangue. Li chiama «sacerdozio regale» perché si ricordino di sperare un regno senza fine e di offrire sempre a Dio i sacrifici di una condotta senza macchia.
Sono chiamati anche «gente santa e popolo, che Dio si è acquistato» secondo quello che dice l’apostolo Paolo, esponendo il detto del profeta: Il mio giusto poi vive di fede; se invece indietreggia, non si compiace di lui l’anima mia; ma noi, dice, non siamo di quelli che si sottraggono per loro perdizione, ma gente che sta salda nella fede per salvare l’anima propria (cfr. Eb 10, 38). E negli Atti degli Apostoli: «Lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue» (At 20, 28).
Perciò siamo diventati «popolo che Dio si è acquistato» (1 Pt 2, 9) con il sangue del nostro Redentore, cosa che era una volta il popolo di Israele redento dal sangue dell’agnello in Egitto.
Perciò nel versetto seguente, dopo di avere ricordato misticamente l’antica storia, insegna che questa deve essere compiuta anche in senso spirituale dal nuovo popolo di Dio dicendo: Perché abbiate ad annunziare i suoi prodigi (cfr. 1 Pt 2, 9). Come infatti coloro che da Mosè furono liberati dalla schiavitù egizia intonarono un canto trionfale al Signore, dopo il passaggio del Mar Rosso e l’annegamento dell’esercito del faraone, così bisogna che anche noi, dopo aver ricevuto la remissione dei peccati nel battesimo, ringraziamo degnamente per i benefici celesti.
Infatti gli Egizi, che angariavano il popolo di Dio, e che significano anche «tenebre» e «tribolazione», simboleggiano bene i peccati che ci perseguitano, ma che sono stati distrutti nel battesimo.
Anche la liberazione dei figli di Israele e il loro arrivo alla terra da tempo promessa, ben si addice al mistero della nostra redenzione, per mezzo della quale aspiriamo alla luce della celeste dimora, sotto l’illuminazione e la guida della grazia di Cristo; la luce di questa grazia la dimostrò anche quella nube e colonna di fuoco che per tutto quel viaggio li difese dall’oscurità della notte e, attraverso un cammino pieno di indescrivibili peripezie, li condusse alla promessa patria definitiva.

San Bernardo : « Forse anche voi volete andarvene ? »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20090502

Sabato della III settimana di Pasqua : Jn 6,60-69
Meditazione del giorno
San Bernardo (1091-1153), monaco cistercense e dottore della Chiesa
Disorsi su vari argomenti °5, su Ha ; PL 183,556

« Forse anche voi volete andarvene ? »

Leggiamo nel Vangelo che, mentre il Signore predicava e invitava i suoi discepoli a partecipare alla sua passione nel sacramento conviviale del suo corpo, alcuni dissero: «Questo linguaggio è duro», e da quel momento non andarono più con lui. Gli apostoli, interrogati se avessero voluto andarsene anche loro, risposero: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6,68).

Così vi dico, fratelli: fino a oggi ci sono persone per le quali è chiaro che le parole di Gesù sono «spirito e vita» perciò lo seguono. Ad altri invece paiono dure e cercano altrove ben magre consolazioni. «La Sapienza fa sentire la sua voce sulle piazze» (Pr 1,20), vale a dire ammonisce quelli che camminano «per la via larga e spaziosa che conduce alla morte» (Mt 7,13), per richiamare indietro quanti vi camminano. Essa grida: «Per quarant’anni mi disgustai di quella generazione e dissi: sono un popolo dal cuore traviato» (Sal 94,10). In un altro salmo trovi: «Il Signore ha parlato una sola volta» (Sal 61,12). Certo, una sola volta, perché parla sempre. Infatti unico e non interrotto ma continuo e senza fine è il suo parlare. Invita i peccatori a rientrare in sé, perché ivi egli abita e ivi parla… Se oggi udiamo la sua voce, non induriamo i nostri cuori sono press’a poco le medesime parole che si leggono nel Vangelo… «Le mie pecore ascoltano la mia voce» (Gv 10,27)… Siete il popolo del suo pascolo e il gregge che egli conduce, se oggi ascoltate la sua voce (Sal 94,8).

