dal sito dell’ Ordine dei Predicatori, un’altra bella presentazione degli Atti degli Apostoli:
http://www.domenicani.it/lectio/archivio/lectio07/01-novembre06.htmDOMENICANI
ATTI DEGLI APOSTOLI – PRESENTAZIONE
Novembre 2006
Introduzione
(At. 1,1)
Introduzione
Degli Atti degli Apostoli si dice spesso che è il libro del NT che racconta i primi anni della storia della chiesa cristiana. Questo è vero soltanto in parte perché, ad una lettura più attenta, vi si trova molto di più. Per capire meglio di che cosa trattano veramente gli Atti, prendiamo in considerazione il titolo tradizionale, l’autore, la data, lo scopo per il quale sono stati scritti e la struttura del libro. Occorreva iniziarlo al mistero di Cristo. È lo scopo che Marco si propone scrivendo il suo vangelo: per questo tralascia dei fatti di grande interesse della vita o della predicazione di Gesù, che i catecumeni potevano conoscere nel seguito del percorso cristiano, anche attraverso gli altri vangeli che dispongono di un materiale molto più abbondante. Questa finalità, iniziare al mistero di Cristo, è espressa fin dal primo versetto del vangelo di Marco, con parole ricche di risonanze bibliche che meritano attenzione.
Il titolo
Dal II° secolo in poi, il libro è chiamato: Atti degli apostoli. Il titolo non è di Luca che, fin dall’inizio, richiama un suo libro precedente con il semplice nome di: “il primo racconto” (1,1). Il titolo antico greco, pràxeis = atti, imprese, gesta, conquiste, indicava un preciso genere letterario: l’esposizione in forma di racconto delle imprese eroiche di famosi personaggi storici. Erano libri scritti in greco e poi diffusi nel mondo romano e viceversa. Sappiamo che, già nel II° secolo, anche nelle comunità cristiane esistevano delle raccolte di episodi edificanti sulla vita di personaggi venerati, chiamate appunto: Atti di Andrea e Matteo, di Paolo, di Abdia, di Tommaso, ecc. Il titolo: Atti degli apostoli, non corrisponde al reale contenuto dell’opera, perché il libro non si interessa effettivamente delle azioni degli apostoli. Di Mattia ci viene detto che è stato scelto per sostituire Giuda, poi non si parla più di lui. Nel momento della sua designazione non c’è neanche una parola sul gruppo degli Undici. Di Giacomo, “fratello di Giovanni” leggiamo soltanto che Erode “lo fece uccidere di spada” (12,2). Pietro e Paolo sono descritti come i discepoli principali. Eppure alcuni dei progressi più significativi per la diffusione del vangelo sono attribuiti non ai Dodici ma ad altri che non appartengono al loro gruppo, come Stefano, Filippo, Barnaba o a persone rimaste anonime (11,20-21). Nel libro troviamo una molteplicità di personaggi, che con i loro interventi, le loro azioni e situazioni, animano, sviluppano e realizzano una storia, prolungata nel tempo e vivacissima. La loro presenza è molto differenziata. Alcuni sono soltanto “comparse”, altri, invece, sono attori di vera storia cristiana. Non sarebbe corretta, quindi, la ricerca di chi, basandosi sul titolo, volesse trovare nel libro una biografia degli apostoli. Alcuni studiosi propongono, come titolo più indicato per il libro di Luca, quello di: Atti dello Spirito Santo. Effettivamente, come nel terzo vangelo, anche negli Atti lo Spirito Santo è di primaria importanza in quanto forza dinamica che guida la Chiesa a proclamare il messaggio evangelico superando grandi barriere. Lo Spirito continua ad essere la forza che manifesta e realizza la salvezza di Dio per ogni generazione di credenti. Luca è molto attento ad attribuire le conquiste o imprese di Pietro, di Paolo e degli altri personaggi degli Atti al Signore risorto o allo Spirito Santo. L’attività dello Spirito, quindi, diventa uno dei motivi dominanti nel secondo libro di Luca, ma non l’unico… per cui, il titolo “Atti dello Spirito Santo” non sarebbe esaustivo del contenuto.
