Archive pour août, 2008

XX settimana del T.O.

XX settimana del T.O. dans LETTURE DI SAN PAOLO NELLA LITURGIA DEL GIORNO ♥♥♥

Chiesa di San Silvestro a Roma, foto scattata ieri;

Madonna della speranza, particolare:

http://flickr.com/

la preghiera che c’è sotto la statua della Vergine:

 dans LETTURE DI SAN PAOLO NELLA LITURGIA DEL GIORNO ♥♥♥

DOMENICA 17 AGOSTO 2008

XX DOMENICA DEL T.O.

MESSA DEL GIORNO

Seconda Lettura  Rm 11, 13-15.29-32
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
13. Fratelli, a voi, genti, ecco che cosa dico: come apostolo delle genti, io faccio onore al mio ministero, 14. nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni. 15. Se infatti il loro essere rifiutati è stata una riconciliazione del mondo, che cosa sarà la loro riammissione se non una vita dai morti? 29. Infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! 30. Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a motivo della loro disobbedienza, 31. così anch’essi ora sono diventati disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta, perché anch’essi ottengano misericordia. 32. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti! 

LODI

Lettura Breve 2 Tm 2, 8.11-13
8. Ricordati che Gesù Cristo, della stirpe di Davide, è risuscitato dai morti. 11. Certa è questa parola: Se moriamo con lui, vivremo anche con lui; 12. se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, anch’egli ci rinnegherà; 13. se noi manchiamo di fede, egli però rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso.

VESPRI

Lettura Breve Eb 12, 22-24
22. Voi vi siete accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all’adunanza festosa 23. e all’assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, 24. al Mediatore della Nuova Alleanza e al sangue dell’aspersione dalla voce più eloquente di quello di Abele.
 

LUNEDÌ 28 AGOSTO 2008

UFFICIO DELLE LETTURE

(2Cor; 1Ts)

Seconda Lettura
Dal «Commento sul libro di Giobbe» di san Gregorio Magno, papa
(Lib. 3, 39-40; Pl 75, 619-620)

Battaglie all’esterno, timori all’interno
Gli uomini santi, pur se torchiati dalle prove, sanno sopportare chi li percuote e, nello stesso tempo, tener fronte a chi li vuole trascinare nell’errore. Contro quelli alzano lo scudo della pazienza, contro questi impugnano le armi della verità. Abbinano così i due metodi di lotta ricorrendo all’arte veramente insuperabile della fortezza. All’interno raddrizzano le distorsioni della sana dottrina con l’insegnamento illuminato, all’esterno sanno sostenere virilmente ogni persecuzione. Correggono gli uni ammaestrandoli, sconfiggono gli altri sopportandoli. Con la pazienza si sentono più forti contro i nemici, con la carità sono più idonei a curare le anime ferite dal male. A quelli oppongono resistenza perché non facciano deviare anche gli altri. Seguono questi timore e preoccupazione perché non abbandonino del tutto la via della rettitudine. Vediamo il soldato degli accampamenti di Dio che combatte contro entrambi i mali: «Battaglie all’esterno, timori al di dentro» (2 Cor 7, 5). Enumera le guerre che subisce dall’esterno, dicendo: «Pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli» (2 Cor 11, 26). Altre armi che usa in questa guerra sono: «fatica e travaglio, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità» (2 Cor 11, 27). Ma, pur impegnato su tanti fronti, non allenta l’attenzione per la sicurezza degli accampamenti. Infatti soggiunge immediatamente: «E oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le chiese» (2 Cor 11, 28). Assume tutte su di sé le asprezze della guerra e, contemporaneamente, si prodiga con premura a difesa dei fratelli. Parla dei mali che sopporta, e aggiunge i beni che elargisce. Consideriamo poi quanta fatica sia sopportare al medesimo tempo le avversità all’esterno e difendersi all’interno contro le proprie debolezze. All’esterno sopporta battaglie, perché è lacerato dalle battiture, è legato da catene; all’interno tollera la paura, perché teme che la sua sofferenza rechi danno non a sé, ma ai discepoli. Perciò scrive loro: «Nessuno si lasci turbare in queste tribolazioni. Voi stessi infatti sapete che a questo siamo destinati» (1 Ts 3, 3). Nella propria sofferenza temeva la caduta degli altri, e cioè che i discepoli, venendo a conoscenza che egli veniva percosso per la fede, ricusassero di professarsi fedeli. O sentimento di immensa carità! Sprezza ciò che egli stesso soffre, e si preoccupa che nei discepoli non si formino concezioni sbagliate. Sdegna in sé le ferite del corpo, e cura negli altri le ferite del cuore. I grandi infatti hanno questo di particolare che, trovandosi nel dolore della propria tribolazione, non cessano di occuparsi dell’utilità altrui: e, mentre soffrono in se stessi sopportando le proprie tribolazioni, provvedono agli altri, consigliando quanto loro abbisogna. Sono come dei medici eroici, colpiti da malattia: sopportano le ferite del proprio male e provvedono gli altri di cure e di medicine per la guarigione.

VESPRI

Lettura breve   1 Ts 3, 12-13
12. Il Signore vi faccia crescere e abbondare nell’amore vicendevole e verso tutti, come è il nostro amore verso di voi, 13. per rendere saldi e irreprensibili i vostri cuori nella santità, davanti a Dio Padre nostro, al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi.

MARTEDÌ 19 AGOSTO 2008

VESPRI

Lettura Breve Col 3, 16
16. La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali.

MERCOLEDÌ 20 AGOSTO 2008

San Bernardo di Chiaravalle (memoria)

———

GIOVEDÌ 21 AGOSTO 2008

San Pio X papa (memoria)

breve storia dal sito:

http://liturgia.silvestrini.org/santo/249.html

Giuseppe Sarto nacque a Riese (Treviso) nel 1835, ordinato sacerdote si dedicò con santo impegno all’esercizio del ministero pastorale. Divenuto in seguito vescovo di Mantova e poi patriarca di Venezia e nel 1903 eletto papa col nome di Pio X, farà suo il motto paolino « Instaurare omnia in Christo », attuandolo con coraggio e fiduciosa fermezza. Amò la povertà, affermò che la partecipazione ai santi ministeri è la fonte primaria e indispensabile della vita cristiana e combatté il modernismo ed altri errori. Morì il 20 agosto 1914.

UFFICIO DELLE LETTURE

riferimenti: Eb 13, 15; cfr. 2 Tm 3, 16; 1 Ts 2, 4. 3

Seconda Lettura
Dalla Costituzione Apostolica «Divino Afflatu» di san Pio X, papa
(AAS 3 [1911], 633-635)

