Archive pour janvier, 2009

Beato Guerrico d’Igny: « Ecco mia madre e i miei fratelli »

dal sito:

http://www.vangelodelgiorno.org/www/main.php?language=IT&ordo=&localTime=01/27/2009#

Beato Guerrico d’Igny (circa 1080-1157), abate cistercense
Discorso per la Natività della Beata Vergine Maria, § 3-4 ; SC 202, 491

« Ecco mia madre e i miei fratelli »
Il Vangelo ci mostra il volto più bello di Cristo, cioè la sua vita e l’insegnamento che ha dato con la sua parola e con il suo esempio. Conoscere Cristo sotto questa forma costituisce, nella vita presente, la devozione dei cristiani… Per questo Paolo, sapendo che «la carne non giova a nulla senza lo Spirito che dà la vita» (Gv 6,63), non vuole più conoscere Cristo secondo la carne (2 Cor 5,16) per rivolgersi completamente verso colui che è lo Spirito datore di vita (1 Cor 15,45);

Ora, Maria sembra condividere questo sentimento quando, desiderando fare entrare nel cuore di tutti il Diletto nato dal suo seno, l’Amato dei suoi desideri, lo descrive non secondo la carne, ma secondo lo Spirito. Anche lei sembra dire, con Paolo: «Anche se ho conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosco più così» (2 Cor 5,16). Desidera infatti anche lei, formare il suo Figlio unico in tutti i suoi figli adottivi. Per cui, pur essendo già stati generati dalla parola di verità (Gc 1,18), Maria non smette per questo di darli alla luce ogni giorno, grazie ai desideri e alla sollecitudine della sua tenerezza materna, finché arrivino «allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità» di suo Figlio (Ef 4,13), che lei ha una volta per tutte partorito e messo al mondo….

Per cui ci fa l’elogio del frutto del suo seno con queste parole: «Io sono la madre del puro amore, del timore, della conoscenza e della degna speranza» (Sir 24,24 volg.). – È forse questi, tuo figlio, o Vergine delle vergini? È forse lui, il tuo Diletto, o «tu la più bella fra le donne» (Ct 5,9)?  « Certo, questi è il mio Diletto; e questi è il mio figlio, o figlie di Gerusalemme (vs.16). In lui, mio Diletto, è il puro amore, e in chi è nato da lui, il mio Diletto, è il puro amore, il timore, la speranza e la conoscenza».

LUNEDÌ 26 GENNAIO 2009 – III SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

LUNEDÌ 26 GENNAIO 2009 – III SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

SS. TIMOTEO E TITO (m)

MESSA DEL GIORNO

Prima Lettura  2 Tm 1,1-8

Mi ricordo della tua fede schietta.
 
Dalla seconda Lettera di san Paolo apostolo a Timòteo

Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, per annunziare la promessa della vita in Cristo Gesù, al diletto figlio Timòteo: grazia, misericordia e pace da parte di Dio Padre e di Cristo Gesù Signore nostro.
Ringrazio Dio, che io servo con coscienza pura come i miei antenati, ricordandomi sempre di te nelle mie preghiere, notte e giorno; mi tornano alla mente le tue lacrime e sento la nostalgia di rivederti per essere pieno di gioia. Mi ricordo infatti della tua fede schietta, fede che fu prima nella tua nonna Lòide, poi in tua madre Eunìce e ora, ne sono certo, anche in te.
Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza.
Non vergognarti dunque della testimonianza da rendere al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma soffri anche tu insieme con me per il vangelo, aiutato dalla forza di Dio. 

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dalle «Omelie» di san Giovanni Crisostomo, vescovo
(Om. 2, Panegirico di san Paolo; PG 50, 480-484)