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http://www.artbible.net/3JC/-Mat-01,18-Joseph%20dream-Reve%20de%20Joseph/index.html

Publié dans:immagini sacre |on 1 mai, 2009 |Pas de commentaires »

per la festa di San Giuseppe un’omelia di Papa Giovanni Paolo II in Polonia (1997)

oggi per la festa di San Giuseppe vi propongo un’omelia di Papa Giovanni Paolo II, non l’ha pronunciata in occasione di una delle feste del Patriarca, ma in un santuario in Polonia, ci sono alcuni riferimenti a San Paolo, tuttavia, come molte omelie di Papa Giovanni Paolo II, essa è a « tutto tondo » se posso esprimermi così, dopo questa, se volete leggerlo, c’è: « Il saluto di Giovanni Paolo II al termine della Celebrazione Eucaristica dinanzi al santuario di san Giuseppe, a Kalisz », dal sito:

http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/homilies/1997/documents/hf_jp-ii_hom_19970604_kalisz_it.html

VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (31 MAGGIO – 10 GIUGNO 1997)

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA DAVANTI
AL SANTUARIO DI SAN GIUSEPPE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

 Kalisz – Mercoledì, 4 Giugno 1997
 

Cari Fratelli e Sorelle!

1. Rendo grazie alla divina Provvidenza perchè mi viene dato oggi di visitare la vostra città, questa Kalisz che le antichissime cronache segnano sulle loro carte geografiche molto prima delle origini dello Stato polacco. Sono stato qui già alcune volte. Ho nella memoria quegli incontri e gli uomini che vi prendevano parte. Saluto cordialmente tutti voi qui riuniti. Saluto la vostra giovane Diocesi e il suo primo Vescovo ordinario, il Vescovo ausiliare, il clero, le persone consacrate e tutto il popolo di Dio della terra di Kalisz. Ti saluto, terra di Kalisz, con tutta la tua ricchezza racchiusa nel passato e nel presente. Desidero che tutto questo si ravvivi in qualche modo nell’odierna Eucaristia.

« O uomo felice, san Giuseppe! ». Come sono lieto di celebrare questo Sacrificio eucaristico nel Santuario di san Giuseppe! Esso, infatti, ha un posto particolare nella storia della Chiesa e della Nazione. Mentre ascoltiamo il Vangelo, che ci ricorda la fuga in Egitto, vengono in mente le parole contenute nella preparazione liturgica per la santa Messa: « O uomo felice, san Giuseppe, a cui è stato dato non soltanto di vedere e udire Dio, che molti re volevano vedere e non videro, udire e non udirono (cfr Mt 13, 17), ma di portarlo in braccio, baciarlo, vestirlo e custodirlo! ». In questa preghiera san Giuseppe appare come il protettore del Figlio di Dio. Essa continua con la seguente domanda: « Dio, tu che ci hai concesso il sacerdozio regale, fa, ti preghiamo, che, come san Giuseppe, il quale meritò di toccare e con rispetto portare nelle sue braccia il tuo Figlio unigenito, nato da Maria Vergine, possiamo ottenere la grazia di servire presso i tuoi altari nella purezza del cuore e nell’innocenza delle opere, per ricevere oggi degnamente il sacratissimo Corpo e Sangue del tuo Figlio e meritare l’eterno premio nel mondo futuro ».

