Archive pour avril, 2009

Papa Benedetto XVI : « Va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro » (Gv 20,17)

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20090413

Lunedì dell’Angelo : Mt 28,8-15
Meditazione del giorno
Papa Benedetto XVI
Omelia

« Va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro » (Gv 20,17)

Nell’atmosfera della gioia pasquale, la liturgia ci porta al sepolcro dove, secondo il racconto di san Matteo, Maria di Màgdala e l’altra Maria, spinte dall’amore per Gesù, erano andate a visitare il sepolcro. L’evangelista rapporta che egli venne loro incontro dicendo: «Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno.» Provarono veramente una gioia indicibile al rivedere il loro Signore e piene di entusiasmo, corsero ad annunciarlo ai discepoli.

Anche a noi il Risorto ripete, come a queste donne che rimasero accanto a Gesù durante la Passione, di non avere paura facendoci i messaggeri dell’annuncio della sua risurrezione. Chi ha incontrato Gesù e si rimette a lui docilmente non ha nulla da temere. Tale è il messaggio che i cristiani sono chiamati a diffondere fino ai confini della terra. La fede cristiana, come sappiamo bene, nasce non dall’ascolto di una dottrina, bensì dall’incontro con una persona, con Cristo morto e risorto. Nella nostra esistenza quotidiana, ci sono numerose occasioni per comunicare agli altri la nostra fede in un modo semplice e convinto, sicché la loro fede possa nascere dal nostro incontro.

LUNEDÌ 13 APRILE 2009 – OTTAVA DI PASQUA

LUNEDÌ 13 APRILE 2009 - OTTAVA DI PASQUA  dans LETTURE DI SAN PAOLO NELLA LITURGIA DEL GIORNO ♥♥♥ 10%20ENLUMINURE%20EVANGELIAIRE%20OTTON%20III%20B

Mat-28,01_Women_Resurrection_Femmes

http://www.artbible.net/3JC/-Mat-28,01_Women_Resurrection_Femmes/index.html

LUNEDÌ 13 APRILE 2009 – OTTAVA DI PASQUA

MESSA DEL GIORNO – LINK

http://www.maranatha.it/Feriale/pasqua/01LUNpage.htm

UFFICIO DELLE LETTURE

non ci sono riferimenti a San Paolo, ma credo che valga la pena di leggere le belle letture che la Chiesa ci offre per l’Ottava di Pasqua

Prima Lettura
Dalla prima lettera di san Pietro, apostolo 1, 1-21

Saluto iniziale e rendimento di grazie
Pietro, apostolo di Gesù Cristo, ai fedeli dispersi nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadòcia, nell’Asia e nella Bitinia, eletti secondo la prescienza di Dio Padre, mediante la santificazione dello Spirito, per obbedire a Gesù Cristo e per essere aspersi del suo sangue: grazia e pace a voi in abbondanza.
Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, per la vostra salvezza, prossima a rivelarsi negli ultimi tempi. Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po’ afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell’oro, che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo: voi lo amate, pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la mèta della vostra fede, cioè la salvezza delle anime.
Su questa salvezza indagarono e scrutarono i profeti che profetizzarono sulla grazia a voi destinata cercando di indagare a quale momento o a quali circostanze accennasse lo Spirito di Cristo che era in loro, quando prediceva le sofferenze destinate a Cristo e le glorie che dovevano seguirle. E fu loro rivelato che non per se stessi, ma per voi, erano ministri di quelle cose che ora vi sono state annunziate da coloro che vi hanno predicato il vangelo nello Spirito Santo mandato dal cielo; cose nelle quali gli angeli desiderano fissare lo sguardo.
Perciò, dopo aver preparato la vostra mente all’azione, siate vigilanti, fissate ogni speranza in quella grazia che vi sarà data quando Gesù Cristo si rivelerà. Come figli obbedienti, non conformatevi ai desideri d’un tempo, quando eravate nell’ignoranza, ma ad immagine del Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta; poiché sta scritto: Voi sarete santi, perché io sono santo (Lv 11, 44). E se pregando chiamate Padre colui che senza riguardi personali giudica ciascuno secondo le sue opere, comportatevi con timore nel tempo del vostro pellegrinaggio. Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia. Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma si è manifestato negli ultimi tempi per voi. E voi per opera sua credete in Dio, che l’ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria e così la vostra fede e la vostra speranza sono fisse in Dio.

