Archive pour février, 2009

Giovanni Paolo II : « Ut unum sint – Siano una sola cosa » (Gv 17,21)

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20090214

Meditazione del giorno
Giovanni Paolo II
Slavorum apostoli, 13

« Ut unum sint – Siano una sola cosa » (Gv 17,21)

Appare a questo punto singolare ed ammirevole come i santi Fratelli, operando in situazioni tanto complesse e precarie, non tendessero ad imporre ai popoli assegnati alla loro predicazione neppure l’indiscutibile superiorità della lingua greca e della cultura bizantina, o gli usi e i comportamenti della società più progredita, in cui essi erano cresciuti e che necessariamente restavano per loro familiari e cari. Mossi dall’ideale di unire in Cristo i nuovi credenti, essi adattarono alla lingua slava i testi ricchi e raffinati della liturgia bizantina, ed adeguarono alla mentalità ed alle consuetudini dei nuovi popoli le elaborazioni sottili e complesse del diritto greco-romano…

Credettero loro dovere – essi sudditi dell’impero d’Oriente e fedeli soggetti al Patriarcato di Costantinopoli – di rendere conto al romano Pontefice del loro operato missionario e di sottoporre al suo giudizio, per ottenerne l’approvazione, la dottrina che professavano ed insegnavano, i libri liturgici composti in lingua slava e i metodi adottati nell’evangelizzazione di quei popoli. Avendo intrapreso la loro missione per mandato di Costantinopoli, essi cercarono poi, in un certo senso, che fosse confermata volgendosi alla Sede apostolica di Roma, centro visibile dell’unità della Chiesa…

Si può dire che l’invocazione di Gesù nella preghiera sacerdotale, « ut unum sint – siano una sola cosa » (Gv 17,21), rappresenti la loro divisa missionaria secondo le parole del salmista: «Lodate il Signore, tutte le genti, e lodatelo, popoli tutti» (Sal 116,1). Per noi uomini di oggi il loro apostolato possiede anche l’eloquenza di un appello ecumenico: è un invito a riedificare, nella pace della riconciliazione, l’unità che è stata gravemente incrinata dopo i tempi dei santi Cirillo e Metodio e, in primissimo luogo, l’unità tra Oriente ed Occidente.

SABATO 14 FEBBRAIO 2009 – V SETTIMANA DEL T.O.

SABATO 14 FEBBRAIO 2009 – V SETTIMANA DEL T.O.

SANTI CIRILLO monaco e METODIO vescovo
Patroni d’Europa (sec IX) – festa

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla lettera a Tito di san Paolo, apostolo 1, 7-11; 2, 1-8

La dottrina dell’Apostolo sulle doti e i compiti del vescovo
Carissimo, il vescovo, come amministratore di Dio, dev’essere irreprensibile: non arrogante, non iracondo, non dedito al vino, non violento, non avido di guadagno disonesto, ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, pio, padrone di sé, attaccato alla dottrina sicura, secondo l’insegnamento trasmesso, perché sia in grado di esortare con la sua sana dottrina e di confutare coloro che contraddicono.
Vi sono infatti, soprattutto fra quelli che provengono dalla circoncisione, molti spiriti insubordinati, chiacchieroni e ingannatori della gente. A questi tali bisogna chiudere la bocca, perché mettono in scompiglio intere famiglie, insegnando per amore di un guadagno disonesto cose che non si devono insegnare.
Tu però insegna ciò che è secondo la sana dottrina: i vecchi siano sobri, dignitosi, assennati, saldi nella fede, nell’amore e nella pazienza. Ugualmente le donne anziane si comportino in maniera degna dei credenti; non siano maldicenti né schiave di molto vino; sappiano piuttosto insegnare il bene, per formare le giovani all’amore del marito e dei figli, ad essere prudenti, caste, dedite alla famiglia, buone, sottomesse ai propri mariti, perché la parola di Dio non debba diventare oggetto di biasimo.
Esorta ancora i più giovani a essere assennati, offrendo te stesso come esempio in tutto di buona condotta, con purezza di dottrina, dignità, linguaggio sano e irreprensibile, perché il nostro avversario resti confuso, non avendo nulla di male da dire sul conto nostro.

SECONDA LETTURA DELL’UFFICO DAL T.O.

