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III DOMENICA DI AVVENTO – 14 DICEMBRE 2008

III DOMENICA DI AVVENTO - 14 DICEMBRE 2008 dans LETTURE DI SAN PAOLO NELLA LITURGIA DEL GIORNO ♥♥♥ 13%20ENL%20IS%20PREDISANT%20L%20INCARNATION%20B

http://www.artbible.net/3JC/-Joh-01,01_Logos%20made%20flesh_Logos%20fait%20chair/index.html

III DOMENICA DI AVVENTO

14 DICEMBRE 2008

SAN GIOVANNI DELLA CROCE

MESSA DEL GIORNO

Seconda Lettura   1 Ts 5, 16-24
Fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male. Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!

PRIMI VESPRI

Lettura Breve   1 Ts 5, 23-24
Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Colui che vi chiama è fedele e farà tutto questo!

UFFICIO DELLE LETTURE
non c’è citazione su San Paolo, ma Sant’Agostino…è Sant’Agostino

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo (Disc. 293, 3; Pl 1328-1329)

Giovanni è la voce, Cristo il Verbo
Giovanni è la voce. Del Signore invece si dice: «In principio era il Verbo» (Gv 1, 1). Giovanni è la voce che passa, Cristo è il Verbo eterno che era in principio. Se alla voce togli la parola, che cosa resta? Dove non c’è senso intelligibile, ciò che rimane è semplicemente un vago suono. La voce senza parola colpisce bensì l’udito, ma non edifica il cuore. Vediamo in proposito qual è il procedimento che si verifica nella sfera della comunicazione del pensiero. Quando penso ciò che devo dire, nel cuore fiorisce subito la parola. Volendo parlare a te, cerco in qual modo posso fare entrare in te quella parola, che si trova dentro di me. Le do suono e così, mediante la voce, parlo a te. Il suono della voce ti reca il contenuto intellettuale della parola e dopo averti rivelato il suo significato svanisce. Ma la parola recata a te dal suono è ormai nel tuo cuore, senza peraltro essersi allontanata dal mio.  Non ti pare, dunque, che il suono stesso che è stato latore della parola ti dica: «Egli deve crescere e io invece diminuire»? (Gv 3, 30). Il suono della voce si è fatto sentire a servizio dell’intelligenza, e poi se n’è andato quasi dicendo: «Questa mia gioia si è compiuta» (Gv 3, 29). Teniamo ben salda la parola, non perdiamo la parola concepita nel cuore. Vuoi constatare come la voce passa e la divinità del Verbo resta? Dov’è ora il battesimo di Giovanni? Lo impartì e poi se ne andò. Ma il battesimo di Gesù continua ad essere amministrato. Tutti crediamo in Cristo, speriamo la salvezza in Cristo: questo volle significare la voce. E siccome è difficile distinguere la parola dalla voce, lo stesso Giovanni fu ritenuto il Cristo. La voce fu creduta la Parola; ma la voce si riconobbe tale per non recare danno alla Parola. «Non sono io, disse, il Cristo, né Elia, né il profeta». Gli fu risposto: «Ma tu allora chi sei?» «Io sono, disse, la voce di colui che grida nel deserto: Preparate la via del Signore» (cfr. Gv 1, 20-21). «Voce di chi grida nel deserto, voce di chi rompe il silenzio». «Preparate la strada» significa: Io risuono al fine di introdurre lui nel cuore, ma lui non si degna di venire dove voglio introdurlo, se non gli preparate la via. Che significa: Preparate la via, se non: chiedete come si deve? Che significa: Preparate la via, se non: siate umili di cuore? Prendete esempio dal Battista che, scambiato per il Cristo, dice di non essere colui che gli altri credono sia. Si guarda bene dallo sfruttare l’errore degli altri ai fini di una sua affermazione personale. Eppure se avesse detto di essere il Cristo, sarebbe stato facilmente creduto, poiché lo si credeva tale prima ancora che parlasse. Non lo disse, riconoscendo semplicemente quello che era. Precisò le debite differenze. Si mantenne nell’umiltà. Vide giusto dove trovare la salvezza. Comprese di non essere che una lucerna e temette di venire spenta dal vento della superbia.

SECONDI VESPRI

Lettura Breve   Fil 4, 4-5
Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino!

