
http://santiebeati.it/
MESSA DEL GIORNO:
http://www.maranatha.it/Festiv2/festeSolen/CorpusApage.htm
Seconda Lettura 1 Cor 10, 16-17
16. Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? 17. Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane.
sequenza « Lauda Sion »:
http://spazioinwind.libero.it/maxconti/p11.htm
L’Eucaristia, legame fra la prima creazione e la nuova creazione
Papa Benedetto XVI – dalla « Sacramentum Caritatis » 92
dal sito:
http://www.levangileauquotidien.org/www/main.php?language=FR&localTime=05/25/2008#
Per sviluppare una spiritualità eucaristica profonda, capace di incidere significativamente anche nel tessuto sociale, è necessario che il popolo cristiano, che rende grazie per mezzo dell’Eucaristia, abbia coscienza di farlo in nome dell’intera creazione, aspirando così alla santificazione del mondo e lavorando intensamente a tal fine… La liturgia stessa ci educa a tutto questo, quando, durante la presentazione dei doni, il sacerdote rivolge a Dio una preghiera di benedizione e di richiesta in relazione al pane e al vino, « frutto della terra », « della vite » e del « lavoro dell’uomo ». Con queste parole, oltre che coinvolgere nell’offerta a Dio tutta l’attività e la fatica umana, il rito ci spinge a considerare la terra come creazione di Dio, che produce per noi ciò di cui abbiamo bisogno per il nostro sostentamento. Essa non è una realtà neutrale, mera materia da utilizzare indifferentemente secondo l’umano istinto. Piuttosto si colloca all’interno del disegno buono di Dio, per il quale tutti noi siamo chiamati ad essere figli e figlie nell’unico Figlio di Dio, Gesù Cristo (cfr Ef 1,4-12). Le giuste preoccupazioni per le condizioni ecologiche in cui versa il creato in tante parti del mondo trovano conforto nella prospettiva della speranza cristiana, che ci impegna ad operare responsabilmente per la salvaguardia del creato. Nel rapporto tra l’Eucaristia e il cosmo, infatti, scopriamo l’unità del disegno di Dio e siamo portati a cogliere la profonda relazione tra la creazione e la « nuova creazione », inaugurata nella risurrezione di Cristo, nuovo Adamo. Ad essa noi partecipiamo già ora in forza del Battesimo (cfr Col 2,12s) e così alla nostra vita cristiana, nutrita dall’Eucaristia, si apre la prospettiva del mondo nuovo, del nuovo cielo e della nuova terra, dove la nuova Gerusalemme scende dal cielo, da Dio, « pronta come una sposa adorna per il suo sposo » (Ap 21,2).
PRIMI VESPRI lettura breve come la seconda lettura della messa del giorno
SECONDI VESPRI
Lettura breve 1 Cor 11, 23-25
23. Io, fratelli, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane 24. e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». 25. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».
da: Lémonon J. P., de Surgy P., Carrez M., Lettere di Paolo, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1999, de Surgy Paul, Prima Lettera ai Corinzi, pagg. 295.298:
« Per esortare i fratelli di Corinto a celebrare la cena secondo lo spirito voluto dal Signore, Paolo riprende la catechesi tradizionale che ha insegnato a Corinto. [cita il passo 1Cor 11, 23-25]
Paolo non ha appreso mediante rivelazione speciale ciò che era noto alle chiese: è da esse che ha ricevuto la catechesi eucaristica. Ma sottolinea l’origine divina di questo insegnamento: esso viene dal Signore. I versetti 23b-25 contengono un racconto tradizionale della cena del Signore: solo venticinque-trent’anni lo separano dall’istituzione dell’eucarestia, a cui si riallaccia attraverso la prima predicazione di Paolo a Corinto e, al di là di essa, attraverso la tradizione della Chiesa di Antiochia, legata ai primi testimoni della comunità apostolica di Gerusalemme. Quanto ai vangeli, il racconto dell’istituzione dell’eucarestia presente in luca è quello più affine al testo paolino, mentre i racconti di Marco e Matteo sono molto simili tra loro…[due pagine dopo, dopo aver presentato i vangeli di Marco e Matteo] A differenza di Marco e Matteo, che fanno riferimento al testo dell’Esodo, Paolo, al pari di Luca, rimanda alla profezia di Geremia mediante l’espressione : (Ger 31, 31-33). Il patto è nuovo rispetto a quello del Sinai: è l’alleanza annunciata ai profeti e appartenente alle realtà ultime instaurate dall’intervento definitivo e decisivo di Dio, che realizza la sua promessa. »