Dai  » Discorsi  » del beato Isacco, abate del monastero della Stella

La preminenza della carità

Perché mai, o fratelli, siamo poco, solleciti nel cercare le occasioni di salvezza vicendevole, e non ci prestiamo mutuo soccorso dove lo vediamo maggiormente necessario, portando fraternamente i pesi gli uni degli altri? Volendoci ricordare questo, l’Apostolo dice:  » Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge, di Cristo  » (Gal 6, 2). Ed altrove: Sopportatevi a vicenda con amore (cfr., Ef 4, 2). Questa è senza dubbio la legge di Cristo. Ciò che nel mio fratello per qualsiasi motivo – o per necessità o per infermità del corpo o per leggerezza di costumi – vedo non potersi correggere, perché non lo sopporto con pazienza? Perché non lo curo amorevolmente, come sta scritto: I loro piccoli saranno portati in braccio ed accarezzati sulle ginocchia? (cfr. Is 66, 12). Forse perché mi manca quella carità che tutto soffre, che è. paziente nel sopportare e benigna nell’amare secondo la legge di Cristo! Egli con la sua passione si è addossati i nostri mali e con la sua compassione si è caricato dei nostri dolori (cfr. Is 53, 4), amando coloro che ha portato e portando coloro che ha amato. Invece colui che attacca ostilmente il fratello in necessità, o che insidia alla sua debolezza, di qualunque genere sia, si assoggetta senza dubbio alla legge del diavolo e la mette in pratica. Usiamoci dunque comprensione e pratichiamo la fraternità, combattendo la debolezza e perseguitando solo il vizio. La condotta più accetta a Dio è quella che, pur varia nelle forme e nello stile, segue con grande sincerità l’amore di Dio e, per lui, l’amore del prossimo. La carità è l’unico criterio secondo cui tutto deve essere fatto o non fatto, cambiato o non cambiato. E’ il principio che deve dirigere ogni azione e il fine a cui deve tendere. Agendo con riguardo ad essa o ispirati da essa, nulla è disdicevole e tutto è buono. Si degni di concedercela, questa carità, colui al quale senza di essa non possiamo piacere, colui senza del quale non possiamo fare assolutamente nulla, che vive e regna, Dio, per i secoli senza fine. Amen.

LODI

Lettura Breve   Eb 13, 7-9a
Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; considerando attentamente l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede. Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! Non lasciatevi sviare da dottrine varie e peregrine.

VENERDÌ 13 FEBBRAIO 2009 – V SETTIMANA DEL T.O.

VENERDÌ 13 FEBBRAIO 2009 – V SETTIMANA DEL T.O.

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla lettera ai Galati di san Paolo, apostolo 5, 1-25

La libertà del cristiano
Fratelli, Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Ecco, io Paolo vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà nulla. E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere che egli è obbligato ad osservare tutta quanta la legge. Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella legge; siete decaduti dalla grazia. Noi infatti per virtù dello Spirito, attendiamo dalla fede la giustificazione che speriamo. Poiché in Cristo Gesù non è la circoncisione che conta o la non circoncisione, ma la fede che opera per mezzo della carità.
Correvate così bene; chi vi ha tagliato la strada che non obbedite più alla verità? Questa persuasione non viene sicuramente da colui che vi chiama! Un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta. Io sono fiducioso per voi nel Signore che non penserete diversamente; ma chi vi turba, subirà la sua condanna, chiunque egli sia. Quanto a me, fratelli, se io predico ancora la circoncisione, perché sono tuttora perseguitato? E’ dunque annullato lo scandalo della croce? Dovrebbero farsi mutilare coloro che vi turbano.
Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri. Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso. Ma se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!
Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne; la carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.
Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge. Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è legge.
Ora quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri. Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito.

Responsorio    Cfr. Gal 5, 18. 22. 25
R. Se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge. * Frutto dello Spirito è amore, pace e gioia.
V. Se viviamo dello Spirito, camminiamo in comunione con lui.
R. Frutto dello Spirito è amore, pace e gioia.

