GIOVEDÌ 22 GENNAIO 2009 – II SETTIMANA DEL T.O.
GIOVEDÌ 22 GENNAIO 2009 – II SETTIMANA DEL T.O.
MESSA DEL GIORNO
Prima Lettura Eb 7,25-8,6
Cristo ha offerto come sacrificio se stesso, una volta per tutte.
Dalla lettera agli Ebrei
Fratelli, Cristo può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, essendo egli sempre vivo per intercedere a loro favore.
Tale era infatti il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli; egli non ha bisogno ogni giorno, come gli altri sommi sacerdoti, di offrire sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo, poiché egli ha fatto questo una volta per tutte, offrendo se stesso. La legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti all’umana debolezza, ma la parola del giuramento, posteriore alla legge, costituisce il Figlio reso perfetto in eterno.
Il punto capitale delle cose che stiamo dicendo è questo: noi abbiamo un sommo sacerdote così grande che si è assiso alla destra del trono della maestà nei cieli, ministro del santuario e della vera Tenda che il Signore, e non un uomo, ha costruito.
Ogni sommo sacerdote, infatti, viene costituito per offrire doni e sacrifici: di qui la necessità che anch’egli abbia qualcosa da offrire.
Se Gesù fosse sulla terra, egli non sarebbe neppure sacerdote, poiché vi sono quelli che offrono i doni secondo la legge. Questi però attendono a un servizio che è una copia e un’ombra delle realtà celesti, secondo quanto fu detto da Dio a Mosè, quando stava per costruire la Tenda: “Guarda, disse, di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte”. Ora invece egli ha conseguito un ministero tanto più eccellente quanto migliore è l’alleanza di cui è mediatore, essendo questa fondata su migliori promesse.
UFFICIO DELLE LETTURE
Seconda Lettura
Dalla «Lettera» di san Fulgenzio di Ruspe, vescovo
(Lett. 14, 36-37; CCL 91, 429-431)
Cristo è sempre vivo e intercede per noi
Dobbiamo anzitutto prestare attenzione a ciò che diciamo al termine di ogni preghiera: Per il nostro Signore Gesù Cristo tuo Figlio, mentre non ci serviamo mai dell’espressione: Per lo Spirito Santo. La Chiesa non fa questo a caso nelle sue celebrazioni, ma in riferimento al mistero per cui l’uomo Cristo Gesù è diventato mediatore fra Dio e gli uomini (cfr. 1 Tm 2, 5), «sacerdote per sempre al modo di Melchisedech» (Eb 7, 17). Egli, in virtù del proprio sangue, è entrato una volta sola nel santuario, non certo in quello che era solo figura del vero (cfr. Eb 9, 24-25), ma nel cielo stesso, dove siede alla destra del Padre ed intercede a nostro favore.
Contemplando in lui la dignità sacerdotale, l’Apostolo dice: «Per mezzo di lui dunque offriamo a Dio continuamente un sacrificio di lode, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome» (Eb 13, 15). Per mezzo suo dunque offriamo il sacrificio di lode e di preghiera, perché per la sua morte siamo stati riconciliati, noi, che eravamo nemici.
E’ sempre per mezzo di Cristo, diventato vittima per noi, che il nostro sacrificio può essere trovato accetto al cospetto di Dio. Perciò il beato Pietro ci esorta: «Anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo» (1 Pt 2, 5).
Ecco perché diciamo a Dio Padre: Per Gesù Cristo nostro Signore.
Quando si fa menzione del sacerdote, che cos’altro si vuole mettere in evidenza se non il mistero dell’incarnazione del Signore, per cui il Figlio di Dio «pur essendo di natura divina, spogliò se stesso assumendo la condizione di servo», cioè «si umiliò facendosi obbediente fino alla morte» (Fil 2, 6-8) e si abbassò rendendosi «inferiore agli angeli» (Eb 2, 7), senza perdere tuttavia l’uguaglianza della divinità con il Padre? Il Figlio, pur restando uguale al Padre, si è reso inferiore, perché si degnò di diventare simile all’uomo. Egli stesso poi si rese inferiore, quando spogliò se stesso prendendo la condizione di servo.
L’umiliazione del Cristo dunque è il suo stesso annientamento; e tuttavia il suo annientamento null’altro è se non il rivestirsi della condizione di servo. Cristo dunque, pur rimanendo Dio, Unigenito di Dio, al quale offriamo sacrifici come al Padre, diventando servo si è fatto sacerdote e così per suo mezzo possiamo offrire una vittima viva, santa, gradita a Dio. Tuttavia Cristo non avrebbe potuto essere offerto da noi come vittima, se non fosse diventato vittima per noi. In lui la nostra stessa natura umana è vera vittima di salvezza. Quando dunque noi affermiamo che le nostre preghiere sono offerte per mezzo di nostro Signore, eterno sacerdote, confessiamo che in lui c’è la vera nostra carne umana, secondo quanto afferma l’apostolo Paolo: «Ogni sommo sacerdote, scelto fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati» (Eb 5, 1).
Quando nella preghiera diciamo: «Figlio tuo» ed aggiungiamo «che vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo» diamo risalto anche nell’unità di natura che egli ha con il Padre e lo Spirito Santo: e con questo proclamiamo lo stesso identico Cristo, che esercita per noi l’ufficio sacerdotale, e che ha unità di natura con il Padre e lo Spirito Santo.
Responsorio Cfr. Eb 4, 15. 16
R. Abbiamo un sommo sacerdote che sa compatire le nostre infermità, perché è stato provato in ogni cosa: * andiamo con fiducia al trono della grazia.
V. Per ricevere misericordia ed essere aiutati al momento opportuno,
R. andiamo con fiducia al trono della grazia.
LODI
Lettura Breve Rm 14, 17-19
Il regno di Dio non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo: chi serve il Cristo in queste cose, è bene accetto a Dio e stimato dagli uomini. Diamoci dunque alle opere della pace e alla edificazione vicendevole.
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