Responsorio   Cfr. 1 Pt 1, 3. 13
R. Benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo: nella sua grande misericordia ci ha rigenerati per una speranza viva, * mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, alleluia.
V. Perciò, pronti all’azione, siate vigilanti, fissate ogni speranza in quella grazia che vi sarà data
R. mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, alleluia.

Seconda Lettura
Dall’«Omelia sulla Pasqua» di Melitone di Sardi, vescovo
(Capp. 2-7; 100-103; SC 123, 60-64. 120-122)

L’agnello immolato ci trasse dalla morte alla vita
Prestate bene attenzione, carissimi: il mistero della Pasqua è nuovo e antico, eterno e temporale, corruttibile e incorruttibile, mortale e immortale. Antico secondo la legge, nuovo secondo il Verbo; temporaneo nella figura, eterno nella grazia; corruttibile per l’immolazione dell’agnello, incorruttibile per la vita del Signore; mortale per la sua sepoltura nella terra, immortale per la sua risurrezione dai morti.
La legge è antica, ma il Verbo è nuovo; temporale è la figura, eterna la grazia; corruttibile l’agnello, incorruttibile il Signore, che fu immolato come un agnello, ma risorse come Dio.
«Come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca» (Is 53, 7).
La similitudine è passata ed ha trovato compimento la realtà espressa: invece di un agnello, Dio, l`uomo-Cristo, che tutto compendia.
Perciò l’immolazione dell’agnello, la celebrazione della Pasqua e la scrittura della legge ebbero per fine Cristo Gesù. Nell’antica legge tutto avveniva in vista di Cristo. Nell’ordine nuovo tutto converge a Cristo in una forma assai superiore.
La legge è divenuta il Verbo e da antica è fatta nuova, ma ambedue uscirono da Sion e da Gerusalemme. Il precetto si mutò in grazia, la figura in verità, l’agnello nel Figlio, la pecora nell’uomo e l’uomo in Dio.
Il Signore pur essendo Dio, si fece uomo e soffrì per chi soffre, fu prigioniero per il prigioniero, condannato per il colpevole e, sepolto per chi è sepolto, risuscitò dai morti e gridò questa grande parola: Chi è colui che mi condannerà? Si avvicini a me (Is 50, 8). Io, dice, sono Cristo che ho distrutto la morte, che ho vinto il nemico, che ho messo sotto i piedi l’inferno, che ho imbrigliato il forte e ho elevato l’uomo alle sublimità del cielo; io, dice, sono il Cristo.
Venite, dunque, o genti tutte, oppresse dai peccati e ricevete il perdono. Sono io, infatti, il vostro perdono, io la Pasqua della redenzione, io l’Agnello immolato per voi, io il vostro lavacro, io la vostra vita, io la vostra risurrezione, io la vostra luce, io la vostra salvezza, io il vostro re. Io vi porto in alto nei cieli. Io vi risusciterò e vi farò vedere il Padre che è nei cieli. Io vi innalzerò con la mia destra.

Responsorio   Cfr. At 13, 32-33; 10, 42; 2, 36
R. La promessa fatta ai nostri padri Dio l’ha adempiuta, risuscitando Gesù: * e lo ha costituito giudice dei vivi e dei morti, alleluia.
V. Dio ha fatto Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso,
R. e lo ha costituito giudice dei vivi e dei morti, alleluia.