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di san Leone Magno, papa
(Disc. per il Natale del Signore, 7, 2. 6; PL 54, 217-218. 220-221)

Conosci la dignità della tua natura
Nostro Signore Gesù Cristo, nascendo vero uomo, senza cessare mai di essere vero Dio, diede inizio, in se stesso, ad una nuova creazione e, con questa nascita, comunicò al genere umano un principio spirituale. Quale mente potrebbe comprendere questo mistero, o quale lingua potrebbe esprimere questa grazia? L’umanità peccatrice ritrova l’innocenza, l’umanità invecchiata nel male riacquista una nuova vita; gli estranei ricevono l’adozione e degli stranieri entrano in possesso dell’eredità.
Dèstati, o uomo, e riconosci la dignità della tua natura! Ricordati che sei stato creato ad immagine di Dio; che, se questa somiglianza si è deformata in Adamo, è stata tuttavia restaurata in Cristo. Delle creature visibili serviti in modo conveniente, come ti servi della terra, del mare, del cielo, dell’aria, delle sorgenti, dei fiumi. Quanto di bello e di meraviglioso trovi in essi, indirizzato a lode e a gloria del Creatore.
Con il senso corporeo della vista accogli pure la luce materiale, ma insieme abbraccia, con tutto l’ardore del tuo cuore, quella vera luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (cfr. Gv 1, 9). Di questa luce il profeta dice: «Guardate a lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti» (Sal 33, 6). Se noi infatti siamo tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in noi, vale molto più quello che ciascun fedele porta nel suo cuore, di quanto può ammirare nel cielo.
Non vogliamo con questo, o carissimi, incitarvi o persuadervi a disprezzare le opere di Dio, o a vedere qualcosa di contrario alla vostra fede nelle cose che il Dio della bontà ha creato buone, ma vogliamo solo esortarvi, perché sappiate servirvi di ogni creatura e di tutta la bellezza di questo mondo in modo saggio ed equilibrato. Difatti, come dice l’Apostolo: «Le cose visibili son d’un momento, quelle invisibili sono eterne» (2 Cor 4, 18).
Quindi, poiché siamo nati per la vita presente, ma poi siamo rinati per quella futura, non dobbiamo essere tutti dediti ai beni temporali, ma tendere ai beni eterni. Per poter anzi contemplare più da vicino ciò che speriamo, riflettiamo a quanto la grazia divina ha conferito alla nostra natura. Ascoltiamo l’Apostolo, che ci dice: «Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio! Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria» (Col 3, 34) che vive e regna con il Padre e con lo Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.

LODI

Lettura Breve   Ef 4, 29-32
Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano. E non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, col quale foste segnati per il giorno della redenzione.
Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo.

VESPRI

Lettura breve   Rm 15, 1-3
Noi che siamo i forti abbiamo il dovere di sopportare l’infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi. Ciascuno di noi cerchi di compiacere il prossimo nel bene, per edificarlo. Cristo infatti non cercò di piacere a se stesso, ma come sta scritto: gli insulti di coloro che ti insultano sono caduti sopra di me (Sal 68, 10).

GIOVEDÌ 12 FEBBRAIO 2009 – V SETTIMANA DEL T.O.

GIOVEDÌ 12 FEBBRAIO 2009 – V SETTIMANA DEL T.O.

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla lettera ai Galati di san Paolo, apostolo 4, 8-31