E’ una bella preghiera! La recito ogni giorno prima della santa Messa e certamente lo fanno molti sacerdoti nel mondo. Giuseppe, sposo di Maria Vergine, padre adottivo del Figlio di Dio, non era un sacerdote, ma ebbe parte al sacerdozio comune dei fedeli. E poiché come padre e protettore di Gesù poté tenerlo e portarlo nelle sue braccia, i sacerdoti si rivolgono a san Giuseppe con l’ardente domanda di poter celebrare il Sacrificio eucaristico con la stessa venerazione e con lo stesso amore con cui egli adempiva la sua missione di padre putativo del Figlio di Dio. Queste parole sono molto eloquenti. Le mani del sacerdote che toccano il Corpo eucaristico di Cristo vogliono impetrare da san Giuseppe la grazia di una castità e di una venerazione pari a quella che il santo falegname di Nazaret dimostrava nei riguardi del suo Figlio adottivo. E perciò è una cosa giusta che, nell’itinerario del pellegrinaggio unito al Congresso Eucaristico di Wroclaw, si trovi anche la visita al Santuario di san Giuseppe di Kalisz.

2. « Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto » (Mt 2, 13).

Giuseppe udì queste parole nel sonno. L’angelo l’aveva avvertito di fuggire con il Bambino, perchè era minacciato da un pericolo mortale. Dal Vangelo appena letto veniamo a sapere di coloro che attentavano alla vita del Bambino. In primo luogo Erode, ma poi anche tutti i suoi seguaci. In questo modo la liturgia della parola guida il nostro pensiero verso il problema della vita e della sua difesa. Giuseppe di Nazaret, che salvò Gesù dalla crudeltà di Erode, ci si presenta in questo istante come un grande sostenitore della causa della difesa della vita umana, dal primo istante del concepimento sino alla morte naturale. Vogliamo, dunque, in questo luogo raccomandare alla divina Provvidenza e a san Giuseppe la vita umana, specialmente quella dei bambini non ancora nati, nella nostra Patria e nel mondo intero. La vita ha un valore intoccabile e una dignità irripetibile, specialmente perchè – come leggiamo oggi nella liturgia – ogni uomo è chiamato a partecipare alla vita di Dio. San Giovanni scrive: « Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! » (1 Gv 3, 1).

Con lo sguardo della fede possiamo rilevare con una particolare chiarezza l’infinito valore di ogni essere umano. Il Vangelo, annunziando la buona novella di Gesù, reca anche la buona novella dell’uomo, della sua grande dignità, insegna la sensibilità nei riguardi dell’uomo. Di ogni uomo che, in quanto dotato di un’anima spirituale, è « capace di Dio ». La Chiesa difendendo il diritto alla vita si richiama ad un livello più ampio, ad un livello universale che obbliga tutti gli uomini. Il diritto alla vita non è una questione di ideologia, non è solo un diritto religioso; è un diritto dell’uomo. Il più fondamentale diritto dell’uomo! Dio dice: « Non uccidere »! (Es 20, 13). Questo comandamento è al contempo un fondamentale principio e una norma del codice morale, iscritto nella coscienza di ogni uomo.

La misura della civiltà, una misura universale, perenne, comprendente tutte le culture, è il suo rapporto con la vita. Una civiltà che rifiutasse gli indifesi, meriterebbe il nome di civiltà barbara, anche se riportasse grandi successi nel campo dell’economia, della tecnica, dell’arte e della scienza. La Chiesa, fedele alla missione ricevuta da Cristo, nonostante le debolezze e le infedeltà di molti suoi figli e di molte sue figlie, ha portato con coerenza nella storia dell’umanità la grande verità sull’amore del prossimo, ha attenuato le divisioni sociali, ha superato le differenze etniche e razziali, si è chinata sugli infermi e sugli orfani, sugli anziani, sugli handicappati e sui senza casa. Ha insegnato con le parole e con i fatti che nessuno può essere escluso dalla grande famiglia umana, che nessuno può essere spinto al margine della società. Se la Chiesa difende la vita non nata è perchè essa guarda anche con amore e sollecitudine ogni donna che deve partorire.