Messaggio di Pasqua di Benedetto XVI: « La risurrezione di Cristo è la nostra speranza »

dal sito:

http://www.zenit.org/article-17901?l=italian

Messaggio di Pasqua di Benedetto XVI

« La risurrezione di Cristo è la nostra speranza »

CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 12 aprile 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il messaggio di Pasqua che Benedetto XVI ha rivolto questa domenica dal balcone della facciata della Basilica di San Pietro alle migliaia di pellegrini riunite in Piazza San Pietro in Vaticano.

Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero!

Formulo di cuore a voi tutti l’augurio pasquale con le parole di sant’Agostino: « Resurrectio Domini, spes nostra – la risurrezione del Signore è la nostra speranza » (Agostino, Sermo 261, 1). Con questa affermazione, il grande Vescovo spiegava ai suoi fedeli che Gesù è risorto perché noi, pur destinati alla morte, non disperassimo, pensando che con la morte la vita sia totalmente finita; Cristo è risorto per darci la speranza (cfr ibid.).

In effetti, una delle domande che più angustiano l’esistenza dell’uomo è proprio questa: che cosa c’è dopo la morte? A quest’enigma la solennità odierna ci permette di rispondere che la morte non ha l’ultima parola, perché a trionfare alla fine è la Vita. E questa nostra certezza non si fonda su semplici ragionamenti umani, bensì su uno storico dato di fede: Gesù Cristo, crocifisso e sepolto, è risorto con il suo corpo glorioso. Gesù è risorto perché anche noi, credendo in Lui, possiamo avere la vita eterna. Quest’annuncio sta nel cuore del messaggio evangelico. Lo dichiara con vigore san Paolo: « Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede ». E aggiunge: « Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini » (1 Cor 15,14.19). Dall’alba di Pasqua una nuova primavera di speranza investe il mondo; da quel giorno la nostra risurrezione è già cominciata, perché la Pasqua non segna semplicemente un momento della storia, ma l’avvio di una nuova condizione: Gesù è risorto non perché la sua memoria resti viva nel cuore dei suoi discepoli, bensì perché Egli stesso viva in noi e in Lui possiamo già gustare la gioia della vita eterna.

La risurrezione pertanto non è una teoria, ma una realtà storica rivelata dall’Uomo Gesù Cristo mediante la sua « pasqua », il suo « passaggio », che ha aperto una « nuova via » tra la terra e il Cielo (cfr Eb 10,20). Non è un mito né un sogno, non è una visione né un’utopia, non è una favola, ma un evento unico ed irripetibile: Gesù di Nazaret, figlio di Maria, che al tramonto del Venerdì è stato deposto dalla croce e sepolto, ha lasciato vittorioso la tomba. Infatti all’alba del primo giorno dopo il sabato, Pietro e Giovanni hanno trovato la tomba vuota. Maddalena e le altre donne hanno incontrato Gesù risorto; lo hanno riconosciuto anche i due discepoli di Emmaus allo spezzare il pane; il Risorto è apparso agli Apostoli la sera nel Cenacolo e quindi a molti altri discepoli in Galilea.

L’annuncio della risurrezione del Signore illumina le zone buie del mondo in cui viviamo. Mi riferisco particolarmente al materialismo e al nichilismo, a quella visione del mondo che non sa trascendere ciò che è sperimentalmente constatabile, e ripiega sconsolata in un sentimento del nulla che sarebbe il definitivo approdo dell’esistenza umana. È un fatto che se Cristo non fosse risorto, il « vuoto » sarebbe destinato ad avere il sopravvento. Se togliamo Cristo e la sua risurrezione, non c’è scampo per l’uomo e ogni sua speranza rimane un’illusione. Ma proprio oggi prorompe con vigore l’annuncio della risurrezione del Signore, ed è risposta alla ricorrente domanda degli scettici, riportata anche dal libro di Qoèlet: « C’è forse qualcosa di cui si possa dire: / Ecco, questa è una novità? » (Qo 1,10). Sì, rispondiamo: nel mattino di Pasqua tutto si è rinnovato. « Mors et vita / duello conflixere mirando: dux vitae mortuus/ regnat vivus – Morte e vita si sono affrontate / in un prodigioso duello: / il Signore della vita era morto; / ma ora, vivo, trionfa. Questa è la novità! Una novità che cambia l’esistenza di chi l’accoglie, come avvenne nei santi. Così, ad esempio, è accaduto per san Paolo.