Sant’Agostino: « Egli è venuto per rendere testimonianza alla luce »

dal sito: 

http://www.levangileauquotidien.org/www/main.php?language=FR&localTime=12/14/2008#

Sant’Agostino (354-430), vescovo d’Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa
Commento al vangelo di Giovanni, n° 4, n°2, §5-7

« Egli è venuto per rendere testimonianza alla luce »

Come è venuto, Cristo? Nella sua visibile umanità. E siccome era talmente uomo da nascondere la sua divinità, fu mandato innanzi a lui un grande uomo, affinché mediante la sua testimonianza si potesse scoprire colui che era più che un uomo… Quale personalità è mai questa, venuta per rendere testimonianza alla luce? E’ senz’altro straordinario questo Giovanni, uomo di grande valore, dotato di un carisma speciale, figura davvero sublime. Contemplatelo, sì, contemplatelo come si contempla una montagna. Se non che una montagna, se non viene inondata dal sole, è nelle tenebre. «Non era lui la luce»; e ciò perché non si scambi la montagna con la luce, perdendovi nella montagna, invece di trovarvi rifugio.

Ma che cosa si deve ammirare? La montagna in quanto montagna. Ma, subito, elevatevi fino a colui che illumina la montagna, che per questo è stata innalzata, perché accolga per prima i raggi, e ne dia l’annunzio ai nostri occhi… Così, siamo soliti chiamare anche i nostri occhi luce del corpo; tuttavia, se di notte non si accende la lucerna e di giorno non esce il sole, queste nostre luci restano aperte invano. Così anche Giovanni era luce, ma non la luce vera: senza essere illuminato non era che tenebre; mediante l’illuminazione, è diventato luce. Se non fosse stato illuminato, egli sarebbe stato tenebra, come tutti…

Ma dov’è questa luce? «C’era la luce vera, che illumina ogni uomo che viene in questo mondo» (Gv 1, 9). Se illumina ogni uomo che viene nel mondo, allora ha illuminato anche Giovanni. Dunque il Verbo illuminava colui dal quale voleva essere testimoniato… Egli veniva in soccorso degli spiriti deboli, dei cuori feriti, per curare la vista malata dell’anima… Poiché tutti quelli per i quali Cristo veniva non sarebbero stati capaci di vederlo, egli inviò i suoi raggi su Giovanni; e dichiarando questi che non era lui a irradiare e illuminare ma era egli stesso irradiato e illuminato, fu conosciuto colui che illumina, che rischiara, che inonda tutti della sua luce.

Discorso di Benedetto XVI agli studenti universitari degli Atenei romani – (e consegna della lettera ai Romani)

dal sito:

http://www.zenit.org/article-16484?l=italian

Discorso di Benedetto XVI agli studenti universitari degli Atenei romani
(e consegna della lettera ai Romani)

CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 12 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo del discorso pronunciato questo giovedì pomeriggio nella Basilica vaticana da Benedetto XVI al termine della tradizionale celebrazione eucaristica per gli studenti universitari degli Atenei romani in preparazione al Natale, presieduta dal Cardinale Vicario Agostino Vallini.

* * *

Signori Cardinali,

Signora Ministro e distinte Autorità,

venerati Fratelli,

illustri Rettori e Professori,

cari studenti!

L’avvicinarsi del Santo Natale mi offre l’occasione, sempre gradita, di incontrare il mondo universitario romano. Saluto cordialmente il Cardinale Agostino Vallini, mio Vicario per la Diocesi di Roma, e il Cardinale Georges Pell, Arcivescovo di Sydney, la cui presenza ci riporta con la mente e con il cuore all’indimenticabile esperienza della Giornata Mondiale della Gioventù del luglio scorso. Il passaggio dell’icona di Maria Sedes Sapientiae dalla Delegazione rumena a quella australiana ci ricorda che questa grande « rete » dei giovani nel mondo intero è sempre attiva e in movimento. Ringrazio il Rettore della Sapienza Università di Roma e la studentessa, che mi hanno salutato a nome di tutti. Sono grato per la sua presenza anche al Ministro per l’Università e la Ricerca, augurando ogni bene per tale settore, così importante per la vita del Paese. Un saluto speciale rivolgo agli studenti israeliani e palestinesi che studiano a Roma grazie ai sussidi della Regione Lazio e delle Università romane, come pure ai tre Rettori che hanno partecipato ieri all’incontro sul tema: « Da Gerusalemme a Roma per costruire un nuovo umanesimo ».