Qui, a Kalisz, dove san Giuseppe, questo grande difensore e premuroso protettore della vita di Gesù, è venerato in modo particolare, voglio ricordarvi le parole che Madre Teresa di Calcutta rivolse ai partecipanti alla Conferenza Internazionale su « Popolazione e Sviluppo », convocata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite al Cairo nel 1994: « Vi parlo dal profondo del cuore, parlo ad ogni uomo in tutti i paesi del mondo . . . alle madri, ai padri e ai figli nelle città, nelle cittadine e nei villaggi. Ognuno di noi oggi è qui grazie all’amore di Dio che ci ha creati, e ai nostri genitori, che ci hanno accolti e hanno voluto darci la vita. La vita è il più grande dono di Dio. E’ per questo che è penoso vedere cosa accade oggi in tante parti del mondo: la vita viene deliberatamente distrutta dalla guerra, dalla violenza, dall’aborto. E noi siamo stati creati da Dio per cose più grandi: amare ed essere amati. Ho spesso affermato, e io ne sono sicura, che il più grande distruttore di pace nel mondo di oggi è l’aborto. Se una madre può uccidere il suo proprio figlio, che cosa potrà fermare te e me dall’ucciderci reciprocamente? Il solo che ha il diritto di togliere la vita è Colui che l’ha creata. Nessun altro ha quel diritto; né la madre, né il padre, né il dottore, né un’agenzia, né una conferenza, né un governo . . . Mi terrorizza il pensiero di tutti coloro che uccidono la propria coscienza, per poter compiere l’aborto. Dopo la morte ci troveremo faccia a faccia con Dio, Datore della vita. Chi si assumerà la responsabilità davanti a Dio per milioni e milioni di bambini ai quali non è stata data la possibilità di vivere, di amare e di essere amati? . . . Un bambino è il dono più grande per la famiglia. Per la nazione. Non rifiutiamo mai questo dono di Dio ». Questa lunga citazione appartiene a Madre Teresa di Calcutta. Sono contento che Madre Teresa abbia potuto parlare a Kalisz.

3. Cari Fratelli e Sorelle, siate solidali con la vita. Rivolgo questo appello a tutti i miei connazionali, indipendentemente dalle convinzioni religiose di ciascuno. Lo rivolgo a tutti gli uomini, senza escluderne alcuno. Da questo luogo, ripeto ancora una volta quanto ho detto nell’ottobre dello scorso anno: « Una nazione che uccide i propri figli è una nazione senza futuro ». Dovete credere che non mi è stato facile dire queste cose pensando alla mia Nazione, ma io desidero per essa un futuro, un futuro meraviglioso. E’ necessaria, dunque, una generale mobilitazione delle coscienze e un comune sforzo etico, per mettere in atto la grande strategia della difesa della vita. Oggi il mondo è diventato l’arena della lotta per la vita. Continua la lotta tra la civiltà della vita e la civiltà della morte. Perciò è così importante l’edificazione della « cultura della vita »: la creazione di opere e di modelli culturali, che sottolineino la grandezza e la dignità della vita umana; la fondazione di istituzioni scientifiche ed educative che promuovano una giusta visione della persona umana, della vita coniugale e familiare: la creazione di ambienti che incarnino nella pratica della vita quotidiana l’amore misericordioso che Dio elargisce ad ogni uomo, specialmente all’uomo che soffre, che è debole e povero non nato.

So che in Polonia si fa molto per la questione della difesa della vita. Sono molto grato a tutti coloro che, in varie forme, si prodigano in quest’opera di edificazione della « cultura della vita ». In modo particolare esprimo la mia gratitudine e il mio apprezzamento a quanti nella nostra Patria, con grande senso di responsabilità davanti a Dio, davanti alla propria coscienza e alla nazione, difendono la vita umana e sostengono la dignità del matrimonio e della famiglia. Ringrazio di tutto cuore la Federazione dei Movimenti per la Difesa della Vita, le Associazioni delle Famiglie Cattoliche e tutte le altre organizzazioni ed istituzioni, sorte molto numerose negli ultimi anni nel nostro Paese. Ringrazio i medici, le infermiere e le persone che difendono la vita dei non nati. E chiedo a tutti: vegliate sulla vita! Continuate a difendere la vita! Questo è il vostro grande contributo alla costruzione della civiltà dell’amore. Possano le schiere dei difensori della vita aumentare progressivamente! Non vi perdete d’animo! Questa è una grande missione affidatavi dalla Provvidenza.