La Chiesa che canta le lodi di Dio
I salmi furono composti per divina ispirazione e si trovano raccolti nelle Sacre Scritture. Risulta che fin dagli inizi della Chiesa sono serviti meravigliosamente a nutrire la pietà dei fedeli. I cristiani mediante i salmi offrivano continuamente a Dio il sacrificio di lode, cioè il frutto delle labbra che rendevano omaggio al suo nome (cfr. Eb 13, 15; Os 14, 3). Una parte ragguardevole della stessa sacra Liturgia e del divino Ufficio, secondo l’uso già accolto nella Legge antica, è costituito da salmi. Da essi nacque quella «voce della Chiesa» di cui parla Basilio, e la salmodia, «figlia di quella innodia», come la chiama il nostro predecessore Urbano ottavo, «che risuona incessantemente davanti al trono di Dio e dell’Agnello». Sono i salmi soprattutto che, secondo sant’Atanasio, insegnano agli uomini consacrati al culto divino, «in che misura si debba lodare Dio, e con quali parole rendergli decorosamente omaggio». Egregiamente dice a tal proposito Agostino: «Per essere opportunamente lodato dall’uomo, Dio stesso si è lodato; e poiché si è degnato di lodare se stesso, per questo l’uomo ha trovato come lo possa lodare». Nei salmi si trova una sorprendente efficacia per suscitare negli animi di tutti il desiderio delle virtù. Benché, infatti, tutta la nostra Scrittura, e antica e nuova, sia divinamente ispirata e utile all’istruzione (cfr. 2 Tm 3, 16), però il libro dei salmi, secondo sant’Atanasio è, per così dire, il giardino paradisiaco nel quale si possano cogliere i frutti di tutti gli altri testi ispirati. Così il salterio non solo innalza i canti degli altri libri biblici, ma vi unisce anche i suoi, che modula al suono della cetra. Sant’Atanasio aggiunge: «In verità, a me che innalzano canti, i salmi sembrano essere come degli specchi in cui uno contempla se stesso e il suo stato interiore e da ciò si sente animato a recitarli». Sant’Agostino nelle Confessioni esclama: «Quanto ho pianto al sentire gli inni e i canti in tuo onore, vivamente commosso dalla voci della tua Chiesa, che cantava dolcemente! Quelle voci vibravano nelle mie orecchie e la verità calava nel mio cuore e tutto si trasformava in sentimento di amore e mi procurava tanta gioia da farmi sciogliere in lacrime». Chi non si sentirebbe altamente edificato nel ripetere qualcuno di quei numerosi passi che cantano così liricamente e profondamente l’infinita grandezza di Dio, la sua potenza, la sua eccelsa santità, la sua bontà e misericordia con tutte le altre infinite prerogative divine? Quell’intenso sentimento religioso che li permea è straordinariamente efficace a muovere il cuore alla gratitudine verso i benefici divini, o ad ispirare l’umile supplica in ordine a nuove grazie, o a suscitare salutari propositi di conversione dal peccato. I salmi accendono l’amore a Cristo perché sono come un quadro che presenta ben delineata l’immagine del Redentore. Giustamente dunque Agostino  «sentiva in tutti i salmi la voce che esultava e che gemeva, che si allietava nella speranza o che sospirava la meta». 

Responsorio 1 Ts 2, 4. 3
R. Dio ci ha trovati degni di affidarci il Vangelo, e così lo predichiamo: * non cerchiamo di piacere agli uomini, ma a Dio.
V. Il nostro appello non proviene da volontà di inganno, né da torbidi motivi;
R. non cerchiamo di piacere agli uomini, ma a Dio.

LODI

Lettura Breve Eb 13, 7-9a
7. Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; considerando attentamente l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede. 9a. Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! Non lasciatevi sviare da dottrine varie e peregrine.

22 AGOSTO 2008

Beata Vergine Maria Regina (memoria)

VESPRI

Lettura breve Gal 4, 4-5
4. Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, 5. per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli.

Sant’Ambrogio sulla preghiera (riferimento 1Tm 2,8)

stammattina avevo desiderio di leggere qualcosa di più, così sono andata avanti nella lettura della Liturgia delle ore e, un po’ a caso, mi sono fermata alla XVII settimana del tempo ordinario, lunedì, ed ho trovato questa bella lettura di Sant’Ambrogio sulla preghiera, c’è un solo riferimento a San Paolo ma mi sembra molto bello (1Tm 2,8):

Seconda Lettura
Dal trattato «Caino e Abele» di sant’Ambrogio, vescovo
(Lib. 1, 9. 34. 38-39; CSEL 32, 369. 371-372)

Si deve pregare in modo speciale per tutto il corpo della Chiesa
«Offri a Dio un sacrificio di lode e sciogli all’Altissimo i tuoi voti» (Sal 49, 14). Chi promette a Dio e mantiene quello che gli ha promesso, lo loda. Perciò viene privilegiato sugli altri quel samaritano il quale, mondato dalla lebbra per comando del Signore insieme agli altri nove, ritorna a Cristo da solo, magnifica Dio e lo ringrazia. Di esso Gesù affermò: «Non si è trovato chi tornasse a rendere gloria a Dio all’infuori di questo straniero? E gli disse: Alzati e và, la tua fede ti ha salvato!» (Lc 17, 18-19).
Il Signore Gesù ti ha fatto conoscere in modo divino la bontà del Padre che sa concedere cose buone, perché anche tu chieda a lui, che è buono, ciò che è buono. Ha raccomandato di pregare intensamente e frequentemente, non perché la nostra preghiera si prolunghi fino al tedio, ma piuttosto ritorni a scadenze brevi e regolari. Infatti la preghiera troppo prolissa spesso diventa meccanica e d’altra parte l’eccessivo distanziamento porta alla
negligenza.
Quando domandi perdono per te, allora è proprio quello il momento di ricordarti che devi concederlo agli altri. Così l’opera sarà una commendatizia alla tua preghiera. Anche l’Apostolo insegna che si deve pregare senza ira e senza contese perché la preghiera non venga turbata e falsata. Insegna anche che si deve pregare in ogni luogo (cfr. 1 Tm 2, 8), laddove il Salvatore dice: «Entra nella tua camera» (Mt 6, 6). Intendi non una camera delimitata da pareti dove venga chiusa la tua persona, ma la cella che è dentro di te dove sono racchiusi i tuoi pensieri, dove risiedono i tuoi sentimenti. Questa camera della tua preghiera è con te dappertutto, è segreta dovunque ti rechi, e in essa non c’è altro giudice se non Dio solo.
Ti si insegna ancora che si deve pregare in maniera tutta speciale per il popolo, cioè per tutto il corpo, per tutte le membra della tua madre: sta in questo il segno della carità vicendevole. Se, infatti, preghi per te, pregherai soltanto per il tuo interesse. E se i singoli pregano soltanto per se stessi, la grazia è solo in proporzione della preghiera di ognuno, secondo la sua maggiore o minore dignità. Se invece i singoli pregano per tutti, tutti pregano per i singoli e il vantaggio è maggiore. Dunque, per concludere, se preghi soltanto per te, pregherai per te, ma da solo, come abbiamo detto. Se invece preghi per tutti, tutti pregheranno per te. Perché nella totalità ci sei anche tu. La ricompensa è maggiore perché le preghiere dei singoli messe insieme ottengono a ognuno quanto chiede tutto intero il popolo. In questo non vi è alcuna presunzione, ma maggiore umiltà e frutto più abbondante.

OMELIA DEL CARD. ZENON GROCHOLEWSKI – Pontificio Collegio di San Paolo Apostolo, Roma (1 Cor 11, 17-26; 27-29)

in questa omelia i riferimenti a San Paolo sono molto importanti: 1 Cor 11, 17-26; 27-29;

http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccatheduc/documents/rc_con_ccatheduc_doc_20060918_collegio-s-paolo_it.html

CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA CELEBRAZIONE EUCARISTICA PER I PARTECIPANTI AL SEMINARIO DI AGGIORNAMENTO PER I VESCOVI DEI TERRITORI DIPENDENTI DALLA CONGREGAZIONE PER L’EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI

OMELIA DEL CARD. ZENON GROCHOLEWSKI – Pontificio Collegio di San Paolo Apostolo, Roma
Lunedì, 18 settembre 2006

In questi giorni di preghiera e di riflessione siamo desiderosi di essere illuminati e rafforzati, per saper dedicarci con tutte le forze ed efficacemente al servizio del Signore. In tale prospettiva la comune celebrazione dell’Eucaristia non è qualcosa accanto, ma svolge un ruolo rilevante. Proprio alla Celebrazione Eucaristica vorrei dedicare la mia breve riflessione. Le odierne letture (lunedì della 24 sett. del T.O. anno pari), infatti, ci suggeriscono qualche considerazione al riguardo.

1. L’esame di coscienza per come celebriamo l’Eucaristia

Nella prima lettura (1 Cor 11, 17-26) san Paolo si dimostra amareggiato a motivo del fatto che i Corinzi, per le loro divisioni, per il comportamento scorretto e soprattutto per la mancanza di carità, per egoismo, profanano il loro « mangiare la cena del Signore », profanano la Celebrazione Eucaristica. Ci impressionano i fatti denunciati che hanno accompagnato tali celebrazioni, come la golosità e l’ubriachezza. Sono quindi dure le parole di san Paolo: « Fratelli, non posso lodarvi per il fatto che le vostre riunioni non si svolgono per il meglio, ma per il peggio [...] Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo! ».

