Mons. Bruno Forte: Omelia per il Natale 2006
Natale, festa del sì di Dio all’uomo,
alla sua vita, al suo futuro
Omelia del Natale 2006
+ Bruno Forte
Arcivescovo Metropolita di Chieti-Vasto
Natale, festa del Dio che nasce fra noi, facendosi uno di noi, per aprirci un futuro pieno di speranza, è annuncio di una grandissima gioia, la gioia che nasce dal sì di Dio, detto nella tenerezza e nella fragilità di quel Dio Bambino. Un sì che è il sì all’uomo, il sì alla vita e il sì a un futuro luminoso e bello per tutti. « Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio », e quel Figlio dell’uomo è il Figlio di Dio venuto nella nostra carne: ecco il sì di Dio all’uomo, che rivela tutta la dignità del nostro essere uomini e ci mostra quanto ognuno di noi sia importante per Lui. Natale vuol dire che Dio non è stanco degli uomini, che vuole anzi ancora impegnarsi per loro e che ognuno, anche il più piccolo fra gli esseri umani, ha per Lui un valore così grande da non esitare a mandare il Suo unico Figlio ad assumerne le gioie e i dolori, le speranze e le angosce, il presente e il futuro, la vita e la morte. A Natale impariamo da Dio ad essere e a volerci veramente umani: e proprio così impariamo a riconoscere in ogni persona l’immagine di Dio, la creatura che merita l’assoluto rispetto, a prescindere dalle sue qualità o capacità, dalla sua storia o dalla sua cultura. Chiunque sia l’essere umano che abbiamo davanti, giovane o vecchio, adulto o bambino, povero o ricco, sano o ammalato, qualunque sia il suo grado di cultura e la sua provenienza, il colore della sua pelle o la lingua che parla, l’impegno di giustizia e l’amore che gli è dovuto non ammettono eccezioni. Natale ci chiede di servire tutto l’uomo in ogni uomo, la dignità di ciascuno nella giustizia per tutti, il domani di ognuno nella pace per tutti. Il sì alla dignità della persona è allora il no alla guerra e alla sua potenza di distruzione, è il rifiuto della legge della forza perché si riconosca sempre la forza della legge. Natale ci ricorda che non ci sarà pace senza giustizia, senza volontà di dialogo con tutti, senza perdono richiesto e offerto a tutti.
Il sì di Dio all’uomo si rivela così a Natale anche come il sì alla vita: questo sì alla vita di ogni essere umano, in ogni sua fase e in ogni sua espressione, risuona in questo Natale particolarmente vibrante, di fronte a una cultura della morte che sembra volersi fare strada nelle coscienze. Se Dio ci ha dato la vita, chi ha il diritto di togliercela al di fuori di Lui, che solo sa qual è per ciascuno il bene più grande? Se Lui ha detto sì alla nostra vita facendola sua, chi può arrogarsi il diritto di togliere la vita a sé o ad un altro? La drammatica vicenda di Piergiorgio Welby – l’ammalato di distrofia che ha più volte chiesto di cessare di vivere ed è stato esaudito in questi giorni non dal proprio medico curante, ma da un medico venuto da fuori a sedarlo e a staccare la spina – è stata fin troppo strumentalizzata, facendo di questa morte uno spettacolo che va ben oltre la discrezione dovuta di fronte alla fine di una vita. Ferma restando la « pietas » nei confronti di una sofferenza così grande, va detto con chiarezza che la vita di Welby aveva un valore infinito e lo avrebbe avuto in ogni istante, fino all’ultimo respiro che una morte non indotta gli avesse consentito. Se il Figlio di Dio è nato anche per Welby, se la vita si è fatta visibile in tutto il suo valore nel Bambino divino, chi è l’uomo per arrogarsi il diritto di decidere anche di un solo istante della vita propria o altrui? Chi ha pregato per Welby sa che il no al suo funerale in Chiesa non è stato il no alla pietà, né tanto meno il no alla fiducia nella misericordia divina, ma una forma di rispetto della verità per ricordare a tutti che rifiutare la vita è contro l’identità più profonda di ogni persona umana, quale Dio l’ha voluta. A nessuno è lecito supporre che la Chiesa possa approvare quanto è avvenuto nell’epilogo della vita di Welby: il no detto alle esequie religiose è un sì alla vita, per dare incoraggiamento ai tanti che soffrono come lui, per aiutarli a non staccare la spina, a credere nel valore di ogni istante di vita, anche del più doloroso. Alleviare la sofferenza con ogni mezzo medico, psicologico e spirituale è la sfida che ci viene posta davanti, mentre resta inaccettabile sopprimere la vita che ci è stata data e che non abbiamo alcun diritto di rifiutare, in noi come in ogni altro essere umano.
Il sì alla vita si offre così a Natale come il sì alla speranza ed alla gioia per tutti: se Dio si è impegnato con gli uomini fino a farsi uno di noi, costruire il futuro dell’uomo vuol dire celebrare la gloria di Dio. Il sì alla vita, è inseparabile da questo sì al domani dell’uomo nel domani di Dio. Il Bambino che nasce è l’inizio di questo nuovo futuro: accoglierlo, è impegnarsi a rendere più bella e più degna la vita di tutti, e a credere che questo sia possibile, nonostante tutto e contro ogni apparenza contraria. La ragione di questo impegno e di questa speranza non è in qualcosa, ma in Qualcuno, in Colui che « ha dato se stesso per noi ». Il domani non è più un orizzonte oscuro: « Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse ». Non siamo soli in questa vita, non siamo soli in questo mondo: il Dio che è venuto fra noi, è il Dio con noi, e il Suo amore « ha moltiplicato la gioia, ha aumentato la letizia ». Come i pastori – poveri di tutto, ma liberi da tutto per potersi aprire pienamente alle sorprese dell’Eterno – anche noi siamo invitati ad accogliere il Bambino: al sì di Dio, ci è chiesto di rispondere col sì della nostra libertà, con un sì che sia detto insieme a Lui come sì all’uomo, alla vita e alla speranza, che può trasformare il dolore e vincerà la morte. Chiediamo al Signore del sì la fede e il coraggio necessari per questo nostro sì, pregando con le parole semplici e belle del Corale di Bach che è risuonato in questa Cattedrale proprio in preparazione a questo Natale nella splendida esecuzione dello struggente e insieme dolcissimo Oratorio di Natale del grandissimo Musicista, che ogni nota intese scrivere unicamente « zur Ehre Gottes » – « per la gloria di Dio »:
Come potrò accoglierTi,
in che modo incontrarTi,
o anelito di tutto il mondo,
o tesoro dell’anima mia?
Gesù, Gesù, poni
accanto a me la Tua fiaccola,
affinché ciò che Ti dà gioia
sia a me noto, da me riconosciuto.
Oh mio amato, piccolo Gesù,
preparati una culla pura e morbida
per riposare nello scrigno del mio cuore
affinché mai io mi dimentichi di Te!
…O mio Gesù, quando morrò
io so che non andrò perduto,
perché il Tuo nome sta scritto nel mio cuore
ed ha scacciato la paura della morte.
…O Gesù, sii Tu solo il mio desiderio,
o Gesù, siimi sempre nel pensiero,
o Gesù, non permettere che io vacilli!
…Io vengo a Te, Ti porto
quel che Tu mi hai donato,
il mio spirito, i miei sentimenti,
il mio cuore, l’anima mia, il mio coraggio:
accetta tutto
e fa’ che Ti sia gradito!
Amen!
(da J.S.Bach, Oratorio di Natale, 5. 9. 38. 42.59)
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