DOMENICA 18 MAGGIO 2008
FESTA DELLA SANTISSIMA TRINITÀ

http://santiebeati.it/
dal sito francese « Evangile Au Quotidien »:
http://www.levangileauquotidien.org/www/main.php?language=FR&localTime=05/18/2008#
Sant’Efrem Siro (circa 306-373), diacono in Siria, dottore della Chiesa
Inno sulla Trinità
« Un unico Dio, un unico Signore, nella trinità delle persone e nell’unità della natura » (Prefazio)
Ritornello : Sia benedetto colui che ti manda ! Prendi come simboli il sole per il Padre,
per il Figlio, la luce,
e per lo Spirito Santo, il calore.Pur essendo un solo essere, una trinità percepiamo in lui.
Afferrare l’inesplicabile, chi può farlo?
Questo unico essere è molteplice: uno è formato di tre e tre formano uno solo,
grande mistero e palese meraviglia!
Il sole è distinto dai suoi raggi
pur essendogli unito;
anche il suo raggio è pure sole.
Eppure nessuno parla di due soli,
pur essendo il raggio
quaggiù anch’esso sole.
Neanche diciamo che ci siano due Dei.
Dio, è il nostro Signore,
anch’Egli al di sopra del creato.
Chi può mostrare come e dove
son uniti il raggio del sole
e il suo calore, pur essendo liberi?
Non sono né separati né confusi,
uniti, benché distinti,
liberi, benché attaccati, o meraviglia!
Chi può, scrutandoli, avere presa su di essi?
Eppure non sono forse apparentemente semplicissimi, così facili da comprendere?
Mentre il sole dimora lassù,
il suo chiarore, il suo ardore
sono per coloro di quaggiù, un simbolo evidente.
Sì, i suoi raggi sono scesi sulla terra
e dimorano nei nostri occhi
come se rivestissero la nostra carne.
Quando si chiudono gli occhi quando viene il sonno,
come morti, egli lascia
coloro che verrano poi svegliati.
E come la luce entra nell’occhio,
nessuno può capirlo.
Così, il nostro Signore nel seno…
Così, il nostro Salvatore rivestì un corpo
in tutta la sua debolezza,
per venire a santificare l’universo.
Ma quando il raggio risale verso la sua sorgente, non è mai stato separato
da colui che lo genera.
Lascia il suo calore per coloro che sono quaggiù
come il Nostro Signore
ha lasciato lo Spirito Santo ai discepoli.
Guarda queste immagini nel mondo creato
e non dubitare riguardo alle Tre Persone,
altrimenti ti perderai!
Ciò che era oscuro, l’ho reso chiaro:
come le Tre Persone fanno una sola cosa,
trinità che fanno una sola essenza.
Ritornello : Sia benedetto colui che ti manda !
SOLENNITÀ DELLA SANTISSIMA TRINITÀ
MESSA DEL GIORNO
2Cor 13,11-13
La grazia di Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo.
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi11. Fratelli, siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi. 12. Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Tutti i santi vi salutano. 13. La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.
PRIMI VESPRI
Lettura Breve Rm 11, 33-36
33. O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! 34. Infatti, chi mai ha potuto conoscere il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? 35. O chi gli ha dato qualcosa per primo, sì che abbia a riceverne il contraccambio? (cfr. Gb 15, 8; Sap 9, 13). 36. Poiché da lui, grazie a lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.
UFFICIO DELLE LETTURE
Prima Lettura
Dalla prima lettera ai Corinzi di san Paolo, apostolo 2, 1-16
Il grande mistero della volontà di Dio
1. Fratelli, quando sono venuto tra voi, non mi presentai ad annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza. 2. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso. 3. Io venni in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione; 4. e la mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, 5. perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.
6. Tra i perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo che vengono ridotti al nulla; 7. parliamo di una sapienza divina, misteriosa, che è rimasta nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria. 8. Nessuno dei dominatori di questo mondo ha potuto conoscerla; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. 9. Sta scritto infatti: Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano (Is 64, 4). 10. Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio. 11. Chi conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio. 12. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato. 13. Di queste cose noi parliamo, non con un linguaggio suggerito dalla sapienza umana, ma insegnato dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. 14. L’uomo naturale però non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui, e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito. 15. L’uomo spirituale invece giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno. 16. Chi infatti ha conosciuto il pensiero del Signore in modo da poterlo dirigere? (Sap 9, 13). Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo.Responsorio Cfr. Ef 1, 17. 18; 1 Cor 2, 12
R. Il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. Illumini gli occhi della vostra mente * per comprendere a quale speranza egli vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità tra i santi.