Nel seguito del brano che abbiamo ascoltato, san Paolo continua: « Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore ». Di conseguenza, l’Apostolo invita a fare l’esame di coscienza: « Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna » (1 Cor 11, 27-29).

Noi, celebrando oggi l’Eucaristia, certamente non meritiamo un rimprovero per i fatti scandalosi descritti da san Paolo. Forse ci sono, però, altre mancanze nei nostri cuori che fanno sì che il nostro atteggiamento non corrisponda pienamente a quello che dovrebbe caratterizzare ogni ministro sacro nella celebrazione dell’Eucaristia.

Il grave rimprovero di san Paolo ai Corinzi, comunque, ci suggerisce di esaminare la coscienza e di riflettere sull’incidenza dell’Eucaristia sul nostro ministero episcopale. L’Esortazione Apostolica Post-sinodale Pastores gregis « sul Vescovo servitore del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo » (16 ottobre 2003), osserva: « l’Eucaristia è al centro della vita e della missione del Vescovo, come di ogni sacerdote » (n. 16a). Anzi, dice: « Tra tutte le incombenze del ministero pastorale del Vescovo, l’impegno per la celebrazione dell’Eucaristia è il più cogente e importante [!] » (n. 37d), sia per quanto riguarda la propria celebrazione sia per quanto concerne il compito di provvedere affinché i fedeli abbiano la possibilità di partecipare fruttuosamente alle degne celebrazioni eucaristiche.

Infatti, se nell’Eucaristia è realmente presente il Mistero Pasquale, da cui nacque la Chiesa, di cui la Chiesa vive, si nutre e si edifica (cfr Enc. Ecclesia de Eucharistia); se « l’Eucaristia è fonte e culmine di tutta la vita cristiana »; se « tutti i sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici e le opere ecclesiastiche di apostolato, sono strettamente uniti alla sacra Eucaristia e ad essa sono ordinati » (CCC, n. 1324); allora non ci può essere una cosa più importante per un Vescovo che l’Eucaristia, qualsiasi dimensione della sua vita e del suo apostolato prendiamo in considerazione. Quindi anche nell’aspetto delle vocazioni agli Ordini Sacri, per le quali preghiamo nell’odierna Messa in modo del tutto particolare, l’Eucaristia rimane « fonte e culmine » del nostro operato e della nostra preoccupazione in questo campo.

Con l’Eucaristia, infatti, per renderla quello che essa deve essere nella nostra vita e nel nostro apostolato, dobbiamo misurarci ogni giorno di nuovo. Pertanto, mentre siamo sempre pieni di stupore di fronte al mistero che celebriamo, all’inizio di ogni Santa Messa invochiamo la misericordia del Signore su di noi. Sia fatto questo sempre con serietà e riflessione, allo scopo di rendere costantemente più perfetta la nostra celebrazione.

2. La carità la fede e l’umiltà

Vediamo che cosa ci dice a tale riguardo il Vangelo che abbiamo ascoltato (Lc 7, 1-10)! Esso non parla dell’Eucaristia, ma della guarigione del servo di un centurione pagano. Nondimeno questa scena del Vangelo getta pure una luce sull’atteggiamento necessario per una degna e fruttuosa celebrazione dell’Eucaristia, tanto più che prima di assumere il Corpo e Sangue di Cristo durante la Messa ripetiamo proprio le parole del centurione, un po’ parafrasate: « Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma dì soltanto una parola e io sarò salvato ».

Il racconto di Luca è molto significativo. Egli espone gli elementi dell’atteggiamento del centurione che gli hanno guadagnato la benevolenza di Gesù. Essi appaiono progressivamente in due distinti momenti.

Nel primo momento, gli anziani dei Giudei, mandati dal centurione a Gesù, intercedono per lui dicendo: « Egli merita che tu gli faccia questa grazia [...], perché ama il nostro popolo, ed è stato lui a costruirci la sinagoga ». Il primo elemento, quindi, che capta la benevolenza di Gesù è la bontà, la carità che il centurione ha esercitato. Dopo questa raccomandazione, quindi, Gesù si incammina verso la casa del centurione.

San Paolo nella prima lettura rimproverava ai Corinzi proprio la mancanza di carità. La carità, l’amore di Dio e dei fratelli ci ottiene la benevolenza del Signore anche nel nostro accostamento all’Eucaristia. Si deve avere presente a tale riguardo che l’Eucaristia racchiude il più grande atto d’amore di Dio verso di noi. L’amore quindi ci predispone per la fruttuosa celebrazione dell’Eucaristia e questa, dal canto suo, celebrata degnamente, ci fa crescere nell’amore. Ecco, il primo aspetto dell’atteggiamento corretto, ricavato dall’odierno Vangelo, nel celebrare degnamente l’Eucaristia: l’amore, la carità.

Nel secondo momento, quando già i protagonisti della scena dell’odierno Vangelo erano non molto distanti dalla casa del centurione, accade una cosa straordinaria, che suscita l’ammirazione di Gesù. Il centurione manda alcuni amici a dire a Gesù: « Signore, non stare a disturbarti, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te, ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono uomo sottoposto a un’autorità, e ho sotto di me dei soldati; e dico all’uno: Va ed egli va, e a un altro: Vieni, ed egli viene, e al mio servo: Fa questo, ed egli lo fa ». L’Evangelista nota: « All’udire questo Gesù restò ammirato e rivolgendosi alla folla che lo seguiva disse: « Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande! »". E il servo all’istante è stato guarito.

Quante volte, del resto, Gesù ha compiuto miracoli scorgendo e premiando la fede! La fede costituisce certamente un atteggiamento che permette a Dio di colmarci dei suoi doni. Senza la fede, comunque, neppure si capisce l’Eucaristia. Mi permetto qui ripetere le parole di san Paolo citate all’inizio: « chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore [ossia senza la fede eucaristica], mangia e beve la propria condanna ». In ogni caso, non c’è alcun dubbio che quanto più grande è la nostra fede in Gesù, nell’Eucaristia, tanto più degna e più fruttuosa sarà la nostra celebrazione, tanto essa sarà più incisiva sull’efficacia del nostro apostolato.

Non è difficile scorgere che la fede del centurione è unita con una impressionante umiltà: « Signore, non stare a disturbarti, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto; [...] non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te ». Commovente umiltà!

C’è stretta relazione fra fede e umiltà. Mentre la superbia è un ostacolo perché la fede possa crescere in noi, la vera fede ci rende umili. Di questa realtà Maria è il più brillante esempio e manifestazione.

Le parole prima della comunione, quindi, « Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma dì soltanto una parola e io sarò salvato » non siano mai una formalità sulla nostra bocca, ma un sentito respiro del cuore, una consapevolezza, un impegno.

Conclusione

L’amore vero del Signore e dei fratelli, la fede viva che esige di essere sempre di più rafforzata e maturata nei nostri cuori, e l’umiltà da conquistare giorno per giorno, a motivo dell’egoismo che in minore o maggiore grado c’è in ogni cuore umano, ci predispongono alla benevolenza del Signore; ci predispongono alla degna e fruttuosa celebrazione dell’Eucaristia, ossia alla degna e fruttuosa celebrazione del più grande avvenimento della nostra vita; al vivere in modo consapevole ed efficace ciò che è « fonte e culmine » della nostra esistenza sacerdotale e del nostro apostolato.

Signore, sia questa celebrazione per noi un momento di crescita!