L’autore
Una tradizione molto antica della chiesa ha sempre attribuito sia il terzo vangelo che gli Atti degli apostoli a Luca, che in Filemone 23-24 figura come “collaboratore” di Paolo e che in Col 4,14 è detto “il medico, quello amato”. Anche la 2Tim 4,11 parla di lui come “dell’unico compagno” rimasto a Paolo. Le ricerche più recenti confermano questi dati e continuano e considerare Luca un cristiano di origine pagana, un semita e non un ebreo, originario di Antiochia di Siria, autore unico dei due libri neotestamentari. Questi elementi, uniti alla sua formazione letteraria, alla sua cultura greca e a quella teologica cristiana, hanno permesso a Luca di essere, con Paolo, uno degli scrittori del NT ai quali è meglio riuscita “la trasposizione” del messaggio cristiano nella mentalità e nel linguaggio greco, rendendolo comprensibile al lettore pagano. Luca è riuscito a mantenere l’autenticità del messaggio evangelico, a renderlo accessibile allo spirito greco, senza tradire l’ebraismo, senza manipolare il cristianesimo.
Data di composizione
Il libro degli Atti si chiude improvvisamente sulla notizia degli “arresti domiciliari” di Paolo a Roma, negli anni 61-63. Questo elemento ha portato alcuni commentatori a fissare la data di composizione del libro verso la metà degli anni 60 o prima della fine della “prigionia” di Paolo. Di fatto, il libro non riporta alcuna notizia sugli ultimi anni della sua vita, né della sua morte (anno 67) e neanche della persecuzione dei cristiani da parte di Nerone nell’anno 64. Gli Atti non possono essere stati scritti dopo la distruzione di Gerusalemme (anno 70) senza tenere conto di un avvenimento fondamentale nella storia e senza un riferimento alla rivolta dei Giudei della città santa contro l’occupazione romana. Altri esperti, invece, vedono un riferimento esplicito proprio a questi avvenimenti nel lamento su Gerusalemme: “Ecco, la vostra casa è stata abbandonata a voi!” (Lc 13,35). Questo abbandono è interpretato come la risposta di Dio al rifiuto di accogliere Gesù: è così che i primi cristiani hanno compreso la caduta della città santa e la rovina del Tempio. Anche l’annuncio delle distruzioni e delle persecuzioni riportato da Luca al cap 21 e, in particolare, al v. 20: “Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina”, viene interpretato come una descrizione dell’assedio e della presa della città. C’è ancora un elemento da considerare circa la datazione degli Atti. Nel suo libro, Luca non fa alcun accenno alle lettere di Paolo, sembra non le abbia mai lette. E’ possibile che un discepolo ignori gli scritti del maestro? E’ probabile, quindi, che Luca abbia composto gli Atti prima che le lettere paoline venissero conosciute e raccolte, verso la fine del primo secolo. Questi e altri motivi fanno pensare a una datazione più tardiva degli Atti, successiva al vangelo di Marco e alla distruzione di Gerusalemme del 70, alla quale il terzo vangelo fa riferimento. Ma successiva di quanto? E’ difficile dirlo. Molti studiosi collocano la composizione degli Atti negli anni 80-85: non ci sono ragioni valide per opporsi a questa datazione, anche se non disponiamo di prove reali in favore di essa.