L’eredità divina e la libertà della nuova alleanza
Fratelli, un tempo, per la vostra ignoranza di Dio, eravate sottomessi a divinità, che in realtà non lo sono; ora invece che avete conosciuto Dio, anzi da lui siete stati conosciuti, come potete rivolgervi di nuovo a quei deboli e miserabili elementi, ai quali di nuovo come un tempo volete servire? Voi infatti osservate giorni, mesi, stagioni e anni! Temo per voi che io mi sia affaticato invano a vostro riguardo.
Siate come me, ve ne prego, poiché anch’io sono stato come voi, fratelli. Non mi avete offeso in nulla. Sapete che fu a causa di una malattia del corpo che vi annunziai la prima volta il vangelo; e quella che nella mia carne era per voi una prova non l’avete disprezzata né respinta, ma al contrario mi avete accolto come un angelo di Dio, come Cristo Gesù.
Dove sono dunque le vostre felicitazioni? Vi rendo testimonianza che, se fosse stato possibile, vi sareste cavati anche gli occhi per darmeli. Sono dunque diventato vostro nemico dicendovi la verità? Costoro si danno premura per voi, ma non onestamente; vogliono mettervi fuori, perché mostriate zelo per loro. E’ bello invece essere circondati di premure nel bene sempre e non solo quando io mi trovo presso di voi, figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi! Vorrei essere vicino a voi in questo momento e poter cambiare il tono della mia voce, perché non so cosa fare a vostro riguardo.
Ditemi, voi che volete essere sotto la legge: non sentite forse cosa dice la legge? Sta scritto infatti che Abramo ebbe due figli, uno dalla schiava e uno dalla donna libera. Ma quello dalla schiava è nato secondo la carne; quello dalla donna libera, in virtù della promessa. Ora, tali cose sono dette per allegoria: le due donne infatti rappresentano le due Alleanze; una, quella del monte Sinai, che genera nella schiavitù, rappresentata da Agar il Sinai è un monte dell’Arabia ; essa corrisponde alla Gerusalemme attuale, che di fatto è schiava insieme ai suoi figli. Invece la Gerusalemme di lassù è libera ed è la nostra madre. Sta scritto infatti:
Rallegrati, sterile, che non partorisci,
grida nell’allegria tu che non conosci i dolori del parto,
perché molti sono i figli dell’abbandonata,
più di quelli della donna che ha marito (Is 54, 1).
Ora voi, fratelli, siete figli della promessa, alla maniera di Isacco. E come allora colui che era nato secondo la carne perseguitava quello nato secondo lo spirito, così accade anche ora. Però, che cosa dice la Scrittura? Manda via la schiava e suo figlio, perché il figlio della schiava non avrà eredità col figlio della donna libera (Gn 21, 10). Così, fratelli, noi non siamo figli di una schiava, ma di una donna libera.

Responsorio   Cfr. Gal 4, 28. 31; 5, 1; 2 Cor 3, 17
R. Noi siamo figli della promessa, alla maniera di Isacco: non figli di una schiava, ma di una donna libera. * Cristo ci ha liberati, e come lui saremo liberi.
V. Il Signore è lo Spirito: dov’è lo Spirito del Signore, è la libertà.
R. Cristo ci ha liberati, e come lui saremo liberi.

Seconda Lettura
Dal «Commento alla Lettera ai Galati» di sant’Agostino, vescovo
(Nn. 37. 38; PL 35, 2131-2132)

Cristo sia formato in voi
 Dice l’Apostolo: «Siate come me» (Gal 4, 12). Io sono nato giudeo, ma, guidato da considerazioni spirituali, ripudio ogni concezione esclusivamente materiale. «Poiché anch’io sono stato come voi» (Gal 4, 12), cioè uomo. Poi opportunamente e con discrezione ricorda il suo amore per loro, perché non lo considerino come loro nemico. Proprio così si esprime: Ve ne prego, fratelli, non mi avete offeso in nulla (cfr. Gal 4, 12); come se dicesse: Non dovete pensare che io voglia offendervi.
Sempre sul medesimo argomento aggiunge: «Figlioli miei» (Gal 4, 19). Lo dice perché lo imitino realmente come un padre. E completa: «Che io di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi!» (Gal 4, 19). Questo lo ha detto piuttosto come se rappresentasse la Madre Chiesa. Infatti anche in un altro passo dice: «Siamo stati amorevoli in mezzo a voi come una madre nutre e ha cura delle proprie creature» (1 Ts 2, 7).
Cristo nasce e si forma in colui che crede per mezzo della fede, esistente nell’uomo interiore; in colui che è chiamato alla libertà della grazia; in colui che è mite e umile di cuore, e che non si gloria nella nullità dei suoi meriti e delle sue opere; in colui che ascrive i suoi meriti al dono divino. Costui si identifica con Cristo. Così colui che ha detto: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40), chiama il vero credente il più piccolo dei suoi, cioè un altro se stesso. Infatti Cristo viene formato in chi riceve l’immagine di Cristo. Ma riceve l’immagine di Cristo, chi aderisce a Cristo con vero amore spirituale. Ne segue che egli diventa copia di Cristo e, per quanto lo consente la sua condizione, diventa Cristo stesso. Così afferma Giovanni: «Chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato» (1 Gv 2, 6).
Ma poiché gli uomini sono concepiti dalle madri per essere formati, e, una volta formati, sono partoriti per venire alla luce, può recare sorpresa ciò che è stato detto: «Che io di nuovo partorisco nel dolore, finché non sia formato Cristo in voi!» (Gal 4, 19). A meno che intendiamo che questo parto sia al posto delle preoccupazioni dolorose attraverso le quali li ha partoriti perché nascessero in Cristo. In tal senso li partorisce ancora, preoccupato com’è dei pericoli di seduzione, dai quali li vede minacciati. La dolorosa sollecitudine nei loro riguardi, cioè questa specie di maternità spirituale, perdura finché arrivino tutti all’unità della fede nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo, perché non siano sballottati da qualsiasi vento di dottrina (cfr. Ef 4, 13-14).
Perciò non tanto per l’inizio della fede, essendo essi già nati, ma per la crescita e la maturità è stato affermato: «Che io di nuovo partorisco nel dolore, finché non sia formato Cristo in voi!» (Gal 4, 19). Altrove tratta di questo parto con altri termini, quando dice: «Il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le chiese. Chi è debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema?» (2 Cor 11, 28-29).