V. Non avete ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio;
R. per comprendere a quale speranza egli vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità tra i santi.
« frammenti » dalle Lettere di Paolo, sottolineatura mia:
1. da Ef 4,6
2. da 1 Cor 12, 4-6
3. da 2 Cor 13, 13 Seconda Lettura
Dalle «Lettere» di sant’Atanasio, vescovo
(Lett. 1 a Serap. 28-30; PG 26, 594-595. 599)
Luce, splendore e grazia della Trinità
Non sarebbe cosa inutile ricercare l’antica tradizione, la dottrina e la fede della Chiesa cattolica, quella s’intende che il Signore ci ha insegnato, che gli apostoli hanno predicato, che i padri hanno conservato. Su di essa infatti si fonda la Chiesa, dalla quale, se qualcuno si sarà allontanato, per nessuna ragione potrà essere cristiano, né venir chiamato tale.
La nostra fede è questa: la Trinità santa e perfetta è quella che è distinta nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo, e non ha nulla di estraneo o di aggiunto dal di fuori, né risulta costituita del Creatore e di realtà create, ma è tutta potenza creatrice e forza operativa. Una è la sua natura, identica a se stessa. Uno è il principio attivo e una l’operazione. Infatti il Padre compie ogni cosa per mezzo del Verbo nello Spirito Santo e, in questo modo, è mantenuta intatta l’unità della santa Trinità. Perciò nella Chiesa viene annunziato un solo Dio che è al di sopra di ogni cosa, agisce per tutto ed è in tutte le cose (cfr. Ef 4, 6). E’ al di sopra di ogni cosa ovviamente come Padre, come principio e origine. Agisce per tutto, certo per mezzo del Verbo. Infine opera in tutte le cose nello Spirito Santo.
L’apostolo Paolo, allorché scrive ai Corinzi sulle realtà spirituali, riconduce tutte le cose ad un solo Dio Padre come al principio, in questo modo: «Vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; e vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti» (1 Cor 12, 4-6).
Quelle cose infatti che lo Spirito distribuisce ai singoli, sono date dal Padre per mezzo del Verbo. In verità tutte le cose che sono del Padre sono pure del Figlio. Onde quelle cose che sono concesse dal Figlio nello Spirito sono veri doni del Padre. Parimenti quando lo Spirito è in noi, è anche in noi il Verbo dal quale lo riceviamo, e nel Verbo vi è anche il Padre, e così si realizza quanto è detto: «Verremo io e il Padre e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14, 23). Dove infatti vi è la luce, là vi è anche lo splendore; e dove vi è lo splendore, ivi c’è parimenti la sua efficacia e la sua splendida grazia.
Questa stessa cosa insegna Paolo nella seconda lettera ai Corinzi, con queste parole: «La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi» (2 Cor 13, 13). Infatti la grazia è il dono che viene dato nella Trinità, è concesso dal Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo. Come dal Padre per mezzo del Figlio viene data la grazia, così in noi non può avvenire la partecipazione del dono se non nello Spirito Santo. E allora, resi partecipi di esso, noi abbiamo l’amore del Padre, la grazia del Figlio e la comunione dello stesso Spirito.
LODI
Lettura Breve 1 Cor 12, 4-6
4. Vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; 5. vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; 6. vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti.
SECONDI VESPRI
Lettura breve Ef 4, 3-6
3. Cercate di conservare l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace. 4. Un solo corpo, un solo Spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; 5. un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. 6. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti.