Vangelo e Atti degli apostoli: un unico piano di salvezza
Come detto sopra, la tradizione cristiana da sempre è persuasa che a scrivere il libro degli Atti sia lo stesso autore del terzo vangelo. L’identità risulta anche dal confronto tra il prologo dei due libri, entrambi dedicati a Teofilo. Il proemio degli Atti allude, poi, al vangelo. Anche lo stile, la lingua, il pensiero delle due opere provano che l’autore è lo stesso. Il terzo vangelo e il libro degli Atti disegnano un unico quadro dal punto di vista teologico e di trama del racconto: sono parti complementari di un’unica opera. Il fatto di averli progettati in continuità, pur ammessa una certa distanza storico-cronologica nella composizione dei due volumi, conferma l’intenzione dell’autore di scrivere la storia di Gesù in vista dell’evangelizzazione. Il terzo vangelo, quindi, è stato composto come una prefazione agli Atti degli apostoli: sono molte le allusioni e i tratti che rivelano questa funzione di prefazione. Con il libro del vangelo e con gli Atti, nell’opera di Luca, il piano teologico della storia della salvezza ha tre tempi (o tre tappe) fondamentali: 1°) il tempo della profezia, interpretato dai personaggi del Vangelo dell’infanzia fino a Giovanni Battista; 2°) il tempo di Gesù, quando le profezie trovano compimento e si realizza l’oggi della salvezza; 3°) il tempo della Chiesa durante il quale Cristo, per mezzo del suo Spirito, continua ad essere presente nell’attività degli apostoli perché la salvezza sia offerta e raggiunga tutte le genti. E’ un peccato che l’ordine attuale dei libri del NT contribuisca a lasciare in ombra l’unità di quest’opera, separata in due parti dal vangelo di Giovanni.
Scopo degli Atti
A questo punto, è molto importante sapere per quale scopo Luca ha scritto il libro degli Atti. Gli esegeti concordano principalmente su due tesi, complementari ed entrambe molto suggestive. 1°) Luca è l’unico evangelista a comporre un seguito del suo vangelo. Questa sua decisione ci rivela come egli ha concepito il suo racconto della vicenda di Gesù. Il vangelo di Marco terminava, in origine, con il racconto della scoperta della tomba di Gesù vuota (Mc 16,1-8); quello di Matteo e di Giovanni aggiungevano al racconto della scoperta della tomba vuota alcuni episodi di apparizioni del Cristo risorto (Mt 28,9-20; Gv 20,11-21,23). Il finale lucano della vicenda di Gesù è diverso. Anche Luca, in effetti, ha incluso alcuni racconti delle apparizioni del Cristo risorto, ma soltanto il suo vangelo termina con il racconto di Gesù che conferisce agli apostoli il mandato di essere testimoni e dà loro l’ordine di rimanere in città fino a quando egli avrà inviato dal cielo “la promessa del Padre” (24,48-49). Alla fine del vangelo “la promessa del Padre” resta ancora oscura: sarà svelata e spiegata da quanto seguirà nel libro degli Atti fin dalle parole iniziali del libro: “la promessa del Padre è lo Spirito nel quale sarete battezzati… per essere testimoni di me…fino all’estremo della terra” (At 1,5.8). Gli Atti sono la prosecuzione del vangelo, non nel senso che essi riferiscono le cose che Gesù risorto ha continuato a fare, ma in quanto ci informano su come i discepoli di Gesù hanno svolto il mandato ricevuto da lui, sotto la guida dello Spirito Santo. Luca ha scelto alcuni fatti esemplificativi non per raccontare l’intera vicenda dell’annuncio del vangelo, ma per esprimere visivamente la continuazione dell’annuncio del vangelo alla quale Gesù ha dato inizio con la sua vita e la sua predicazione.Per questo ha scritto gli Atti in modo parallelo al vangelo. Per es: “dipinge” il destino di Gesù e quello di Stefano in maniera similare, e tratteggia la missione di Pietro e quella di Paolo in termini paralleli. Dopo la risurrezione Gesù ricorda agli apostoli l’impegno della testimonianza: “Nel suo nome (di Cristo) saranno predicati la conversione e il perdono dei peccati” (Lc 24,47). I 28 discorsi che leggiamo negli Atti (24 secondo alcuni), soprattutto di Pietro e Paolo e che occupano quasi un terzo di tutto il testo, sono l’attuazione di questo comando di Gesù, sono in funzione dell’annuncio, esprimono un messaggio. La vita di Gesù si è svolta in funzione di un annuncio: anche i cristiani devono essere annuncio e messaggio. (J. A. Fitzmyer, Gli Atti degli Apostoli, Queriniana, 2003). 