Card. Vithayathil: San Paolo, modello della missione in India e in Asia

dal sito:

http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=12636&geo=4&size=A

30/06/2008 11:15
INDIA – VATICANO

Card. Vithayathil: San Paolo, modello della missione in India e in Asia

di Card. Varkey Vithayathil

Il presidente della Conferenza episcopale indiana spiega ad AsiaNews che l’Anno Paolino appena iniziato deve spingere i cristiani dell’India e dell’Asia ad annunciare in modo esplicito la fede in Cristo, essere forti nelle persecuzioni, valorizzando e purificando la cultura circostante.New Delhi (AsiaNews) Da ieri molte diocesi indiane hanno dato inizio alle celebrazioni per l’Anno Paolino, inaugurato da Benedetto XVI per celebrare i 2000 anni dalla nascita dell’apostolo di Tarso. Parlando con AsiaNews, il card. Varkey Vithayathil, presidente della Conferenza episcopale indiana, ha messo in luce il valore dell’Anno Paolino per l’evangelizzazione dell’India e dell’Asia. Il card. Vithayathil, che è arcivescovo di Ernakulam-Angamaly dei Siro-malabari, ha sottolineato soprattutto l’urgenza dell’annuncio esplicito della fede nel mondo multireligioso asiatico e la pazienza nelle persecuzioni. Ecco quanto ha detto ad AsiaNews:

Nelle celebrazioni per il secondo millennio della nascita di san Paolo, la Chiesa deve anzitutto rivitalizzare il suo zelo missionario e lo spirito nellannuncio della buona novella a tutti i popoli. San Paolo è stato il più grande missionario della storia; la sua vita e predicazione sono lelemento più importante per lIndia e lAsia, soprattutto in questo nostro tempo.Nell

ultimo incontro della Conferenza episcopale ho detto ai vescovi dellIndia che il lavoro sociale non è sufficiente. Il lavoro sociale è evangelizzazione indiretta, ma la Chiesa in India, con franchezza, deve predicare Gesù Cristo. Predicare il Vangelo e annunciare la Buona Novella della salvezza è la carità più grande che la Chiesa in India e in Asia può offrire. Questa carità ha il potere di trasformare la vita della gente, fino ad avvolgere la loro vita quotidiana di una nuova dignità. Questa è la missione della Chiesa e di ogni cristiano battezzato.

In secondo luogo, dobbiamo leggere le epistole di san Paolo. Queste lettere sono essenziali per i vescovi, i sacerdoti, i laici e ci istruiscono sul modo in cui la nostra vita cristiana può diventare testimonianza di Gesù nella nostra esistenza. Le lettere di Paolo contengono anche profondi sguardi sulla vita spirituale.La comunit

à internazionale si sta preparando alle Olimpiadi di Pechino, alla corona della vittoria e della gloria olimpica. Per questa corona che perisce, si affrontano allenamento e disciplina rigorosi Mi viene in mente le parole dellapostolo: Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia…”(2 Timoteo 4, 7-8). Non vi è nulla di più prezioso di questa corona di giustizia. Dovrebbe essere questo lo spirito che anima noi in India, nel clima di intolleranza contro i cristiani che si respira in molti Stati, e con le leggi anti-conversione che vorrebbero piegare lo spirito evangelico. Questo zelo indomito dellapostolo dovrebbe accrescere lo spirito evangelico nel cuore di tutti noi in India: evangelizzare nella speranza, comunicando Gesù alla gente. Oggigiorno è importante vivere il Vangelo con radicalità e il nostro modello è san Paolo

San Paolo mostra ciò a cui un cristiano va incontro predicando il vangelo. Egli è modello per levangelizzazione in India e in Asia e soprattutto per la Chiesa perseguitata dellIndia.San Paolo

è stato lapostolo dei pagani ed è stato perseguitato a causa di Gesù Cristo Eppure questo non ha annacquato il suo zelo. Egli ha viaggiato in lungo e in largo nel mondo di allora, con tutte le difficoltà che esistevano in quei tempi; ha dovuto subire animosità e pericoli cercando di convertire i popoli alla nuova fede. Egli ha sopportato con tenacia tutto questo, giungendo al compimento della sua opera. Infine egli è stato decapitato. Questo è importante per ciascuno di noi in India: Paolo era così consumato dallamore per Gesù, che ha sofferto con coraggio anche le persecuzioni. Egli non ha mai usato la forza o la seduzione unaccusa che spesso si fa contro i cristiani in India ma predicava e la gente gli credeva. Questo si dovrebbe fare in India e in Asia. Purtroppo, la persecuzione ci impaurisce e il nostro zelo si raffredda, così spegniamo la nostra predicazione. Paoo era cosciente delle conseguenze cui si giunge dimenticando di proclamare il vangelo: Guai a me se non predicassi il vangelo! (1 Cor 9,16). Se non predichiamo, come farà la gente a credere e convertirsi alla Verità, alla vita eterna, come potranno milioni e milioni di persone almeno ascoltare il nome di Gesù e abbracciare il Cristo?

San Paolo era anche prudente: in Atene (cfr Atti 17) egli, vedendo un altare pagano, ha detto che essi adoravano il dio ignoto. Paolo credeva che le influenze della cultura circostante, potevano essere negative per la salute spirituale delle comunità. Ma in altre occasioni, Paolo sa come usare immagini culturali diffuse per un buon scopo, che è trasmettere il suo messaggio agli uditori. In tal modo Paolo ci sfida a incontrare la nostra stessa cultura, con coraggio, avendo Cristo come nostra guida.

È urgente che la luce luminosa della risurrezione brilli sulle generazioni presenti. Ma ciò richiede che voi ed io annunciamo a tutti i popoli il Signore risorto.

Publié dans:c.CARDINALI |on 10 août, 2008 |Pas de commentaires »

XIX settimana del Tempo Ordinario

XIX settimana del Tempo Ordinario dans LETTURE DI SAN PAOLO NELLA LITURGIA DEL GIORNO ♥♥♥

http://santiebeati.it/

DOMENICA 10 AGOSTO 2008

(in questo giorno, però di domenica, sarebbe festa di San Lorenzo martire, naturalmente non si fa, volendo leggere comunque le letture, si possono prendere dal sito che ho citato e messo il link: Maranathà)

MESSA DEL GIORNO

Seconda Lettura  Rm 9, 1-5
Vorrei essere io stesso anàtema, separato da Cristo, a vantaggio dei miei fratelli. 
 
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.
Fratelli, dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen. 

PRIMI VESPRI

Lettura breve Eb 13, 20-21
Il Dio della pace che ha fatto tornare dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un’alleanza eterna (cfr. Zc 9, 11 gr.; Is 55, 3), il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

LUNEDÌ 11 AGOSTO 2008

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MARTEDÌ 12 AGOSTO 2008

UFFICIO DELLE LETTURE

riferimento

Seconda Lettura
Dal «Trattato sull’Incarnazione del Signore» di Teodoreto, vescovo di Ciro
(N. 28; PG 75, 1467-1470)

Dalle pieghe del Signore la nostra guarigione
Le sofferenze del nostro Salvatore sono le nostre medicine. Il profeta volle insegnarci questo quando disse: «Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà la salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge… era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori» (Is 53, 4-7). Il pastore che vede le pecore disperse ne prende una in braccio, la conduce a un pascolo tranquillo e, con l’esempio di questa, attrae a sé la rimanenti. Così il Verbo di Dio, avendo visto errante la stirpe degli uomini, assunse la natura di servo, la unì strettamente a sé e, per mezzo di essa, attirò l’intero genere umano, e condusse ai pascoli divini coloro che erano mal nutriti ed esposti ai lupi. Per questo dunque il Salvatore nostro assunse la nostra natura, per questo Cristo Signore sostenne la passione, e la fece causa di salvezza, per questo fu dato in balia alla morte, consegnato al sepolcro, e così abbatté l’antica tirannide e promise l’incorruttibilità a quelli che erano incatenati dalla corruzione. Riedificando il tempio distrutto e risorgendo da morte, egli manifestò anche ai morti e a quanti attendevano la sua risurrezione le vere e indefettibili promesse. In verità, disse, la natura che io ho preso da voi ebbe la risurrezione per la divinità che abitava in lei e le era unita. Per la divinità si liberò dalla corruttibilità e dalla passibilità e conseguì l’incorruttibilità e l’immortalità. Così anche voi sarete liberi dalla dura schiavitù della morte, ed eliminata la corruzione assieme alle passioni, sarete rivestiti dell’immortalità. Egli per mezzo degli apostoli diede il dono del battesimo a tutti gli uomini: «Andate dunque, disse, e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28, 19). Il battesimo è una immagine e una figura della morte del Signore. «Se infatti», come dice l’apostolo Paolo, «siamo completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione» (Rm 6, 5).