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(l’immagine fa riferimento al vangelo di sabato)
VII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO
nella settima settimana del T.O. continuano la lettura della Lettera di Giacomo, la lettera non è, con molta probabilità attribuibile a Giacomo il « fratello del Signore » per diversi motivi: se fosse stata di una persona autorevole nella comunità come Giacomo il fratello del Signore non avrebbe avuto problemi ad essere accolta come canonica come invece è accaduto, si impose solo verso il IV secolo d.C., inoltre lo stile, è stata scritta direttamente in greco, con eleganza e ricchezza di vocabolario che sorprenderebbero molto in un Galileo, inoltre la lettera è molto affine con gli scritti del I e del II secolo specialmente con la I Lettera di Clemente Romano e il Pastore d’Erma; si ispira particolarmente alla letteratura sapienziale per derivare lezioni di morale pratica. Ma dipende anche profondamente dagli insegnamenti del Vangelo; In conclusione è un saggio giudeo-cristiano che ripensa in modo originale le massime della sapienza giudaica in funzione del compimento che esse hanno ricevuto sulla bocca del Maestro;
lo scritto è da considerarsi una omelia, un saggio di una catechesi che doveva essere in uso nelle assemblee giudeo-cristiane del tempo; (la presentazione breve della Lettera di Giacomo l’ho tratta dalla « Introduzione alle Lettere Cattoliche » della Bibbia di Gerusalemme, testo italiano)
così in questa settimana leggiamo ancora gli insegnamenti sulla vera e falsa sapienza, sull’orgoglioso spirito del mondo, sulla durezza dei cuori dei ricchi e sicuri di sé ed egoisti, al venerdì si inserisce un’esortazione alla paziente attesa della parusia, un’attesa che deve essere, nel contempo, fiduciosa, perché il Signore è misericordia e compassione, la lettura di Sabato conclude la lettera di Giacomo ed è una esortazione alla preghiera nelle diverse situazioni della vita;
non inserisco il commento ai vangeli, lettura più omiletica, in ogni caso tendo a soffermarmi sulla prima quando sono testi neotestamentari o di Paolo e, inevitabilmente, posteriori a Paolo e che, di conseguenza presentano la comunità cristiana dei primi secoli e/o l’insegnamento ad essa;
LUNEDÌ 19 MAGGIO 2008
UFFICIO DELLE LETTURE
(in questa lettura più che « frammenti » del pensiero di Paolo sembra intrisa degli scritti dell’Apostolo, come di uno che li ha meditati e « ruminati » a lungo, è molto bella (certo è di Gregorio di Nissa), illuminante ed emozionante, per cui non sottolineo i riferimenti)
Seconda Lettura
Dalle «Omelie sull’Ecclesiaste» di san Gregorio di Nissa, vescovo
(Om. 5; PG 44, 683-686)
Il saggio ha gli occhi in fronte
Se l’anima solleverà gli occhi verso il suo capo, che è Cristo, come dichiara Paolo, dovrà ritenersi felice per la potenziata acutezza della sua vista, perché terrà fissi gli occhi là dove non vi è l’oscurità del male.
Il grande apostolo Paolo, e altri grandi come lui, avevano «gli occhi in fronte» e così pure tutti coloro che vivono, che si muovono e sono in Cristo.
Colui che si trova nella luce non vede tenebre, così colui che ha il suo occhio fisso in Cristo, non può contemplare che splendore. Con l’espressione «occhi in fronte», dunque, intendiamo la mira puntata sul principio di tutto, su Cristo, virtù assoluta e perfetta in ogni sua parte, e quindi sulla verità, sulla giustizia, sull’integrità; su ogni forma di bene. Il saggio dunque ha gli occhi in fronte, ma lo stolto cammina nel buio (Qo 2, 14). Chi non pone la lucerna sul candelabro, ma sotto il letto, fa sì che per lui la luce divenga tenebra. Quanti si dilettano di realtà perenni e di valori autentici sono ritenuti sciocchi da chi non ha la vera sapienza. E` in questo senso che Paolo si diceva stolto per Cristo. Egli nella sua santità e sapienza non si occupava di nessuna di quelle vanità, da cui noi spesso siamo posseduti interamente. Dice infatti: Noi stolti a causa di Cristo (1 Cor 4, 10) come per dire: Noi siamo ciechi di fronte a tutte quelle cose che riguardano al caducità della vita, perché fissiamo l’occhio verso le cose di lassù. Per questo egli era un senza tetto, non aveva una sua mensa, era povero, errabondo, nudo, provato dalla fame e dalla sete.
Chi non lo avrebbe ritenuto un miserabile, vedendolo in catene, percosso o oltraggiato? Egli era un naufrago trascinato dai flutti in alto mare e portato da un luogo all’altro, incatenato. Però, benché apparisse tale agli uomini, non distolse mai i suoi occhi da Cristo, ma li tenne sempre rivolti al capo dicendo: «Chi ci separerà dalla carità che è in Cristo Gesù? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?«» (cfr. Rm 8, 35). Vale a dire: Chi mi strapperà gli occhi dalla testa? Chi mi costringerà a guardare ciò che è vile e spregevole?
Anche a noi comanda di fare altrettanto quando prescrive di gustare le cose di lassù (cfr. Col 3, 1-2) cioè di tenere gli occhi sul capo, vale a dire su Cristo.
LODI
sentenza sul salmo 83;
SALMO 83 Desiderio del tempio del Signore (sulla Bibbia : Canto del Pellegrinaggio, sul testo liturgico manca il verso 13;
Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura (Eb 13, 14).