Cari amici, quest’anno l’itinerario preparato per voi universitari dalla Diocesi di Roma si coniuga opportunamente con l’Anno Paolino. Il bimillenario della nascita dell’Apostolo delle genti sta aiutando tutta la Chiesa a riscoprire la propria fondamentale vocazione missionaria e, al tempo stesso, ad attingere a piene mani dall’inesauribile tesoro teologico e spirituale delle Lettere paoline. Io stesso, come sapete, sto sviluppando di settimana in settimana un ciclo di catechesi su questo tema. Sono convinto che anche per voi, sia sul piano personale, sia su quello dell’esperienza comunitaria e dell’apostolato in università, il confronto con la figura e il messaggio di san Paolo costituisca un’opportunità molto arricchente. Per questo motivo, vi consegnerò tra poco la Lettera ai Romani, massima espressione del pensiero paolino e segno della sua speciale considerazione per la Chiesa di Roma, o – per usare le parole del saluto iniziale dell’epistola – per « tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata » (Rm 1,7).

La Lettera ai Romani – lo sanno bene alcuni dei docenti qui presenti – è senza dubbio uno dei testi più importanti della cultura di tutti i tempi. Ma essa è e rimane principalmente un messaggio vivo per la Chiesa viva, e come tale io la pongo questa sera nelle vostre mani. Possa questo scritto, scaturito dal cuore dell’Apostolo, diventare nutrimento sostanzioso per la vostra fede, portandovi a credere di più e meglio, ed anche a riflettere su voi stessi, per arrivare ad una fede « pensata » e, al tempo stesso, per vivere questa fede, mettendola in pratica secondo la verità del comandamento di Cristo. Solo così la fede che uno professa diventa « credibile » anche per gli altri, i quali restano conquistati dalla testimonianza eloquente dei fatti. Lasciate che Paolo parli a voi, docenti e studenti cristiani della Roma di oggi, e vi renda partecipi dell’esperienza da lui fatta in prima persona: che cioè il Vangelo di Gesù Cristo « è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede » (Rm 1,16).

L’annuncio cristiano, che fu rivoluzionario nel contesto storico e culturale di Paolo, ebbe la forza di abbattere il « muro di separazione » che vi era tra Giudei e pagani (cfr Ef 2,14; Rm 10,12). Esso conserva una forza di novità sempre attuale, in grado di abbattere altri muri che tornano ad erigersi in ogni contesto e in ogni epoca. La sorgente di tale forza sta nello Spirito di Cristo, a cui Paolo consapevolmente si appella. Ai cristiani di Corinto egli dichiara di non contare, nella sua predicazione, « su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza » (1 Cor 2,4). E qual era il nocciolo del suo annuncio? Era la novità della salvezza portata da Cristo all’umanità: nella sua morte e risurrezione la salvezza è offerta a tutti gli uomini senza distinzione.

Offerta, non imposta. La salvezza è un dono che chiede sempre di essere accolto personalmente. E’ questo, cari giovani, il contenuto essenziale del Battesimo che quest’anno vi viene proposto quale Sacramento da riscoprire e, per alcuni di voi, da ricevere o da confermare con una scelta libera e consapevole. Proprio nella Lettera ai Romani, al capitolo 6°, si trova una geniale formulazione del significato del Battesimo cristiano. « Non sapete – scrive Paolo – che quanti siamo stati battezzati in Cristo, siamo stati battezzati nella sua morte? » (Rm 6,3). Come ben potete intuire, è questa un’idea profondissima, che contiene tutta la teologia del mistero pasquale: la morte di Cristo, per la potenza di Dio, è fonte di vita, sorgente inesauribile di rinnovamento nello Spirito Santo. Essere « battezzati in Cristo » significa essere immersi spiritualmente in quella morte che è l’atto d’amore infinito e universale di Dio, capace di riscattare ogni persona e ogni creatura dalla schiavitù del peccato e della morte. San Paolo infatti così prosegue: « Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova » (Rm 6,4).

L’Apostolo, nella Lettera ai Romani, ci comunica tutta la sua gioia per questo mistero, quando scrive: « Chi ci separerà dall’amore di Cristo? … Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore » (Rm 8,35.38-39). E questo stesso amore è ciò in cui consiste la vita nuova del cristiano. Anche qui, san Paolo opera una sintesi impressionante, sempre frutto della sua esperienza personale: « Chi ama l’altro – egli scrive – ha adempiuto la Legge … pienezza della Legge infatti è la carità » (Rm 13,8.10).