VESPRI

Lettura Breve Rm 12, 9-12
9. La carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene; 10. amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. 11. Non siate pigri nello zelo; siate invece ferventi nello spirito, servite il Signore. 12. Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera.

MERCOLEDÌ 13 AGOSTO 2008

VESPRI

Lettura Breve Ef 3, 20-21
20. A colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi, 21.a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli! Amen.

GIOVEDÌ 14 AGOSTO 2008

SAN MASSIMILIANO MARIA KOLBE (m) 

LODI

Lettura Breve 2 Cor 1, 3-5
3. Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, 4. il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio. 5. Infatti, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione

VENERDÌ 15 AGOSTO 2008

ASSUNZIONE
DELLA BEATA VERGINE MARIA (s) 

MESSA VESPERTINA DELLA VIGILIA

Seconda  Lettura   1 Cor 15, 54-57
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
54. Fratelli, quando questo corpo mortale si sarà vestito d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura:
«La morte è stata inghiottita nella vittoria.
55. Dov’è, o morte, la tua vittoria?
Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?».
56. Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge. Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!

MESSA DEL GIORNO

Seconda Lettura  1 Cor 15, 20-27a 
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
20. Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. 21. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. 22. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. 23. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. 24. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. 25. È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. 26. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, 27a. perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi.

PRIMI VESPRI

Lettura Breve Rm 8, 30
30. Quelli che Dio ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati.

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla lettera agli Efesini di san Paolo, apostolo 1, 16 – 2, 10 
1,16. Fratelli, non cesso di render grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere, 17. perché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. 18. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi 19. e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l’efficacia della sua forza
20. che egli manifestò in Cristo,
quando lo risuscitò dai morti
e lo fece sedere alla sua destra nei cieli,
21. al di sopra di ogni principato e autorità,
di ogni potenza e dominazione
e di ogni altro nome che si possa nominare
non solo nel secolo presente
ma anche in quello futuro.
22. Tutto infatti ha sottomesso ai suoi piedi (Sal 8, 7) 
e lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa,
23. la quale è il suo corpo,
la pienezza di colui che si realizza interamente
in tutte le cose.
2,1. Anche voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati, 2. nei quali un tempo viveste alla maniera di questo mondo, seguendo il principe delle potenze dell’aria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli. 3. Nel numero di quei ribelli, del resto, siamo vissuti anche tutti noi, un tempo, con i desideri della nostra carne, seguendo le voglie della carne e i desideri cattivi; ed eravamo per natura meritevoli d’ira, come gli altri. 4. Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, 5. da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati. 6. Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù, 7. per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. 8. Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; 9. né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. 10. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo. 

Seconda Lettura

riferimenti Rm, 1Cor;
Dalla Costituzione Apostolica »Munificentissimus Deus» di Pio XII, papa
(AAS 42 [1950], 760-762. 767-769)

Santità, splendore e gloria: il corpo della Vergine!
I santi padri e i grandi dottori nelle omelie e nei discorsi, rivolti al popolo in occasione della festa odierna, parlavano dell’Assunzione della Madre di Dio come di una dottrina già viva nella coscienza dei fedeli e da essi già professata; ne spiegavano ampiamente il significato, ne precisavano e ne apprendevano il contenuto, ne mostravano le grandi ragioni teologiche. Essi mettevano particolarmente in evidenza che oggetto della festa non era unicamente il fatto che le spoglie mortali della beata Vergine Maria fossero state preservate dalla corruzione, ma anche il suo trionfo sulla morte e la sua celeste glorificazione, perché la Madre ricopiasse il modello, imitasse cioè il suo Figlio unico, Cristo Gesù. San Giovanni Damasceno, che si distingue fra tutti come teste esimio di questa tradizione, considerando l’Assunzione corporea della grande Madre di Dio nella luce degli altri suoi privilegi, esclama con vigorosa eloquenza: «Colei che nel parto aveva conservato illesa la sua verginità doveva anche conservare senza alcuna corruzione il suo corpo dopo la morte. Colei che aveva portato nel suo seno il Creatore, fatto bambino, doveva abitare nei tabernacoli divini. Colei, che fu data in sposa dal Padre, non poteva che trovar dimora nelle sedi celesti. Doveva contemplare il suo Figlio nella gloria alla destra del Padre, lei che lo aveva visto sulla croce, lei che, preservata dal dolore, quando lo diede alla luce, fu trapassata dalla spada del dolore quando lo vide morire. Era giusto che la Madre di Dio possedesse ciò che appartiene al Figlio, e che fosse onorata da tutte le creature come Madre ed ancella di Dio». San Germano di Costantinopoli pensava che l’incorruzione e l’assunzione al cielo del corpo della Vergine Madre di Dio non solo convenivano alla sua divina maternità, ma anche alla speciale santità del suo corpo verginale: «Tu, come fu scritto, sei tutta splendore (cfr. Sal 44, 14); e il tuo corpo verginale è tutto santo, tutto casto, tutto tempio di Dio. Per questo non poteva conoscere il disfacimento del sepolcro, ma, pur conservando le sue fattezze naturali, doveva trasfigurarsi in luce di incorruttibilità, entrare in una esistenza nuova e gloriosa, godere della piena liberazione e della vita perfetta».
Un altro scrittore antico afferma: «Cristo, nostro salvatore e Dio, donatore della vita e dell’immortalità, fu lui a restituire la vita alla Madre. Fu lui a rendere colei, che l’aveva generato, uguale a se stesso nell’incorruttibilità del corpo, e per sempre. Fu lui a risuscitarla dalla morte e ad accoglierla accanto a sé, attraverso una via che a lui solo è nota». Tutte queste considerazioni e motivazioni dei santi padri, come pure quelle dei teologi sul medesimo tema, hanno come ultimo fondamento la Sacra Scrittura. Effettivamente la Bibbia ci presenta la santa Madre di Dio strettamente unita al suo Figlio divino e sempre a lui solidale, e compartecipe della sua condizione. Per quanto riguarda la Tradizione, poi, non va dimenticato che fin dal secondo secolo la Vergine Maria vene presentata dai santi padri come la novella Eva, intimamente unita al nuovo Adamo, sebbene a lui soggetta. Madre e Figlio appaiono sempre associati nella lotta contro il nemico infernale; lotta che, come era stato preannunziato nel protovangelo (cfr. Gn 3, 15), si sarebbe conclusa con la pienissima vittoria sul peccato e sulla morte, su quei nemici, cioè, che l’Apostolo delle genti presenta sempre congiunti (cfr. Rm capp. 5 e 6; 1 Cor 15, 21-26; 54-57). Come dunque la gloriosa risurrezione di Cristo fu parte essenziale e il segno finale di questa vittoria, così anche per Maria la comune lotta si doveva concludere con la glorificazione del suo corpo verginale, secondo le affermazioni dell’Apostolo: «Quando questo corpo corruttibile si sarà vestito di incorruttibilità e questo corpo mortale di immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata ingoiata per la vittoria» (1 Cor 15; 54; cfr. Os 13, 14). In tal modo l’augusta Madre di Dio, arcanamente unita a Gesù Cristo fin da tutta l’eternità «con uno stesso decreto» di predestinazione, immacolata nella sua concezione, vergine illibata nella sua divina maternità, generosa compagna del divino Redentore, vittorioso sul peccato e sulla morte, alla fine ottenne di coronare le sue grandezze, superando la corruzione del sepolcro. Vinse la morte, come già il suo Figlio, e fu innalzata in anima e corpo alla gloria del cielo, dove risplende Regina alla destra del Figlio suo, Re immortale dei secoli.

