Archive pour février, 2009

PREGHIERA ALL’APOSTOLO PAOLO

dal sito:

http://digilander.libero.it/dodomag_ME/paoloapostolo_delle_genti.html

PREGHIERA ALL’APOSTOLO PAOLO

«Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». Queste parole di Gesù percorrono tutte le strade del mondo e interpellano anche la nostra coscienza. «Perché mi perseguiti?»: queste parole trasformarono Saulo in Paolo.

Paolo, apostolo di Gesù, tu eri violento e sei diventato mite fino a scrivere un inno alla carità; tu eri orgoglioso e sei diventato umile fino a diventare un povero schiavo; tu eri persecutore e sei diventato perseguitato per amore di Gesù fino al martirio.

Paolo, apostolo senza paura, prega perché si aprano i nostri occhi per vedere il vero tesoro della vita; prega perché si spezzi in noi il muro del compromesso e della mediocrità per diventare missionari di Gesù con tutti, dovunque, sempre, con la vita e con la parola. Amen.

Angelo Card. Comastri,
Arciprete Basilica San Pietro in Vaticano

Parrocchia San Biagio, Catanzaro – Tracce di riflessione su San Paolo

dal sito:

http://www.duomocatanzaro.org/lettere_pastorali/duomo_settembre_2008.pdf

PARROCCHIA DELLA CATTEDRALE
PARROCCHIA DI S. BIAGIO
CATANZARO

TRACCE DI RIFLESSIONE SU SAN PAOLO

Alla Comunità parrocchiale

Carissimi,
nell’anno che la Chiesa dedica all’apostolo Paolo ho pensato di attingere dalla sua vita alcune tracce di riflessione per la vita personale e della Comunità. Vi parlo però non come maestro, ma come fratello nella fede e per il ministero come padre.

«Se c’è pertanto qualche consolazione in Cristo,
se c’è conforto derivante dalla carità,
se c’è qualche comunanza di spirito,
se ci sono sentimenti di amore e di compassione,

rendete piena la mia gioia

con l’unione dei vostri spiriti,
con la stessa carità,
con i medesimi sentimenti.
Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria,
ma ciascuno di voi, con tutta umiltà,
consideri gli altri superiori a se stesso,
senza cercare il proprio interesse,
ma anche quello degli altri.» (Fil 2,1-4)