Ecco, cari amici, ciò che vi consegno questa sera. E’ un messaggio di fede, certo, ma è al tempo stesso una verità che illumina la mente, dilatandola secondo gli orizzonti di Dio; è una verità che orienta la vita reale, perché il Vangelo è la via per giungere alla pienezza della vita. Questa via l’ha già percorsa Gesù, anzi, la Via è Lui stesso, che dal Padre è venuto fino a noi perché noi potessimo per mezzo suo giungere al Padre. Questo è il mistero dell’Avvento e del Natale. La Vergine Maria e san Paolo vi aiutino ad adorarlo e a farlo vostro con profonda fede ed intima gioia. Grazie a voi tutti per la vostra presenza. In vista delle ormai prossime Feste Natalizie, formulo a ciascuno auguri cordiali, che estendo volentieri alle vostre famiglie e ai vostri cari. Buon Natale!

Sant’Agostino : « Gli camminerà innanzi con lo spirito e la forza di Elia » (Lc 1,17)

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/www/main.php?language=FR&localTime=12/13/2008

Sant’Agostino (354-430), vescovo d’Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa
Commento al vangelo di Giovanni, n° 4

« Gli camminerà innanzi con lo spirito e la forza di Elia » (Lc 1,17)

«Perché dunque gli scribi – gli scribi erano gli esperti della legge – dicono che prima deve venire Elia?» E il Signore risponde: «Elia è già venuto, e lo hanno trattato come hanno voluto: e, se volete saperlo, egli è Giovanni Battista». Il Signore Gesù Cristo dunque disse: «Elia è già venuto», ed è Giovanni Battista; tuttavia Giovanni, interrogato, risponde di non essere Elia, così come risponde di non essere il Cristo (Gv 1,20s)… Perché dunque egli afferma: «Non sono Elia», mentre il Signore dice: Egli è Elia? Ecco, in lui, il Signore Gesù Cristo volle prefigurare il suo futuro avvento, e sottolineare che Giovanni era venuto nello spirito di Elia. E ciò che è stato Giovanni per il primo avvento, lo sarà Elia per il secondo. Come ci sono due avventi del giudice, così ci sono due araldi. Il giudice è lo stesso, mentre gli araldi sono due… Il Signore che giudicherà, doveva venire una prima volta per essere giudicato, e mandò innanzi a sé il primo araldo, e lo chiamò Elia, perché Elia sarà nel secondo avvento ciò che Giovanni è stato nel primo.

La vostra Carità può avere la conferma di quanto dico. Quando Giovanni fu concepito… lo Spirito Santo fece su di lui questa profezia: «Egli sarà precursore dell’Altissimo nello spirito e nella potenza di Elia» (Lc 1, 17)… Ma chi riuscirà a capire? Chi avrà imitato l’umiltà dell’araldo e conosciuto la grandezza del giudice. Nessuno infatti fu più umile dell’araldo. Fratelli miei, il merito più grande di Giovanni fu questa umiltà, per cui, mentre poteva ingannare gli uomini, mentre poteva essere creduto e farsi passare per il Cristo (tanto grande era la grazia che aveva ricevuto, e altrettanto grande la sua statura morale), apertamente dichiarò: «Non sono io il Cristo. – Sei dunque Elia tu ?… – Non sono Elia.»

II SETTIMANA DI AVVENTO – SABATO 13 DICEMBRE 2008 – SANTA LUCIA VERGINE E MARTIRE (m)

II SETTIMANA DI AVVENTO

SABATO 13 DICEMBRE 2008

SANTA LUCIA VERGINE E MARTIRE (m)

biografia e lettura, proposta dal sito:

http://liturgia.silvestrini.org/santo/362.html

Santa Lucia
Vergine e Martire

BIOGRAFIA
La vita di Santa Lucia la si desume più dalla tradizione popolare che dalla storia; questa ci dice che è una martire siracusana, nativa quindi della bella Sicilia, che fu martirizzata verso il 304, durante la persecuzione di Diocleziano. Una iscrizione del V secolo testimonia il culto che le fu reso nella sua città. Un secolo più tardi la pietà popolare impose questo culto alla chiesa di Roma. Il suo nome lo troviamo inserito nella preghiera eucaristica tra i primi martiri della cristianità. Il suo nome e il suo glorioso martirio evocano la luce e non solo quella splendida del sole, ma ancor più quella radiosa della grazia. Nei Paesi del nord Europa è molto conosciuta e venerata, la celebrano gruppi di ragazze, incoronate di candele accese.