2°) C’è un’altra proposta di studio che merita considerazione. Gli Atti degli apostoli fanno risuonare la buona notizia proclamata con l’attività e la predicazione di Gesù per “integrare la realizzazione del disegno di Dio nel cuore dei credenti e nella vita degli uomini”. L’originalità di Luca consiste nel sottolineare la responsabilità dei credenti in seguito all’intervento divino. “Il dono di Dio e l’accoglienza riservatagli dagli uomini costituiscono insieme la storia della salvezza”. Gli Atti non sono un libro che riporta episodi edificanti o che raccoglie le catechesi della prima comunità cristiana, ma il racconto del dono divino della salvezza che sollecita e attende la libera risposta di tutti. La prima responsabilità dei credenti consiste nell’aderire pubblicamente a Gesù, nel confessare la propria fede, nell’appropriarsi della salvezza. E’ l’impegno di ogni credente. Con gli Atti, Luca inserisce i suoi lettori nel processo e nel cammino della salvezza dando grande rilievo ai temi della metànoia, del pentimento e della conversione. Sono argomenti che occupano una posizione chiave nella teologia lucana. (Francois Bovon, Luc le théologien… cfr anche Jacques Dupont, Nuovi studi sugli Atti degli Apostoli, ed. Paoline). Dobbiamo riconoscere che le due ipotesi di studio sono entrambe legittime e ricche di riflessioni. Sono anche gli atteggiamenti con cui vogliamo accostarci al testo degli Atti.
Gerusalemme, punto geografico dei due libri
Diversamente dagli altri evangelisti, Luca inizia e termina il terzo vangelo a Gerusalemme: dopo il prologo, infatti, la prima scena presenta Zaccaria che offre incenso nel Tempio di Gerusalemme (1,5ss); alla fine del vangelo, i discepoli tornano a Gerusalemme da Betania e “stavano sempre nel Tempio” (24,52-53). Nell’ottica di questa prospettiva geografica, Luca è attento ai movimenti di Gesù dalla Galilea fino alla città santa: la sezione maggiore del suo vangelo (9,51-19,27) ha come sfondo il viaggio di Gesù verso Gerusalemme, dove la salvezza si compirà e da dove Gesù farà il suo passaggio al Padre. Gli Atti iniziano da Gerusalemme e si concludono ai confini del mondo. Nel vangelo Gesù va verso la città santa, negli Atti i discepoli partono da essa. Gerusalemme: punto di arrivo per Gesù, punto di partenza per i suoi. Gerusalemme, quindi, ha un ruolo cardine nell’opera di Luca, perché il Cristo risorto dichiara ai suoi discepoli che nel suo nome “la penitenza e il perdono dei peccati devono essere proclamati a tutte le nazioni, iniziando da Gerusalemme “ (Lc 24,47); perché “gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi” (Lc 1,1) includono non soltanto “quello che Gesù ha fatto e insegnato dall’inizio” (1,1), ma anche la diffusione graduale della Parola di Dio da Gerusalemme, la Chiesa madre, “in tutta la Giudea e la Samaria e fino all’estremo della terra” (1,8). E’ il comando che segna le tappe successive della diffusione della Chiesa fino ad arrivare, con i viaggi di Paolo, a toccare tutta la terra allora conosciuta, fino a Roma, capitale dell’impero e del mondo pagano. Per Luca ciò significa che il Vangelo è arrivato in tutto il mondo. Così nel terzo vangelo tutto è orientato verso Gerusalemme, e negli Atti tutto prende le mosse da Gerusalemme fino ad arrivare ai confini della terra. La prospettiva geografica ha colorato tutta l’esposizione di Luca della storia di Gesù e della sua continuazione e rivela un importante aspetto teologico inerente allo scopo degli Atti degli apostoli.
