dal sito:
http://www.augustinus.it/italiano/discorsi/index2.htm
SANT’AGOSTINO – DISCORSO 157
DALLE PAROLE DELL’APOSTOLO (ROM 8, 24-25):
» NELLA SPERANZA NOI SIAMO STATI SALVATI
SE CIÒ CHE SI SPERA SI VEDE NON È SPERANZA »
La speranza dei cristiani riguarda le realtà eterne. Si crede al mondo che inganna, non a Dio.
1. Fratelli carissimi, la Santità vostra ricorda come ha detto l’Apostolo: Siamo stati salvati nella speranza. Ma se ciò che si spera – egli dice – si vede, non è speranza, poiché come sperare quel che uno vede? Ma se non vediamo ciò che speriamo, attendiamo con perseveranza (1). Lo stesso Signore Dio nostro, cui si dice nel Salmo: Sei tu la mia speranza, la mia porzione nella terra dei viventi (2), ci spinge a rivolgervi in proposito un discorso che sia, insieme, di esortazione e di consolazione. Egli, ripeto, che è la nostra speranza nella terra dei viventi, ci comanda di parlarvi in questa terra di chi muore, perché non siate intenti a riguardare le cose che si vedono, ma quelle che non si vedono. Quelle che si vedono sono infatti temporali, quelle invece che non si vedono sono eterne (3). Perché appunto speriamo ciò che non vediamo, e lo attendiamo con perseveranza, a ragione ci viene detto nel Salmo: Non lasciar cadere la speranza nel Signore, sii forte, e si rinfranchi il tuo cuore, e attendi paziente il Signore (4). Le promesse del mondo ingannano sempre; le promesse di Dio, invece, non ingannano mai. Ma poiché il mondo sembra che darà quaggiù ciò che offre, cioè in questa terra di chi muore, nella quale ci troviamo, e Dio, invece, ci darà ciò che offre nella terra dei viventi, molti si stancano di attendere lui verace e non si vergognano di amare l’ingannatore. Di questi tali dice la Scrittura: Guai a quelli che hanno perduto la pazienza, hanno deviato verso cattive direzioni (5)
poiché i figli della morte eterna, vantando le loro gioie temporali, che per il momento dolcificano il loro palato e che in seguito troveranno certo più amare del fiele, non cessano d’insultare anche coloro che si comportano virilmente e, con il cuore rinfrancato, pazienti attendono Dio. Ci dicono infatti: Dov’è ciò che vi è promesso dopo questa vita? Chi è tornato di là ed ha reso noto che sono vere le cose che credete? Ecco, noi ci rallegriamo dell’abbondanza dei nostri godimenti, perché speriamo ciò che vediamo; voi, invece, vi torturate nei travagli della continenza, credendo ciò che non vedete. Quindi soggiungono quello che ha ricordato l’Apostolo: Mangiamo e beviamo, perché domani moriremo. Ma notate da che cosa egli ha avvertito ci si debba guardare: Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi; siate sobri, giusti, e non peccate (6).
Necessità della pazienza e della mansuetudine.
2. Perciò, fratelli, state in guardia affinché i vostri costumi non siano corrotti da tali incontri, non si rovesci la speranza, non si estenui la perseveranza e non deviate verso cattive direzioni. Al contrario, seguite inoltre costantemente, umili e buoni, le vie giuste che il Signore vi fa conoscere, delle quali parla il Salmo: Guiderà gli umili secondo giustizia, insegnerà ai docili le sue vie (7). Nessuno, nelle fatiche di questa vita, può davvero durare di continuo nella pazienza, senza la quale non può essere custodita la speranza nella vita futura, se non l’umile e il mansueto; chi non oppone resistenza alla volontà di Dio, il cui giogo è soave e il peso leggero per coloro, però, che credono a Dio e sperano in lui e lo amano. In tal modo veramente voi, umili e mansueti, amerete non solo le sue consolazioni, ma da buoni figli, saprete tollerare anche i suoi castighi, per essere in attesa con perseveranza, dal momento che non vedete ciò che sperate. Comportatevi così, andate avanti così. Voi infatti camminate in Cristo, che disse: Io sono la via (8) prendete come si debba camminare in lui non solo dalla sua parola, ma anche dal suo esempio. Il Padre infatti non ha risparmiato lui, il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi; egli non era certo contrario, né era per il rifiuto, ma in perfetto accordo di volontà; poiché una sola è la volontà del Padre e del Figlio, secondo l’uguaglianza della natura di Dio. Pur essendo in essa, il Figlio non ritenne un’appropriazione indebita l’essere uguale a Dio; ma, in obbedienza inaudita annientò se stesso, assumendo la condizione di servo (9) poiché egli ci ha amati e ha dato, per noi, se stesso, offerta e sacrificio di soave odore (10). Così dunque il Padre non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, perché anch’egli, il Figlio, donasse se stesso per noi.