Ho combattuto la buona battaglia
Paolo se ne stava nel carcere come se stesse in cielo e riceveva percosse e ferite più volentieri di coloro che ricevono il palio nelle gare: amava i dolori non meno dei premi, perché stimava gli stessi dolori come fossero ricompense; perciò li chiamava anche una grazia divina. Ma sta’ bene attento in qual senso lo diceva: Certo era un premio essere sciolto dal corpo ed essere con Cristo (cfr. Fil 1, 23), mentre restare nel corpo era una lotta continua; tuttavia per amore di Cristo rimandava il premio per poter combattere: cosa che giudicava ancor più necessaria.
L’essere separato da Cristo costituiva per lui lotta e dolore, anzi assai più che lotta e dolore. Essere con Cristo era l’unico premio al di sopra di ogni cosa. Paolo per amore di Cristo preferì la prima cosa alla seconda.
Certamente qui qualcuno potrebbe obiettare che Paolo riteneva tutte queste realtà soavi per amore di Cristo. Certo, anch’io ammetto questo, perché quelle cose che per noi sono fonti di tristezza, per lui erano invece fonte di grandissimo piacere. Ma perché io ricordo i pericoli e i travagli? Poiché egli si trovava in grandissima afflizione e per questo diceva: «Chi è debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo che io non ne frema?» (2 Cor 11, 29).
Ora, vi prego, non ammiriamo soltanto, ma anche imitiamo questo esempio così magnifico di virtù. Solo così infatti potremo essere partecipi dei suoi trionfi.
Se qualcuno si meraviglia perché abbiamo parlato così, cioè che chiunque avrà i meriti di Paolo avrà anche i medesimi premi, può ascoltare lo stesso Apostolo che dice: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno, e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione» (2 Tm 4, 7-8). Puoi vedere chiaramente come chiama tutti alla partecipazione della medesima gloria.
Ora, poiché viene presentata a tutti la medesima corona di gloria, cerchiamo tutti di diventare degni di quei beni che sono stati promessi.
Non dobbiamo inoltre considerare in lui solamente la grandezza e la sublimità delle virtù e la tempra forte e decisa del suo animo, per la quale ha meritato di arrivare ad una gloria così grande, ma anche la comunanza di natura, per cui egli è come noi in tutto. Così anche le cose assai difficili ci sembreranno facili e leggere e, affaticandoci in questo tempo così breve, porteremo quella corona incorruttibile ed immortale, per grazia e misericordia del Signore nostro Gesù Cristo, a cui appartiene la gloria e la potenza ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.

Responsorio   Cfr. 1 Tm 6, 11-12; Tt 2, 1
R. Tu, uomo di Dio, tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza; * combatti la buona battaglia della fede, per raggiungere la vita eterna.
V. Insegna tutto ciò che è conforme alla sana dottrina;
R. combatti la buona battaglia della fede, per raggiungere la vita eterna.

LODI

Lettura Breve   Eb 13, 7-9a
Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; considerando attentamente l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede. Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! Non lasciatevi sviare da dottrine varie e peregrine.

Papa Benedetto XVI: Santi Timoteo e Tito, successori degli apostoli

dal sito:

http://www.vangelodelgiorno.org/www/main.php?language=IT&localTime=01/26/2009#

Papa Benedetto XVI
Udienza del 03/05/2006

Santi Timoteo e Tito, successori degli apostoli


La comunità, nata dall’annuncio evangelico, si riconosce convocata dalla parola di coloro che per primi hanno fatto esperienza del Signore e da Lui sono stati inviati. Essa sa di poter contare sulla guida dei Dodici, come anche su quella di coloro che essi via via si associano come successori nel ministero della Parola e nel servizio alla comunione. Di conseguenza, la comunità si sente impegnata a trasmettere ad altri la «lieta notizia» della presenza attuale del Signore e del suo mistero pasquale, operante nello Spirito.

Lo si vede ben evidenziato in alcuni passi dell’epistolario paolino: «Vi ho trasmesso quello che anch’io ho ricevuto» (1 Cor 15,3). E questo è importante. San Paolo, si sa, originariamente chiamato da Cristo con una vocazione personale, è un vero Apostolo e tuttavia anche per lui conta fondamentalmente la fedeltà a quanto ha ricevuto. Egli non voleva «inventare» un nuovo cristianesimo, per così dire, «paolino». Insiste perciò: «Vi ho trasmesso quello che anch’io ho ricevuto». Ha trasmesso il dono iniziale che viene dal Signore ed è la verità che salva. Poi, verso la fine della vita, scrive a Timoteo: «Custodisci il buon deposito con l’aiuto dello Spirito Santo che abita in noi» (2 Tm 1,14).

Lo mostra con efficacia anche questa antica testimonianza della fede cristiana, scritta da Tertulliano verso l’anno 200: «(Gli Apostoli) sul principio affermarono la fede in Gesù Cristo e stabilirono Chiese per la Giudea e subito dopo, sparsi per il mondo, annunziarono la medesima dottrina e una medesima fede alle nazioni e quindi fondarono Chiese presso ogni città. Da queste poi le altre Chiese mutuarono la propaggine della loro fede e i semi della dottrina, e continuamente la mutuano per essere appunto Chiese. In questa maniera anche esse sono ritenute apostoliche come discendenza delle Chiese degli apostoli».

