Archive pour avril, 2009

San Gregorio Magno: « I loro occhi erano incapaci di riconoscerlo »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20090415

Mercoledì fra l’Ottava di Pasqua : Lc 24,13-35
Meditazione del giorno
San Gregorio Magno (circa 540-604), papa, dottore della Chiesa
Discorsi sul vangelo, 23

« I loro occhi erano incapaci di riconoscerlo »

Due discepoli di Gesù erano in cammino e pur non credendo in lui, parlavano di lui. Il Signore apparve, senza tuttavia mostrarsi a loro sotto un’apparenza che essi potessero riconoscere. Il Signore quindi realizzò esternamente, agli occhi del corpo, ciò che in loro si adempiva all’interno, agli occhi del cuore. All’interno, i discepoli amavano e dubitavano contemporaneamente; all’esterno, il Signore era loro presente, senza tuttavia manifestare chi egli fosse. A coloro che parlavano di lui, offriva la sua presenza; ma a coloro che dubitavano, nascondava il suo aspetto familiare, che avrebbe permesso loro di riconoscerlo. Ha scambiato delle parole con loro, ha rimproverato loro la lentezza a capire, ha spiegato loro i misteri della santa Scrittura che lo riguardavano. Eppure, nel loro cuore egli rimaneva uno straniero, per mancanza di fede; fece dunque come se dovesse andare più lontano… La Verità che è semplice, non fece nulla con doppiezza; si è semplicemente manifestata ai discepoli nel suo corpo così come era nel loro spirito.

Mettendoli così alla prova, il Signore voleva vedere se coloro che non lo amavano in quanto Dio, erano almeno capaci di amarlo in quanto viaggiatore? La Verità camminava con loro; non potevano dunque rimanere estranei all’amore: gli proposero l’ospitalità, come si fa per un viaggiatore. Perché, d’altronde, diciamo che gli proposero, mentre sta scritto: «Loro insistettero»? Questo esempio ci mostra bene che non dobbiamo soltanto offrire l’ospitalità ai viaggiatori, bensì farlo con insistenza.

I discepoli apparecchiano dunque la tavola, offrono da mangiare; e Dio, che loro non avevano riconosciuto nello spiegare la Santa Scrittura,  lo riconoscono nello spezzare il pane. Non è dunque ascoltando i comandamenti di Dio che sono stati illuminati, bensì mettendoli in pratica.

UNA BELLA RACCOLTA DI TESTI PAOLINI SUL TEMA DELLA FAMIGLIA

HO TROVATO QUESTA BELLA RACCOLTA SUL TEMA DELLA FAMIGLIA, SONO SOPRATTUTTO STRALCI DA LETTERE DI SAN PAOLO, MA ANCHE DA SAN GIOVANNI; 

http://www.sanpiergiuliano.org/sito/12areadowload/03fidanzati/02nuovotestamento.pdf 

01b Romani (8,31-35.37-39) 

Dopo le prove d’amore date da Dio in Gesù Cristo, come temere di essere sottratti a questo amore? Così gli sposi, uniti nell’amore divino per il vincolo sacramentale, affrontano la loro nuova vita con fiducia. 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (8,31-35.37-39) 

Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica. Chi condannerà? Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi? Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore. 

02b Romani (12, 1-2.9-18) 

Il culto che Dio gradisce è l’esistenza stessa vissuta nella conversione alla sua parola e nell’adempimento della sua volontà; i consigli di vita data alla comunità cristiana sono validi anche per la famiglia. 

Dalla lettera di San Paolo Apostolo ai Romani (12, 1-2.9-18) 


Vi esorto, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. La carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nello zelo; siate invece ferventi nello spirito, servite il Signore. Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell’ospitalità. Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili. Non fatevi un’idea troppo alta di voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. 

03b Corinzi (6,13-15.17-20) 

I Cristiani, e in questo caso gli sposi, sono esortati a glorificare Dio nel loro corpo perché essi sono membri di Cristo. 

Dalla prima lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi (6,13-15.17-20) 


Fratelli, il corpo non è per l’impudicizia, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. Dio poi, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza. Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Ma chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. Fuggite la fornicazione! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all’impudicizia, pecca contro il proprio corpo. O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo! 