SECONDI VESPRI

Lettura breve 1 Cor 15, 22-23
22. Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo. 23. Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo.

SABATO 16 AGOSTO 2008-08-17

riferimenti a: 1Cor 15,14-49; 2Cor 5, Fil 1,21,23; Rm 6,23; Col 2, 13-15;

Seconda Lettura
Dal «Discorso sul battesimo» di san Paciano, vescovo
(Nn. 6-7; PL 13, 1093-1094)

Puri e immacolati per il giorno del Signore
Come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di terra, così porteremo l’immagine dell’uomo celeste; poiché il primo uomo tratto dalla terra, è di terra, il secondo uomo viene dal cielo ed è celeste (cfr. 1 Cor 15, 47-49). Comportiamoci così, o carissimi, non morremo mai più. Anche se questo corpo sarà preda della corruzione, noi vivremo in Cristo, come egli stesso ha detto: «Chi crede in me, anche se muore, vivrà» (Gv 11, 25). Siamo quindi certi, sulla parola di Dio, che Abramo, Isacco, Giacobbe e tutti i santi di Dio vivono. Il Signore effettivamente ha detto che vivono, perché colui che è il loro Dio è Dio dei vivi e non dei morti (cfr. Mt 22, 32). Parlando di se stesso l’Apostolo afferma: Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno: desidero morire ed essere con Cristo (cfr. Fil 1, 21-23). Ed ancora: «Finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore, camminiamo nella fede e non ancora in visione» (2 Cor 5, 6). Questa è la nostra fede, o carissimi fratelli. Del resto: se noi riponiamo la nostra speranza soltanto in questo mondo, siamo da compiangere più di tutti gli uomini (cfr. 1 Cor 15, 19). La nostra vita materiale, come voi medesimi potete osservare, ha la stessa durata di quella delle fiere, degli animali, degli uccelli e magari anche minore. Caratteristica dell’uomo invece è di ottenere quello che Cristo ha dato per mezzo del suo Spirito, la vita eterna, a patto però che non pecchiamo più. Come la morte viene a causa del peccato, così dalla morte siamo liberati per mezzo della santità; la vita si perde col peccato, mentre viene salvata dalla santità. «Il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna, in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 6, 23). E’ lui, è lui che ci ha redenti, perdonandoci, come dice l’Apostolo, tutti i nostri peccati e annullando il documento scritto del nostro debito le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodando alla croce. Spogliandosi della carne, ha privato della loro forza i Principati e le Potestà, e ne ha fatto pubblico spettacolo dietro al suo corteo trionfale (cfr. Col 2, 13-15). Liberò quelli che erano legati in ceppi e spezzò le loro catene, come David aveva profetizzato: Il Signore solleva quelli che sono caduti, il Signore scioglie quelli che sono legati, il Signore illumina i ciechi (cfr. Sal 145, 7-8). E ancora: «Hai spezzato le mie catene. A te offrirò sacrifici di lode» (Sal 115, 16-17). Siamo stati dunque sciolti dalle nostre catene quando, mediante il sacramento del battesimo, ci siamo raccolti sotto lo stendardo di Cristo, rinunziando al diavolo e a tutti i suoi sostenitori, ai quali avevamo servito fino allora. Siamo stati liberati da essi nel nome e col sangue di Cristo; non dobbiamo più quindi essere loro schiavi. Perciò, carissimi, ricordiamoci che veniamo lavati una volta sola; una volta sola veniamo liberati, e una volta sola entriamo nel regno eterno. Una volta sola sono beati quelli a cui sono rimesse le colpe e perdonato il peccato (cfr. Sal 31, 1). Tenete ben stretto quello che avete ricevuto, conservatelo nella gioia; non vogliate più peccare. Conservatevi puri ed immacolati per il giorno del Signore.

Responsorio
Cfr. 1 Cor 15, 47. 49; Col 3, 9. 10
R. Il primo uomo fu tratto dalla terra, il secondo viene dal cielo. * Come abbiamo portato l’immagine dell’uomo terreno, così porteremo l’immagine dell’uomo celeste.
V. Vi siete spogliati dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova ad immagine del suo creatore.
R. Come abbiamo portato l’immagine dell’uomo terreno, così porteremo l’immagine dell’uomo celeste.

LODI

Lettura Breve Fil 2, 14-15
14. Fate tutto senza mormorazioni e senza critiche, 15. perché siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo.

San Lorenzo, dai « Discorsi » di Sant’Agostino (1Tm, Fil, Col)

su San Lorenzo martire, dal sito: 

http://liturgia.silvestrini.org/santo/240.html

Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo
Fu ministro del sangue di Cristo

Oggi la chiesa di Roma celebra il giorno del trionfo di Lorenzo, giorno in cui egli rigettò il mondo del male. Lo calpestò quando incrudeliva rabbiosamente contro di lui e lo disprezzò quando lo allettava con le sue lusinghe. In un caso e nell’altro sconfisse satana che gli suscitava contro la persecuzione. San Lorenzo era diacono della chiesa di Roma. Ivi era ministro del sangue di Cristo e là, per il nome di Cristo, versò il suo sangue. Il beato apostolo Giovanni espose chiaramente il mistero della Cena del Signore, dicendo: «Come Cristo ha dato la sua vita per noi, così anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1 Gv 3, 16). Lorenzo, fratelli, ha compreso tutto questo. L’ha compreso e messo in pratica. E davvero contraccambio quanto aveva ricevuto in tale mensa. Amò Cristo nella sua vita, lo imitò nella sua morte.
Anche noi, fratelli, se davvero amiamo, imitiamo. Non potremmo, infatti, dare in cambio un frutto più squisito del nostro amore di quello consistente nell’imitazione del Cristo, che «patì per noi, lasciandoci un esempio, perché ne seguiamo le orme» (1 Pt 2, 21). Con questa frase sembra quasi che l’apostolo Pietro abbia voluto dire che Cristo patì solamente per coloro che seguono le sue orme, e che la passione di Cristo giova solo a coloro che lo seguono. I santi martiri lo hanno seguito fino all’effusione del sangue, fino a rassomigliarli nella passione. Lo hanno seguito i martiri, ma non essi soli. Infatti, dopo che essi passarono, non fu interrotto il ponte; né si é inaridita la sorgente, dopo che essi hanno bevuto.
Il bel giardino del Signore, o fratelli, possiede non solo le rose dei martiri, ma anche i gigli dei vergini, l’edera di quelli che vivono nel matrimonio, le viole delle vedove. Nessuna categoria di persone deve dubitare della propria chiamata: Cristo ha sofferto per tutti. Con tutta verità fu scritto di lui: «Egli vuole che tutti gli uomini siano salvati, e arrivino alla conoscenza della verità» (1 Tm 2, 4). Dunque cerchiamo di capire in che modo, oltre all’effusione del sangue, oltre alla prova della passione, il cristiano debba seguire il Maestro. L’Apostolo, parlando di Cristo Signore, dice: «Egli, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio». Quale sublimità!
«Ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso» (Fil 2, 7-8). Quale abbassamento! Cristo si é umiliato: eccoti, o cristiano l’esempio da imitare. Cristo si é fatto ubbidiente: perché tu ti insuperbisci? Dopo aver percorso tutti i gradi di questo abbassamento, dopo aver vinto la morte, Cristo ascese al cielo: seguiamolo. Ascoltiamo l’Apostolo che dice: «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio» (Col 3, 1).(Disc. 304, 14; PL 38, 1395-1397).

XVIII SETTIMANA DEL T.O.