Più volte, nel contesto dell’Anno Paolino, abbiamo avuto modo di meditare sull’esperienza del grande Apostolo. Saulo di Tarso, l’accanito persecutore dei cristiani, sulla via di Damasco incontrò Cristo risorto e fu da Lui « conquistato ». Il resto ci è noto. Avvenne in Paolo quel che più tardi egli scriverà ai cristiani di Corinto: « Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove » (2 Cor 5,17). Guardiamo a questo grande evangelizzatore, che con l’entusiasmo audace della sua azione apostolica, ha recato il Vangelo a tante popolazioni del mondo di allora. Il suo insegnamento e il suo esempio ci stimolino a ricercare il Signore Gesù. Ci incoraggino a fidarci di Lui, perché ormai il senso del nulla, che tende ad intossicare l’umanità, è stato sopraffatto dalla luce e dalla speranza che promanano dalla risurrezione. Ormai sono vere e reali le parole del Salmo: « Nemmeno le tenebre per te sono tenebre / e la notte è luminosa come il giorno » (139[138],12). Non è più il nulla che avvolge ogni cosa, ma la presenza amorosa di Dio. Addirittura il regno stesso della morte è stato liberato, perché anche negli « inferi » è arrivato il Verbo della vita, sospinto dal soffio dello Spirito (v. 8).

Se è vero che la morte non ha più potere sull’uomo e sul mondo, tuttavia rimangono ancora tanti, troppi segni del suo vecchio dominio. Se mediante la Pasqua, Cristo ha estirpato la radice del male, ha però bisogno di uomini e donne che in ogni tempo e luogo lo aiutino ad affermare la sua vittoria con le sue stesse armi: le armi della giustizia e della verità, della misericordia, del perdono e dell’amore. E’ questo il messaggio che, in occasione del recente viaggio apostolico in Camerun e in Angola, ho inteso portare a tutto il Continente africano, che mi ha accolto con grande entusiasmo e disponibilità all’ascolto. L’Africa, infatti, soffre in modo smisurato per i crudeli e interminabili conflitti – spesso dimenticati – che lacerano e insanguinano diverse sue Nazioni e per il numero crescente di suoi figli e figlie che finiscono preda della fame, della povertà, della malattia. Il medesimo messaggio ripeterò con forza in Terrasanta, ove avrò la gioia di recarmi fra qualche settimana. La difficile ma indispensabile riconciliazione, che è premessa per un futuro di sicurezza comune e di pacifica convivenza, non potrà diventare realtà che grazie agli sforzi rinnovati, perseveranti e sinceri, per la composizione del conflitto israelo-palestinese. Dalla Terrasanta, poi, lo sguardo si allargherà sui Paesi limitrofi, sul Medio Oriente, sul mondo intero. In un tempo di globale scarsità di cibo, di scompiglio finanziario, di povertà antiche e nuove, di cambiamenti climatici preoccupanti, di violenze e miseria che costringono molti a lasciare la propria terra in cerca di una meno incerta sopravvivenza, di terrorismo sempre minaccioso, di paure crescenti di fronte all’incertezza del domani, è urgente riscoprire prospettive capaci di ridare speranza. Nessuno si tiri indietro in questa pacifica battaglia iniziata dalla Pasqua di Cristo, il Quale – lo ripeto – cerca uomini e donne che lo aiutino ad affermare la sua vittoria con le sue stesse armi, quelle della giustizia e della verità, della misericordia, del perdono e dell’amore.

