Parrocchia San Biagio, Catanzaro – Tracce di riflessione su San Paolo
dal sito:
http://www.duomocatanzaro.org/lettere_pastorali/duomo_settembre_2008.pdf
PARROCCHIA DELLA CATTEDRALE
PARROCCHIA DI S. BIAGIO
CATANZARO
TRACCE DI RIFLESSIONE SU SAN PAOLO
Alla Comunità parrocchiale
Carissimi,
nell’anno che la Chiesa dedica all’apostolo Paolo ho pensato di attingere dalla sua vita alcune tracce di riflessione per la vita personale e della Comunità. Vi parlo però non come maestro, ma come fratello nella fede e per il ministero come padre.
«Se c’è pertanto qualche consolazione in Cristo,
se c’è conforto derivante dalla carità,
se c’è qualche comunanza di spirito,
se ci sono sentimenti di amore e di compassione,
rendete piena la mia gioia
con l’unione dei vostri spiriti,
con la stessa carità,
con i medesimi sentimenti.
Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria,
ma ciascuno di voi, con tutta umiltà,
consideri gli altri superiori a se stesso,
senza cercare il proprio interesse,
ma anche quello degli altri.» (Fil 2,1-4)
Questa lettera fu scritta da Paolo alla prima comunità cristiana d’Europa che aveva fondato a Filippi, in Macedonia. Paolo scriveva loro “vi amo teneramente nel cuore di Cristo” (Fil. 1,8). L’apostolo Paolo è un uomo ipersensibile, ha un amore grande per Gesù; l’incontro con Cristo ha aperto orizzonti nuovi e inattesi che hanno fatto impallidire tutta le cose di prima «dimentico del passato e proteso verso il futuro corro verso la meta» (Fil. 3,13). Una corsa che non è giunta al traguardo, da buon corridore Paolo non guarda indietro, ma è tutto proteso in avanti aperto al nuovo, convinto che solo un vero incontro con il Cristo è capace di rinnovare l’esistente, di questo scrive alla comunità di Filippi; in quanto Parola di Dio essa parla anche a noi. Paolo – prigioniero, afferrato da Cristo -chiede l’unità; se amano “il padre” della comunità devono spendere tutte le energie nel vivere in unità gli uni con gli altri, non avendo che una sola anima, un solo cuore e un solo spirito, senza lasciarsi prendere dalla vanagloria, che fa si che ognuno si metta al primo posto; non devono esserci dispute o mormorazioni, devono cercare sempre gli interessi degli altri piuttosto che i propri, devono considerare gli altri migliori di loro stessi e questo rende piena la gioia dell’Apostolo e della Comunità. Nel nostro mondo, tutto quanto tende a rompere la comunione e questo non solo nella Chiesa, ma anche nel vivere quotidiano. Il nostro mondo è spezzato in ciò che è di più profondamente umano, la capacità di relazioni permanenti e fedeli nelle quali la comunione diventa il luogo, lo stile permanente del vivere, dove non ci si trova semplicemente per collaborare o fare qualcosa insieme, ma per celebrare l’unità, l’amore, l’appartenenza, l’amicizia: è in questo continuo giocarsi nelle relazioni che si costruisce un mondo nuovo. Tutto inizia da quando un io e un tu si accolgono e diventano un noi. Tutta la persona ha un suo linguaggio che ne rivela l’interiorità: il linguaggio del volto, dello sguardo, della voce, delle mani, tutto dovrebbe dire “Tu sei importante per me”; chi tutto riceve da Dio ha assunto con gli altri un enorme debito di gratitudine che non si riesce mai ad assolvere, che anzi si aggrava per i continui peccati di egoismo: si nota anche in mezzo a noi la tentazione di un riflusso al “privato” ad un “ciao” stanco; ad un sorriso forzato che ne nasconde quella carica di umanità che ci ha sempre contraddistinto. Creando relazioni vere si costruisce un sereno ambiente: senza amore la vita intristisce e muore come una pianta senza acqua e senza sole; corriamo il rischio di preferire di starcene tranquilli, da soli o con pochi amici, nel grigiore della mediocrità, senza sprigionare dal nostro essere tutte quelle potenzialità che ci sono state date per vivere e crescere nella vera vita, quella dello Spirito, costruendo una comunità cristiana e civile che sa coltivare i valori dell’amore e della comunione facendosi riconoscere per “discepoli del Signore”.
Chi si “dona” permette a Cristo di mostrarsi vivo e alla Chiesa–parrocchia, di vivere nella casa e negli ambienti di vita, amando con i fatti, non lasciando andare sciupata neanche una briciola dell’esistenza, non permettendo che neanche un istante trascorra invano… tutto riconosciuto come dono offerto per i fratelli! “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere” (At 20,35). Ma chi è l’altro? Con chi devo relazionarmi? Sono i membri della tua famiglia, il datore di lavoro, gli amici, i membri della comunità con le loro diversità e i loro limiti: ad es. il fratello che ci contrasta o che ci irrita per il suo troppo zelo, che ci infastidisce per la sua voglia di mettersi in mostra. Solo quando “amo” quando mi relaziono con gli altri che “vivo” un’esistenza vera e gli altri esistono davanti a me, prendono consistenza, rilievo e importanza: altrimenti resto povero, scialbo, come ombra cui non si attribuisce importanza. La lettera di Paolo è stata definita la “lettera della tenerezza”, se ci guardiamo con serenità, scopriamo che c’è dentro di noi una parte legata all’amore e alla tenerezza che non riesce a venire fuori, forse perché ferita… La Chiesa e la Comunità, in forza dello Spirito, sono il luogo dei passaggi verso l’amore, sono il luogo dove le relazioni grazie a questa Presenza, possono guarire; questi passaggi dall’egoismo all’amore e all’unità, dalla paura dell’altro alla fiducia, il passaggio dalla vanagloria alla gloria di Dio, non sono facili, ma in Comunità si viene come ad una scuola d’amore, per essere spogliati dall’uomo vecchio e rivestire l’uomo nuovo… per avere gli stessi sentimenti di Cristo e gustare la vera gioia; ad imitazione di Paolo da cui traspare amicizia, affetto, gioia, un animo completamente nuovo riempito dall’amore di Cristo. Solo l’avvenimento, l’incontro forte con Cristo è la chiave per capire cosa è successo nel cuore di Paolo, quell’incontro a Damasco gli ha permesso di relazionarsi in maniera nuova con il mondo, la gente: tutti porta nel cuore, tutti chiama per nome, è capace di “farsi tutto a tutti”. Gesù non si mostra a noi luminoso come ha fatto con Paolo, non ci fa cadere da cavallo, ma anche noi possiamo incontrare Cristo nella lettura della Bibbia, nella preghiera, nella vita liturgica della Chiesa, nel servizio ai fratelli, nella pastorale ordinaria, nei gruppi, nella catechesi, nelle comunità famigliari di evangelizzazione. Solo in questa relazione personale con il Cristo diventiamo uomini e donne nuove che dicono: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Lo facciamo con la consapevolezza che è Cristo il vero “tesoro” per il quale vale la pena di sacrificare tutto; Lui è l’amico che non ci abbandona perché conosce le attese più profonde del nostro cuore… per soddisfare la sete di vita e di amore che abita in ogni essere umano» (Angelus del 24/08/2008).
Mentre vi affido alla Vergine Maria, rendete piena la mia gioia! Con affetto paterno tutti benedico.
sac. Francesco Isabello, parroco
Catanzaro, 8 settembre 2008
Natività della Beata Vergine Maria
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