DAGLI SCRITTI…
Dal trattato “La contemplazione di Dio” di Guglielmo, abate di Saint-Thierry
Tu solo sei veramente il Signore: il tuo dominio su di noi è la nostra salvezza e il servire a te significa per noi essere da te salvati. E qual è la tua salvezza, o Signore, al quale appartiene la salvezza e la benedizione sul tuo popolo, se non ottenere da te di amarti ed essere da te amati? Perciò, Signore, hai voluto che il figlio della tua destra e l’uomo che per te hai reso forte, fosse chiamato Gesù, cioè salvatore, infatti è lui che «salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1, 21) e «in nessun altro c’è salvezza» (At 4, 12). Egli ci ha insegnato ad amarlo, quando per primo ci ha amati fino alla morte di croce, incitandoci con l’amore e la predilezione ad amare lui, che per primo ci ha amati sino alla fine. Proprio così: ci hai amati per primo, perché noi ti amassimo; non che tu avessi bisogno del nostro amore, ma perché noi non potevamo essere ciò per cui ci hai creati se non amandoti. Per questo «aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1, 1), del tuo Verbo, dal quale «furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera» (Sal 32, 6). Il tuo parlare per mezzo del Figlio altro non fu che porre alla luce del sole, ossia manifestare chiaramente quanto e come ci hai amati, tu che non hai risparmiato il tuo Figlio, ma lo hai dato per tutti noi, ed egli pure ci ha amati e ha dato se stesso per noi (cfr. Rm 8, 32. 37). Questa è la tua parola per noi, Signore, questo il tuo Verbo onnipotente, che mentre un profondo silenzio, cioè un’aberrazione profonda, avvolgeva tutte le cose, dal trono regale si lanciò, inflessibile oppugnatore degli errori, dolce fautore dell’amore. E quanto egli operò, quanto disse sulla terra, fino agli insulti, fino agli sputi e agli schiaffi, fino alla croce e al sepolcro, altro non fu che il tuo parlare a noi per mezzo del Figlio: incitamento e stimolo del tuo amore al nostro amore per te. Tu sapevi infatti, o Dio creatore delle anime, che quest’amore non poteva essere imposto alle anime dei figli degli uomini, ma bisognava semplicemente stimolarlo. E sapevi pure che dove c’è costrizione, non c’è più libertà; e dove non c’è libertà, non c’è nemmeno giustizia. Hai voluto dunque che ti amassimo noi che non potevamo nemmeno essere salvati con giustizia, se non ti avessimo amato, né potevamo amarti, se non ne avessimo avuto il dono da te. Veramente, Signore, come dice l’Apostolo del tuo amore e noi stessi abbiamo già detto, tu per primo ci hai amati e per primo tu ami tutti coloro che ti amano. ma noi ti amiamo con l’affetto d’amore che tu ci hai infuso. Il tuo amore invece è la tua stessa bontà, o sommamente buono e sommo bene; è lo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio; quegli che dall’inizio della creazione aleggia sulle acque, ossia sulle menti fluttuanti dei figli degli uomini, donandosi a tutti, tutto a sé attirando, ispirando, favorendo, allontanando ciò che è nocivo, provvedendo ciò che è utile, unendo Dio a noi e noi a Dio. (9-11; SC 61, 90-96)

UFFICIO DELLE LETTURE DEL GIORNO

proposto dal sito:

http://www.maranatha.it/Ore/santi/1213letPage.htm

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» del beato Isacco della Stella, abate
(Disc. 51; PL 194, 1862-1863. 1865)