Resurrectio Domini, spes nostra! La risurrezione di Cristo è la nostra speranza! Questo la Chiesa proclama oggi con gioia: annuncia la speranza, che Dio ha reso salda e invincibile risuscitando Gesù Cristo dai morti; comunica la speranza, che essa porta nel cuore e vuole condividere con tutti, in ogni luogo, specialmente là dove i cristiani soffrono persecuzione a causa della loro fede e del loro impegno per la giustizia e la pace; invoca la speranza capace di suscitare il coraggio del bene anche e soprattutto quando costa. Oggi la Chiesa canta « il giorno che ha fatto il Signore » ed invita alla gioia. Oggi la Chiesa prega, invoca Maria, Stella della Speranza, perché guidi l’umanità verso il porto sicuro della salvezza che è il cuore di Cristo, la Vittima pasquale, l’Agnello che « ha redento il mondo », l’Innocente che « ha riconciliato noi peccatori col Padre ». A Lui, Re vittorioso, a Lui crocifisso e risorto, noi gridiamo con gioia il nostro Alleluia !

Omelia di Benedetto XVI nella Domenica di Pasqua: « Il Risorto ci precede e ci accompagna per le strade del mondo »

dal sito:

http://www.zenit.org/article-17900?l=italian

Omelia di Benedetto XVI nella Domenica di Pasqua

« Il Risorto ci precede e ci accompagna per le strade del mondo »

CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 12 aprile 2009 (ZENIT.org).- Riportiamo l’omelia che Benedetto XVI ha pronunciato durante la Messa nella Domenica di Pasqua nella Resurrezione del Signore, che ha presieduto nella Basilica di San Pietro in Vaticano.

* * *

Cari fratelli e sorelle,

« Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! » (1 Cor 5,7). Risuona in questo giorno l’esclamazione di san Paolo, che abbiamo ascoltato nella seconda lettura, tratta dalla prima Lettera ai Corinzi. È un testo che risale ad appena una ventina d’anni dopo la morte e risurrezione di Gesù, eppure – come è tipico di certe espressioni paoline – contiene già, in una sintesi impressionante, la piena consapevolezza della novità cristiana. Il simbolo centrale della storia della salvezza – l’agnello pasquale – viene qui identificato in Gesù, chiamato appunto « nostra Pasqua ». La Pasqua ebraica, memoriale della liberazione dalla schiavitù d’Egitto, prevedeva ogni anno il rito dell’immolazione dell’agnello, un agnello per famiglia, secondo la prescrizione mosaica. Nella sua passione e morte, Gesù si rivela come l’Agnello di Dio « immolato » sulla croce per togliere i peccati del mondo. È stato ucciso proprio nell’ora in cui era consuetudine immolare gli agnelli nel Tempio di Gerusalemme. Il senso di questo suo sacrificio lo aveva anticipato egli stesso durante l’Ultima Cena, sostituendosi – sotto i segni del pane e del vino – ai cibi rituali del pasto nella Pasqua ebraica. Così possiamo dire veramente che Gesù ha portato a compimento la tradizione dell’antica Pasqua e l’ha trasformata nella sua Pasqua.

A partire da questo nuovo significato della festa pasquale si capisce anche l’interpretazione degli « azzimi » data da san Paolo. L’Apostolo si riferisce a un’antica usanza ebraica: quella secondo la quale, in occasione della Pasqua, bisognava eliminare dalla casa ogni più piccolo avanzo di pane lievitato. Ciò costituiva, da una parte, un ricordo di quanto accaduto agli antenati al momento della fuga dall’Egitto: uscendo in fretta dal paese, avevano portato con sé soltanto focacce non lievitate. Al tempo stesso, però, « gli azzimi » erano simbolo di purificazione: eliminare ciò che è vecchio per fare spazio al nuovo. Ora, spiega san Paolo, anche questa antica tradizione acquista un senso nuovo, a partire dal nuovo « esodo » appunto, che è il passaggio di Gesù dalla morte alla vita eterna. E poiché Cristo, come vero Agnello, ha sacrificato se stesso per noi, anche noi, suoi discepoli – grazie a Lui e per mezzo di Lui – possiamo e dobbiamo essere « pasta nuova », « azzimi », liberati da ogni residuo del vecchio fermento del peccato: niente più malizia e perversità nel nostro cuore.