04b Corinzi (12,31-13,8) 

Questa esortazione a cercare la via migliore, l’amore, è l’augurio più desiderato. 

Dalla prima lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi (12,31-13,8) 

Fratelli, aspirate ai carismi più grandi! E io vi mostrerò una via migliore di tutte. Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.  E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine.

05b san Pietro (2,11;3,1-9) 

Consigli alle mogli e ai mariti perché vivano nell’amore che il Signore Gesù dona loro, con la ricerca di ciò che è essenziale, con l’attenzione reciproca, con amore delicato e tenero, in preghiera comune.

Dalla prima lettera di san Pietro Apostolo (2,11;3,1-9) 

Carissimi, io vi esorto nel nome del Signore: voi, mogli, state sottomesse ai vostri mariti perché, anche se alcuni si rifiutano di credere alla parola, vengano dalla condotta delle mogli, senza bisogno di parole, conquistati considerando la vostra condotta casta e rispettosa. Il vostro ornamento non sia quello esteriore capelli intrecciati, collane d’oro, sfoggio di vestiti -; cercate piuttosto di adornare l’interno del vostro cuore con un’anima incorruttibile piena di mitezza e di pace: ecco ciò che è prezioso davanti a Dio. Così una volta si ornavano le sante donne che speravano in Dio; esse stavano sottomesse ai loro mariti, come Sara che obbediva ad Abramo, chiamandolo signore. Di essa siete diventate figlie, se operate il bene e non vi lasciate sgomentare da alcuna minaccia. E ugualmente voi, mariti, trattate con riguardo le vostre mogli, perché il loro corpo è più debole, e rendete loro onore perché partecipano con voi della grazia della vita: così non saranno impedite le vostre preghiere. E finalmente siate tutti concordi, partecipi delle gioie e dei dolori degli altri, animati da affetto fraterno, misericordiosi, umili; non rendete male per male, né ingiuria per ingiuria, ma, al contrario, rispondete benedicendo; poiché a questo siete stati chiamati per avere in eredità la benedizione.   

06b san Giovanni (3,18-24) 

La vita cristiana è dimorare nell’amore di Dio, con fiduciosa sicurezza e con fedeltà ai suoi comandamenti: gli sposi cristiani sperimentano questa prsenza rassicurante el Signore nel loro reciproco amore.

Dalla prima lettera di San Giovanni Apostolo (3,18-24)

Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità. Da questo conosceremo che siamo nati dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio; e qualunque cosa chiediamo la riceviamo da lui perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quel che è gradito a lui. Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio ed egli in lui. E da questo conosciamo che dimora in noi: dallo Spirito che ci ha dato.

07b san Giovanni (4, 7-12).

Dio nel suo amore per noi ha preso l’iniziativa, dandoci il suo Figlio per il perdono dei peccati; gli sposi cristiani si amano di questo amore che previene e perdona.

Dalla prima lettera di San Giovanni Apostolo (4, 7-12).

Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore, in questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati. Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi.
 
08b Efesini (5,2.21-33)

Stabilito il principio generale che regola i rapporti fra i cristiani – “siate sottomessi gli uni agli altri a causa del rispetto che dovete avere per Cristo” – l’apostolo Paolo lo applica agli sposi; egli usa un linguaggio consueto al suo tempo (“il marito è capo della moglie”) ma di fatto rinnova i rapporti fra i coniugi: guardando a ciò che Cristo ha fatto per la sua Chiesa e alla devota fedeltà di questa al suo Signore, gli sposi cristiani hanno il modello delle loro reciproche relazioni.

Dalla lettera di san Paolo Apostolo agli Efesini (5,2.21-33)

Fratelli camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi. Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo. Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è il capo della moglie, come anche il Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavàcro dell’acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia, né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. «Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola». Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito.

09b Colossesi (3,12-17) 

Le esortazioni ai cristiani per la loro vita di comunità – accordo, pazienza, sopportazione, amore, ascolto della parola di Cristo, preghiera gioiosa e riconoscente – diventano auguri e impegni per gli sposi. 