Lo splendore dell’anima illumina la grazia del corpo
Mi rivolgo a te, che vieni dal popolo, dalla gente comune, ma appartiene alla schiera delle vergini. In te lo splendore dell’anima si irradia sulla grazia esteriore della persona. Per questo sei un’immagine fedele della Chiesa.
A te dico: chiusa nella tua stanza non cessare mai di tenere fisso il pensiero su Cristo, anche di notte. Anzi rimani ad ogni istante in attesa della sua visita. E’ questo che desidera da te, per questo ti ha scelta. Egli entrerà se troverà aperta la tua porta. Sta’ sicura, ha promesso di venire e non mancherà alla sua parola. Quando verrà, colui che hai cercato, abbraccialo, familiarizza con lui e sarai illuminata. Trattienilo, prega che non se ne vada presto, scongiuralo che non si allontani. Il Verbo di Dio infatti corre, non prova stanchezza, non è preso da negligenza. L’anima tua gli vada incontro sulla sua parola, e s’intrattenga poi sull’impronta lasciata dal suo divino parlare: egli passa via presto.
E la vergine da parte sua che cosa dice? «L’ho cercato ma non l’ho trovato; l’ho chiamato ma non mi ha risposto» (Ct 5, 6). Se così presto se n’è andato via, non credere che egli non sia contento di te che lo invocasti, lo pregasti, gli apristi la porta: spesso egli permette che siamo messi alla prova. Vedi che cosa dice nel Vangelo alle folle che lo pregavano di non andarsene: «Bisogna che io porti l’annunzio della parola di Dio anche ad altre città, poiché per questo sono stato mandato» (cfr. Lc 4, 43).
Ma anche se ti sembra che se ne sia andato, và a cercarlo ancora.
E’ dalla santa Chiesa che devi imparare a trattenere Cristo. Anzi te l’ha già insegnato se ben comprendi ciò che leggi: «Avevo appena oltrepassato le guardie, quando trovai l’amato del mio cuore. L’ho stretto forte e non lo lascerò» (Ct 3, 4). Quali dunque i mezzi con cui trattenere Cristo? Non la violenza delle catene, non le strette delle funi, ma i vincoli della carità, i legami dello spirito. Lo trattiene l’amore dell’anima.
Se vuoi anche tu possedere Cristo, cercalo incessantemente e non temere la sofferenza. E’ più facile spesso trovarlo tra i supplizi del corpo, tra le mani dei persecutori. Lei dice: «Poco tempo era trascorso da quando le avevo oltrepassate». Infatti una volta libera dalle mani dei persecutori e vittoriosa sui poteri del male, subito, all’istante ti verrà incontro Cristo, né permetterà che si prolunghi la tua prova.
Colei che così cerca Cristo, che ha trovato Cristo, può dire: «L’ho stretto forte e non lo lascerò finché non lo abbia condotto nella casa di mia madre, nella stanza della mia genitrice» (cfr. Ct 3, 4). Che cos’è la casa, la stanza di tua madre se non il santuario più intimo del tuo essere?
Custodisci questa casa, purificane l’interno. Divenuta perfettamente pulita, e non più inquinata da brutture di infedeltà, sorga quale casa spirituale, cementata con la pietra angolare, si innalzi in un sacerdozio santo, e lo Spirito Paraclito abiti in essa. Colei che cerca Cristo a questo modo, colei che così prega Cristo, non è abbandonata da lui, anzi riceve frequenti visite. Egli infatti è con noi fino alla fine del mondo.

UFFICIO DELLE LETTURE DAL PROPRIO

SECONDA LETTURA

Dal libro «Sulla verginità» di sant’Ambrogio, vescovo
 
(Cap. 12,68.74-75; 13,77-78; PL 16,281.283.285-286)
Lo splendore dell’anima illumina la grazia dei corpo

    Mi rivolgo a te, che vieni dal Popolo, dalla gente comune, ma appartieni alla schiera delle vergini. In te lo splendore dell’anima si irradia sulla grazia esteriore della persona. Per questo sei un’immagine fedele della Chiesa.
    A te dico: chiusa nella tua stanza non cessare mai di tenere fisso il pensiero su Cristo, anche di notte. Anzi rimani ad ogni istante in attesa della sua visita. È questo che desidera da te, per questo ti ha scelta. Egli entrerà se troverà aperta la tua porta. Sta’ sicura, ha promesso di venire e non mancherà alla sua parola. Quando verrà, colui che hai cercato, abbraccialo, familiarizza con lui e sarai illuminata. Trattienilo, prega che non se ne vada presto, scongiuralo che non si allontani. Il Verbo di Dio infatti corre, non prova stanchezza, non è preso da negligenza. L’anima tua gli vada incontro sulla sua parola, e s’intrattenga poi sull’impronta lasciata dal suo divino parlare: egli passa via presto.
    E la vergine da parte sua che cosa dice? L’ho cercato ma non l’ho trovato; l’ho chiamato ma non mi ha risposto (cfr. Ct 5,6). Se così presto se n’è andato via, non credere che egli non sia contento di te che lo invocasti, lo pregasti, gli apristi la porta: spesso egli permette che siamo messi alla prova. Vedi che cosa dice nel vangelo alle folle che lo pregavano di non andarsene: Bisogna che io porti l’annunzio della parola di Dio anche ad altre città, poiché per questo sono stato mandato (cfr. Lc 4,43).
    Ma anche se ti sembra che se ne sia andato, va’ a cercarlo ancora.
    È dalla santa Chiesa che devi imparare a trattenere Cristo. Anzi te l’ha già insegnato se ben comprendi ciò che leggi: Avevo appena oltrepassato le guardie, quando trovai l’amato del mio cuore. L’ho stretto forte e non lo lascerò (cfr. Ct 3,4). Quali dunque i mezzi con cui trattenere Cristo? Non la violenza delle catene, non le strette delle funi, ma i vincoli della carità, i legami dello spirito. Lo trattiene l’amore dell’anima.
    Se vuoi anche tu possedere Cristo, cercalo incessantemente e non temere la sofferenza. È più facile spesso trovarlo tra i supplizi del corpo, tra le mani dei persecutori. Lei dice: Poco tempo era trascorso da quando le avevo oltrepassate. Infatti una volta libera dalle mani dei persecutori e vittoriosa sui poteri del male, subito, all’istante ti verrà incontro Cristo, né permetterà che si prolunghi la tua prova.
    Colei che così cerca Cristo, che ha trovato Cristo, può dire: L’ho stretto forte e non lo lascerò finché non lo abbia condotto nella casa di mia madre, nella stanza della mia genitrice (cfr. Ct 3,4). Che cos’è la casa, la stanza di tua madre se non il santuario più intimo del tuo essere?
    Custodisci questa casa, purificane l’interno. Divenuta perfettamente pulita, e non più inquinata da brutture di infedeltà, sorga quale casa spirituale, cementata con la pietra angolare, si innalzi in un sacerdozio santo, e lo Spirito Paraclito abiti in essa. Colei che cerca Cristo a questo modo, colei che così prega Cristo, non è abbandonata da lui, anzi riceve frequenti visite. Egli infatti è con noi fino alla fine del mondo.