« Celebriamo dunque la festa… con azzimi di sincerità e di verità ». Quest’esortazione di san Paolo, che chiude la breve lettura che poco fa è stata proclamata, risuona ancor più forte nel contesto dell’Anno Paolino. Cari fratelli e sorelle, accogliamo l’invito dell’Apostolo; apriamo l’animo a Cristo morto e risuscitato perchè ci rinnovi, perché elimini dal nostro cuore il veleno del peccato e della morte e vi infonda la linfa vitale dello Spirito Santo: la vita divina ed eterna. Nella sequenza pasquale, quasi rispondendo alle parole dell’Apostolo, abbiamo cantato: « Scimus Christum surrexisse a mortuis vere  » – sappiamo che Cristo è veramente risorto dai morti ». Sì! È proprio questo il nucleo fondamentale della nostra professione di fede; è questo il grido di vittoria che tutti oggi ci unisce. E se Gesù è risorto, e dunque è vivo, chi mai potrà separarci da lui? Chi mai potrà privarci del suo amore che ha vinto l’odio e ha sconfitto la morte?

L’annuncio della Pasqua si espanda nel mondo con il gioioso canto dell’Alleluia. Cantiamolo con le labbra, cantiamolo soprattutto con il cuore e con la vita, con uno stile di vita « azzimo », cioè semplice, umile, e fecondo di azioni buone. « Surrexit Christus spes mea: / precedet suos in Galileam – Cristo mia speranza è risorto e vi precede in Galilea ». Il Risorto ci precede e ci accompagna per le strade del mondo. È Lui la nostra speranza, è Lui la pace vera del mondo. Amen!

di Luigi Padovese: Pasqua fra i musulmani, nella terra di san Paolo

dal sito:

http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=14940&size=A

TURCHIA

Pasqua fra i musulmani, nella terra di san Paolo

di Luigi Padovese*

Il vicario apostolico dell’Anatolia racconta il significato della Pasqua nell’anno dedicato a san Paolo. La comunità cristiana in Turchia si trova come agli inizi della sua evangelizzazione. I pellegrini stranieri, la fraternità fra cattolici e ortodossi, lo stupore per il fascino di Gesù fra i musulmani. Una domanda al governo turco per una chiesa a Tarso.


Antakya (AsiaNews) – La Pasqua di quest’anno in Turchia è tutta speciale perché si celebra l’Anno Paolino e san Paolo è colui che ha portato l’annuncio di Gesù morto e risorto nella nostra terra.

In un ambiente saturo di religiosità, com’era il mondo antico, l’apostolo di Tarso ha concentrato l’annuncio nella fede in Dio, mediata dalla realtà concreta della morte e resurrezione di Gesù.

Nessuna religione ha tratti più coinvolgenti di questa fede che crede nella nascita di Dio come povero e morto da crocifisso. Questo annuncio che ci richiama alla concretezza della fede cristiana è un messaggio nei confronti dei poveri e dei sofferenti, come delle vittime dell’ingiustizia. Esso è divenuto il leit-motiv della catechesi verso i nostri cristiani, fin dalla mia prima lettera pastorale.

Come ai tempi dell’apostolo viviamo nella sua terra in una società non cristiana. Siamo un gruppo minoritario che corre il rischio di smarrire la propria identità attraverso un concetto generico di fede in Dio. Per questa ragione gli eventi della Pasqua che celebriamo sono importanti: ci rimandano a contemplare l’evento fondativo della nostra fede.