Responsorio   Cfr. Ef 4, 15; Pro 4, 18
R. Operando secondo verità verrà nell’amore, * cresciamo in ogni cosa verso il capo, che è Cristo.
V. La strada dei giusti è come la luce dell’alba, che aumenta fino al meriggio:
R. cresciamo in ogni cosa verso il capo, che è Cristo.

MERCOLEDÌ 11 FEBBRAIO 2009 – V SETTIMANA DEL T.O.

MERCOLEDÌ 11 FEBBRAIO 2009 – V SETTIMANA DEL T.O.

BEATA MARIA VERGINE DI LOURDES (mf)

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla lettera ai Galati di san Paolo, apostolo 3, 15 – 4, 7

Il compito della legge
Fratelli, ecco, vi faccio un esempio comune: un testamento legittimo, pur essendo solo un atto umano, nessuno lo dichiara nullo o vi aggiunge qualche cosa. Ora è appunto ad Abramo e alla sua discendenza che furon fatte le promesse. Non dice la Scrittura: «e ai tuoi discendenti», come se si trattasse di molti, ma «e alla tua discendenza» (Gn 12,7), come a uno solo, cioè Cristo. Ora io dico: un testamento stabilito in precedenza da Dio stesso, non può dichiararlo nullo una legge che è venuta quattrocentotrenta anni dopo, annullando così la promessa. Se infatti l’eredità si ottenesse in base alla legge, non sarebbe più in base alla promessa; Dio invece concesse il suo favore ad Abramo mediante la promessa.
Perché allora la legge? Essa fu aggiunta per le trasgressioni, fino alla venuta della discendenza per la quale era stata fatta la promessa, e fu promulgata per mezzo di angeli attraverso un mediatore. Ora non si dá mediatore per una sola persona e Dio è uno solo. La legge è dunque contro le promesse di Dio? Impossibile! Se infatti fosse stata data una legge capace di conferire la vita, la giustificazione scaturirebbe davvero dalla legge; la Scrittura invece ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato, perché ai credenti la promessa venisse data in virtù della fede in Gesù Cristo.
Prima però che venisse la fede, noi eravamo rinchiusi sotto la custodia della legge, in attesa della fede che doveva essere rivelata. Così la legge è per noi come un pedagogo che ci ha condotto a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. Ma appena è giunta la fede, noi non siamo più sotto un pedagogo. Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. E se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa.
Ecco, io faccio un altro esempio: per tutto il tempo che l’erede è fanciullo, non è per nulla differente da uno schiavo, pure essendo padrone di tutto; ma dipende da tutori e amministratori, fino al termine stabilito dal padre. Così anche noi quando eravamo fanciulli, eravamo come schiavi degli elementi del mondo. Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli. E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio.

Responsorio   Cfr. Gal 3, 27. 28; Ef 4, 24
R. Battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo.
Non c’è più Giudeo né Greco. * tutti voi siete uno in Cristo Gesù.
V. Rivestite l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera:
R. tutti voi siete uno in Cristo Gesù.

UFFICIO DELLE LETTURE DAL T.O.