LODI

Lettura Breve   I2 Cor 1, 3-5
Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio. Infatti, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione.

II SETTIMANA DI AVVENTO – VENERDÌ 12 DICEMBRE 2008 – Madonna di Guadalupe (mf)

II SETTIMANA DI AVVENTO

VENERDÌ 12 DICEMBRE 2008

Madonna di Guadalupe (mf)

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dal trattato «Contro le eresie» di sant’Ireneo, vescovo
(lib. 5, 19, 1; 20, 2; 21, 1; SC 153, 248-250. 264-269)

Adamo e Cristo; Eva e Maria
Il Signore abbracciò la condizione umana e si manifestò nel mondo che era suo. La natura umana portava il Verbo di Dio, ma era il Verbo che sosteneva la natura umana. Nel Cristo c’era quell’umanità che aveva disubbidito presso l’albero del paradiso terrestre, ma in lui la stessa umanità con l’ubbidienza, compiuta sull’albero della croce, distrusse l’antica ribellione. Nel medesimo tempo annullò la seduzione con la quale era stata maledettamente sedotta Eva, la vergine destinata al primo uomo. Ma tutto ciò fu in grazia di quel messaggio di benedizione che l’angelo portò a Maria, la vergine già sottomessa a un uomo. Infatti mentre Eva, sviata dal messaggio del diavolo, disobbedì alla parola divina e si alienò da Dio, Maria invece, guidata dall’annuncio dell’angelo, obbedì alla parola divina e meritò di portare Dio nel suo grembo.
Quella dunque si lasciò sedurre e disobbedì, questa si lasciò persuadere e ubbidì. In tal modo la vergine Maria poté divenire avvocata della vergine Eva.
Cristo ricapitolò tutto in se stesso e così tutto venne a far capo a lui. Dichiarò guerra al nostro nemico e sconfisse colui che al principio, per mezzo di Adamo, ci aveva fatti tutti suoi prigionieri. Schiacciò il capo del serpente secondo la parola di Dio riferita nella Genesi: «Porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: egli ti schiaccerà la testa e tu insidierai il suo calcagno» (cfr. Gn 3, 15).
Con queste parole si proclama in anticipo che colui che sarebbe nato da una vergine, quale nuovo Adamo, avrebbe schiacciato il capo del serpente. Questo è quel discendente di Adamo, di cui parla l’Apostolo nella sua lettera ai Galati: La legge delle opere fu posta finché venisse nel mondo il seme per cui era stata fatta la promessa (cfr. Gal 3, 19).
Ancor più chiaramente indica questa realtà nella stessa lettera, nel passo in cui dice: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna» (Gal 4, 4). Il nemico infatti non sarebbe stato sconfitto secondo giustizia, se il vittorioso non fosse stato un uomo nato da donna, poiché fin dall’inizio della storia il demonio ha dominato sull »uomo per mezzo di una donna, opponendosi a lui col suo potere.
Per questo si proclama Figlio dell’uomo, egli che ricapitola in sé l’uomo primordiale, dal quale venne la prima donna e, attraverso questa, l’umanità. Il genere umano era sprofondato nella morte causa dell’uomo sconfitto. Ora risaliva alla vita a causa dell’uomo vittorioso.