I personaggi
Come ho già accennato sopra, nel libro troviamo tanti personaggi: la loro presenza è molto differenziata. Alcuni sono soltanto “comparse”, altri, invece, sono attori di vera storia cristiana. I personaggi che hanno un ruolo importante negli Atti sono cinque.1) L’apostolo Giovanni: molto legato a Pietro, prende parte al confronto dialettico del cristianesimo con il giudaismo (At 4,1-21); è inviato dal collegio apostolico a visitare la comunità della Samaria e a completarne l’inserimento nella Chiesa con il dono dello Spirito Santo (8,14-17). Verso l’anno 45, Giovanni era considerato una delle «colonne» della comunità primitiva (Gal 2,9). Stefano: è il primo a leggere e interpretare teologicamente la storia biblica in funzione di Cristo, del quale fu anche il primo martire (6,5.8; 7,1-60).3) Giacomo il Minore, il fratello del Signore, è personaggio di notevole rilievo, anche se negli Atti è soltanto ricordato nel numero degli apostoli (At 1,13). Molto stimato dalle comunità, era succeduto a Pietro alla guida della Chiesa di Gerusalemme; con Pietro e Giovanni, era una delle «colonne» della Chiesa (Gal 2,9). Uomo di grande equilibrio, ha avuto un ruolo notevole nel concilio di Gerusalemme: fu lui a suggerire di legittimare la conversione dei pagani, senza passare attraverso le osservanze ebraiche (15,13ss). Fu una decisione che contribuì non solo a salvaguardare la comunione tra i cristiani di origine giudaica e quelli di origine pagana ma, soprattutto, ad aprire al vangelo le strade del mondo greco-romano. Giacomo morì nel 62: essendo vacante la sede del procuratore romano in Palestina, il sommo sacerdote Anano II° sfruttò la situazione e lo fece lapidare insieme ad alcuni membri della comunità cristiana. 4) Pietro o, meglio ancora, “il ciclo di Pietro”.Il ruolo di Pietro è ben definito dalla sua presenza in due assemblee ecclesiali di capitale importanza. 1°) La prima comunità di Gerusalemme si trova insieme: “il numero delle persone era di circa centoventi” (1,15). Pietro prende l’iniziativa, chiede ai fratelli di completare il numero dei Dodici e presiede l’elezione di Mattia (1,15-28). 2°) Nella controversia sulla circoncisione, Pietro presiede l’assemblea dei fratelli a Gerusalemme, insegna che la salvezza viene dal Vangelo e dalla fede in Cristo, senza discriminazione tra giudei e pagani (15,7-11). Con le sue parole persuasive, dispone i presenti ad ascoltare la testimonianza “confermativa” di Barnaba e Paolo (15,12) e ad accogliere la soluzione operativa proposta da Giacomo (15,13-21). Tra la presenza iniziale e quella finale di Pietro, il libro degli Atti riporta una serie di episodi che lo riguardano nel suo ruolo di annunciatore del Vangelo, sia agli ebrei che ai pagani, e lo presenta “maturato” e consolidato su una posizione teologica e pastorale alla quale è giunto non senza travagli e resistenze (Atti capp. 10.11.12).5) “Il ciclo di Paolo”. E’ certamente il più ampio. Il nome di Paolo è citato 137 volte nei capitoli 13-28, mentre quello di Pietro figura soltanto due volte (At 15,7.14). Alla presenza e all’attività di Paolo il libro degli Atti dedica sei sezioni, come appare dalla struttura degli Atti.