Dalle  » Lettere  » di sant’Ambrogio, vescovo

Siamo eredi di Dio, coeredi di Cristo

Come dice l’Apostolo, colui che per mezzo dello Spirito fa morire le opere del corpo, vivrà. Nessuna meraviglia che viva, perché chi ha lo Spirito di Dio diventa figlio di Dio. t figlio di Dio, e conseguentemente, non riceve uno spirito da schiavi, ma uno spirito da figli adottivi. Per questo lo Spirito Santo attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E la testimonianza dello Spirito Santo consiste nel fatto che è proprio lui che grida nei nostri cuori:  » Abbà, Padre! « , come è scritto nella lettera ai Galati (Gal 4, 6). Quella testimonianza, poi, che siamo figli di Dio è veramente grande: perché siamo  » eredi di Dia e coeredi di Cristo  » (Rin 8, 17). Coerede di Cristo è colui che partecipa alla sua gloria; ma partecipa alla sua gloria solo chi, soffrendo per lui, partecipa alle sue pene. Per  esortarci alla sofferenza, aggiunge che tutto .quello che soffriamo è inferiore e non paragonabile al premio riservato a chi sopporta tali pene. Grande infatti sarà la mercede di beni futuri che si rivelerà in noi, quando, riformati sull’immagine di Dio, meriteremo di contemplare la sua gloria faccia a faccia. Per esaltare, poi, la grandezza della rivelazione futura, afferma che anche la creazione, ora sottomessa alla caducità non per suo volere, ma nella speranza di essere liberata, attende con impazienza la liberazione dei figli di Dio. Essa spera da Cristo .la grazia che spetta alla sua funzione. Anch’essa sarà liberata dalla corruzione e ammessa alla libertà della gloria dei figli di Dio. Ci sarà un’unica libertà, quella della creazione e quella dei figli di Dio, allorquando sarà manifestata la loro gloria. Frattanto. mentre tale manifestazione viene procrastinata, tutta la creazione geme nell’attesa della gloria della nostra adozione e della nostra redenzione. Sospira fin d’ora di dare alla luce quello spirito di salvezza e brama di essere liberata dalla schiavitù della caducità. Il concetto è chiaro. I fedeli, che possiedono le primizie dello Spirito, gemono interiormente aspettando l’adozione a figli. L’adozione a figli è la redenzione di tutto il corpo mistico. Si verificherà quando esso vedrà Dio, sommo ed eterno bene, quasi fosse tutto suo figlio adottivo. L’adozione a figli si ha però già ora nella Chiesa del Signore poiché già ora lo Spirito grida:  » Abbà, Padre! « , come si legge nella lettera ai Galati (Gal 4, 6). Ma essa sarà perfetta solamente quando tutti quelli che meriteranno di vedere il volto di Dio risorgeranno incorruttibili, splendidi e gloriosi. Allora la creatura umana potrà dirsi davvero liberata. -Perciò l’Apostolo si gloria dicendo:-  » Nella speranza noi siamo stati salvati  » (Rm 8, 24). Ci salva, infatti la speranza, cosi come ci salva la fede, della quale è detto:  » La tua fede ti ha salvato  » (Lc 18, 42).

VESPRI

Lettura Breve   Gal 4, 4-5
Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli.

MARTEDÌ 10 FEBBRAIO 2009 – V SETTIMANA DEL T.O.

MARTEDÌ 10 FEBBRAIO 2009 – V SETTIMANA DEL T.O.

SANTA SCOLASTICA

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla lettera ai Galati di san Paolo, apostolo 2, 11 – 3, 14