sabato: Visitazione BV. Maria
http://santiebeati.it/
LUNEDÌ DELLA VIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO
continuano le letture del T.O.: « Il tracciato della storia della salvezza contenuto nella Bibbia è vissuto nella liturgia…non solo noi siamo partecipi di Cristo, ma ogni suo fatto e parola sono per noi fonte di salvezza, perché ci sono compartecipati tramite la liturgia. È la liturgia l’esegeta perenne, che nel decorso dei secoli è capace di fare una presentazione unificata, progressiva, dinamica e reale dei contenuti biblici…Mediante la liturgia tutta la Chiesa con Cristo può compiere, un anno dopo l’altro, il proprio cammino fino alla vittoria finale e percorrere ad una ad una le principali fasi del mistero di Cristo, per conformarsi, così all’immagine di lui » (a cura di Domenico Sartore e e Achille M. Triacca, Nuovo Dizionario di Liturgia, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1988; di Achille Tracca, dalla voce: « Il Tempo liturgico storia della salvezza che continua »;
questa settimana continuiamo a leggere, nella prima lettura, fino a sabato, la Prima Lettera di Pietro, un buon commento alla 1Pietro si trova in:
http://www.arcidiocesi.trento.it/cpl/documenti/cpl_18-02-06_Zani_relazione_integrale.pdf
sabato troviamo La lettera di Giuda,
queste Lettere che si collocano, approssimativamente, tra il I ed il II secolo d.C., vanno identificate come lettere di insegnamento, perfezionamento della fede e correzione di eventuali distorsioni, sono state scritte infatti in un’epoca nella quale era necessario, appunto, sostenere le comunità nella retta fede ed aiutarle nei vari problemi dell’epoca, in entrambe può rilevarsi qualche pensiero paolino, ma, pur essendo scritte in un tempo posteriore a San Paolo, i problemi a cui rispondono appaiono diversi da quelli che affronta l’Apostolo;
nelle letture del Vangelo si sussegue il Vangelo di Marco 10, da 17-27 a 46-52, poi venerdì, per il Sacro Cuore di Gesù il Vangelo cambia, così anche sabato, per la Visitazione di Maria; si tratta dei discorsi di Gesù « fuori dalla Galilea » scrive la Bibbia CEI, si tratta di insegnamenti di Gesù: l’uomo ricco e Il pericolo delle ricchezze lunedì, ricompensa promessa alla rinuncia martedì, poi c’è, mercoledì, il terzo annunzio della passione, la domanda dei figli di Zebedeo, e « I capi devono servire », giovedì « Il cieco all’uscita di Gerico », venerdì e sabato vangeli appropriati alle feste;
LUNEDÌ 26 MAGGIO 2008-05-27
UFFICIO DELLE LETTURE
lettura dalla memoria di San Filippo Neri
frammenti, più che frammenti Sant’Agostino mi appare « traboccante » e come « sostenuto » dalla parola dell’Apostolo
Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo
(Disc. 171, 1-3. 5; PL 38, 933-935)
Rallegratevi nel Signore, sempre
L’Apostolo ci comanda di rallegrarci, ma nel Signore, non nel mondo. «Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio» (Gc 4, 4), come ci assicura la Scrittura. Come un uomo non può servire a due padroni, così nessuno può rallegrarsi contemporaneamente nel mondo e nel Signore.
Quindi abbia il sopravvento la gioia nel Signore, finché non sia finita la gioia nel mondo. Cresca sempre più la gioia nel Signore, mentre la gioia nel mondo diminuisca sempre finché sia finita. E noi affermiamo questo, non perché non dobbiamo rallegrarci mentre siamo nel mondo, ma perché, pur vivendo in questo mondo, ci rallegriamo già nel Signore.
Ma qualcuno potrebbe obiettare: Sono nel mondo, allora, se debbo gioire, gioisco là dove mi trovo. Ma che dici? Perché sei nel mondo, non sei forse nel Signore? Ascolta il medesimo Apostolo che parla agli Ateniesi e negli Atti degli Apostoli dice del Dio e Signore nostro creatore: «In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17, 28).
Colui che è dappertutto, dove non è? Forse che non ci esortava a questo quando insegnava: «Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla»? (Fil 4, 5-6).
E’ una ineffabile realtà questa: ascese sopra tutti i cieli ed è vicinissimo a coloro che si trovano ancora sulla terra. Chi è costui, lontano e vicino al tempo stesso, se non colui che si è fatto prossimo a noi per la sua misericordia?