La struttura e lo schema degli Atti
“Non è facile precisare la struttura degli Atti degli Apostoli, e le proposte al riguardo sono tante quasi quante le teste che le elaborano” (J. A. Fitzmyer). Tuttavia, per delineare la struttura degli Atti si può trovare una indicazione nel versetto in cui Cristo risorto dice agli apostoli: “Sarete testimoni di me a Gerusalemme e in tutta la Giudea e la Samaria e fino all’estremo della terra” (1,8). “L’estremo della terra” è un riferimento a Roma: quindi il versetto indica il diffondersi della Parola di Dio dalla città centrale, Gerusalemme, fino alla capitale dell’impero romano. Il cammino della Parola conduce da Gerusalemme a Roma, dove Paolo annunziava il regno di Dio e parlava del Signore Gesù Cristo, “con franchezza e senza impedimenti” (28,31).Propongo la struttura degli Atti in cinque parti: è lo schema che ha più consensi tra gli studiosi: ha il pregio di individuare facilmente sia il racconto, sia il messaggio.
La prima parte (1,1-5,42) racconta la storia delle origini della prima comunità di Gerusalemme, l’evento della fondazione, il dono dello Spirito santo a Pentecoste, la testimonianza coraggiosa degli apostoli a Gerusalemme, la vita e le prove della prima comunità di Gerusalemme.
La seconda parte (6,1-12,25), dopo la organizzazione della comunità con i sette diaconi e la storia di Stefano, riferisce le prime missioni apostoliche in Giudea e Samaria, l’attività missionaria del diacono Filippo, la chiamata e la predicazione di Saulo; Pietro entra nel progetto dell’universalismo cristiano e inizia la missione ai pagani; ad Antiochia di Siria nasce la prima comunità cristiana fuori dalla Palestina, attorno a Barnaba e Paolo.
Nella terza parte (13,1-15,35): la Chiesa di Antiochia promuove la missione verso i pagani dell’Asia Minore; la affida a Barnaba e a Paolo che fondano Chiese e le organizzano: è questo il primo viaggio missionario di Paolo; al loro ritorno vengono contestati per aver accolto nel cristianesimo anche i pagani; l’assemblea ecclesiale di Gerusalemme, presieduta da Giacomo, non solo approva l’operato di Barnaba e Paolo ma anche prende decisioni a favore della libertà dei pagani convertiti.
La quarta parte (15,36-20,38) è dominata dal grande viaggio missionario di Paolo che, in due tornate successive (il secondo e terzo viaggio missionario), lo porta prima in Macedonia-Grecia, facendo sosta a Corinto, un anno e mezzo, e poi in Asia, con sede a Efeso, dove si ferma circa tre anni. All’interno di questo percorso ci sono le avventure, i progetti, le tribolazioni di Paolo; troviamo nomi di località conosciute: Filippi, Tessalonica, Corinto, Efeso, Troade. Durante questa lunga missione avviene il confronto del cristianesimo, rappresentato da Paolo, con l’ambiente pagano, sia con quello intellettuale e raffinato di Atene, sia con quello più popolare e focoso di Efeso. Gli Atti degli Apostoli dedicano notevole spazio all’attività svolta da Paolo a Efeso considerata come la seconda capitale del mondo paolino.
L’ultima parte degli Atti (21,1-28,31) è tutta incentrata su Paolo, il testimone di Cristo, fino alla sua “passione” in Roma. La narrazione si sviluppa in tre grandi quadri. A Gerusalemme, le accuse dei giudei-ellenisti danno a Paolo l’opportunità di una prima difesa di fronte al popolo e poi di una dichiarazione di fede nella risurrezione, che divide il sinedrio. Trasferito a Cesarea Marittima, Paolo si difende suscitando ripetute dichiarazioni di innocenza e nella sua ultima apologia offre la più alta testimonianza a Cristo. L’appello a Cesare lo conduce a Roma, dove arriva dopo un viaggio avventuroso, in adempimento al disegno divino. Fatto prigioniero, una specie di “arresti domiciliari”, Paolo resta l’apostolo che esorta, incoraggia, protegge. E’ la stessa certezza con cui si propone ai Giudei di Roma, per un ultimo confronto con la testimonianza del Vangelo, che così arriva fino ai confini della terra secondo il mandato del Signore risorto.