Questa lettera fu scritta da Paolo alla prima comunità cristiana d’Europa che aveva fondato a Filippi, in Macedonia. Paolo scriveva loro “vi amo teneramente nel cuore di Cristo” (Fil. 1,8). L’apostolo Paolo è un uomo ipersensibile, ha un amore grande per Gesù; l’incontro con Cristo ha aperto orizzonti nuovi e inattesi che hanno fatto impallidire tutta le cose di prima «dimentico del passato e proteso verso il futuro corro verso la meta» (Fil. 3,13). Una corsa che non è giunta al traguardo, da buon corridore Paolo non guarda indietro, ma è tutto proteso in avanti aperto al nuovo, convinto che solo un vero incontro con il Cristo è capace di rinnovare l’esistente, di questo scrive alla comunità di Filippi; in quanto Parola di Dio essa parla anche a noi. Paolo – prigioniero, afferrato da Cristo -chiede l’unità; se amano “il padre” della comunità devono spendere tutte le energie nel vivere in unità gli uni con gli altri, non avendo che una sola anima, un solo cuore e un solo spirito, senza lasciarsi prendere dalla vanagloria, che fa si che ognuno si metta al primo posto; non devono esserci dispute o mormorazioni, devono cercare sempre gli interessi degli altri piuttosto che i propri, devono considerare gli altri migliori di loro stessi e questo rende piena la gioia dell’Apostolo e della Comunità. Nel nostro mondo, tutto quanto tende a rompere la comunione e questo non solo nella Chiesa, ma anche nel vivere quotidiano. Il nostro mondo è spezzato in ciò che è di più profondamente umano, la capacità di relazioni permanenti e fedeli nelle quali la comunione diventa il luogo, lo stile permanente del vivere, dove non ci si trova semplicemente per collaborare o fare qualcosa insieme, ma per celebrare l’unità, l’amore, l’appartenenza, l’amicizia: è in questo continuo giocarsi nelle relazioni che si costruisce un mondo nuovo. Tutto inizia da quando un io e un tu si accolgono e diventano un noi. Tutta la persona ha un suo linguaggio che ne rivela l’interiorità: il linguaggio del volto, dello sguardo, della voce, delle mani, tutto dovrebbe dire “Tu sei importante per me”; chi tutto riceve da Dio ha assunto con gli altri un enorme debito di gratitudine che non si riesce mai ad assolvere, che anzi si aggrava per i continui peccati di egoismo: si nota anche in mezzo a noi la tentazione di un riflusso al “privato” ad un “ciao” stanco; ad un sorriso forzato che ne nasconde quella carica di umanità che ci ha sempre contraddistinto. Creando relazioni vere si costruisce un sereno ambiente: senza amore la vita intristisce e muore come una pianta senza acqua e senza sole; corriamo il rischio di preferire di starcene tranquilli, da soli o con pochi amici, nel grigiore della mediocrità, senza sprigionare dal nostro essere tutte quelle potenzialità che ci sono state date per vivere e crescere nella vera vita, quella dello Spirito, costruendo una comunità cristiana e civile che sa coltivare i valori dell’amore e della comunione facendosi riconoscere per “discepoli del Signore”.
Chi si “dona” permette a Cristo di mostrarsi vivo e alla Chiesa–parrocchia, di vivere nella casa e negli ambienti di vita, amando con i fatti, non lasciando andare sciupata neanche una briciola dell’esistenza, non permettendo che neanche un istante trascorra invano… tutto riconosciuto come dono offerto per i fratelli! “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere” (At 20,35). Ma chi è l’altro? Con chi devo relazionarmi? Sono i membri della tua famiglia, il datore di lavoro, gli amici, i membri della comunità con le loro diversità e i loro limiti: ad es. il fratello che ci contrasta o che ci irrita per il suo troppo zelo, che ci infastidisce per la sua voglia di mettersi in mostra. Solo quando “amo” quando mi relaziono con gli altri che “vivo” un’esistenza vera e gli altri esistono davanti a me, prendono consistenza, rilievo e importanza: altrimenti resto povero, scialbo, come ombra cui non si attribuisce importanza. La lettera di Paolo è stata definita la “lettera della tenerezza”, se ci guardiamo con serenità, scopriamo che c’è dentro di noi una parte legata all’amore e alla tenerezza che non riesce a venire fuori, forse perché ferita… La Chiesa e la Comunità, in forza dello Spirito, sono il luogo dei passaggi verso l’amore, sono il luogo dove le relazioni grazie a questa Presenza, possono guarire; questi passaggi dall’egoismo all’amore e all’unità, dalla paura dell’altro alla fiducia, il passaggio dalla vanagloria alla gloria di Dio, non sono facili, ma in Comunità si viene come ad una scuola d’amore, per essere spogliati dall’uomo vecchio e rivestire l’uomo nuovo… per avere gli stessi sentimenti di Cristo e gustare la vera gioia; ad imitazione di Paolo da cui traspare amicizia, affetto, gioia, un animo completamente nuovo riempito dall’amore di Cristo. Solo l’avvenimento, l’incontro forte con Cristo è la chiave per capire cosa è successo nel cuore di Paolo, quell’incontro a Damasco gli ha permesso di relazionarsi in maniera nuova con il mondo, la gente: tutti porta nel cuore, tutti chiama per nome, è capace di “farsi tutto a tutti”. Gesù non si mostra a noi luminoso come ha fatto con Paolo, non ci fa cadere da cavallo, ma anche noi possiamo incontrare Cristo nella lettura della Bibbia, nella preghiera, nella vita liturgica della Chiesa, nel servizio ai fratelli, nella pastorale ordinaria, nei gruppi, nella catechesi, nelle comunità famigliari di evangelizzazione. Solo in questa relazione personale con il Cristo diventiamo uomini e donne nuove che dicono: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Lo facciamo con la consapevolezza che è Cristo il vero “tesoro” per il quale vale la pena di sacrificare tutto; Lui è l’amico che non ci abbandona perché conosce le attese più profonde del nostro cuore… per soddisfare la sete di vita e di amore che abita in ogni essere umano» (Angelus del 24/08/2008).
Mentre vi affido alla Vergine Maria, rendete piena la mia gioia! Con affetto paterno tutti benedico.

sac. Francesco Isabello, parroco

Catanzaro, 8 settembre 2008
Natività della Beata Vergine Maria

Publié dans:DIOCESI (DALLE) |on 22 février, 2009 |Pas de commentaires »

DOMENICA 22 FEBBRAIO 2009 – VII SETTIMANA DEL T.O.

