VENERDÌ 30 GENNAIO 2009 – III SETTIMANA DEL T.O.

MESSA DEL GIORNO

Prima Lettura   Eb 10,32-39
 
Fratelli, richiamate alla memoria quei primi giorni nei quali, dopo essere stati illuminati, avete dovuto sopportare una grande e penosa lotta, ora esposti pubblicamente a insulti e tribolazioni, ora facendovi solidali con coloro che venivano trattati in questo modo.  Infatti avete preso parte alle sofferenze dei carcerati e avete accettato con gioia di esser spogliati delle vostre sostanze, sapendo di possedere beni migliori e più duraturi.

Non abbandonate dunque la vostra fiducia, alla quale è riservata una grande ricompensa. Avete solo bisogno di costanza, perché dopo aver fatto la volontà di Dio possiate raggiungere la promessa. “Ancora un poco, infatti, un poco appena, e colui che deve venire, verrà e non tarderà. Il mio giusto vivrà mediante la fede; ma se indietreggia, la mia anima non si compiace in lui”.

Noi però non siamo di quelli che indietreggiano a loro perdizione, bensì uomini di fede per la salvezza della nostra anima.

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dal «Commento sui salmi» di san Giovanni Fisher, vescovo e martire
(Sal 101; Op. omnia, ed. 1597, pp. 1588-1589)

Le meraviglie di Dio
Dapprima Dio liberò il popolo d’Israele dalla schiavitù dell’Egitto compiendo molte cose straordinarie e prodigiose: gli fece attraversare il Mare Rosso all’asciutto. Lo nutrì nel deserto con cibi venuti dal cielo cioè con la manna e le quaglie. Per calmare la sua sete fece scaturire dalla durissima roccia una inesauribile sorgente d’acqua. Lo rese vittorioso su tutti i nemici che lo osteggiavano. A tempo opportuno fece retrocedere il Giordano in senso opposto alla corrente. Divise e distribuì loro, secondo il numero delle tribù e delle famiglie, la terra promessa. Ma nonostante avesse compiuto queste cose con tanto amore e liberalità, quegli uomini ingrati e veramente immemori di tutto, abbandonarono e ripudiarono il culto di Dio e più di una volta si resero colpevoli dell’empio crimine di idolatria.
In seguito egli recise anche noi dall’oleastro dei gentili (cfr. Rm 11, 24) che ci era connaturale — noi che eravamo ancora pagani e che ci lasciavamo trascinare verso gli idoli muti secondo l’impulso del momento (cfr. 1 Cor 12, 2) — e ci innestò sul vero ulivo del popolo giudaico, anche spezzandone i rami naturali, e ci rese partecipi della radice feconda della sua grazia. Ancora: egli non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come offerta a Dio in sacrificio di soave odore, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga (Rm 8, 32).
Ma, sebbene tutte queste cose siano non semplici indizi, ma prove certissime del suo immenso amore e della sua generosità verso di noi, noi uomini ben più ingrati, anzi giunti oltre ogni limite di ingratitudine, non consideriamo l’amore di Dio, né riconosciamo la grandezza dei suoi benefici, ma anzi rifiutiamo e quasi disprezziamo colui che ci ha creati e ci ha donato beni così grandi. Neppure la sorprendente misericordia, continuamente dimostrata ai peccatori, ci muove a regolare la vita e i costumi secondo le sue santissime norme.
Queste cose sono davvero degne di essere scritte a perpetua memoria delle generazioni venture, perché tutti quelli che in avvenire si chiameranno cristiani, conoscendo tanta bontà di Dio verso di noi, non tralascino mai di celebrare le divine lodi.

LODI

Lettura Breve   2 Cor 12, 9b-10
Mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte.

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