Noi vediamo, in Colui che è nostro capo, ciò che speriamo.
3. Pertanto è stato consegnato lui, l’Eccelso, per mezzo del quale sono state create tutte le cose; consegnato per la forma di servo all’obbrobrio degli uomini, al disprezzo del popolo, al disonore, ai flagelli, alla morte di croce; mediante l’esempio della sua passione ci ha insegnato con quanta pazienza dobbiamo camminare in lui; mediante l’esempio della sua risurrezione ci ha assicurato che cosa dobbiamo sperare da lui con perseveranza. Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza (11). Noi speriamo quello che in verità non vediamo; siamo però nel corpo di quel capo, nel quale è già diventato perfetto ciò che speriamo. Di lui infatti è stato detto come egli sia il capo del corpo, la Chiesa, il primogenito, colui che ha il primato (12). E a nostro riguardo è stato detto: Ma voi siete il corpo di Cristo, e le membra (13). Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza, sicuri; poiché chi è risuscitato è il nostro capo, custodisce la nostra speranza. E per il fatto che prima di risorgere il nostro capo è stato flagellato, ha consolidato la nostra pazienza. E’ stato scritto infatti: Il Signore corregge colui che egli ama, e sferza chiunque riceve come figlio (14). Pertanto, non veniamo meno sotto la sferza per godere della risurrezione. E’ infatti così vero che egli sferza chiunque riceve come figlio, che neppure ha risparmiato il suo Unigenito, ma lo ha dato per tutti noi. Quindi, tenendo presente lui che senza colpa fu flagellato e morì per i nostri peccati ed è risuscitato per la nostra giustificazione, non abbiamo timore, per non tirarci indietro se sferzati, ma piuttosto abbiamo fiducia di essere ricevuti giustificati.
Neppure ora ci manca la gioia. Di breve durata le soddisfazioni che dà il peccato.
4. Sebbene non sia ancora giunta infatti la pienezza della nostra felicità, neppure al presente, tuttavia, siamo stati lasciati senza gioia; evidentemente siamo stati salvati nella speranza. Perciò, anche lo stesso Apostolo che afferma: Se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza (15), in un altro passo dice: Lieti nella speranza, pazienti nella tribolazione (16). Avendo quindi una tale speranza, ci comportiamo con molta sicurezza (17). E il nostro dire abbia sapore di sale nella grazia per comprendere come bisogna rispondere a ciascuno (18)! A coloro che, avendo perduto la pazienza, o non avendola mai avuta, hanno perfino l’ardire d’insultare noi che speriamo nel Signore (perché sperando ciò che non vediamo, lo attendiamo costanti) mentre dovrebbero imitare, dobbiamo proprio dire: Dove sono i vostri godimenti, per i quali seguite cattivi sentieri? Non diciamo dove saranno dopo questa vita, ma adesso dove sono? Quando l’oggi ha portato via il giorno di ieri, e il domani cancellerà l’oggi, quale, delle cose amate, non passa e non vola via? Cosa non fugge quasi prima che si colga, se non si può trattenere neppure una sola ora del giorno di oggi? In tal modo infatti l’ora seconda viene allontanata dalla terza, come l’ora di prima viene allontanata dalla seconda. Di una stessa sola ora, che sembra presente, niente è attuale: infatti tutte le sue parti e tutti i suoi attimi sono fuggevoli.
Vanità delle cose temporali.
5. Perché commette il peccato l’uomo, se quando pecca non è cieco? Almeno, dopo aver peccato, rifletta. Poteva notare che il piacere fuggevole si desidera senza discernimento; almeno una volta trascorso si pensa con pentimento. Ci deridete perché speriamo le realtà eterne, che non vediamo; mentre voi, soggetti alle cose temporali visibili, non sapete quale domani spunti per voi; spesso, sperandolo felice, trovate un brutto giorno; neppure, se è stato felice, potreste trattenerlo per non farlo scomparire. Vi burlate di noi perché speriamo le realtà eterne; queste, quando saranno venute, non passeranno, per quanto non siano esse a venire, ma sono senza fine immutabili. Siamo noi, invece, che andremo ad esse quando, muovendo sulla via del Signore, avremo oltrepassato queste cose transitorie. Quanto a voi, in realtà, le cose temporali sono oggetto di continua speranza, eppure le cose sperate v’ingannano ad ogni istante; non cessano d’infiammarvi, se previste; di corrompervi, se presenti; di tormentarvi, se passano. Non sono appunto quelle che, desiderate si accendono, possedute perdono di valore, perdute si dileguano? Serviamocene anche noi secondo la necessità di questa vita di pellegrini ma non fondiamo in esse le nostre gioie, per non essere scalzati dalla loro rovina. Usiamo appunto di questo mondo come non usandone (19), per giungere a Dio che ha fatto questo mondo, e restiamo in lui, godendo della sua eternità.
La certezza della nostra speranza.
6. Ora com’è che voi dite: Di là chi è tornato quaggiù, e chi ha fatto conoscere agli uomini che si fa negli inferi? Ma di qui vi ha chiuso la bocca colui che ha risuscitato il morto di quattro giorni (20), ed egli è risorto il terzo giorno per non più morire; e prima di morire, come colui al quale nulla è nascosto, anche nella parabola del povero nel riposo e del ricco che arde nel fuoco (21), narrò quale vita attende i morenti. Ma quelli che dicono: Chi è tornato quaggiù dall’al di là? non credono queste cose. Vogliono far intendere di essere disposti a credere se qualcuno dei loro antenati tornasse in vita. Ma è maledetto l’uomo che ripone la sua speranza nell’uomo (22). Proprio per questo Dio fatto uomo volle morire e risorgere, per dimostrare nella carne dell’uomo quello che anche per l’uomo si realizzerebbe in futuro e, nondimeno, ci si fidasse di Dio, non dell’uomo. E veramente è già davanti ai loro occhi la Chiesa dei fedeli diffusa in tutto il mondo. La leggano promessa, tanti secoli prima, ad un solo uomo, il quale credette contro ogni speranza che sarebbe diventato padre di molti popoli (23). Pertanto ciò che fu promesso al solo Abramo per la sua fede, lo vediamo già compiuto, e disperiamo che si realizzerà ciò che viene promesso al mondo intero che è nella fede? Continuino pure e dicano: Mangiamo e beviamo, perché domani moriremo (24). Quelli dicono ancora che domani moriranno, ma quando dicono tali cose la verità li ha trovati già morti. Voi invece, fratelli, figli della risurrezione, concittadini dei santi angeli, eredi di Dio e coeredi di Cristo, guardatevi dall’imitare quelli che sperando muoiono domani ed oggi sono sepolti nell’intemperanza. Ma, come dice appunto l’Apostolo, perché le cattive compagnie non corrompano i vostri buoni costumi, siate sobri, giusti e non peccate (25), percorrendo la via stretta, ma sicura, che conduce alla pienezza della Gerusalemme del cielo, la nostra madre, che è eterna; indefettibilmente sperate ciò che non vedete, attendete nella perseveranza ciò che non avete ancora, perché con assoluta fiducia voi ritenete Cristo come colui che promette veracemente.
NOTE
1 – Rm 8, 24.
2 – Sal 141, 6.
3 – Cf. 2 Cor 4, 18.
4 – Sal 26, 14.
5 – Sir 2, 16.
6 – 1 Cor 15, 32-34.
7 – Sal 24, 9.
8 – Gv 14, 6.
9 – Cf. Fil 2, 6-7.
10 – Ef 5, 2.
11 – Rm 8, 25.
12 – Col 1, 18.
13 – 1 Cor 12, 27.
14 – Eb 12, 6.
15 – Rm 8, 25.
16 – Rm 12, 12.
17 – 2 Cor 3, 12.
18 – Col 4, 6.
19 – Cf. 1 Cor 7, 31.
20 – Cf. Gv 11, 39-44.
21 – Cf. Lc 16, 19-31.
22 – Ger 17, 5.
23 – Cf. Rm 4, 18.
24 – 1 Cor 15, 32.
25 – 1 Cor 15, 34.