DOMENICA 22 FEBBRAIO 2009 - VII SETTIMANA DEL T.O. dans BIBLE SERVICE (sito francese)

http://santiebeati.it/

DOMENICA 22 FEBBRAIO 2009 – VII SETTIMANA DEL T.O.

Seconda Lettura  2 Cor 1, 18-22
Gesù non fu «sì» e «no», ma in lui vi fu il «sì».

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, Dio è testimone che la nostra parola verso di voi non è «sì» e «no». Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunciato tra voi, io, Silvano e Timòteo, non fu «sì» e «no», ma in lui vi fu il «sì». Infatti tutte le promesse di Dio in lui sono «sì». Per questo attraverso di lui sale a Dio il nostro «Amen» per la sua gloria.
È Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo e ci ha conferito l’unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori.

DAL SITO BIBLE SERVICE:

2 Corinthiens 1,18-22
La force de ce texte est à la mesure de l’enjeu dramatique qui est engagé. Il s’agit de savoir si nous disons  » oui  » ou  » non  » à Dieu qui, une fois de plus, propose son alliance dans l’eucharistie d’aujourd’hui.

 » Le Fils de Dieu, le Christ Jésus… n’a pas été à la fois « oui » et « non » ; il n’a jamais été que « oui ».  » La vie spirituelle de chacun d’entre nous, mais aussi l’avenir de l’humanité dépend de la réponse. En vérité, la réponse est déjà engagée : nous avons déjà dit  » oui « , nous sommes déjà  » consacrés  » et  » marqués  » par le baptême et la confirmation réactualisés en chaque sacrement, mais le  » oui  » de maintenant a aussi une fécondité infinie, et c’est maintenant qu’il faut encore dire  » oui « .


2Cor 1, 18-22

La forza di questo testo si trova nel gioco drammatico in cui è coinvolto. La questione è di sapere se noi diciamo « si » o « no » a Dio che, ancora una volta, offre la sua alleanza nell’eucarestia di oggi.

« Il Figlio di Dio, Gesù Cristo…non è stato nello stesso tempo « si » e « no »; egli è stato sempre « si ».  La vita spirituale di ciascuno di noi, ma anche il futuro dell’umanità, dipende dalla risposta. In verità, la risposta è già intrapresa: abbiamo già detto ‘sì’, noi siamo già « consacrati » e « segnati » dal battesimo che la cresima attualizza di nuovo in ogni sacramento, ma « sì » di ora ha ancora una fecondità infinità, ed è per questo che di deve dire ancora, sempre « si ».

PRIMI VESPRI

Lettura breve   Eb 13, 20-21
Il Dio della pace che ha fatto tornare dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un’alleanza eterna (cfr. Zc 9, 11 gr.; Is 55, 3), il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

UFFICIO DELLE LETTURE – SECONDA LETTURA A SCELTA

Dal «Trattato sulla prima lettera di san Giovanni» di sant’Agostino, vescovo   (VII, 1. 7. 9; PL 35, 2029. 2032. 2033. 2034)