XVIII SETTIMANA DEL T.O.  dans LETTURE DI SAN PAOLO NELLA LITURGIA DEL GIORNO ♥♥♥

http://flickr.com/

Parrocchia Santa Maria Regina Pacis, Monteverde

DOMENICA 3 AGOSTO 2008

MESSA DEL GIORNO

Seconda Lettura  Rm 8, 35. 37-39
35. Fratelli, chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? 37. Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. 38. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, 39. né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore.

UFFICIO DELLE LETTURE

ALL’Ufficio delle Letture c’è, come seconda lettura la « Lettera di Barnaba », in realtà non si tratta del collaboratore di Paolo, ma di u altro autore di epoca successiva, tuttavia potete leggerla, se volete, sul sito Maranathà, pagina dell’Ufficio delle letture:

http://www.maranatha.it/Ore/ord/LetDom/18DOMpage.htm

c’è qualche spiegazione su questa lettera sul sito:

http://www.monasterovirtuale.it/PadriApostolici/LetteraBarnaba/letterabarnabaintro.html

VESPRO

Lettura Breve 2 Ts 2, 13-14
13. Noi dobbiamo rendere sempre grazie a Dio per voi, fratelli amati dal Signore, perché Dio vi ha scelti come primizia per la salvezza, attraverso l’opera santificatrice dello Spirito e la fede nella verità, 14. chiamandovi a questo con il nostro vangelo, per il possesso della gloria del Signore nostro Gesù Cristo.

LUNEDÌ

San Giovanni Maria Vianney (memoria)

LODI

Lettura Breve Eb 13, 7-9a
7. Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; considerando attentamente l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede. 8. Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! 9a. Non lasciatevi sviare da dottrine varie e peregrine.

MARTEDÌ

Dedicazione della Basilica di Santa Maria Maggiore e Madonna della Neve

(nella messa non ci sono testi di San Paolo)

UFFICIO DELLE LETTURE

(Non ci sono testi di San Paolo, c’è il seguito di quella Lettera di Barnaba della quale ho scritto lunedì a pag:

http://www.maranatha.it/Ore/ord/LetMar/18MARpage.htm

LODI

Lettura Breve 1 Ts 5, 4-5
4. Voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che il giorno del Signore possa sorprendervi come un ladro: 5. voi tutti infatti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte, né delle tenebre.

VESPRI

Lettura Breve Rm 3, 23-25a
23. Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, 24. ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù. 25. Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue, al fine di manifestare la sua giustizia.

MERCOLEDÌ

Trasfigurazione del Signore (festa)

PRIMI VESPRI

Lettura Breve Fil 3, 20-21
20. La nostra patria è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, 21. il quale trasfigurerà il nostro misero corpo, per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che ha di sottomettere a sé tutte le cose.

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla seconda lettera ai Corinzi di san Paolo, apostolo 3, 7 – 4, 6
3,7. Fratelli, se il ministero della morte, inciso in lettere su pietre, fu circonfuso di gloria, al punto che i figli d’Israele non potevano fissare il volto di Mosè a causa dello splendore pure effimero del suo volto, 8. quanto più sarà glorioso il ministero dello Spirito? 9. Se già il ministero della condanna fu glorioso, molto di più abbonda di gloria il ministero della giustizia. 10. Anzi sotto quest’aspetto, quello che era glorioso non lo è più a confronto della sovraeminente gloria della Nuova Alleanza. 11. Se dunque ciò che era effimero fu glorioso, molto più lo sarà ciò che è duraturo. 12. Forti di tale speranza, ci comportiamo con molta franchezza 13. e non facciamo come Mosè che poneva un velo sul suo volto, perché i figli di Israele non vedessero la fine di ciò che era solo effimero. 14. Ma le loro menti furono accecate; infatti fino ad oggi quel medesimo velo rimane, non rimosso, alla lettura dell’Antico Testamento, perché è in Cristo che esso viene eliminato. 15. Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul loro cuore; 16. ma quando ci sarà la conversione al Signore, quel velo sarà tolto. 17. Il Signore è lo Spirito e dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà. 18. E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore. 4.1. Perciò, investiti di questo ministero per la misericordia che ci è stata usata, non ci perdiamo d’animo; 2. al contrario, rifiutando le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con astuzia né falsificando la parola di Dio, ma annunziando apertamente la verità, ci presentiamo davanti a ogni coscienza, al cospetto di Dio. 3. E se il nostro vangelo rimane velato, lo è per coloro che si perdono, 4. ai quali il dio di questo mondo ha accecato la mente incredula, perché non vedano lo splendore del glorioso vangelo di Cristo che è immagine di Dio. 5. Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore; quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù. 6. E Dio che disse: Rifulga la luce dalle tenebre (Gn 1, 3), rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo.

VESPRI

Lettura breve Rm 8, 16-17
16. Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. 17. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.

GIOVEDÌ 7 AGOSTO 2008

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dai «Trattati» di Baldovino di Canterbury, vescovo
(Tratt. 10; PL 204,513-514.516)

L’amore è forte come la morte
Forte è la morte, che è capace di privarci del dono della vita. Forte è l’amore, che è capace di ricondurci ad un miglior uso della vita. Forte è la morte, che è in grado di spogliarci del vestito di questo corpo. Forte è l’amore, che è capace di strappare le nostre spoglie alla morte e restituircele. Forte è la morte, a cui nessun uomo è in grado di resistere. Forte è l’amore, al punto da trionfare su di essa, spuntarne il pungiglione, smorzarne la forza, vanificarne la vittoria. Verrà il tempo in cui sarà insultata, quando si potrà dire: Dov’è, o morte, il tuo pungiglione? Dov’è la tua forza? (cfr. Os 13,14; 1Cor 15,55) «Forte come la morte è l’amore» (Ct 8,6), perché l’amore di Cristo è la fine della morte. Perciò dice: Io sarò la tua fine o morte; io sarò il tuo flagello, o inferno (cfr. Os 13,14). L’amore, infatti, che portiamo a Cristo, anch’esso è forte come la morte, perché deve essere una specie di morte, in quanto è distruzione della vecchia vita, abolizione dei vizi e abbandono delle opere morte. Sia questo amore una specie di contraccambio a Cristo, anche se dobbiamo ammettere che sarà sempre impari al suo amore per noi e come una sua sbiadita immagine. Egli infatti ci ha amato per primo (cfr. 1Gv 4,10) e con l’esempio del suo amore è diventato per noi come un richiamo per renderci conformi alla sua immagine, spogliarci dell’uomo terreno e rivestirci dell’uomo celeste. Come ci ha amati, così dobbiamo amarlo. Ci ha lasciato, infatti, un esempio perché seguiamo le sue orme (cfr. 1Pt 2,21). Per questo dice: «Mettimi come sigillo sul tuo cuore» (Ct 8,6). Come se dicesse: Amami come io ti amo. Abbimi nella tua mente, nei tuoi ricordi, nei tuoi desideri, nei tuoi sospiri, nei tuoi lamenti, nei tuoi gemiti. Non dimenticarti, o uomo, che da me viene tutto quello che sei. Ricorda come ti ho preferito a tutte le altre creature, a quale dignità ti ho innalzato, come ti ho coronato di gloria e di onore, come ti ho fatto poco meno degli angeli, e tutto ho posto sotto i tuoi piedi (cfr. Sal 8,6-7). Ricordati non solo di quanto ti ho donato, ma quante cose terribili ed immeritate ho sofferto per te. Solo allora potrai capire quanto sei ingiusto verso di me privandomi del tuo amore. Chi infatti ti ama come ti amo io? Chi ti ha creato, se non io? Chi ti ha redento, se non io? Togli via da me, o Signore, questo cuore di pietra. Strappami questo cuore raggrumato. Distruggi questo cuore non circonciso. Dammi un cuore nuovo, un cuore di carne, un cuore puro! Tu, purificatore di cuori e amante di cuori puri, prendi possesso del mio cuore, prendivi dimora. Abbraccialo e contentalo. Sii tu più alto di ogni mia sommità, più interiore della mia stessa intimità. Tu, esemplare di ogni bellezza e modello di ogni santità, scolpisci il mio cuore secondo la tua immagine; scolpiscilo col martello della tua misericordia, Dio del mio cuore e mia eredità, o Dio, mia eterna felicità. Amen (cfr. Sal 72,26).

