SBF Letture bibliche: La Notte dei paradossi di Dio (anche Gal 4,4)
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SBF Letture bibliche: La Notte dei paradossi di Dio (anche Gal 4,4)
Pietro Kaswalder, ofm
Messo on line il venerdì 26 dicembre 2008 a 09h20
Il tempo è ormai pieno, siamo alla Notte del Natale: più che la Novena, questa è una introduzione immediata al Mistero che si è compiuto a Betlemme, secondo le Scritture; e che si compie nella Liturgia della Chiesa: Dio si incarna, e viene a piantare la sua tenda tra gli uomini.
Questo è il primo paradosso, primo nel senso di princiale, da cui ne dipendono molti altri.
Il paradosso, usato dagli Autori Sacri, vuole sorprendere, certo, per far nascere meraviglia e stupore. E qui vediamo che il paradosso fà parte della Rivelazione biblica, e della Teologia: spiega il comportamento divino, sempre sconcertante e stupefaciente. Perché così si rivela un Dio semplicemente al di là delle attese umane.
Per vivere con frutto questo momento mi lascio guidare da S. Paolo, che non parla espressamente del Natale di Betlemme: ecco un altro paradosso! Ma che ci parla del Natale del Signore, Gal 4,4-5: nato da donna, nato sotto la Legge… (e da passi complementari nella Lettera ai Romani. E mi lascio guidare da uno spirito grande del secolo scorso: R. Guardini, Il Signore, Milano 1976, che io trovo sempre profondo e sempre utile nelle meditazioni dei Misteri della Liturgia.
Il paradosso viene usato in tutta la Bibbia: Abramo, vecchio e senza figli, con Sara, vecchia e sterile: sono i genitori di una stirpe infinita di discendenti, tra cui anche il Bambino di Betlemme! Per il NT: il più grande paradosso, è proprio la Natività: quel Gesù Bambino che nasce a Betlemme, di Giudea, è il Figlio di Dio! Ma allora, il paradosso non è soltanto un artificio letterario, impiegato dagli Autori Sacri per attirare l’attenzione del lettore: (Paolo ad esempio, è maestro del paradosso: quando sono debole, è allora che sono forte!). Fà parte della pedagogia divina che sempre
Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare coloro che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozone a figli, Gal 4,4-5.
Il tempo si è fatto pieno, cioè gravido: è una gravidanza singolare, pure questa! È la nascita di questo Figlio che rende gravido il tempo; ma gravido di che cosa? della attesa! Questo di cui parla Paolo è ancora il tempo dell’attesa (è un chronos), diverso dal tempo del compimento, il kairos, (cf. Mc 1,1: il tempo, il kairos, è compiuto). L’accostamento più facile che ci viene in mente è Isaia, il Profeta dell’attesa:
Tu Signore sei nostro Padre, da sempre ti chiami nostro Redentore. Perchè Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie, e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema? Se tu squarciassi i cieli, e scendessi! (Is 63,16-19).
Nato da Donna: equivale per intensità e significato al proglogo di Gv 1,14: e il Verbo si fece carne. E questo è il paradosso più scovolgente di tutta la nostra storia: l’Incarnazione, il farsi Uomo del Figlio di Dio. Gesù Bambino è Uomo: ciò significa che esperimenta tutta la condizione dell’umanità, nel bene e nel male.
Nascere uomini non è solo positivo, vedi Giobbe 14,1: L’uomo nato da donna, breve di giorni e sazio di inquietudine, come un fiore, spunta e si secca!
Nato da Donna di Gal 4,4, significa, che Gesù accetta le regole dell’umanità, fino alla morte. Significa ancora, che Gesù nasce dentro la storia del suo popolo, Israele.
R. Guardini riguardo al prendere corpo di Gesù, si rivolge alle genealogie: vi troviamo i grandi e i santi, come Davide e Abramo (non troviamo però Acaz perché il Profeta Isaia lo aveva maledetto). Su, su fino a Lamech, e Adamo, per arrivare a Dio creatore, cf. R. Guardini, Il Signore: 21-24.
Le genealogie portano anche il valore della regalità e della santità: Gesù è seme di Davide secondo la carne, cf. Rom 1,13. È il Cristo secondo la Carne di Rom 9,5: egli che è sopra ogni cosa, Dio bendetto nei secoli.
Ma vi troviamo anche i peccati di Giuda con Tamar; di Davide con Bersabea; e Rahab la prostituta (ostessa); la moabita-straniera Ruth; il castigo di Babilonia; e infine l’attesa degli ultimi, definiti da R. Guardini, i poveri: Giacobbe, padre di Giuseppe, lo sposo di Maria, così povero che può offrire soltanto due tortore per la purificazione!
È passato per ogni prova, commenta R. Guardini, richiamando Ebr 4,15, tranne il peccato. « Ha sperimentato tutto ciò che significa umanità. I nominativi delle genealogie ci palesano che cosa vuol dire essere entrato nella storia dell’umanità, con il suo destino e con il suo debito. Meditado su questi nomi anche Gesù deve aver sentito profondamente cosa vuol dire: storia dell’uomo », cf. R. Guardini, Il Signore: 24
Ma il paradosso ricompare: Nato sotto la Legge per riscattare quelli che erano sotto la Legge. Sotto la Legge: è un aspetto non tanto positivo, significa essere soggetti alla Legge. È una sudditanza dalla quale abbiamo bisogno di essere liberati! e questo vale per gli israeliti, soprattutto.
Ma poi Paolo passa oltre al linguaggio giuridico (cf. il riscatto del minore che diventa maggiorenne; o dello schiavo che viene liberato) e ci rivela che a Natale noi diventiamo figli: e allora ci accorgiamo che Paolo passa decisamente al linguaggio salvifico.
Perché ricevessimo l’adozione a figli. Con questa affermazione Paolo sale ad un secondo livello di rivelazione, aperto a tutti, universale: dopo la discesa (kenosis) il movimento risale verso al Figliolanza divina. È questo è il nostro regalo di Natale più bello, che riscopriamo nelle parole di Paolo. La sua prospettiva è duplice: non solo affranca chi è schiavo della Legge, ma rende divini tutti gli uomini (i nati da donna, come Lui). Ecco la nostra speranza più grande.
Tutti coloro che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono Figli di Dio; e voi avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo, Abba! Padre, Rom 8,14-15.
R. Guardini dice che l’Incarnazione è la pupilla dei misteri del Cristianesimo. Perciò và circondata di pacata, trepida e supplice vigilanza, cf. R. Guardini, Il Signore: 33.
La pupilla dell’occhio è anzitutto una cosa preziosa, e delicata. Ma la pupilla è anche lo strumento che illumina e che viene illumiato dalla luce esterna. Non per niente la luce è un segno esteriore del Natale; ma la pupilla ci pure mostra l’interiore, l’anima. e dall’interno dell’anima credente si
Da un canto popolare trentino: Sorgete pastori, che al pari del giorno, con i raggi d’intorno, la notte spuntò! L’ultimo è il paradosso della notte, simbolo dell’oscurità che a Natale sorge come il giorno della salvezza, e con i suoi raggi illumina tutti i credenti.
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