Vi benedica Dio da cui prende origine ogni vita. Fin dai tempi in cui ero Pastore, Vescovo, Cardinale, in Polonia sono in debito nei confronti di alcune persone che hanno collaborato con me con generosità e con coraggio nella difesa della vita. Oggi desidero di nuovo ringraziarli di cuore per tutto ciò. Dio ve ne renda merito!

4. Il dovere del servizio grava su tutti e su ciascuno, ma tale responsabilità grava in modo particolare sulla famiglia che è una « comunità di vita e d’amore » (Gaudium et spes, 48).

Fratelli e Sorelle, non dimenticate neanche per un istante quale grande valore costituisca in se stessa la famiglia. Grazie alla presenza sacramentale di Cristo, grazie al patto liberamente stipulato, con cui i coniugi si donano reciprocamente, la famiglia è una comunità sacra. E’ una comunione di persone unite dall’amore, di cui san Paolo scrive così: « L’amore si compiace della verità. Tutto copre tutto crede, tutto spera, tutto sopporta e non avrà mai fine » (cfr 1 Cor 13, 6-8). Ogni famiglia può costruire un tale amore. Ma esso è raggiungibile nel matrimonio soltanto ed esclusivamente se i coniugi diventano « un dono sincero di sé » (Gaudium et spes, 24), incondizionatamente e per sempre, senza porre alcun limite. Quest’amore coniugale e familiare viene costantemente nobilitato, perfezionato da comuni preoccupazioni e gioie, dal sostenersi nei momenti difficili. Ciascuno dimentica se stesso per il bene dell’amato. Un vero amore non si estingue mai. Diventa fonte di forza e di fedeltà coniugale. La famiglia cristiana, fedele alla sua alleanza sacramentale, diventa un autentico segno del gratuito e universale amore di Dio per gli uomini. Quest’amore di Dio costituisce il centro spirituale della famiglia e il suo fondamento. Attraverso questo amore la famiglia nasce, si sviluppa, matura ed è fonte di pace e di felicità per i genitori e per i figli. E’ un vero nido di vita e di unità.

Cari Fratelli e Sorelle, coniugi e genitori, il sacramento che vi unisce tra voi, vi unisce in Cristo! Vi unisce con Cristo! « Questo mistero è grande »! (Ef 5, 32). Dio « vi ha donato il suo amore ». Egli viene da voi ed è presente in mezzo a voi e dimora nelle vostre anime. Nelle vostre famiglie! Nelle vostre case! Lo sapeva bene san Giuseppe. Per questo non esitò ad affidare a Dio se stesso e la sua Famiglia. In virtù di tale abbandono compì fino in fondo la sua missione, affidatagli da Dio nei riguardi di Maria e del suo Figlio. Sostenuti dall’esempio e dalla protezione di san Giuseppe, offrite una costante testimonianza di dedizione e di generosità. Proteggete e circondate di premura la vita di ogni vostro figlio, di ogni persona, specialmente dei malati, dei deboli e degli handicappati. Date testimonianza dell’amore per la vita e condividetela con generosità.

Scrive san Giovanni: « Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente » (1 Gv 3, 1). L’uomo adottato in Cristo come figlio di Dio, è veramente partecipe della figliolanza del Figlio di Dio. E perciò san Giovanni, sviluppando il suo pensiero, continua così: « Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perchè lo vedremo così come egli è » (1 Gv 3, 2). Ecco l’uomo! Ecco la sua piena, indicibile dignità! L’uomo è chiamato ad essere partecipe della vita di Dio; a conoscere, illuminato dalla fede, e ad amare il suo Creatore e Padre, prima mediante tutte le sue creature qui sulla terra, e poi nella beatifica visione della sua divinità nei secoli.

Ecco l’uomo! Nell’itinerario del Congresso Eucaristico quest’uomo si rivela ad ogni passo.

L’uomo nella comunità della famiglia e della nazione!

L’uomo, partecipe della vita di Dio!


 

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