1. Al maestro del coro. Su Dei figli di Core. Salmo.
2. Quanto sono amabili le tue dimore, *
Signore degli eserciti!
3. L’anima mia languisce *
e brama gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne *
esultano nel Dio vivente.
4. Anche il passero trova la casa, *
la rondine il nido, dove porre i suoi piccoli,
presso i tuoi altari, Signore degli eserciti, *
mio re e mio Dio.
5. Beato chi abita la tua casa: *
sempre canta le tue lodi!
6. Beato chi trova in te la sua forza *
e decide nel suo cuore il santo viaggio.
7. Passando per la valle del pianto
la cambia in una sorgente, *
anche la prima pioggia l’ammanta di benedizioni.
8. Cresce lungo il cammino il suo vigore, *
finché compare davanti a Dio in Sion.
9. Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera, *
porgi l’orecchio, Dio di Giacobbe.
10. Vedi, Dio, nostro scudo, *
guarda il volto del tuo consacrato.
11. Per me un giorno nei tuoi atri *
è più che mille altrove,
stare sulla soglia della casa del mio Dio *
è meglio che abitare nelle tende degli empi.
12. Poiché sole e scudo è il Signore Dio; †
il Signore concede grazia e gloria, *
non rifiuta il bene a chi cammina con rettitudine.
13. Signore degli eserciti,
beato l’uomo che in te confida;
MARTEDÌ 20 MAGGIO 2008-05-21
UFFICIO DELLE LETTURE
sentenza sul salmo 67 dell’Ufficio delle Letture
SALMO 67, 2-11 (I) L’ingresso trionfale del Signore
Ascendendo in cielo ha portato con sé i prigionieri, ha distribuito doni agli uomini. Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose (Ef 4, 8. 10). salmo 67:
http://www.bibbiaedu.it/pls/bibbiaol/GestBibbia.Ricerca?Libro=Salmi&Capitolo=67
Seconda Lettura
Dalle «Omelie sull’Ecclesiaste» di san Gregorio di Nissa, vescovo
(Om 6; PG 44, 702-705)
frammento: Paolo è sempre crocifisso per Cristo, sottolineatura mia
Tempo di nascere e tempo di morire
«Vi è un tempo per nascere», dice «e un tempo per morire» (Qo 3, 2). Voglia il cielo che sia concesso anche a me di nascere al tempo giusto e di morire al momento più opportuno.
Noi infatti siamo in certo modo padri di noi stessi, quando per mezzo delle buone disposizioni di animo e del libero arbitrio, formiamo, generiamo, diamo alla luce noi stessi.
Questo poi lo realizziamo quando accogliamo Dio in noi stessi e diveniamo figli suoi, figli della virtù e figli dell’Altissimo. Mentre invece rimaniamo imperfetti e immaturi, finché non si è formata in noi, come dice l’Apostolo, «l’immagine di Cristo». E’ necessario però che l’uomo di Dio sia integro e perfetto. Ecco la vera nascita nostra.
«C’è un tempo per morire». Per san Paolo ogni tempo era adatto per una buona morte. Grida infatti nei suoi scritti: «Ogni giorno io affronto la morte» (1 Cor 15, 31) e ancora: «Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno» (Rm 8, 36). E proprio in noi stessi portiamo la sentenza di morte. E’ chiaro poi in che modo Paolo muoia ogni giorno, egli che non vive per il peccato, ma mortifica il suo corpo e porta sempre in se stesso la mortificazione del corpo di Cristo, ed è sempre crocifisso con Cristo, lui che non vive mai per se stesso, ma porta in sé il Cristo vivente. Questa, secondo me, è stata la morte opportuna che ha dato la vera vita. Infatti dice: Io farò morire e darò la vita (cfr. Dt 32, 39) perché ci si persuada veramente che è un dono di Dio esser morti al peccato e vivificati nello spirito. La parola di Dio, infatti, promette la vita proprio come effetto della morte.
VESPRI
Lettura Breve Rm 12, 9-12
9. La carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene; 10. amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. 11. Non siate pigri nello zelo; siate invece ferventi nello spirito, servite il Signore. 12. Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera.