Se non vuole morire bevete la carità
Questo mondo appare a tutti i fedeli, che sono in cammino verso la patria, come appariva il deserto al popolo d’Israele. Se ne andavano vagabondi alla ricerca della patria; ma non potevano smarrirsi perché erano sotto la guida di Dio.
La strada per loro fu il comando di Dio.
Furono raminghi per quarant’anni, ma il loro viaggio si sarebbe potuto compiere in pochissime tappe, tutti lo sappiamo. Veniva rallentata la loro marcia, perché erano messi alla prova, non perché fossero abbandonati.
Quello che Dio ci promette, è una dolcezza ineffabile, un bene, come dice la Scrittura e come sovente udiste dalle nostre parole, che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore d’uomo (cfr. 1 Cor 2, 9; Is 64, 4).
Siamo messi alla prova dagli affanni terreni e riceviamo esperienza dalle tentazioni della vita presente. Ma se non vogliamo morire assetati in questo deserto, beviamo la carità. E’ la sorgente che il Signore volle far sgorgare quaggiù, perché non venissimo meno lungo la strada: ad essa attingeremo con maggiore abbondanza, quando saremo giunti alla patria.
«In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi» (1 Gv 4, 9).
Siamo esortati ad amare Dio. Lo potremmo amare, se egli non ci avesse amati per primo? Se fummo pigri nell’intraprendere l’amore, non siamo pigri nel ricambiare l’amore! Egli ci ha amato per primo e in un modo tale come neppure noi sappiamo amare noi stessi.
Amò dei peccatori, ma tolse il loro peccato: sì, amò dei peccatori, ma non li radunò in una comunità di peccato. Amò degli ammalati, ma li visitò per guarirli.
«Dio, dunque, è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo Unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui» (1 Gv 4, 8. 9).
Allo stesso modo il Signore disse: Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15, 13); e, in quella circostanza, fu verificato l’amore di Cristo verso di noi, perché egli morì per noi.
Ma l’amore del Padre verso di noi, in quale cosa ebbe la sua verifica? Nel fatto che mandò l’unico suo Figlio a morire per noi. L’Apostolo dice appunto: «Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?» (Rm 8, 32).

«Egli ha mandato il suo Figlio, come vittima di espiazione per i nostri peccati» (1 Gv 4, 10), quindi come espiatore, come sacrificatore. Offrì un sacrificio per i nostri peccati. Dove trovò l’offerta, dove trovò la vittima pura che voleva immolare? Non trovò altri all’infuori di sé, e si offerse.
«Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri» (1 Gv 4, 11).
Però, fratelli miei, quando parliamo di carità vicendevole dobbiamo guardarci dall’identificarla con la pusillanimità o con un’inerte passività. Avere la carità non significa certo essere imbelli e corrivi. Non pensate che la carità possa esistere senza una certa bontà o addirittura senza alcuna bontà. La carità autentica non è certo questo.
Non credere di amare il tuo domestico unicamente per il fatto che gli risparmi la meritata punizione, o che vuoi bene a tuo figlio solo perché lo lasci in balia di se stesso, o che porti amore al prossimo solo perché non gli fai nessuna correzione. Questa non è carità, ma mollezza.
La carità è una forza che sollecita a correggere ed elevare gli altri. La carità si diletta della buona condotta e si sforza di emendare quella cattiva. Non amare l’errore, ma l’uomo. L’uomo è da Dio, l’errore dall’uomo. Ama ciò che ha fatto Dio, non ciò che ha fatto l’uomo. Se ami veramente l’uomo lo correggi. Anche se talvolta devi mostrarti alquanto duro, fallo proprio per amore del maggior bene del prossimo.

San Giovanni Crisostomo: « Perché pensate così nei vostri cuori ? »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20090222

Meditazione del giorno

San Giovanni Crisostomo (circa 345-407), sacerdote a Antiochia poi vescovo di Costantinopoli, dottore della Chiesa
Discorsi su Matteo, n°29

« Perché pensate così nei vostri cuori ? »

Gli scribi dicevano: «Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?» Quale è la risposta del Salvatore? Ha forse disapprovato tale linguaggio. Se egli non fosse pari a Dio, avrebbe dovuto dire: «Perché attribuite a me tale pretesa?»… Ma non disse così; al contrario, confermò la dichiarazione dei suoi nemici. Rendere testimonianza a se stesso è sospetto; la verità è sostenuta meglio dalla testimonianza di altri, e non solo di amici ma più ancora di nemici… Il nostro Maestro aveva mostrato la sua potenza tramite i suoi amici quando aveva detto al lebbroso: «Lo voglio, guarisci» (Mc 1,41) e al centurione: «Presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande» (Mt 8,10). Ora fa testimoniare i suoi nemici…