Tutto il genere umano è quell’uomo che giaceva lungo la strada semivivo, abbandonato dai ladri. Il sacerdote e il levita, passando, lo disprezzarono, ma un samaritano di passaggio gli si accostò per curarlo e prestargli soccorso. Lontano da noi, immortale e giusto, egli discese fino a noi, che siamo mortali e peccatori, per diventare prossimo a noi.
«Non ci tratta secondo i nostri peccati» (Sal 102, 10). Siamo infatti figli. E come proviamo questo? Morì per noi l’Unico, per non rimanere solo. Non volle essere solo, egli che è morto solo. L’unico Figlio di Dio generò molti figli di Dio. Si acquistò dei fratelli con il suo sangue. Rese giusti i reprobi. Donandosi, ci ha redenti; disonorato, ci onorò; ucciso, ci procurò la vita.
Perciò, fratelli, rallegratevi nel Signore, non nel mondo; cioè rallegratevi nella verità, non nel peccato; rallegratevi nella speranza dell’eternità, non nei fiori della vanità. Così rallegratevi: e dovunque e per tutto il tempo che starete in questo mondo, «il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla» (Fil 4, 5-6).
LODI
lettura breve dal Comune dei Pastori e dottori della Chiesa
Lettura Breve Eb 13, 7-9a
Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; considerando attentamente l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede. Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! Non lasciatevi sviare da dottrine varie e peregrine.
MARTEDÌ 27 MAGGIO 2008-05-27
UFFICIO DELLE LETTURE
sentenza sul salmo
SALMO 101, 2-12 (I) Aspirazioni e preghiere di un esule
Sia benedetto Dio … il quale ci consola in ogni nostra tribolazione (2 Cor 1, 4:.
http://www.bibbiaedu.it/pls/bibbiaol/GestBibbia.Ricerca?Libro=Salmi&Capitolo=101
come ho già detto per lunedì in Sant’Agostino i riferimenti a San Paolo sono quasi continui
Seconda Lettura
Dalle «Confessioni» di sant’Agostino, vescovo
(Lib. 10, 1. 1 – 2, 2; 5. 7; CSEL 33, 226-227. 230-231)
A te, o Signore, chiunque io sia, sono manifesto
Conoscerò te, o mio conoscitore, ti conoscerò come anch’io sono conosciuto (cfr. 1 Cor 13, 12). Forza della mia anima, entra in essa e uniscila a te, per averla e possederla «senza macchia né ruga» (Ef 5, 27). Questa è la mia speranza, per questo oso parlare e in questa speranza gioisco, perché gioisco di cosa sacrosanta. Tutto il resto in questa vita tanto meno richiede di essere rimpianto, quanto più si rimpiange, e tanto più merita di essere rimpianto, quanto meno si rimpiange. «Ma tu vuoi la sincerità del cuore» (Sal 50, 8), poiché chi la realizza, viene alla luce (cfr. Gv 3, 21). Voglio quindi realizzarla nel mio cuore davanti a te nella mia confessione e nel mio scritto davanti a molti testimoni.
Davanti a te, o Signore, è scoperto l’abisso dell’umana coscienza: può esserti nascosto qualcosa in me, anche se m’impegnassi di non confessartelo? Se mi comportassi così, io nasconderei te a me, anziché me a te. Ma ora il mio gemito manifesta che io dispiaccio a me stesso, e che tu rifulgi e piaci e meriti di essere amato e desiderato, al punto che arrossisco di me e rifiuto me per scegliere te, e non bramo di piacere né a te né a me, se non in te.
Dunque, o Signore, tu mi conosci veramente come sono. Ho già espresso il motivo per cui mia manifesto a te. Non faccio questo con parole e voci della carne, ma con parole dell’anima e grida della mente, che il tuo orecchio ben conosce. Quando sono cattivo, l’atto di confessarmi a te non è altro che un dispiacere a me; quando invece sono buono, l’atto di confessarmi a te non è altro che un non attribuire a me questa bontà, poiché, «Signore, tu benedici il giusto» (Sal 5, 13), ma prima lo giustifichi quando è empio (cfr. Rm 4, 5). Perciò, o mio Dio, la mia confessione dinanzi a te avviene in forma tacita e non tacita: avviene nel silenzio, ma è forte il grido dell’affetto.