Santa Teresa Benedetta della Croce: « Essi, lasciando il loro padre sulla barca… lo seguirono »

dal sito:

http://www.vangelodelgiorno.org/www/main.php?language=IT&localTime=01/25/2009#

Santa Teresa Benedetta della Croce [Edith Stein] (1891-1942), carmelitana, martire, compatrona d’Europa
Per la prima professione di sr Myriam di Santa-Teresa

« Essi, lasciando il loro padre sulla barca… lo seguirono »
Chi si lascia guidare come un bambino dalle redini della santa obbedienza, giungerà al Regno di Dio promesso ai «bambini» (Mt 18,4). Questa obbedienza ha condotto Maria, figlia di re, della casa di Davide, alla modesta casetta del povero carpentiere di Nàzaret; ha spinto le due persone più sante del mondo fuori dalle mura protettive del loro umile focolare per gettarli sulle strade, fino alla stalla di Betlemme; l’obbedienza ha deposto il figlio di Dio nella mangiatoia.

In una povertà liberamente scelta, il Salvatore e sua madre hanno percorso le strade della Giudea e della Galilea e hanno vissuto dell’elemosina dei credenti. Nudo e privato di tutto, il Signore è stato sospeso alla croce e ha rimesso la cura di sua madre all’amore del suo discepolo (Gv 19,25s).

Per questo chiede la povertà a coloro che vogliono seguirlo. Il cuore deve essere libero da ogni attaccamento ai beni terreni, non deve preoccuparsene, né esserne dipendente, né desiderarli, se vuole appartenere senza riserve al divino Sposo.

DOMENICA 25 GENNAIO – III DOMENICA DEL T.O. – FESTA DELLA CONVERSIONE DI SAN PAOLO APOSTOLO

DOMENICA 25 GENNAIO - III DOMENICA DEL T.O. - FESTA DELLA CONVERSIONE DI SAN PAOLO APOSTOLO dans Lettera ai Corinti - prima 14%20BIBLE%20HISTORIALE%20CONVERSION%20OF%20PAUL%20B

Bible Historiale_conversion of Paul Artwork: Conversion of Saul, The Artist: UNKNOWN; Illustrator of Petrus Comestor’s ‘Bible Historiale’, France, 1372 ;

http://www.artbible.net/2NT/Act0901_Saul_Conversion/index.htm

DOMENICA 25 GENNAIO – III DOMENICA DEL T.O.

FESTA DELLA CONVERSIONE DI SAN PAOLO APOSTOLO

MESSA DEL GIORNO

Seconda Lettura  1 Cor 7, 29-31

Passa la figura di questo mondo.
 
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Questo vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo!

però per domani c’è questa concessione:

Festa della Conversione di San Paolo, apostolo (domenica, 25 gennaio 2009). Decreto della Congregazione per il Culto Divino e la disciplina dei Sacramenti, con il quale si concede una speciale facoltà per la celebrazione della Conversione di San Paolo Apostolo nell’Anno Paolino. In forza delle facoltà attribuite a questa Congregazione dal Sommo Pontefice Benedetto XVI, si concede, in maniera straordinaria, che il prossimo 25 gennaio 2009, ricorrendo la III Domenica “per annum”, si possa celebrare nelle singole chiese una Messa secondo il formulario Conversione di San Paolo, apostolo, come si trova nel Messale Romano. In tal caso, la seconda lettura della Messa si desume dal Lezionario Romano per la III Domenica “per annum”, e si recita il Credo. Tale concessione, per speciale mandato del Sommo Pontefice, vale soltanto per l’anno 2009,

ossia: o le letture sopra, con la modifica per la seconda lettura dal messale romano della III T.O., ma non sono sicura di avere capito, una delle due da qui:

http://www.maranatha.it/Festiv2/festeSolen/0125Page.htm

PRIMI VESPRI

Lettura breve   Eb 13, 20-21
Il Dio della pace che ha fatto tornare dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un’alleanza eterna (cfr. Zc 9, 11 gr.; Is 55, 3), il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