Ma c’è ancora un’altra testimonianza della divinità di Cristo, del fatto cioè che è pari a Dio. Non soltanto Dio solo può rimettere i peccati, ma Dio solo può scrutare i pensieri segreti dei cuori. Leggiamo: «Avendo subito conosciuto nel suo spirito cosa pensavano tra sé, disse loro: ‘Perché pensate così nei vostri cuori?’ » Il profeta  scrive: «Solo tu conosci il cuore dei figli dell’uomo» (2 Cr 6,30); «Tu provi mente e cuore» (Sal 7,10)… «L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore» (1 S 16,7). E contemporaneamente, Gesù dà una nuova prova della sua mitezza: «Perché pensate così nei vostri cuori?»…

«Che cosa è più facile: guarire un corpo malato o perdonare le colpe dell’anima? L’anima è più elevata; le sue malattie sono più difficili da guarire. Ma poiché questa guarigione è invisibile, farò sotto i vostri occhi una guarigione visibile, benché meno importante»… Gesù solleva dunque il paralitico e lo rimanda a casa sua… Sembra dire: «Con ciò che è successo a te, avrei voluto guarire questa gente la cui anima in realtà è malata,  mentre sembrano in buona salute. Siccome essi non vogliono, va’ a casa tua; là almeno la tua guarigione porterà frutto». 

San Giovanni Damasceno: « Questi è il Figlio mio prediletto »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=readings&localdate=20090221

Meditazione del giorno
San Giovanni Damasceno (circa 675-749), monaco, teologo, dottore della Chiesa
Omelia sulla Trasfigurazione del Signore, 18 ; PG 96, 573

« Questi è il Figlio mio prediletto »

«Uscì una voce dalla nube ‘Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo!’ » (Mt 17,5). Tali sono le parole del Padre uscite dalla nube dello Spirito: «Questi è il Figlio mio prediletto, che è uomo e ha preso la forma di un uomo. Ieri si è fatto uomo, ha vissuto umilmente tra di voi; ora il suo volto risplende. Questi è il Figlio mio prediletto; era prima dei secoli. È il Figlio unigenito del Dio unico. Fuori dal tempo ed eternamente è generato da me, il Padre. Non è venuto all’esistenza dopo di me, bensì da sempre è da me, in me e con me»…

Per la benevolenza del Padre, il Figlio unigenito, suo Verbo, si è fatto carne. Per la sua benevolenza il Padre ha compiuto, nel suo Figlio unigenito, la salvezza del mondo intero. La benevolenza del Padre ha fatto l’unione di ogni cosa nel suo Figlio unigenito… Veramente è piaciuto al Maestro di ogni cosa, al Creatore che regge l’universo, di unire nel suo Figlio unigenito la divinità e l’umanità e, in essa, ogni creatura, «perché Dio sia tutto in tutti» (1 Cor 15,28).

«Questi è il Figlio mio prediletto, ‘irradiazione della mia gloria e impronta della mia sostanza’; da lui ho creato gli angeli, per lui il cielo è stato consolidato e la terra stabilita. Egli ‘sostiene tutto con la potenza della sua parola’ (Eb 1,3) e con il soffio della sua bocca, cioè con lo Spirito che guida e dona la vita. Ascoltatelo, perché chi accoglie lui accoglie me (Mc 9,37), che l’ho mandato, non in virtù del mio potere sovrano, ma come un padre. In quanto uomo infatti, è stato mandato, ma in quanto Dio, dimora in me e io in lui… Ascoltatelo, perché ha parole di vita eterna» (Gv 6,68).

SABATO 21 FEBBRAIO 2009 – VI SETTIMANA DEL T.O.

SABATO 21 FEBBRAIO 2009 – VI SETTIMANA DEL T.O.

Prima Lettura   Eb 11, 1-7
Per fede noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio.

Dalla lettera agli Ebrei
Fratelli, la fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono. Per mezzo di questa fede gli antichi ricevettero buona testimonianza.
Per fede noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sì che da cose non visibili ha preso origine quello che si vede.
Per fede Abele offrì a Dio un sacrificio migliore di quello di Caino e in base ad essa fu dichiarato giusto, attestando Dio stesso di gradire i suoi doni; per essa, benché morto, parla ancora.
Per fede Enoch fu trasportato via, in modo da non vedere la morte; e non lo si trovò più, perché Dio lo aveva portato via. Prima infatti di essere trasportato via, ricevette la testimonianza di essere stato gradito a Dio. Senza la fede però è impossibile essergli graditi; chi infatti s’accosta a Dio deve credere che egli esiste e che egli ricompensa coloro che lo cercano.
Per fede Noè, avvertito divinamente di cose che ancora non si vedevano, costruì con pio timore un’arca a salvezza della sua famiglia; e per questa fede condannò il mondo e divenne erede della giustizia secondo la fede.