Lettura Breve
Rm 14, 17-19
17. Il regno di Dio non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo: 18. chi serve il Cristo in queste cose, è bene accetto a Dio e stimato dagli uomini. 19. Diamoci dunque alle opere della pace e alla edificazione vicendevole.

VENERDÌ 8 AGOSTO 2008

S. DOMENICO (memoria)

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dalla «Storia dell’Ordine dei Predicatori»
(Libellus de Principiis O.P:; Acta canoniz. sancti Dominici; Monumenta O.P. Mist. 16, Romae 1935, pp. 30 ss., 146-147)

O parlava con Dio, o parlava di Dio
Domenico era dotato di grande santità ed era sostenuto sempre da un intenso impeto di fervore divino. Bastava vederlo per rendersi conto di essere di fronte a un privilegiato della grazia. V’era in lui un’ammirabile inalterabilità di carattere, che si turbava solo per solidarietà col dolore altrui. E poiché il cuore gioioso rende sereno il volto, tradiva la placida compostezza dell’uomo interiore con la bontà esterna e la giovialità dell’aspetto. Si dimostrava dappertutto uomo secondo il Vangelo, nelle parole e nelle opere. Durante il giorno nessuno era più socievole, nessuno più affabile con i fratelli e con gli altri. Di notte nessuno era più assiduo e più impegnato nel vegliare e pregare. Era assai parco di parole e, se apriva la bocca, era o per parlare con Dio nella preghiera o per parlare di Dio. Questa era la norma che seguiva e questa pure raccomandava ai fratelli. La grazia che più insistentemente chiedeva a Dio era quella di una carità ardente, che lo spingesse a operare efficacemente alla salvezza degli uomini. Riteneva infatti di poter arrivare a essere membro perfetto del corpo di Cristo solo qualora si fosse dedicato totalmente e con tutte le forze a conquistare anime. Voleva imitare in ciò il Salvatore, offertosi tutto per la nostra salvezza. A questo fine, ispirato da Dio, fondò l’Ordine dei Frati Predicatori, attuando un progetto provvidenziale da lungo accarezzato. Esortava spesso i fratelli, a voce e per lettera, a studiare sempre l’Antico e il Nuovo Testamento. Portava continuamente con sé il vangelo di Matteo e le lettere di san Paolo, e meditava così lungamente queste ultime da arrivare a saperle quasi a memoria.
Due o tre volte fu eletto vescovo; ma egli sempre rifiutò, volendo piuttosto vivere con i suoi fratelli in povertà. Conservò illibato sino alla fine lo splendore della sua verginità. Desiderava di essere flagellato, fatto a pezzi e morire per la fede di Cristo. Gregorio IX ebbe a dire di lui: «Conosco un uomo, che seguì in tutto e per tutto il modo di vivere degli apostoli; non v’è dubbio che egli in cielo sia associato alla loro gloria».

LODI

Lettura Breve Eb 13, 7-9a
7. Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; considerando attentamente l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede. 8. Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! 9a. Non lasciatevi sviare da dottrine varie e peregrine.

SABATO 9 AGOSTO 2008

SANTA TERESA BENEDETTA DELLA CROCE
EDITH STEIN, VERGINE E MARTIRE
Compatrona d’Europa
(1891-1942)
Festa

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla seconda lettera ai Corinzi di san Paolo, apostolo 4, 7- 5, 8

Nei martiri si manifesta la potenza di Dio
4,7. Fratelli, noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi. 8. Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; 9. perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, 10. portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. 11. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale. 12. Di modo che in noi opera la morte, ma in voi la vita. 13. Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo, 14. convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. 15. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, ancora più abbondante ad opera di un maggior numero, moltiplichi l’inno di lode alla gloria di Dio. 16. Per questo non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno. 17. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria, 18. perché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili sono eterne. 5,1. Sappiamo infatti che quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un’abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani di uomo, nei cieli. 2. Perciò sospiriamo in questo nostro stato, desiderosi di rivestirci del nostro corpo celeste: 3. a condizione però di esser trovati già vestiti, non nudi. 4. In realtà quanti siamo in questo corpo, sospiriamo come sotto un peso, non volendo venire spogliati ma sopravvestiti, perché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. 5. E’ Dio che ci ha fatti per questo e ci ha dato la caparra dello Spirito. 6. Così, dunque, siamo sempre pieni di fiducia e sapendo che finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore, 7. camminiamo nella fede e non ancora in visione. 8. Siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo ed abitare presso il Signore.

seconda lettura riferimento senza citazione esplicita

Seconda Lettura
Dall’opera «Scientia Crucis» di santa Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein, vergine e martire (Edizioni OCD, Roma 1998, pp. 38-39)

La porta della vita si apre ai credenti in Cristo
Cristo s’era addossato lui stesso il giogo della legge, osservandola e adempiendola perfettamente, tanto da morire per la Legge e vittima della Legge. Nello stesso tempo, tuttavia, Egli ha esonerati dalla Legge tutti quelli che avrebbero accettata la vita da Lui. I quali però avrebbero potuto riceverla solo disfacendosi della propria. Infatti «quanti sono stati battezzati in Cristo sono stati battezzati nella morte di Lui». Essi si immergono nella sua vita per divenire membri del suo corpo, e sotto questa qualifica soffrire e morire con Lui; ma anche per risuscitare con Lui alla eterna vita divina. Questa vita sorgerà per noi nella sua pienezza soltanto nel giorno della glorificazione. Tuttavia, sin da adesso «nella carne noi vi partecipiamo, in quanto crediamo»: crediamo che Cristo è morto per noi, per dare la vita a noi. Ed è proprio questa fede che ci fa diventare un tutto unico con Lui, membra collegate al capo, rendendoci permeabili alle effusioni della sua vita. Così la fede nel Crocifisso — la fede viva, accompagnata dalla dedizione amorosa — è per noi la porta di accesso alla vita e l’inizio della futura gloria. Per di più, la croce è il nostro unico vanto: «Quanto a me sia lungi il gloriarmi d’altro che della croce del Signore nostro Gesù Cristo, per la quale il mondo è stato per me crocifisso, ed io per il mondo». Chi si è messo dalla parte del Cristo risulta morto per il mondo, come il mondo risulta morto per lui. Egli porta nel suo corpo le stimmate del Signore; è debole e disprezzato nell’ambiente degli uomini, ma appunto per questo è forte in realtà, perché nelle debolezze risalta potentemente la forza di Dio. Profondamente convinto di questa verità il discepolo di Gesù non solo abbraccia la croce che gli viene offerta, ma si crocifigge da sé: «I seguaci di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue concupiscenze». Essi hanno ingaggiato una lotta spietata contro la loro natura, per liquidare in se stessi la vita del peccato e far posto alla vita dello spirito. È quest’ultima sola quella che importa. La croce non è fine a se stessa. Essa si staglia in alto e fa richiamo verso l’alto. Quindi non è soltanto un’insegna, è anche l’arma potente di Cristo, la verga da pastore con cui il divino Davide esce incontro all’infernale Golia, il simbolo trionfale con cui Egli batte alla porta del cielo e la spalanca. Allora ne erompono i fiotti della luce divina, sommergendo tutti quelli che marciano al seguito del Crocifisso.

Responsorio
Gal 2,19-20
R. Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. * Mi ha amato e ha dato se stesso per me.
V. Quello che io vivo nella carne io lo vivo nella fede del Figlio di Dio.
R. Mi ha amato e ha dato se stesso per me.

LODI

Lettura Breve 2 Cor 1, 3-5
3. Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, 4. il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio. 5. Infatti, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione.

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