Dalla lettera di san Paolo Apostolo ai Colossesi (3,12-17) 

Fratelli, rivestitevi, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo della perfezione. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E siate riconoscenti!La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali. E tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre.

San Cirillo di Gerusalemme: « Nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo… Là deposero Gesù » (Gv 19,41-42)

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20090414

Martedì fra l’Ottava di Pasqua : Jn 20,11-18
Meditazione del giorno
San Cirillo di Gerusalemme (313-350), vescovo di Gerusalemme, dottore della Chiesa
Catechesi n° 14

« Nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo… Là deposero Gesù  » (Gv 19,41-42)

In quale stagione sia risorto il Salvatore, lo dice il Cantico dei Cantici: « L’inverno è passato, è cessata la pioggia, se n’è andata; i fiori sono apparsi nei campi… » (2,11-12). Anche adesso la terra è piena di fiori…; lo vedi, l’inverno è passato ed è primavera; siamo quindi nel primo mese del calendario ebraico, in cui cade la festa della Pasqua un tempo celebrata in figura e oggi nella realtà…

Fu seppellito in un giardino… Del giardino cosa aveva detto colui che vi fu sepolto? Sta scritto: «Lì ho raccolto la mia mirra e i miei aromi», «mirra, aloe e ogni profumo di prima qualità» (Ct 5,1 ; 4,14). Sono gli aromi simboli della sua sepoltura, di cui leggiamo nei Vangeli: «Vennero al sepolcro le donne e vi portarono gli aromi che avevano preparato (Lc 24,1)…

Ma lo Sposo, medico delle anime, prima di entrare a porte chiuse, si fece cercare da quelle sante donne di virtù specchiata e di animo virile che vennero al sepolcro in cerca di lui già risorto… Maria, dice il Vangelo, venne a cercarlo ma non lo trovò, ne ascoltò poi l’annunzio dagli angeli, e infine vide il Cristo. Anche questo era stato predetto? Leggiamo nel Cantico dei Cantici: «Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato l’amato del mio cuore» (Ct 3,1)…, e nel Vangelo: «Maria venne quando era ancora buio» (Gv 20,1). «L’ho cercato, ma non l’ho trovato», e il Vangelo continua sullo stesso tono; Maria dice: «Hanno levato il mio Signore, e non so dove l’hanno deposto», e gli angeli sopraggiunti a guarire la sua ignoranza le dicono: «Perché cercate tra i morti colui che vive?» (Lc 24,5)… Maria ignorava che egli era risorto. Di questa ignoranza aveva profetato il Cantico dei Cantici, facendo rivolgere dalla sposa la domanda che Maria fece agli angeli: «Avete visto l’amato del mio cuore?», e facendole dire: «Da poco avevo oltrepassate le guardie – gli angeli –, quando trovai l’amato del mio cuore; lo strinsi fortemente a me e non lo lascerò» (3, 3-4).
 

“Victimae paschali laudes immolent christiani » (italiano-latino) Papa Giovanni Paolo II, Domenica di Pasqua 19 aprile 1987

dal sito:

http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/messages/urbi/documents/hf_jp-ii_mes_19870419_easter-urbi_it.html

MESSAGGIO URBI ET ORBI
DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

Domenica di Pasqua, 19 aprile 1987   

1. “Victimae paschali laudes immolent christiani”.

Alla vittima pasquale la lode e la gloria!
Cristiani, uniamoci in questo inno!
Cristiani di Roma e del mondo!
Uniamoci nell’adorazione della Vittima pasquale,
nell’adorazione dell’Agnello immolato,
nell’adorazione del Signore risorto!