UFFICIO DELLE LETTURE

TUTTO DAL MIO LIBRO DELLA LITURGIA DELLE ORE, FESTA DI SAN PAOLO APOSTOLO

Prima Lettura

Gal 1,11-24

Il vangelo di Paolo viene da Dio
 
11 Vi dichiaro dunque, fratelli, che il vangelo da me annunziato non è modellato sull`uomo; 12 infatti io non l`ho ricevuto né l`ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo. 13 Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi, 14 superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com`ero nel sostenere le tradizioni dei padri. 15 Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque 16 di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani, subito, senza consultare nessun uomo, 17 senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco. 18 In seguito, dopo tre anni andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni; 19 degli apostoli non vidi nessun altro, ma solo Giacomo, il fratello del Signore. 20 In ciò che vi scrivo, io attesto davanti a Dio che non mentisco. 21 Quindi andai nelle regioni della Siria e della Cilicia. 22 Ma ero sconosciuto personalmente alle Chiese della Giudea che sono in Cristo; 23 soltanto avevano sentito dire: « Colui che una volta ci perseguitava, va ora annunziando la fede che un tempo voleva distruggere ». 24 E glorificavano Dio a causa mia.
 
Responsorio Gal 11-12; 2Cor 11,10,7

R Il vangelo che vi annunzio non è modellato sull’uomo – non l’ho ricevuto da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo.
- La verità di Cristo è in me, poiché vi ho annunziato il vangelo di Dio:
R non l’ho ricevuto da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo.

Seconda Lettura

Dalle “Omelie” di san Giovanni Crisostomo, vescovo
(Om. 2, Panegirico di san Paolo, apostolo; PG 50,477-480)
Paolo sopportò ogni cosa per amore di Cristo

Che cosa sia l’uomo e quanta la nobiltà della nostra natura, di quanta forza sia capace questo essere pensante lo mostra in un modo del tutto particolare Paolo. Ogni giorno saliva più in alto, ogni giorno sorgeva più ardente e combatteva con sempre maggior coraggio contro le difficoltà che incontrava. Alludendo a questo diceva: Dimentico il passato e sono proteso verso il futuro (cfr. Fil 3,13). Vedendo che la morte era ormai imminente, invitava tutti alla comunione di quella sua gioia dicendo: “Gioite e rallegratevi con me” (Fil 2,18). Esulta ugualmente anche di fronte ai pericoli incombenti, alle offese e a qualsiasi ingiuria e, scrivendo ai Corinzi, dice: Sono contento delle mie infermità, degli affronti e delle persecuzioni (cfr. 2Cor 12,10). Aggiunge che queste sono le armi della giustizia e mostra come proprio di qui gli venga il maggior frutto, e sia vittorioso dei nemici. Battuto ovunque con verghe, colpito da ingiurie e insulti, si comporta come se celebrasse trionfi gloriosi o elevasse in alto trofei. Si vanta e ringrazia Dio, dicendo: Siano rese grazie a Dio che trionfa sempre in noi (cfr. 2Cor 2,14). Per questo, animato dal suo zelo di apostolo, gradiva di più l’altrui freddezza e le ingiurie che l’onore, di cui invece noi siamo così avidi. Preferiva la morte alla vita, la povertà alla ricchezza e desiderava assai di più la fatica che non il riposo. Una cosa detestava e rigettava: l’offesa a Dio, al quale per parte sua voleva piacere in ogni cosa.
Godere dell’amore di Cristo era il culmine delle sue aspirazioni e, godendo di questo suo tesoro, si sentiva più felice di tutti. Senza di esso al contrario nulla per lui significava l’amicizia dei potenti e dei principi. Preferiva essere l’ultimo di tutti, anzi un condannato però con l’amore di Cristo, piuttosto che trovarsi fra i più grandi e i più potenti del mondo, ma privo di quel tesoro.
Il più grande ed unico tormento per lui sarebbe stato perdere questo amore. Ciò sarebbe stato per lui la geenna, l’unica sola pena, il più grande e il più insopportabile dei supplizi.
Il godere dell’amore di Cristo era per lui tutto: vita, mondo, condizione angelica, presente, futuro, e ogni altro bene. All’infuori di questo, niente reputava bello, niente gioioso. Ecco perché guardava alle cose sensibili come ad erba avvizzita. Gli stessi tiranni e le rivoluzioni di popoli perdevano ogni mordente. Pensava infine che la morte, la sofferenza e mille supplizi diventassero come giochi da bambini quando si trattava di sopportarli per Cristo.

SECONDI VESPRI

1Cor 15, 9-10
Io sono l’infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana; anzi ho faticato più di tuti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è in me.

SABATO 24 GENNAIO 2009 – II SETTIMANA DEL T.O.

SABATO 24 GENNAIO 2009 – II SETTIMANA DEL T.O.