II SETTIMANA DI AVVENTO – GIOVEDÌ 11 DICEMBRE 2008 – SAN DAMASO I PAPA (mf)

II SETTIMANA DI AVVENTO

GIOVEDÌ 11 DICEMBRE 2008

San Damaso I Papa (mf)
storia e lettura dal sito:

http://liturgia.silvestrini.org/santo/296.html

San Damaso I
Papa

BIOGRAFIA
Spagnolo di origine, Damaso nacque nel 305 da una famiglia di funzionari del Laterano. Ordinato Sacerdote egli si interessa degli archivi della chiesa, che sta appena uscendo dalla clandestinità. La storia passata è stata costellata da martiri gloriosi che, senza la sua opera, rischierebbero di cadere nel dimenticatoio, privando così la chiesa delle sue migliori ricchezze. Nel 366 venne eletto Papa, ma un suo rivale l’ostacolò non poco nella sua opera pastorale. Egli comunque tenne i contatti con tutti i grandi teologi del suo tempo: era ben consapevole che spettava loro il compito di delineare nella migliore ortodossia i fondamenti teologici e la spiritualità del cristianesimo. Dobbiamo al Papa Damaso la traduzione della Bibbia, da lui stesso voluta ed attuata da San Girolamo. Nelle sue iscrizioni sulle tombe dei martiri possiamo scorgere la sublime teologia della croce, della morte e della gloriosa risurrezione. Sulla sua casa paterna sorgerà per suo volere una gloriosa basilica dedicata a S. Lorenzo martire. Mori nel 384 e dopo breve tempo trovò meritatamente posto nell’elenco dei Santi che egli stesso aveva iniziato.

DAGLI SCRITTI…
Dai “Discorsi” del beato Isacco della Stella, abate
Il Figlio di Dio è il primogenito tra molti fratelli; essendo unico per natura, mediante la grazia si è associato molti, perché siano uno solo con lui. Infatti «a quanti l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio» (Gv 1, 12). Divenuto perciò figlio dell’uomo, ha fatto diventare figli di Dio molti. Se ne è dunque associati molti, lui che è unico nel suo amore e nel suo potere; ed essi, pur essendo molti per generazione carnale, sono con lui uno solo per generazione divina. Il Cristo è unico, perché Capo e Corpo formano un tutt’uno. Il Cristo è unico perché è figlio di un unico Dio in cielo e di un’unica madre in terra. Si hanno insieme molti figli e un solo figlio. Come infatti Capo e membra sono insieme un solo figlio e molti figli, così Maria e la Chiesa sono una sola e molte madri, una sola e molte vergini. Ambedue madri, ambedue vergini, ambedue concepiscono per opera dello Spirito santo senza concupiscenza, ambedue danno al Padre figli senza peccato. Maria senza alcun peccato ha generato al corpo il Capo, la Chiesa nella remissione di tutti i peccati ha partorito al Capo il corpo. Tutt’e due sono madri di Cristo, ma nessuna delle due genera il tutto senza l’altra. Perciò giustamente nelle Scritture divinamente ispirate quel ch’è detto in generale della vergine madre Chiesa, s’intende singolarmente della vergine madre Maria; e quel che si dice in modo speciale della vergine madre Maria, va riferito in generale alla vergine madre Chiesa; e quanto si dice d’una delle due, può essere inteso indifferentemente dell’una e dell’altra. Anche la singola anima fedele può essere considerata come Sposa del Verbo di Dio, madre figlia e sorella di Cristo, vergine e feconda. Viene detto dunque in generale per la Chiesa, in modo speciale per Maria, in particolare anche per l’anima fedele, dalla stessa Sapienza di Dio che è il Verbo del Padre: Fra tutti questi cercai un luogo di riposo e nell’eredità del Signore mi stabili (cfr. Sir 24, 12). Eredità del Signore in modo universale è la Chiesa, in modo speciale Maria, in modo particolare ogni anima fedele. Nel tabernacolo del grembo di Maria Cristo dimorò nove mesi, nel tabernacolo della fede della Chiesa sino alla fine del mondo, nella conoscenza e nell’amore dell’anima fedele per l’eternità. (Disc. 51; PL 194, 1862-1863. 1865)

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