Una richiesta al governo per la chiesa di Tarso

Un fatto che ci conforta è vedere che proprio in questi giorni vi è un flusso continuo di pellegrini, anche stranieri, ad Antiochia e nei luoghi di san Paolo. Questa regione era al di fuori dei tour dei pellegrinaggi; invece quest’anno è stata battuta da migliaia di pellegrini. Non sono turisti, ma fedeli alla ricerca del contatto con i luoghi in cui l’apostolo ha vissuto. Paolo è nato a Tarso, ma ha fatto parte della comunità cristiana di Antiochia e ad Antiochia è sempre ritornato per il suo ministero. In Turchia egli ha percorso almeno16 mila km!

La Pasqua perciò qui da noi deve avere per forza una marcatura paolina. A questo proposito, noi speriamo in un grande dono pasquale: il ritorno della chiesa di Tarso ai cristiani. La conferenza episcopale turca e quella tedesca, le autorità del governo tedesco e la segreteria di stato vaticana hanno richiesto di avere a Tarso una chiesa dove i pellegrini di qualsiasi confessione cristiana possano radunarsi a pregare. A Tarso vi è una chiesa cristiana antica, che però è stata trasformata in museo. Per quest’anno le autorità turche ne hanno permesso l’uso, senza pagare il biglietto del museo. Ma si tratta di una misura che sta per scadere. Invece noi desideriamo che a Tarso vi sia un punto dove i cristiani possano sempre fare memoria dell’apostolo, non in un museo, ma in una chiesa. E aspettiamo una risposta da parte delle autorità. Mi auguro che questa risposta positiva ci venga data almeno entro la fine dell’Anno paolino (il 29 giugno 2009). Il dono della chiesa sarà anche una sorta di cartina di tornasole per misurare quanto le autorità turche vogliono fare per garantire la libertà religiosa. Abbiamo bisogno di fatti concreti per credere che qualcosa sta davvero cambiando in questo Paese.

Nessuna gelosia fra cattolici e ortodossi

Qui in Turchia le celebrazioni della Pasqua hanno anche un carattere ecumenico. Noi latini siamo una piccola comunità. Quest’anno la data della nostra Pasqua anticipa di una settimana quella ortodossa. È bello vedere come fra le diverse comunità cristiane non c’è opposizione, ma condivisione: ci sono ortodossi che vengono alle nostre funzioni e cattolici che vanno alle funzioni degli ortodossi. Da parte degli ortodossi, soprattutto i giovani, c’è desiderio di gustare la nostra liturgia, anche perché quella latina è in lingua turca, mentre quella ortodossa è in lingua araba e questo crea problemi di comprensione. Fra le due comunità non c’è assolutamente alcuna gelosia. C’è invece un sostenersi reciproco. Molti bambini ortodossi vanno nelle nostre parrocchie per la catechesi, tenuta anche da insegnanti ortodossi. Non c’è volontà di proselitismo, ma desiderio di aiutarci reciprocamente  a seconda dei messi e delle possibilità di cui ciascuno dispone. Tutto è legato alla situazione comune di essere una minoranza religiosa e questo ci permette di superare tante prevenzioni e chiusure.

Il nostro essere minoranza rende la nostra situazione molto simile a quella degli inizi del cristianesimo, quella in cui si è trovato  Paolo nel suo annuncio. L’apostolo, nato in un ambiente di pluralismo religioso, ci insegna ad avere un atteggiamento di rispetto nei confronti degli “altri” e questo comportamento positivo sentiamo di doverlo applicare al mondo islamico. Nonostante tutto, il nostro atteggiamento è molto positivo anche nei riguardi dell’islam. Qui io trovo tanta gente di buona volontà, coscienziosa. E san Paolo mi ha davvero insegnato questa novità della coscienza come il luogo della profondità della persona di fronte a Dio.

I martiri e le conversioni

Devo però aggiungere che per alcuni miei cristiani la Via Crucis è un fatto di oggi, non una cosa del passato. All’interno del vicariato di Anatolia ci sono davvero situazioni difficili. L’esperienza del martirio di don Andrea Santoro e altri fatti hanno lasciato il loro strascico. Ci sono ancora cristiani vicini alla sofferenza di Gesù.

Ma vi sono anche musulmani che si avvicinano al cristianesimo proprio attraverso le sofferenze di Gesù. Un piccolo numero sono divenuti cristiani. La loro è stata una scelta sofferta e meditata per le conseguenze, i rischi, le fatiche che porta nella loro vita. Eppure divengono cristiani proprio partendo dal fascino di Gesù che ha sofferto [nel Corano Gesù sfugge alla morte e fa morire un sostituto – ndr]. Del resto, anche in passato l’umanità di Gesù è stata esaltata da alcune personalità musulmane come il poeta Mevlana e altri mistici sufi.

*vicario apostolico dell’Anatolia

 

San Massimo di Torino : « Giorno di giubilo e di gioia »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20090412

PASQUA DI RISURREZIONE DEL SIGNORE : Jn 20,1-9
Meditazione del giorno
San Massimo di Torino ( ? – circa 420), vescovo
Disorsi 53, sul salmo 117 ; PL 57, 361

« Giorno di giubilo e di gioia »

«Questo è il giorno fatto dal Signore, rallegriamoci in esso» (Sal 117,24). Non per caso, fratelli, leggiamo oggi questo salmo in cui il profeta ci invita alla gioia e all’esultanza, in cui il santo Davide invita tutta la creazione a celebrare questo giorno: Oggi infatti, la risurrezione di Cristo apre l’inferno. I neofiti della Chiesa rinnovano la terra. Lo Spirito Santo dischiude i cieli. L’inferno, ormai spalancato, restituisce i morti. La terra rinnovata rifiorisce dei suoi risorti. Il cielo dischiuso accoglie quanti vi salgono.

Anche il ladrone entra in paradiso (Lc 23,43), mentre i corpi dei santi fanno il loro ingresso nella santa città (Mt 27,53)… Tutti gli elementi, in virtù della risurrezione di Cristo, si elevano a maggiore dignità. L’inferno restituisce al paradiso quanti teneva prigionieri. La terra invia al cielo quanti nascondeva nelle sue viscere. Il cielo presenta al Signore tutti quelli che ospita… La risurrezione di Cristo infatti è vita per i defunti, perdono per i peccatori, gloria per i santi. Davide invita, perciò, ogni creatura a rallegrarsi per la risurrezione di Cristo, esortando tutti a gioire grandemente nel giorno del Signore.

Ma direte…, il cielo e l’inferno non sono stati stabiliti nel giorno di questo mondo; possiamo forse chiedere a questi elementi di celebrare un giorno al quale sfuggono totalmente? Ma questo giorno fatto dal Signore penetra tutto, contiene tutto, abbraccia insieme cielo, terra e inferno! La luce che è Cristo non è fermata da alcun muro, né ostacolata dagli elementi, né sopraffatta dalle tenebre. La luce di Cristo è veramente giorno senza notte, giorno che non conosce tramonto. Ovunque risplende, ovunque irradia, ovunque dimora.

VEGLIA PASQUALE – NELLA NOTTE SANTA – link alle letture

VEGLIA PASQUALE - NELLA NOTTE SANTA  - link alle letture dans LETTURE DI SAN PAOLO NELLA LITURGIA DEL GIORNO ♥♥♥

http://santiebeati.it/

VEGLIA PASQUALE – NELLA NOTTE SANTA 

http://www.maranatha.it/Festiv2/triduo/VegliaPage.htm

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