DOMENICA 22 FEBBRAIO 2009 – VII SETTIMANA DEL T.O.
DOMENICA 22 FEBBRAIO 2009 – VII SETTIMANA DEL T.O.
Seconda Lettura 2 Cor 1, 18-22
Gesù non fu «sì» e «no», ma in lui vi fu il «sì».
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, Dio è testimone che la nostra parola verso di voi non è «sì» e «no». Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunciato tra voi, io, Silvano e Timòteo, non fu «sì» e «no», ma in lui vi fu il «sì». Infatti tutte le promesse di Dio in lui sono «sì». Per questo attraverso di lui sale a Dio il nostro «Amen» per la sua gloria.
È Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo e ci ha conferito l’unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori.
DAL SITO BIBLE SERVICE:
2 Corinthiens 1,18-22
La force de ce texte est à la mesure de l’enjeu dramatique qui est engagé. Il s’agit de savoir si nous disons » oui » ou » non » à Dieu qui, une fois de plus, propose son alliance dans l’eucharistie d’aujourd’hui.
» Le Fils de Dieu, le Christ Jésus… n’a pas été à la fois « oui » et « non » ; il n’a jamais été que « oui ». » La vie spirituelle de chacun d’entre nous, mais aussi l’avenir de l’humanité dépend de la réponse. En vérité, la réponse est déjà engagée : nous avons déjà dit » oui « , nous sommes déjà » consacrés » et » marqués » par le baptême et la confirmation réactualisés en chaque sacrement, mais le » oui » de maintenant a aussi une fécondité infinie, et c’est maintenant qu’il faut encore dire » oui « .
2Cor 1, 18-22
La forza di questo testo si trova nel gioco drammatico in cui è coinvolto. La questione è di sapere se noi diciamo « si » o « no » a Dio che, ancora una volta, offre la sua alleanza nell’eucarestia di oggi.
« Il Figlio di Dio, Gesù Cristo…non è stato nello stesso tempo « si » e « no »; egli è stato sempre « si ». La vita spirituale di ciascuno di noi, ma anche il futuro dell’umanità, dipende dalla risposta. In verità, la risposta è già intrapresa: abbiamo già detto ‘sì’, noi siamo già « consacrati » e « segnati » dal battesimo che la cresima attualizza di nuovo in ogni sacramento, ma « sì » di ora ha ancora una fecondità infinità, ed è per questo che di deve dire ancora, sempre « si ».
PRIMI VESPRI
Lettura breve Eb 13, 20-21
Il Dio della pace che ha fatto tornare dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un’alleanza eterna (cfr. Zc 9, 11 gr.; Is 55, 3), il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.
UFFICIO DELLE LETTURE – SECONDA LETTURA A SCELTA
Dal «Trattato sulla prima lettera di san Giovanni» di sant’Agostino, vescovo (VII, 1. 7. 9; PL 35, 2029. 2032. 2033. 2034)
Se non vuole morire bevete la carità
Questo mondo appare a tutti i fedeli, che sono in cammino verso la patria, come appariva il deserto al popolo d’Israele. Se ne andavano vagabondi alla ricerca della patria; ma non potevano smarrirsi perché erano sotto la guida di Dio.
La strada per loro fu il comando di Dio.
Furono raminghi per quarant’anni, ma il loro viaggio si sarebbe potuto compiere in pochissime tappe, tutti lo sappiamo. Veniva rallentata la loro marcia, perché erano messi alla prova, non perché fossero abbandonati.
Quello che Dio ci promette, è una dolcezza ineffabile, un bene, come dice la Scrittura e come sovente udiste dalle nostre parole, che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore d’uomo (cfr. 1 Cor 2, 9; Is 64, 4).
Siamo messi alla prova dagli affanni terreni e riceviamo esperienza dalle tentazioni della vita presente. Ma se non vogliamo morire assetati in questo deserto, beviamo la carità. E’ la sorgente che il Signore volle far sgorgare quaggiù, perché non venissimo meno lungo la strada: ad essa attingeremo con maggiore abbondanza, quando saremo giunti alla patria.«In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi» (1 Gv 4, 9).
Siamo esortati ad amare Dio. Lo potremmo amare, se egli non ci avesse amati per primo? Se fummo pigri nell’intraprendere l’amore, non siamo pigri nel ricambiare l’amore! Egli ci ha amato per primo e in un modo tale come neppure noi sappiamo amare noi stessi.
Amò dei peccatori, ma tolse il loro peccato: sì, amò dei peccatori, ma non li radunò in una comunità di peccato. Amò degli ammalati, ma li visitò per guarirli.
«Dio, dunque, è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo Unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui» (1 Gv 4, 8. 9).
Allo stesso modo il Signore disse: Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15, 13); e, in quella circostanza, fu verificato l’amore di Cristo verso di noi, perché egli morì per noi.
Ma l’amore del Padre verso di noi, in quale cosa ebbe la sua verifica? Nel fatto che mandò l’unico suo Figlio a morire per noi. L’Apostolo dice appunto: «Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?» (Rm 8, 32).
«Egli ha mandato il suo Figlio, come vittima di espiazione per i nostri peccati» (1 Gv 4, 10), quindi come espiatore, come sacrificatore. Offrì un sacrificio per i nostri peccati. Dove trovò l’offerta, dove trovò la vittima pura che voleva immolare? Non trovò altri all’infuori di sé, e si offerse.
«Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri» (1 Gv 4, 11).
Però, fratelli miei, quando parliamo di carità vicendevole dobbiamo guardarci dall’identificarla con la pusillanimità o con un’inerte passività. Avere la carità non significa certo essere imbelli e corrivi. Non pensate che la carità possa esistere senza una certa bontà o addirittura senza alcuna bontà. La carità autentica non è certo questo.
Non credere di amare il tuo domestico unicamente per il fatto che gli risparmi la meritata punizione, o che vuoi bene a tuo figlio solo perché lo lasci in balia di se stesso, o che porti amore al prossimo solo perché non gli fai nessuna correzione. Questa non è carità, ma mollezza.
La carità è una forza che sollecita a correggere ed elevare gli altri. La carità si diletta della buona condotta e si sforza di emendare quella cattiva. Non amare l’errore, ma l’uomo. L’uomo è da Dio, l’errore dall’uomo. Ama ciò che ha fatto Dio, non ciò che ha fatto l’uomo. Se ami veramente l’uomo lo correggi. Anche se talvolta devi mostrarti alquanto duro, fallo proprio per amore del maggior bene del prossimo.
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