MERCOLEDÌ 21 MAGGIO 2008-05-21
UFFICIO DELLE LETTURE
« frammenti », Col 3,4, sottolineatura mia
Seconda Lettura
Dal «Commento all’Ecclesiaste» di san Girolamo, sacerdote
(PL 23, 1057-1059)
Cercate le cose di lassù
«Ogni uomo, a cui Dio concede ricchezze e beni, ha anche facoltà di goderli e prendersene la sua parte, e di godere delle sue fatiche: anche questo è dono di Dio. Egli non penserà infatti molto ai giorni della sua vita, poiché Dio lo tiene occupato con la gioia del suo cuore» (Qo 5, 18-19). A paragone di colui che si nutre delle sue sostanze nel turbinio delle sue preoccupazioni e dei suoi affanni e, con grave peso e tedio della vita, accumula cose destinate poi a perire, il sapiente afferma che è migliore colui che gode di quanto gli sta davanti. In questo secondo caso, infatti, per quanto piccola, una certa soddisfazione c’è e precisamente nell’uso dei beni. Nel primo caso c’è solo un cumulo di fastidi. Il sapiente dimostra anche perché deve ritenersi un dono di Dio poter godere delle ricchezze affermando: «non penserà molto ai giorni della sua vita».
Certamente il Signore concede gioia al suo cuore: non sarà nella tristezza, non sarà tormentato dall’ansia, assorbito com’è della letizia e dal piacere presente. Ma è meglio, secondo l’Apostolo, scorgere il bene da godere non tanto nel cibo e nella bevanda materiale, ma nel nutrimento dello spirito concesso da Dio. C’è un bene nelle fatiche proprio perché solo attraverso fatiche e sforzi possiamo arrivare alla contemplazione dei veri beni. Ed è proprio ciò che dobbiamo fare: rallegrarci nelle nostre occupazioni ed attività. Quantunque però questo sia un bene, tuttavia «fino a che Cristo nostra vita non si sarà manifestato» (cfr. Col 3, 4) non è ancora il bene completo.
Deve ritenersi veramente saggio colui che, istruito nelle divine Scritture, ha tutta la sua fatica sulle sue labbra e la sua brama non è mai sazia (cfr. Qo 6, 7), dal momento che sempre desidera di imparare. In questo il savio si trova in condizione migliore dello stolto (cfr. Qo 6, 8), perché, sentendosi povero (quel povero che è proclamato beato dal vangelo), si affretta ad abbracciare ciò che riguarda la vera vita, cammina sulla strada stretta e angusta che conduce alla vita ed è povero di opere malvagie, e sa dove risiede Cristo, che è la vita.
LODI
sentenza sul salmo
SALMO 85 Preghiera a Dio nell’afflizione
Sia benedetto Dio, il quale ci consola in ogni tribolazione (2 Cor 1, 3.4).
http://www.bibbiaedu.it/pls/bibbiaol/GestBibbia.Ricerca?Libro=Salmi&Capitolo=85
VESPRI
Lettura Breve Ef 3, 20-21
20. A colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi, 21. a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli! Amen.
GIOVEDÌ 22 MAGGIO 2008-05-23
UFFICIO DELLE LETTURE
« frammenti », sulla Trinità, la citazione da San Paolo è ripetuta anche nel Responsorio, sottolineatura mia
Seconda Lettura
Dalle «Istruzioni» di san Colombano, abate
(Istr. 1 sulla fede, 3-5; Opera, Dublino, 1957, pp. 62-66)
L’immensa profondità di Dio
Dio è dappertutto; egli è immenso e dovunque presente, secondo quanto egli ha detto di se stesso: Io sono un Dio vicino e non un Dio lontano (cfr. Ger 23, 23). Non cerchiamo dunque Dio come se stesse lontano da noi, perché lo possiamo avere dentro di noi. Egli dimora in noi come l’anima nel corpo, purché siamo suoi membri sani, siamo morti al peccato e immuni dalla corruzione di una volontà perversa. Allora abita veramente in noi, perché lo ha detto egli stesso: abiterò in essi e camminerò fra loro (cfr. Lv 26, 12).
Se noi siamo degni che egli abiti in noi, allora siamo vivificati da lui nella verità, come sue membra vive. «In lui, come dice l’Apostolo, viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17, 28).
Chi mai, dico, potrà investigare la sublime essenza di Dio, ineffabile e incomprensibile? Chi potrà scrutare i suoi altissimi misteri? Chi oserà dire qualcosa di colui che è il Principio eternamente esistente di tutte le cose create? Chi potrà vantarsi di conoscere Dio infinito, che tutto riempie di sé e tutti abbraccia, tutto penetra e tutto trascende, tutto comprende e a tutti sfugge? Nessuno mai lo ha visto così com’è (cfr. Gv 1, 18). Nessuno pertanto presuma di investigare i misteri incomprensibili di Dio: che cosa sia, come sia, dove sia. Questi sono misteri ineffabili, inscrutabili, impenetrabili. Devi credere questo solo, però con tutta la forza del tuo cuore: che Dio è così, come è sempre stato e come sempre sarà, perché è immutabile.