Il giusto vivrà di fede
Fratelli, quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto. Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi. E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, al punto che anche Barnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia. Ora quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei? Noi che per nascita siamo Giudei e non pagani peccatori, sapendo tuttavia che l’uomo non è giustificato dalle opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Gesù Cristo per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge; poiché dalle opere della legge non verrà mai giustificato nessuno» (Sal 142, 2).
Se pertanto noi che cerchiamo la giustificazione in Cristo siamo trovati peccatori come gli altri, forse Cristo è ministro del peccato? Impossibile! Infatti se io riedifico quello che ho demolito, mi denuncio come trasgressore. In realtà mediante la legge io sono morto alla legge, per vivere per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me. Non annullo dunque la grazia di Dio; infatti se la giustificazione viene dalla legge, Cristo è morto invano.
O stolti Gàlati, chi mai vi ha ammaliati, proprio voi agli occhi dei quali fu rappresentato al vivo Gesù Cristo crocifisso? Questo solo io vorrei sapere da voi: è per le opere della legge che avete ricevuto lo Spirito o per aver creduto alla predicazione? Siete così privi d’intelligenza che, dopo aver incominciato con lo Spirito, ora volete finire con la carne? Tante esperienze le avete fatte invano? Se almeno fosse invano! Colui che dunque vi concede lo Spirito e opera portenti in mezzo a voi, lo fa grazie alle opere della legge o perché avete creduto alla predicazione?
Fu così che Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato come giustizia (Gn 15, 6). Sappiate dunque che figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede. E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato i pagani per la fede, preannunziò ad Abramo questo lieto annunzio: In te saranno benedette tutte le genti (Gn 12, 3). Di conseguenza, quelli che hanno la fede vengono benedetti insieme ad Abramo che credette. Quelli invece che si richiamano alle opere della legge, stanno sotto la maledizione, poiché sta scritto: Maledetto chiunque non rimane fedele a tutte le cose scritte nel libro della legge per praticarle (Dt 27, 26). E che nessuno possa giustificarsi davanti a Dio per la legge risulta dal fatto che il giusto vivrà in virtù della fede (Ab 2, 4). Ora la legge non si basa sulla fede; al contrario dice che chi praticherà queste cose, vivrà per esse (Lv 8, 5). Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, diventando lui stesso maledizione per noi, come sta scritto: Maledetto chi pende dal legno (Dt 21, 23), perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse alle genti e noi ricevessimo la promessa dello Spirito mediante la fede.

Responsorio   Cfr. Gal 2, 16. 21
R. L’uomo non è giustificato dalle opere della legge, ma dalla fede in in Gesù Cristo; * noi abbiamo creduto in Gesù Cristo.
V. Se la giustificazione viene dalla legge, Cristo è morto invano:
R. Noi abbiamo creduto in Gesù Cristo.

VESPRI

Lettura Breve   1 Cor 7, 32. 34
Chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito.

LUNEDÌ 9 FEBBRAIO 2009

LUNEDÌ 9 FEBBRAIO 2009

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla lettera ai Galati di san Paolo, apostolo 1, 13 – 2, 10

Vocazione e apostolato di Paolo
Fratelli, voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri. Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani, subito, senza consultare nessun uomo, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco.
In seguito, dopo tre anni andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni; degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore. In ciò che vi scrivo, io attesto davanti a Dio che non mentisco. Quindi andai nelle regioni della Siria e della Cilicia. Ma ero sconosciuto personalmente alle Chiese della Giudea che sono in Cristo; soltanto avevano sentito dire: «Colui che una volta ci perseguitava, va ora annunziando la fede che un tempo voleva distruggere». E glorificavano Dio a causa mia.
Dopo quattordici anni, andai di nuovo a Gerusalemme in compagnia di Barnaba, portando con me anche Tito: vi andai però in seguito ad una rivelazione. Esposi loro il vangelo che io predico tra i pagani, ma lo esposi privatamente alle persone più ragguardevoli, per non trovarmi nel rischio di correre o di aver corso invano. Ora neppure Tito, che era con me, sebbene fosse greco, fu obbligato a farsi circoncidere. E questo proprio a causa dei falsi fratelli che si erano intromessi a spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo di renderci schiavi. Ad essi però non cedemmo, per riguardo, neppure un istante, perché la verità del vangelo continuasse a rimanere salda tra di voi.
Da parte dunque delle persone più ragguardevoli — quali fossero allora non m’interessa, perché Dio non bada a persona alcuna — a me, da quelle persone ragguardevoli, non fu imposto nulla di più. Anzi, visto che a me era stato affidato il vangelo per i non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi — poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per i pagani — e riconoscendo la grazia a me conferita, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Bàrnaba la loro destra in segno di comunione, perché noi andassimo verso i pagani ed essi verso i circoncisi. Soltanto ci pregarono di ricordarci dei poveri: ciò che mi sono proprio preoccupato di fare.