SAN FRANCESCO DI SALES (m)

MESSA DEL GIORNO

Prima Lettura    Eb 9, 2-3. 11-14
Con il proprio sangue Cristo entrò una volta per sempre nel santuario.
 
Dalla lettera agli Ebrei
Fratelli, fu costruita una Tenda: la prima, nella quale vi erano il candelabro, la tavola e i pani dell’offerta: essa veniva chiamata il Santo. Dietro il secondo velo poi c’era una Tenda, detta Santo dei Santi.
Cristo invece, venuto come sommo sacerdote di beni futuri, attraverso una Tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo, cioè non appartenente a questa creazione, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna.
Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati, li santificano, purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalla opere morte, per servire il Dio vivente?

UFFICIO DELLE LETTURE

in questa letTura non ci sono riferimenti a San Paolo, la metto perché mi sembra un grande insegnamento, molto bello anche ai nostri giorni, in ogni caso al responsorio è stato posto un passo della Lettera agli Efesini;

Seconda Lettura
Dalla «Introduzione alla vita devota» di san Francesco di Sales, vescovo
(Parte 1, Cap. 3)

La devozione è possibile in ogni vocazione e professione
Nella creazione Dio comandò alle piante di produrre i loro frutti, ognuna «secondo la propria specie» (Gn 1, 11). Lo stesso comando rivolge ai cristiani, che sono le piante vive della sua Chiesa, perché producano frutti di devozione, ognuno secondo il suo stato e la sua condizione.
La devozione deve essere praticata in modo diverso dal gentiluomo, dall’artigiano, dal domestico dal principe, dalla vedova, dalla donna non sposata e da quella coniugata. Ciò non basta; bisogna anche accordare la pratica della devozione alle forze, agli impegni e ai doveri di ogni persona.
Dimmi, Filotea, sarebbe conveniente se il vescovo volesse vivere in una solitudine simile a quella dei certosini? E se le donne sposate non volessero possedere nulla come i cappuccini? Se l’artigiano passasse tutto il giorno in chiesa come il religioso e il religioso si esponesse a qualsiasi incontro per servire il prossimo come è dovere del vescovo? Questa devozione non sarebbe ridicola, disordinata e inammissibile? Questo errore si verifica tuttavia molto spesso. No, Filotea, la devozione non distrugge nulla quando è sincera, ma anzi perfeziona tutto e, quando contrasta con gli impegni di qualcuno, è senza dubbio falsa.
L’ape trae il miele dai fiori senza sciuparli, lasciandoli intatti e freschi come li ha trovati. La vera devozione fa ancora meglio, perché non solo non reca pregiudizio ad alcun tipo di vocazione o di occupazione, ma al contrario vi aggiunge bellezza e prestigio.
Tutte le pietre preziose, gettate nel miele, diventano più splendenti, ognuna secondo il proprio colore, così ogni persona si perfeziona nella sua vocazione, se l’unisce alla devozione. La cura della famiglia è resa più leggera, l’amore fra marito e moglie più sincero, il servizio del principe più fedele, e tutte le altre occupazioni più soavi e amabili.
È un errore, anzi un’eresia, voler escludere l’esercizio della devozione dall’ambiente militare, dalla bottega degli artigiani, dalla corte dei principi, dalle case dei coniugati. È vero, Filotea, che la devozione puramente contemplativa, monastica e religiosa può essere vissuta solo in questi stati, ma oltre a questi tre tipi di devozione, ve ne sono molti altri capaci di rendere perfetti coloro che vivono in condizioni secolari. Perciò dovunque ci troviamo, possiamo e dobbiamo aspirare alla vita perfetta.

Responsorio    Cfr. Ef 4, 32 – 5, 1; Mt 11, 29
R. Siate benevoli gli uni verso gli altri e pieni di misericordia. Perdonandovi come Dio ha perdonato a voi in Cristo; *fatevi imitatori di Dio, come figli carissimi.
V. Prendete su di voi il mio giogo, e imparate da me, che sono mite e umile di cuore;
R. fatevi imitatori di Dio, come figli carissimi.