Chi dunque è Dio? Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un solo Dio. Non cercare altro di Dio, perché volendo conoscere la misteriosa profondità di Dio, è necessario innanzi tutto investigare la natura delle cose. La conoscenza della Trinità infatti viene giustamente paragonata alla profondità del mare, secondo il detto del Sapiente: E l’immensa profondità chi potrà trovarla? (cfr. Qo 7, 24). Come la profondità del mare è invisibile agli sguardi umani, così la divinità della Trinità si dimostra incomprensibile ai sensi dell’uomo. Se dunque qualcuno vuol conoscere quello che deve credere, deve rendersi conto che non potrà capire di più parlandone, che credendo. La conoscenza di Dio, infatti, quanto più viene discussa, tanto più sembra allontanarsi da noi.
Cerca perciò la conoscenza di Dio più alta, quella che non sta nelle dispute verbose, ma nella santità di una buona vita; non nel parlare, ma nella fede che sgorga dalla semplicità del cuore; non quella conoscenza che si ottiene mettendo insieme le opinioni di una dotta empietà.
Se cercherai colui che è ineffabile con le discussioni, egli «fuggirà da te più lontano» (Qo 7, 23) di quanto non fosse prima. Se invece lo cercherai con la fede, troverai la sapienza presso le porte della città, dov’è la tua dimora. Lì almeno in parte la potrai vedere; anche allora però potrai raggiungerla solo in parte, proprio perché è invisibile e incomprensibile. Dio è invisibile e tale dobbiamo crederlo, anche se è possibile averne qualche conoscenza da parte di chi ha il cuore puro.
Responsorio Sal 35, 6-7; cfr. Rm 11, 33
R. Signore, la tua grazia è nel cielo, la tua fedeltà sino alle nubi, * la tua giustizia è come i monti più alti, il tuo giudizio come il grande abisso.
V. O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto impenetrabili sono i suoi giudizi!
R. La tua giustizia è come i monti più alti, il tuo giudizio come il grande abisso.
sentenza sul salmo 86
SALMO 86 Gerusalemme, madre di tutti i popoli
La Gerusalemme di lassù è libera ed è la nostra madre (Gal 4, 26).
http://www.bibbiaedu.it/pls/bibbiaol/GestBibbia.Ricerca?Libro=Salmi&Capitolo=86
CORPUS DOMINI CON IL PAPA – MESSA A SAN GIOVANNI IN LATERANO E PROCESSIONE
come sapete a Roma questo giovedì c’è la messa e la processione con il Papa, e, dato che sono a Roma, e di Roma, ci sono andata, devo dire che sia la messa è stata molto partecipata, più che negli anni passati, oramai da molti anni, tutti rispondevano e cantavano, tutti ci siamo scambiati la pace, come dentro una Chiesa, il prato antistante la Basilica è diventato veramente un’assemblea; poi la processione, eravamo moltissimi e poi, durante il percorso da San Giovanni a Santa Maria Maggiore siamo diventati sempre di più, stranamente, molti che, forse, non avevano partecipato alla messa hanno poi fatto la processione, sì, c’erano anche molti tedeschi, ma anche francesi, molti uomini, molti giovani; arrivati alla fine ossia sulla Piazza davanti alla Basilica di Santa Maria Maggiore – cioè molti, come me, non sono riusciti ad entrare, ma anche dalla strada si vedeva bene la Basilica e si partecipava bene – alla fine al canto del « Salve Regina » in latino, ovvio, la voce del coro è stata altissima e senza stonature, senza troppe, abbiamo cantato tutti, è stato bello;


Pope Benedict XVI takes part in a candlelit Corpus Domini procession between the basilicas San Giovanni in Laterano and Santa Maria Maggiore in Rome May 22, 2008.
REUTERS/Alessandro Bianchi (ITALY)
photo:
http://news.yahoo.com/
OMELIA DI PAPA BENEDETTO XVI
http://www.zenit.org/article-14453?l=italian
Omelia del Papa al Laterano per la Solennità del Corpus Domini
ROMA, giovedì, 22 maggio 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia pronunciata questo giovedì da Benedetto XVI nel presiedere sul sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano la Messa per la Solennità del Corpus Domini, che in Italia e in altri Paesi sarà celebrata domenica prossima.
Cari fratelli e sorelle!