Responsorio   Cfr. 1 Cor 15, 10; Gal 2, 8
R. Per grazia di Dio sono quello che sono. * La sua grazia in me non è stata vana, e con me rimane sempre.
V. Colui che ha fatto di Pietro un apostolo degli Ebrei, ha fatto di me l’apostolo dei pagani.
R. La sua grazia in me non è stata vana, e con me rimane sempre.

Seconda Lettura
Dal «Breviloquio» di san Bonaventura, vescovo
(Prolo.; Opera omnia 5, 201-202)

Dalla conoscenza di Gesù Cristo
si ha la comprensione di tutta la Sacra Scrittura
L’origine della Sacra Scrittura non è frutto di ricerca umana, ma di rivelazione divina. Questa promana «dal Padre della luce, dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome».
Dal Padre, per mezzo del Figlio suo Gesù Cristo, discende in noi lo Spirito Santo. Per mezzo dello Spirito santo poi, che divide e distribuisce i suoi doni ai singoli secondo il suo beneplacito, ci viene data la fede, e per mezzo della fede Cristo abita nei nostri cuori (cfr. Eb 3, 17).
Questa è la conoscenza di Gesù Cristo, da cui hanno origine, come da una fonte, la sicurezza e l’intelligenza della verità, contenuta in tutta la Sacra Scrittura. Perciò è impossibile che uno possa addentrarsi e conoscerla, se prima non abbia la fede che è lucerna, porta e fondamento di tutta la Sacra Scrittura.
La fede infatti, lungo questo nostro pellegrinaggio, è la base da cui vengono tutte le conoscenze soprannaturali, illumina il cammino per arrivarvi ed è porta per entrarvi. E’ anche il criterio per misurare la sapienza donateci dall’alto, perché nessuno si stimi «più di quanto è conveniente valutarsi, ma in maniera da avere, di se stessi, una giusta valutazione, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato» (cfr. Rm 12, 3).
Lo scopo, poi, o meglio, il frutto della Sacra Scrittura non è uno qualsiasi, ma addirittura la pienezza della felicità eterna. Infatti la Sacra Scrittura è appunto il libro nel quale sono scritte parole di vita eterna perché, non solo crediamo, ma anche possediamo la vita eterna, in cui vedremo, ameremo e saranno realizzati tutti i nostri desideri.
Solo allora conosceremo «la carità che sorpassa ogni conoscenza» e così saremo ricolmi «di tutta la pienezza di Dio» (Ef 3, 19).
Ora la divina Scrittura cerca di introdurci in questa pienezza, proprio secondo quanto ci ha detto poco fa l’Apostolo.
Con questo scopo, con questa intenzione, deve essere studiata la Sacra Scrittura. Così va ascoltata e insegnata.
Per ottenere tale frutto, per raggiungere questa meta sotto la retta guida della Scrittura, bisogna incominciare dal principio. Ossia accostarsi con fede semplice al Padre della luce e pregare con cuore umile, perché egli, per mezzo del Figlio e nello Spirito Santo, ci conceda la vera conoscenza di Gesù Cristo e, con la conoscenza, anche l’amore. Conoscendolo ed amandolo, e saldamente fondati e radicati nella carità, potremo sperimentare la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità (cfr. Ef 3, 18) della stessa Sacra Scrittura.
Potremo così giungere alla perfetta conoscenza e all’amore smisurato della beatissima Trinità, a cui tendono i desideri dei santi e in cui c’è l’attuazione e il compimento di ogni verità e bontà.

LODI

Lettura Breve   2 Ts 3, 10b-13
Chi non vuol lavorare neppure mangi. Sentiamo infatti che alcuni fra di voi vivono disordinatamente, senza far nulla e in continua agitazione. A questi tali ordiniamo, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, di mangiare il proprio pane lavorando in pace. Voi, fratelli, non lasciatevi scoraggiare nel fare il bene.

VESPRI

Lettura breve   Col 1, 9b-11
Abbiate una piena conoscenza della volontà di Dio con ogni sapienza e intelligenza spirituale, perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio; rafforzandovi con ogni energia secondo la sua gloriosa potenza, per poter essere forti e pazienti in tutto.

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