Inno per la festa della Conversione di San Paolo, in francese, poi lo traduco (se ci riesco)

l’inno è in francese, domani o dopodomani lo traduco, se ci riesco, per chi legge il francese metto solo una indicazione: la parola pourchasser non è di facile traduzione, trovo questa spiegazione da un dizionario francese/francese:

Poursuivre avec acharnement.

dal sito:

http://jerusalem.cef.fr/homelies/index.php?hid=420

Fête de la conversion de saint Paul
Frère Pierre-Marie

Vendredi 25 janvier 2008

Saint-Gervais, Paris

Lectures bibliques
Actes 22,3-16
Psaume 116
-
Marc 16,15-18

Pourquoi ?
Oui, pourquoi ?
Pourquoi pourchasser hommes et femmes
qui ne partagent pas la même foi ?
Pourquoi persécuter à mort
des disciples de l’Évangile de la paix ?
Pourquoi crucifier l’Envoyé de Dieu
venu pour être Rédempteur de l’homme ?
Saul, Saul, pourquoi me persécutes-tu ? (Ac 22,7).
*

Nous fêtons aujourd’hui la conversion de Saul de Tarse.
Un juif devenu chrétien.
Un fidèle observateur de la Torah,
devenu ministre de l’Évangile du Christ.
Un pharisien strict devenu apôtre libérateur.
Le persécuteur de l’Église naissante
s’est fait son plus zélé défenseur.
Scandalisé par la croix du Christ,
il met en elle toute sa fierté.
En lutte farouche pour la sauvegarde de l’orthodoxie mosaïque,
il sera le premier à vouloir ouvrir l’Évangile aux païens.

En vérité, rien n’est impossible à Dieu !
Rien ne peut freiner la toute-puissance de la grâce
quand une âme se livre pleinement et humblement
à sa lumière et à son action.
Dieu ne désespère jamais de l’homme,
tant Il veut que nous parvenions tous au salut.
La conversion de l’apôtre Paul nous rappelle tout à la fois
combien la miséricorde, la patience de Dieu sont sans mesure ;
mais aussi qu’il n’est pas de sainteté possible
sans passer par un chemin de conversion.
Oui, Dieu peut tout,
mais seulement dans la mesure où l’homme consent
à accueillir en lui l’action de sa grâce.

En ce jour où nous fêtons le retournement
et le retour de saint Paul,
son retournement sur la route de Damas
et son retour dans les bras de Celui qu’il persécutait,
nous pouvons donc nous demander nous aussi,
car ce n’est jamais fini, pour ne pas dire jamais commencé :
«Que me reste-t-il à faire encore pour me convertir ?»

*

Ce n’est peut-être pas sans motif
que l’Église nous propose de fêter la conversion de Saul
au terme de la Semaine de l’Unité.
Que s’est-il passé en effet ?
Quand Saul s’est retrouvé en face d’Ananie,
celui-ci ne l’a pas condamné !
Sans lui faire le moindre reproche, il lui a dit :
Saul, mon frère, retrouve la vue (Ac 22,13).
Quand Saul a été mis en face des premiers chrétiens,
ceux-ci ne lui ont pas intenté un procès
et ne l’ont pas traîné devant leurs tribunaux.
Ils ne l’ont pas accablé de reproches.
Il eut été facile pourtant de faire juger et condamner,
ou du moins de rejeter celui qui avait organisé
arrestations, déportations, emprisonnements et meurtres.
Mais non ! Il n’y a pas eu de procès !
Il n’y a pas eu d’accusations, d’assignation en justice.

Ananie lui dit simplement, au nom de la communauté :
Saul, le Dieu de nos pères
t’a destiné à connaître sa volonté,
à voir celui qui est le Juste
et à entendre la parole qui sort de sa bouche (Ac 22,14).
Et l’on n’a pas tergiversé longtemps
pour savoir ce qu’il y avait à faire.
Maintenant, lui dit Ananie, pourquoi hésiter ?
Lève-toi et reçois le baptême,
sois lavé de tes péchés en invoquant le nom de Jésus (22,16).
Et l’on a ouvert à Paul la table fraternelle.

Quelle belle leçon pour nos vies !
Rien mieux que le pardon, la miséricorde, l’oubli des offenses,
ne saurait construire la concorde
et garder nos cœurs dans la paix.
Pourquoi toujours vouloir partir en guerre ?
Qu’a-t-on pu voir alors à Damas et Jérusalem ?
À la conversion de Paul, dans son âme et dans sa foi,
a répondu la conversion des disciples
des premières communautés chrétiennes
de Damas et de Jérusalem.
Il s’est fait l’apôtre des païens et le chantre du pur amour,
le prédicateur du Dieu des miséricordes !.
Et c’est ainsi que l’Église a pu devenir apostolique
en se construisant dans l’unité et la paix.

Saint Paul de Tarse et de Rome,
prie pour l’Église du Christ :
qu’elle se convertisse à toujours plus d’unité
par le lien qu’est la paix (Ep 4,3). 

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