Dopo il tempo forte dell’anno liturgico, che incentrandosi sulla Pasqua si distende nell’arco di tre mesi – prima i quaranta giorni della Quaresima, poi i cinquanta giorni del Tempo pasquale –, la liturgia ci fa celebrare tre feste che hanno invece un carattere “sintetico”: la Santissima Trinità, quindi il Corpus Domini, e infine il Sacro Cuore di Gesù. Qual è il significato proprio della solennità odierna, del Corpo e Sangue di Cristo? Ce lo dice la celebrazione stessa che stiamo compiendo, nello svolgimento dei suoi gesti fondamentali: prima di tutto ci siamo radunati intorno all’altare del Signore, per stare insieme alla sua presenza; in secondo luogo ci sarà la processione, cioè il camminare con il Signore; e infine l’inginocchiarsi davanti al Signore, l’adorazione, che inizia già nella Messa e accompagna tutta la processione, ma culmina nel momento finale della benedizione eucaristica, quando tutti ci prostreremo davanti a Colui che si è chinato fino a noi e ha dato la vita per noi. Soffermiamoci brevemente su questi tre atteggiamenti, perché siano veramente espressione della nostra fede e della nostra vita.
Il primo atto, dunque, è quello di radunarsi alla presenza del Signore. E’ ciò che anticamente si chiamava “statio”. Immaginiamoci per un momento che in tutta Roma non vi sia che quest’unico altare, e che tutti i cristiani della città siano invitati a radunarsi qui, per celebrare il Salvatore morto e risorto. Questo ci dà l’idea di che cosa sia stata alle origini, a Roma e in tante altre città dove giungeva il messaggio evangelico, la celebrazione eucaristica: in ogni Chiesa particolare vi era un solo Vescovo e intorno a Lui, intorno all’Eucaristia da lui celebrata, si costituiva la Comunità, unica perché uno era il Calice benedetto e uno il Pane spezzato, come abbiamo ascoltato dalle parole dell’apostolo Paolo nella seconda Lettura (cfr 1 Cor 10,16-17). Viene alla mente quell’altra celebre espressione paolina: “Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28). Tutti voi siete non solo una cosa ma uno! In queste parole si sente la verità e la forza della rivoluzione cristiana, la rivoluzione più profonda della storia umana, che si sperimenta proprio intorno all’Eucaristia: qui si radunano alla presenza del Signore persone diverse per età, sesso, condizione sociale, idee politiche. L’Eucaristia non può mai essere un fatto privato, riservato a persone che si sono scelte per affinità o amicizia. L’Eucaristia è un culto pubblico, che non ha nulla di esoterico, di esclusivo. Anche qui, stasera, non abbiamo scelto noi con chi incontrarci, siamo venuti e ci troviamo gli uni accanto agli altri, accomunati dalla fede e chiamati a diventare un unico corpo condividendo l’unico Pane che è Cristo. Siamo uniti al di là delle nostre differenze di nazionalità, di professione, di ceto sociale, di idee politiche: ci apriamo gli uni agli altri per diventare una cosa sola a partire da Lui. Questa fin dagli inizi è stata una caratteristica del cristianesimo realizzata visibilmente intorno all’Eucaristia, e occorre sempre vigilare perché le ricorrenti tentazioni di particolarismo, seppure in buona fede, non vadano di fatto in senso opposto. Pertanto, il Corpus Domini ci ricorda anzitutto questo: che essere cristiani vuol dire radunarsi da ogni parte per stare alla presenza dell’unico Signore e diventare uno con Lui e in Lui.