2. “Agnus redemit oves”:
“L’agnello ha redento il suo gregge,
l’innocente ha riconciliato noi peccatori col Padre”.
Ecco Cristo! Ecco il nostro Redentore! Il Redentore del mondo!
Ha donato la sua vita per le pecore.
Uniamoci nell’adorazione di questa morte
che ci porta la vita,
perché l’amore è più potente della morte:
ecco, la morte accettata per amore vince la morte!
Ecco, la morte accettata per amore
rivela Dio, che è l’amante della vita,
il quale vuole che noi abbiamo la vita e l’abbiamo in abbondanza (cf. Gv 10, 10)
- che abbiamo la vita stessa che è in lui.
Alla Vittima pasquale la massima gloria e la lode più alta!
Nella sua morte è la riconciliazione col Padre.
Questa è la riconciliazione dei peccatori con Dio
la riconciliazione dell’uomo, il quale a causa del peccato muore a Dio
e non ha più in sé la vita che è in Dio e solo in Dio.
Soltanto in Dio.
La morte di Cristo è un nuovo inizio.
L’inizio della vita che non ha fine.
Non ha fine, perché è da Dio e in Dio.
Mentre la creatura muore, Dio vive!
Quando muore Cristo, tutto il creato rinasce.
Sii benedetta, morte vivificante!
Benedetto il giorno che ci è stato dato dal Signore.

3. Sii benedetto Cristo, Figlio del Dio vivente!
Sii benedetto Figlio dell’uomo, Figlio di Maria,
benedetto, perché sei entrato nella storia dell’uomo e del mondo,
fino ai confini della morte:
“Mors et vita duello conflixere mirando”:
“Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto, ma ora, vivo, trionfa”.
Sì. La storia dell’uomo e del mondo è segnata dal mistero della morte,
segnata col marchio del morire – da un capo all’altro.
Hai preso questo marchio su di te, Figlio eternamente generato,
Figlio consustanziale al Padre: vita da vita,
e l’hai portato attraverso i confini della morte, che grava sulla creazione,
attraverso i confini della nostra morte umana,
per rivelare in essa lo Spirito che dà la vita.

4. Noi tutti che veniamo nel mondo portando la morte con noi,
noi che nasciamo dalle nostre madri terrene
segnati dalla ineluttabilità del morire,
viviamo della potenza dello Spirito.
E nella potenza di questo Spirito, che ci è dato dal Padre,
per opera della tua morte, o Cristo,
attraversiamo i confini della morte che è in noi
e ci innalziamo dal peccato alla vita
rivelata nella tua risurrezione!
Tu sei il Signore della vita, tu, consustanziale al Padre,
che è la stessa vita, insieme con te,
nello Spirito Santo che è l’amore stesso
- e proprio l’amore è vita!
Nella tua morte, o Cristo, la morte è apparsa inerme
di fronte all’amore. E la vita ha vinto.
“Mors et vita duello conflixere mirando.
Dux vitae mortuus, regnat vivus”.

5. Tu, che sei il Risorto e “regni vivo” per sempre,
resta accanto all’uomo,
all’uomo di oggi
che la morte col suo fascino tenebroso
in mille modi tenta ed insidia.
Concedi che egli riscopra la vita come dono
che in ogni sua manifestazione rivela l’amore del Padre:
quando si riversa nei rinati dal fonte battesimale,
o zampilla in ogni fibra del corpo
che si muove, respira, gioisce;
quando si dispiega nella multiforme varietà degli animali,
o riveste la terra di alberi, di erbe, di fiori.
Ogni forma di vita ha nel Padre tuo l’inesauribile sorgente.
Da lui fluisce senza sosta
e a lui infallibilmente ritorna:
a lui, munifico datore di ogni dono perfetto (cf. Gc 1, 17).

6. In Dio ha origine in modo singolare
la vita dell’essere umano,
che egli stesso modella a sua immagine quando sboccia
nel seno materno.
Non s’estingua nell’uomo contemporaneo
la meraviglia riverente per il mistero d’amore
che ne avvolge l’ingresso nel mondo!
Ti preghiamo, Signore dei vivi!
Fa’ che l’uomo dell’era tecnologica
non riduca se stesso ad oggetto,
ma rispetti, già nel primo suo inizio,
l’irrinunciabile dignità che gli è propria.
Fa’ che viva, in sintonia col piano divino,
l’unica logica che gli si addice,
quella del dono da persona a persona
in un contesto di amore
espresso attraverso la carne nel gesto
che fin dalle origini
Dio volle a suggello del dono.

7. Fa’, o Signore, che l’uomo sempre rispetti
la trascendente dignità di ogni suo simile,
povero o affamato che sia,
prigioniero, malato, moribondo,
ferito nel corpo o nel cuore,
in preda al dubbio o tentato dalla disperazione.
Sempre egli resta Figlio di Dio,
perché il dono di Dio non conosce pentimenti.
A tutti è offerto il perdono e la risurrezione.
Ciascuno merita rispetto e sostegno.
Merita amore.

8. “Dic nobis Maria, quid vidisti in via”:
“Raccontaci, Maria: che hai visto sulla via?”
visitando, all’alba del terzo giorno, la tomba,
il luogo dove era stato sepolto.
Raccontaci, Maria di Magdala, tu che hai tanto amato.
Ecco, hai trovato la tomba vuota:
“Sepulcrum Christi viventis,
et gloriam vidi Resurgentis”.
Il Signore vive! Ho visto il Risorto.
“Angelicos testes, sudarium et vestes”.
Chi ha potuto renderne testimonianza? quale lingua umana?
Soltanto gli angeli potevano spiegare
che cosa significasse quella tomba vuota
e il sudario abbandonato.
Il Signore vive! Ho visto la gloria di lui,
pieno di grazia e di verità (cf. Gv 1, 14).
Ho visto la gloria
“Surrexit Christus spes mea”:
“Cristo, mia speranza, è risorto,
e vi precede in Galilea”.

9. Sì. Prima lì, nella terra che l’ha dato
come Figlio dell’uomo.
Nella terra
della sua infanzia e della giovinezza.
Nella terra della vita nascosta.
Prima lì, in Galilea per incontrare gli apostoli.
E poi . . .
E poi, mediante la testimonianza degli apostoli,
in tanti luoghi, a tante nazioni, popoli e razze!
Oggi la voce di questo messaggio pasquale
risonato in Gerusalemme,
presso la tomba vuota,
desidera raggiungere tutti:
“Scimus Christum surrexisse a mortuis vere”,
sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto.
“Tu, Re vittorioso, portaci la tua salvezza”.
Amen, alleluia!

MARTEDÌ 14 APRILE 2009 – OTTAVA DI PASQUA

MARTEDÌ 14 APRILE 2009 – OTTAVA DI PASQUA

MESSA DEL GIORNO – LINK:

http://www.maranatha.it/Feriale/pasqua/01MARpage.htm

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla prima lettera di san Pietro, apostolo 1, 22 – 2, 10

non c’è riferimento a San Paolo (ovvio!) ma è l’Ottava di Pasqua

La vita dei figli di Dio
Carissimi, dopo aver santificato le vostre anime con l’obbedienza alla verità, per amarvi sinceramente come fratelli, amatevi intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri, essendo stati rigenerati non da un seme corruttibile, ma immortale, cioè dalla parola di Dio viva ed eterna. Poiché
tutti i mortali sono come l’erba
e ogni loro splendore è come fiore d’erba.
L’erba inaridisce, i fiori cadono,
ma la parola del Signore rimane in eterno. (Is 40, 6-8).
E questa è la parola del vangelo che vi è stato annunziato.
Deposta dunque ogni malizia e ogni frode e ipocrisia, le gelosie e ogni maldicenza, come bambini appena nati bramate il puro latte spirituale, per crescere con esso verso la salvezza: se davvero avete già gustato come è buono il Signore. Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo. Si legge infatti nella Scrittura:
Ecco io pongo in Sion
una pietra angolare, scelta, preziosa
e chi crede in essa non resterà confuso (Is 28, 16).
Onore dunque a voi che credete; ma per gli increduli
la pietra che i costruttori hanno scartato
è divenuta la pietra angolare,
sasso d’inciampo e pietra di scandalo (Sal 117, 22).
Loro v’inciampano perché non credono alla parola; a questo sono stati destinati. Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose (Es 19, 6; Is 43, 20. 21) di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce; voi, che un tempo eravate non-popolo, ora invece siete il popolo di Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia (Os 1, 6. 9).

Responsorio    Cfr. 1 Pt 2, 5. 9
R. Come pietre vive voi formate un edificio spirituale, un sacerdozio santo, * per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo, alleluia.
V. Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato,
R. per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo, alleluia.

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di sant’Anastasio, vescovo di Antiochia
(Disc. 4, 12; PG 89, 1347-1349)

Cristo doveva patire e così entrare nella sua gloria
Cristo, dopo aver mostrato con l’insegnamento e con le sue opere di essere il vero Dio e il Signore dell’universo, mentre stava per recarsi a Gerusalemme diceva ai suoi discepoli: Ecco stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo verrà dato in mano ai pagani, ai sommi sacerdoti e agli scribi per essere flagellato, vilipeso e crocifisso (cfr. Mt 20, 18-19). Diceva che queste cose erano conformi alle predizioni dei profeti, i quali avevano preannunziato la sua morte, che doveva avvenire in Gerusalemme. Avendo pertanto la Sacra Scrittura predetto fin dal principio la morte di Cristo e la sua passione prima della morte, predice ancora ciò che accadde al suo corpo dopo la morte. Afferma però anche che, come Dio, era impassibile e immortale.
Osservando la verità dell’incarnazione, ne deduciamo i motivi per proclamare rettamente e giustamente l’una e l’altra cosa, cioè la passione e l’impassibilità. Il motivo per cui il Verbo di Dio, impassibile in se stesso, sostenne la passione era che l’uomo non poteva essere salvato in altro modo. Egli lo sapeva bene e con lui anche coloro ai quali volle manifestarlo. Il Verbo, infatti, conosce tutto del Padre, come lo «Spirito ne scruta le profondità» (1 Cor 2, 10) cioè i misteri impenetrabili.
Era davvero necessario che Cristo soffrisse, e non poteva non farlo, come egli stesso affermò. Per questo chiamò stolti e tardi di mente quanti ignoravano che Cristo doveva in tal modo soffrire ed entrare nella sua gloria. Egli venne per la salvezza del suo popolo. Per lui si privò, in un certo senso, di quella gloria che possedeva presso il Padre prima che il mondo fosse. La salvezza era l’evento che doveva maturare attraverso la passione dell’autore della vita. Lo insegna san Paolo: Egli è l’autore della vita, reso perfetto mediante le sofferenze (cfr. Eb 2, 10). La gloria di Unigenito, poi, che egli aveva abbandonato per noi, gli venne restituita per mezzo della croce, nella carne che aveva assunta. Dice infatti san Giovanni nel suo vangelo, quando spiega quale fosse l’acqua di cui parlò il Salvatore: «Scorrerà come fiume dal seno di chi crede. Questo disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c’era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato» (Gv 7, 38-39), e chiama gloria la morte in croce. Perciò il Signore, mentre innalzava preghiere prima di subire la croce, supplicava il Padre di essere glorificato con quella gloria che aveva presso di lui, prima che il mondo esistesse.

Responsorio    Cfr. Eb 2, 10; Ap 1, 6, Lc 24, 26
R. Era ben giusto che Dio, volendo portare molti figli alla gloria, rendesse perfetto mediante la sofferenza il capo che li ha guidati alla salvezza. * A lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli, alleluia.
V. Bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria.
R. A lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli, alleluia.

CRISTO È RISORTO PER LIBERARCI DALLA MORTE (1Cor; 2Cor; Col; Gal)

dal sito:

http://www.atma-o-jibon.org/italiano6/letture_patristiche_f.htm#«

CRISTO È RISORTO PER LIBERARCI DALLA MORTE

      Sant’Ambrogio *

Ambrogio nacque a Treviri verso il 330 e morì nel 397. Dopo aver studiato a Roma, fu promosso governatore della Liguria, con residenza a Milano. Era ancora catecumeno, quando il popolo all’unanimità – lo elesse vescovo di questa città. Da questo momento si fece tutto a tutti, secondo la testimonianza di Sant’Agostino. La sua predicazione, ispirata ai Padri greci e in particolare ad Origene, è caratterizzata da un orientamento pratico e pastorale. In ogni circostanza, si sforza di mettere la Parola di Dio alla portata dei suoi fedeli.
——————–

Perché Cristo sarebbe morto, se non avesse avuto un motivo per risorgere? Dio infatti non poteva morire, la sapienza non poteva morire. E poiché ciò che non era morto non poteva risuscitare, egli ha assunto una carne, capace secondo la sua natura – di subire la morte. E allora veramente quello che era morto poté risorgere. La risurrezione dunque non poteva avvenire se non attraverso un uomo, perché se per un uomo venne la morte, per un uomo c’è anche la risurrezione dei morti (I Cor. 15,21).
L’uomo è risuscitato perché è l’uomo che è morto. E’ risuscitato, ma chi lo fa risorgere è Dio. Prima era uomo secondo la carne, ora è Dio in tutto: adesso infatti non conosciamo più Cristo secondo la carne (cfr. 2 Cor. 5,16), ma siamo in possesso della grazia della sua incarnazione, e lo riconosciamo come primizia di quelli che si sono addormentati (I Cor. 15,20) e come primogenito dei morti (Col. 1,18). Le primizie sono esattamente della stessa specie e della stessa natura dei frutti che verranno: sono i primi doni presentati a Dio in vista di un raccolto più abbondante, sono un’offerta sacra che contiene in sé tutto il resto, sono una sorta di sacrificio della natura rinnovata. Cristo è dunque la primizia di quelli che si sono addormentati. Ma lo è soltanto di quelli che si sono addormentati in lui, di quelli cioè che, quasi esenti dalla morte, sono immersi in un sonno tranquillo, o anche di tutti i morti? La Scrittura ci risponde: Come tutti muoiono in Adamo, così tutti vivranno di nuovo in Cristo (I Cor. 15,22). Mentre in Adamo sono le primizie della morte, le primizie della risurrezione sono in Cristo…
Se noi non risorgiamo, Cristo è morto invano (Gal. 2, 21), e Cristo non è risuscitato (I Cor. 15,13). E se non è risuscitato per noi, non è risorto affatto, dal momento che non aveva nessun motivo di risorgere per se stesso. In lui è risuscitato il mondo, in lui è risuscitato il cielo, in lui la terra è risuscitata: ci sarà infatti un cielo nuovo e una nuova terra (Ap. 21,1). Ma per lui, per lui che non poteva essere trattenuto dai legami della morte, che bisogno c’era della risurrezione? E infatti, benché morto in quanto uomo, egli si è dimostrato libero perfino nell’inferno. Volete comprendere quanto fosse libero? Sono diventato come un uomo senza più soccorso, libero tra i morti (Sal. 87,5-6 Vulg.). Tanto libero da poter risuscitare se stesso, come dice la Scrittura: Distruggete questo tempio, e in tre giorni lo ricostruirò (Gv. 2,19). Tanto libero, che è disceso tra i morti per redimere gli altri.
E’ divenuto uomo, non però in apparenza, ma secondo una forma reale: Egli è uomo, e chi lo conoscerà? (Ger. 17, 9; LXX). Infatti è divenuto simile agli uomini ed essendosi comportato come un uomo, si è umiliato ancora di più, facendosi obbediente fino alla morte (Fil. 2,7-8), perché, grazie alla sua obbedienza, noi potessimo contemplare la sua gloria, gloria come di unigenito del Padre, come dice san Giovanni (Gv. 1, 14). La Scrittura ci presenta dunque questa costante testimonianza: in Cristo coesistono veramente la gloria dell’unigenito ed una natura di uomo perfetto.

* De excessu Fratris, II, 90-91, 102-103: CSEL 73, pp. 298-299, 305-306.