LODI

Lettura Breve   Rm 12, 14-16a
Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili
.

VENERDÌ 20 FEBBRAIO 2009 – VI SETTIMANA DEL T.O.

VENERDÌ 20 FEBBRAIO 2009 – VI SETTIMANA DEL T.O.

Seconda Lettura
Dai «Trattati sulla prima lettera di Giovanni» di sant’Agostino, vescovo
(Tratt. 4, 6; PL 35, 2008-2009)

Il desiderio del cuore si spinge verso Dio
Che cosa ci è stato promesso? «Noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è » (1 Gv 3, 2). La lingua si è espressa meglio che ha potuto, ma il resto bisogna immaginarlo con la mente. Infatti cosa ha rivelato lo stesso Giovanni a paragone di colui che è , o che cosa possiamo dire noi creature che siamo così lontane dalla sua grandezza?
Ritorniamo perciò a soffermarci sulla sua unzione, su quella unzione che ci insegna interiormente quanto non siamo capaci di esprimere in parole. E poiché ora non potete avere questa visione, vostro compito è desiderarla.
L’intera vita del fervente cristiano è un santo desiderio. Ciò che poi desideri, ancora non lo vedi, ma vivendo di sante aspirazioni ti rendi capace di essere riempito quando arriverà il tempo della visione.
Se tu devi riempire un recipiente e sai che sarà molto abbondante quanto ti verrà dato, cerchi di aumentare la capacità del sacco, dell’otre o di qualsiasi altro continente adottato. Ampliandolo lo rendi più capace. Allo stesso modo si comporta Dio.
Facendoci attendere, intensifica il nostro desiderio, col desiderio dilata l’animo e, dilatandolo, lo rende più capace.
Cerchiamo, quindi, di vivere in un clima di desiderio perché dobbiamo essere riempiti. Considerate l’apostolo Paolo che dilata il suo animo, per poter ricevere ciò che verrà. Dice infatti: «Fratelli, io non ritengo ancora di esservi giunto» (Fil 3, 13).
Allora che cosa fai in questa vita, se non sei arrivato alla pienezza del desiderio? «Questo soltanto so: Dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la meta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù» (Fil 3, 13-14). Paolo ha dichiarato di essere proteso verso il futuro e di tendervi pienamente. Era consapevole di non essere ancora capace di ricevere «quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo» (1 Cor 2, 9).
La nostra vita è una ginnastica del desiderio. Il santo desiderio sarà tanto più efficace quanto più strapperemo le radici della vanità ai nostri desideri. Già abbiamo detto altre volte che per essere riempiti bisogna prima svuotarsi. Tu devi essere riempito dal bene, e quindi devi liberarti dal male. Supponi che Dio voglia riempirti di miele? Bisogna liberare il vaso da quello che conteneva, anzi occorre pulirlo. Bisogna pulirlo magari con fatica e impegno, se occorre, perché sia idoneo a ricevere qualche cosa.
Quando diciamo miele, oro, vino, ecc., non facciamo che riferirci a quell’unica realtà che vogliamo enunziare, ma che è indefinibile.
Questa realtà si chiama Dio. E quando diciamo Dio, che cosa vogliamo esprimere? Queste due sillabe sono tutto ciò che aspettiamo. Perciò qualunque cosa siamo stati capaci di spiegare è al di sotto della realtà. Protendiamoci verso di lui perché ci riempia quando verrà. «Noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è » (1 Gv 3, 2).

LODI

Lettura Breve   Ef 2, 13-16
Ora, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia.

VESPRI

Lettura breve   1 Cor 2, 7-10a
Parliamo di una sapienza divina, misteriosa, che è rimasta nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo ha potuto conoscerla; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Sta scritto infatti: Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano (cfr. Is 64,4). Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito.

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