Il secondo aspetto costitutivo è il camminare con il Signore. E’ la realtà manifestata dalla processione, che vivremo insieme dopo la Santa Messa, quasi come un suo naturale prolungamento, muovendoci dietro Colui che è la Via, il Cammino. Con il dono di Se stesso nell’Eucaristia, il Signore Gesù ci libera dalle nostre “paralisi”, ci fa rialzare e ci fa “pro-cedere”, ci fa fare cioè un passo avanti, e poi un altro passo, e così ci mette in cammino, con la forza di questo Pane della vita. Come accadde al profeta Elia, che si era rifugiato nel deserto per paura dei suoi nemici, e aveva deciso di lasciarsi morire (cfr 1 Re 19,1-4). Ma Dio lo svegliò dal sonno e gli fece trovare lì accanto una focaccia appena cotta: “Alzati e mangia – gli disse – perché troppo lungo per te è il cammino” (1 Re 19, 5.7). La processione del Corpus Domini ci insegna che l’Eucaristia ci vuole liberare da ogni abbattimento e sconforto, ci vuole far rialzare, perché possiamo riprendere il cammino con la forza che Dio ci dà mediante Gesù Cristo. E’ l’esperienza del popolo d’Israele nell’esodo dall’Egitto, la lunga peregrinazione attraverso il deserto, di cui ci ha parlato la prima Lettura. Un’esperienza che per Israele è costitutiva, ma risulta esemplare per tutta l’umanità. Infatti l’espressione “l’uomo non vive soltanto di pane, ma … di quanto esce dalla bocca del Signore” (Dt 8,3) è un’affermazione universale, che si riferisce ad ogni uomo in quanto uomo. Ognuno può trovare la propria strada, se incontra Colui che è Parola e Pane di vita e si lascia guidare dalla sua amichevole presenza. Senza il Dio-con-noi, il Dio vicino, come possiamo sostenere il pellegrinaggio dell’esistenza, sia singolarmente che in quanto società e famiglia dei popoli? L’Eucaristia è il Sacramento del Dio che non ci lascia soli nel cammino, ma si pone al nostro fianco e ci indica la direzione. In effetti, non basta andare avanti, bisogna vedere verso dove si va! Non basta il “progresso”, se non ci sono dei criteri di riferimento. Anzi, se si corre fuori strada, si rischia di finire in un precipizio, o comunque di allontanarsi più rapidamente dalla meta. Dio ci ha creati liberi, ma non ci ha lasciati soli: si è fatto Lui stesso “via” ed è venuto a camminare insieme con noi, perché la nostra libertà abbia anche il criterio per discernere la strada giusta e percorrerla.
E a questo punto non si può non pensare all’inizio del “decalogo”, i dieci comandamenti, dove sta scritto: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dèi di fronte a me” (Es 20,2-3). Troviamo qui il senso del terzo elemento costitutivo del Corpus Domini: inginocchiarsi in adorazione di fronte al Signore. Adorare il Dio di Gesù Cristo, fattosi pane spezzato per amore, è il rimedio più valido e radicale contro le idolatrie di ieri e di oggi. Inginocchiarsi davanti all’Eucaristia è professione di libertà: chi si inchina a Gesù non può e non deve prostrarsi davanti a nessun potere terreno, per quanto forte. Noi cristiani ci inginocchiamo solo davanti a Dio, davanti al Santissimo Sacramento, perché in esso sappiamo e crediamo essere presente l’unico vero Dio, che ha creato il mondo e lo ha tanto amato da dare il suo Figlio unigenito (cfr Gv 3,16). Ci prostriamo dinanzi a un Dio che per primo si è chinato verso l’uomo, come Buon Samaritano, per soccorrerlo e ridargli vita, e si è inginocchiato davanti a noi per lavare i nostri piedi sporchi. Adorare il Corpo di Cristo vuol dire credere che lì, in quel pezzo di pane, c’è realmente Cristo, che dà vero senso alla vita, all’immenso universo come alla più piccola creatura, all’intera storia umana come alla più breve esistenza. L’adorazione è preghiera che prolunga la celebrazione e la comunione eucaristica e in cui l’anima continua a nutrirsi: si nutre di amore, di verità, di pace; si nutre di speranza, perché Colui al quale ci prostriamo non ci giudica, non ci schiaccia, ma ci libera e ci trasforma.
Ecco perché radunarci, camminare, adorare ci riempie di gioia. Facendo nostro l’atteggiamento adorante di Maria, che in questo mese di maggio ricordiamo particolarmente, preghiamo per noi e per tutti; preghiamo per ogni persona che vive in questa città, perché possa conoscere Te, o Padre, e Colui che Tu hai mandato, Gesù Cristo. E così avere la vita in abbondanza. Amen.
VENERDÌ 23 MAGGIO 2008
LODI
sentenza sul salmo 50
SALMO 50 Pietà di me, o Signore
Rinnovatevi nello spirito della vostra mente e rivestite l’uomo nuovo (cfr Ef 4,23-24)http://www.bibbiaedu.it/pls/bibbiaol/GestBibbia.Ricerca?Libro=Salmi&Capitolo=50
Lettura Breve 2 Cor 12, 9b-10
9B. Mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. 10. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte.
SABATO 24 MAGGIO 2008-05-24
LODI
sentenza sul salmo 116
SALMO 116 Invito a lodare Dio per il suo amore
Questo io dico: Le nazioni pagane glorificano Dio per la sua misericordia (cfr. Rm 15, 8. 9).
Lodate il Signore, popoli tutti, *
voi tutte, nazioni, dategli gloria;
perché forte è il suo amore per noi *
e la fedeltà del Signore dura in eterno.
Lettura Breve Fil 2, 14-15
14. Fate tutto senza mormorazioni e senza critiche, 15. perché siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo.