DOMENICA 2 NOVEMBRE 2008 – COMM. DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI

DOMENICA 2 NOVEMBRE 2008

COMM. DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI

DOMENICA 2 NOVEMBRE 2008 - COMM. DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI dans EAQ - (dal sito francese) - anastasi

A Byzantine painting from the year 1315, depicting the resurrection of Jesus Christ

http://www.towards-success.com/dejnarde_files/mocker.htm

La commemorazione dei fedeli defunti al 2 novembre ebbe origine net sec. X nel monastero benedettino di Cluny. Papa Benedetto XV, al tempo della prima guerra mondiale, giunse a concedere a ogni sacerdote la facoltà di celebrare «tre messe» in questo giorno:

I MESSA
LETTURE: Gb 19,1.23-27a; Sal 26; Rm 5,5-11; Gv 6,37-40
II MESSA
LETTURE: Is 25,6a.7-9; Sal 25; Rm 8,14-23; Mt 25,31-46
III MESSA
LETTURE: Sap 3,1-9; Sal 41; Ap 21,15a.6b-7, Mt 5,1-12a

alla Basilica di San Clemente a Roma, dove sono andata a messa io, hanno celebrato secondo lo schema della II messa, io propongo questa, ossia Rm 8, 14-23:

MESSA DEL GIORNO:

Seconda Lettura Rm 8,14-23
Aspettiamo la redenzione del nostro corpo.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria. Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. Lardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità non per sua volontà, ma per volontà di colui che lha sottoposta nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando ladozione a figli, la redenzione del nostro corpo.

DAL SITO FRANCESE EAQ:

http://www.levangileauquotidien.org/www/main.php?language=FR&localTime=11/02/2008#

San Braulio di Saragozza (circa 590-651) ; vescovo
Lettere, 19 ; PL 80, 665

« Vedendo la vedova, il Signore… le disse: ‘Non piangere’ » (Lc 7,13)

La speranza di tutti i credenti, Cristo, chiama i trapassati «dormienti», non «morti»; dice infatti: «Il nostro amico Lazaro s’è addormentato» (Gv 11,11). Ma anche l’apostolo Paolo non vuole che ci rattristiamo «su quelli che si sono addormentati» (1 Ts 4,13) e quindi se teniamo per fede che «tutti i credenti» in Cristo, come dice il Vangelo, non «moriranno per sempre» (Gv 11,26), sappiamo ancora per fede che neanche lui è morto per sempre e nemmeno noi moriremo per sempre. Perché «il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio discenderà dal cielo e i morti in lui risorgeranno» (1 Ts 4,16). Ci animi dunque la speranza della risurrezione, perché coloro che ora perdiamo, li rivedremo; basta che crediamo fermamente in lui, obbedendo ai suoi precetti. Egli è l’onnipotente e per questo è più facile a lui risuscitare i morti che a noi svegliare quelli che dormono.

Tuttavia ecco che, mentre da una parte facciamo queste affermazioni, dall’altra, portati da non so quale sentimento, ci sfoghiamo in lacrime. Certe nostre nostagie e certi stati d’animo poi tendono e intaccare la nostra fede. È questo purtroppo il prezzo che dobbiamo pagare alla miseria della nostra condizione umana. Ma nulla ci smuova. Sappiamo infatti che senza Cristo tutto quello che esiste e tutta la nostra vita non è che vanità. O morte, tu che separi i congiunti e, dura e crudele quale sei, dividi coloro che sono uniti dall’amicizia, sappi che è già infranto il tuo dominio. È già spezzato il tuo giogo da colui che ti minacciava con il grido di Osea: «O morte, sarò la tua morte!» (Os 13,14 Volg). Perciò con l’apostolo Paolo ti scherniamo: «Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?» (1 Cor 15,55). Quello stesso che ti ha vinto ci ha redento. Egli ha consegnato la sua vita preziosa nelle mani degli empi, per cambiare gli empi in amici diletti.

Lunghe sarebbero e numerose le citazioni che si potrebbero trarre dalle divine Scritture a comune conforto. Ma ci basti la speranza della risurrezione e volgere lo sguardo alla gloria del nostro Redentore, nel quale, noi riteniamo per fede di essere già risorti, secondo la parola dell’apostolo Paolo: «Se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui» (2 Ts 2,11).

UFFICIO DELLE LETTURE

anche in questo caso, per la prima lettura dell’Ufficio, vi è la scelta di tre passi:il primo è quello che metto, il secondo è:2 Cor 15, 35-57, il terzo 2Cor 4, 16 – 5, 10;


Prima Lettura
Dalla prima lettura ai Corinzi di san Paolo, apostolo 15, 12-34

Cristo risorto é la speranza dei credenti
Fratelli, se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato Cristo, mentre non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono. Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini. Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo. Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo; poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza. Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi (Sal 8,7). Però quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare colui che gli ha sottomesso ogni cosa. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti. Altrimenti, che cosa farebbero quelli che vengono battezzati per i morti? Se davvero i morti non risorgono, perché si fanno battezzare per loro? E perché noi ci esponiamo al pericolo continuamente? Ogni giorno io affronto la morte, come è vero che voi siete il mio vanto, fratelli, in Cristo Gesù nostro Signore! Se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto a Èfeso contro le belve, a che mi gioverebbe? Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo (At 19,23). Non lasciatevi ingannare: «Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi». Ritornate in voi, come conviene, e non peccate! Alcuni infatti dimostrano di non conoscere Dio; ve lo dico a vostra vergogna. Seconda Lettura

molti riferimenti a Paolo di Sant’Ambrogio;

Dal libro «Sulla morte del fratello Satiro» di sant’Ambrogio, vescovo
(Lib. 2, 40.41.46.47.132.133; CSEL 73, 270-274, 323-324)

Moriamo insieme a Cristo, per vivere con lui
Dobbiamo riconoscere che anche la morte può essere un guadagno e la vita un castigo. Perciò anche san Paolo dice: «Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno» (Fil 1,21). E come ci si può trasformare completamente nel Cristo, che è spirito di vita, se non dopo la morte corporale?
Esercitiamoci, perciò, quotidianamente a morire e alimentiamo in noi una sincera disponibilità alla morte. Sarà per l’anima un utile allenamento alla liberazione dalle cupidigie sensuali, sarà un librarsi verso posizioni inaccessibili alle basse voglie animalesche, che tendono sempre a invischiare lo spirito. Così, accettando di esprimere già ora nella nostra vita il simbolo della morte, non subiremo poi la morte quale castigo. Infatti la legge della carne lotta contro la legge dello spirito e consegna l’anima stessa alla legge del peccato. Ma quale sarà il rimedio? Lo domandava già san Paolo, dandone anche la risposta: «Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?» (Rm 7,24). La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore (cfr. Rm 7,25 ss.). Abbiamo il medico, accettiamo la medicina. La nostra medicina è la grazia di Cristo, e il corpo mortale è il corpo nostro. Dunque andiamo esuli dal corpo per non andare esuli dal Cristo. Anche se siamo nel corpo cerchiamo di non seguire le voglie del corpo. Non dobbiamo, è vero, rinnegare i legittimi diritti della natura, ma dobbiamo però dar sempre la preferenza ai doni della grazia. Il mondo è stato redento con la morte di uno solo. Se Cristo non avesse voluto morire, poteva farlo. Invece egli non ritenne di dover fuggire la morte quasi fosse una debolezza, né ci avrebbe salvati meglio che con la morte. Pertanto la sua morte è la vita di tutti. Noi portiamo il sigillo della sua morte, quando preghiamo la annunziamo; offrendo il sacrificio la proclamiamo; la sua morte è vittoria, la sua morte è sacramento, la sua morte è l’annuale solennità del mondo. E che cosa dire ancora della sua morte, mentre possiamo dimostrare con l’esempio divino che la morte sola ha conseguito l’immortalità e che la morte stessa si è redenta da sé? La morte allora, causa di salvezza universale, non è da piangere. La morte che il Figlio di Dio non disdegnò e non fuggì, non è da schivare. A dire il vero, la morte non era insita nella natura, ma divenne connaturale solo dopo. Dio infatti non ha stabilito la morte da principio, ma la diede come rimedio. Fu per la condanna del primo peccato che cominciò la condizione miseranda del genere umano nella fatica continua, fra dolori e avversità. Ma si doveva porre fine a questi mali perché la morte restituisse quello che la vita aveva perduto, altrimenti, senza la grazia, l’immortalità sarebbe stata più di peso che di vantaggio. L’anima nostra dovrà uscire dalle strettezze di questa vita, liberarsi delle pesantezze della materia e muovere verso le assemblee eterne. Arrivarvi è proprio dei santi. Là canteremo a Dio quella lode che, come ci dice la lettura profetica, cantano i celesti sonatori d’arpa: «Grandi e mirabili sono le tue opere, o Signore Dio onnipotente; giuste e veraci le tue vie, o Re delle genti. Chi non temerà, o Signore, e non glorificherà il tuo nome? Poiché tu solo sei santo. Tutte le genti verranno e si prostreranno dinanzi a te» (Ap 15,3-4). L’anima dovrà uscire anche per contemplare le tue nozze, o Gesù, nelle quali, al canto gioioso di tutti, la sposa è accompagnata dalla terra al cielo, non più soggetta al mondo, ma unita allo spirito: «A te viene ogni mortale» (Sal 64,3). Davide santo sospirò, più di ogni altro, di contemplare e vedere questo giorno. Infatti disse: «Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore» (Sal 26,4).

LODI

Lettura Breve 1 Ts 4, 14
Noi crediamo che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui.

VESPRI

Lettura Breve 1 Cor 15, 55-57
Dov’
è
, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione? (cfr. Os 13, 14). Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la legge. Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!

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