IL BATTESIMO, FIGURA E PEGNO DELLA NOSTRA RISURREZIONE (Rm; 1Cor)

dal sito:

http://www.atma-o-jibon.org/italiano6/letture_patristiche_f.htm#«

IL BATTESIMO, FIGURA E PEGNO DELLA NOSTRA RISURREZIONE

Teodoro di Mopsuestia *

Teodoro di Mopsuestia (f 428) nacque ad Antiochia e vi fu ordinato sacerdote nel 384. Contemporaneo di san Giovanni Crisostomo, compì i suoi studi con lui, e più tardi ne prese le difese quando questi fu condannato all’esilio. Nel 393, divenne vescovo di Mopsuestia in Cilicia. E’ il più grande esegeta della scuola di Antiochia: ha commentato quasi tutta la Bibbia, dando prova di un notevole senso critico. Della sua immensa opera ci rimane ben poco: questa perdita deve essere attribuita alla condanna che Teodoro subì nel 553 da parte del quinto Concilio di Costantinopoli. Maestro di Nestorio, il vescovo di Mopsuestia fu infatti, dopo la sua morte, denunciato come eretico. E’ certo comunque che, la sua dottrina cristologica, se non può esprimersi nella terminologia precisa che solo in seguito venne elaborata, è però ortodossa quanto all’essenziale.
————-

Il fondamento della condizione in cui ci troviamo nella vita presente è Adamo; quello della nostra vita futura è Cristo, nostro Signore. Come infatti Adamo fu il primo uomo mortale – e in seguito tutti lo furono a causa di lui – così Cristo fu il primo a risorgere dopo la morte, comunicando il principio della risurrezione a quelli che sarebbero venuti dopo di lui. Noi entriamo in questa vita visibile con una nascita corporale, e per questo siamo tutti corruttibili. Ma per giungere alla vita futura, saremo trasformati mediante la potenza dello Spirito, e perciò risorgeremo incorruttibili. E siccome questo si realizzerà soltanto allora, Cristo nostro Signore ha voluto fin da adesso farci entrare nella vita eterna in maniera simbolica, donandoci col battesimo la possibilità di rinascere in lui. Questa nascita secondo lo spirito è la figura attuale della risurrezione, o rigenerazione, che si compirà in noi nel futuro, quando cioè passeremo nell’altra vita: per questo anche il battesimo si chiama rigenerazione.
L’apostolo lo spiega benissimo: Quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte. Siamo stati sepolti insieme con lui col battesimo nella morte, affinché come Cristo fu risuscitato dal morti dalla gloria del Padre, così anche noi conducessimo una vita nuova. Se infatti con una morte simile alla sua siamo divenuti un solo essere con lui, dovremo anche esserlo con una risurrezione simile alla sua (Rom. 6, 3-5).
San Paolo ci mostra così chiaramente che la nascita mediante il battesimo è figura della risurrezione dopo la morte. Questa infatti avverrà per la potenza dello Spirito, come dice la Scrittura: Si semina nella corruzione, si risorge nell’incorruttibilità; si semina nel disprezzo, si risorge nella gloria; si semina nella debolezza, si risorge nella potenza; si semina un corpo naturale, risorge un corpo spirituale (1 Cor. 15,42-44).
E questo significa: come quaggiù il nostro corpo, mentre l’anima è presente, gode della vita visibile, così allora riceverà la vita eterna incorruttibile per la potenza dello Spirito.
Allo stesso modo, nella nascita che ci è data col battesimo e che è figura della risurrezione, noi riceviamo la grazia in virtù del medesimo Spirito, una grazia però limitata e concessa come pegno. La riceveremo in pienezza solo quando risorgeremo realmente, quando l’incorruttibilità ci sarà comunicata di fatto. Perciò l’apostolo, quando parla della vi,ta futura, ,intende rassicurare i suoi ascoltatori con queste parole: Non soltanto la creazione, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, noi pure interiormente gemiamo nell’attesa della redenzione del nostro corpo (Rom. 8,23). Perché, se fin d’ora abbiamo ricevuto le primizie della grazia, possiamo sperare di ottenerla in pienezza quando ci sarà data la felicità della risurrezione.

* Commentarius in Evangelium Johannis Apostoli, II – CSCO 116 – pp. 55-56.

 (Rm;

1...56789...14

Une Paroisse virtuelle en F... |
VIENS ECOUTE ET VOIS |
A TOI DE VOIR ... |
Unblog.fr | Annuaire | Signaler un abus | De Heilige Koran ... makkel...
| L'IsLaM pOuR tOuS
| islam01