Tu solo, Signore, mi giudichi; infatti «chi conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui?» (1 Cor 2, 11). Tuttavia c’è qualcosa nell’uomo che non è conosciuto neppure dallo spirito che è in lui. Tu però, Signore, conosci tutto di lui, perché l’hai creato. Io invece, quantunque mi disprezzi davanti a te mi ritenga terra e cenere, so di te qualcosa che non so di me. «Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia» (1 Cor 13, 12), e perciò, fino a quando sono pellegrino lontano da te, sono più vicino a me stesso che a te, e tuttavia so che tu sei inviolabile in modo assoluto. Ma io non so a quali tentazioni possa resistere e a quali no. Io ho speranza, perché tu sei fedele e non permetti che siamo tentati oltre le nostre forze, ma con la tentazione tu ci darai anche la via d’uscita e la forza per sopportarla (cfr. 1 Cor 10, 13). Confesserò, dunque, quello che so e quello che non so di me; perché anche quanto so di me, lo conosco per tua illuminazione; e quanto non so di me, lo ignorerò fino a quando la mia tenebra non diventerà come il meriggio alla luce del tuo volto (cfr. Is 58, 10).
LODI
sentenza sul salmo:
SALMO 143, 1-10 Preghiera del Re per la vittoria e per la pace
Tutto posso in colui che mi dà forza (Fil 4, 13).+
http://www.bibbiaedu.it/pls/bibbiaol/GestBibbia.Ricerca?Libro=Salmi&Capitolo=143
VESPRI
sentenza sul salmo:
SALMO 136, 1-6 Sui fiumi di Babilonia
Finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore, camminiamo nella fede e non ancora in visione (2 Cor 5, 6. 7).
http://www.bibbiaedu.it/pls/bibbiaol/GestBibbia.Ricerca?Libro=Salmi&Capitolo=136
Lettura Breve Col 3, 16
La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali.
MERCOLEDÌ 28 MAGGIO 2008-05-29
UFFICIO DELLE LETTURE
come credo di avere già scritto, mi sembra che in Sant’Agostino San Paolo sia presente in un modo particolare, l’apostolo appare come fondamento, un maestro – o semplicemente l’Apostolo, quindi metto questo passo,– uno dei più belli e commoventi per me dalle Confessioni:
Seconda Lettura
Dalle «Confessioni» di sant’Agostino, vescovo
(Lib. 10, 26. 37 – 29. 40; CSEL 255-256)
Tutta la mia speranza è risposta nella tua grande misericordia
Dove ti ho trovato per conoscerti? Sicuramente non eri presente alla mia memoria prima che ti conoscessi. Dove dunque ti ho trovato per conoscerti se non in te al di sopra di me? Ma tale sede non è per nulla un luogo. Ci allontaniamo e ci avviciniamo ad essa, è vero, ma, pur tuttavia, non è assolutamente un luogo. Dovunque ti trovi, o Verità, tu sei al di sopra di tutti quelli che ti interrogano e contemporaneamente rispondi a quanti ti interpellano sulle cose più diverse. Tu rispondi con chiarezza, ma non tutti ti comprendono con chiarezza. Tutti ti interrogano su ciò che cercano, ma non sempre ascoltano quanto cercano. Si dimostra tuo servo migliore non colui che pretende di sentire da te quello che egli vuole, ma che piuttosto vuole quello che ha udito da te. Tardi ti ho amato, o bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato! Ed ecco che tu eri dentro e io fuori, e lì cercavo. Deforme come ero, mi gettavo su queste cose belle che hai creato. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, che non esisterebbero se non fossero in te. Mi hai chiamato, hai gridato, e hai vinto la mia sordità. Hai mandato bagliori, hai brillato, e hai dissipato la mia cecità. Hai diffuso la tua fragranza, io l’ho respirata, e ora anelo a te. Ti ho assaporato, e ho fame e sete. Mi hai toccato, e aspiro ardentemente alla tua pace.
Quando aderirò a te con tutto me stesso, non vi sarà più posto per il dolore e la fatica, e la mia vita sarà viva, tutta piena di te. E’ un fatto che tu sollevi chi riempi; e poiché io non sono ancora pieno di te, sono di peso a me stesso. In me le mie deprecabili gioie contrastano con le mie tristezze di cui dovrei rallegrarmi, e non so da quale parte stia la vittoria. Ahimè! Abbi la pietà di me, Signore. Le mie cattive tristezze contrastano con le gioie oneste, e non so da quale parte stia la vittoria. Ahimè! Abbi pietà di me, Signore! Ahimè! Ecco, io non nascondo le mie ferite; tu sei il medico, io il malato; tu sei misericordioso, io misero. Non ha forse un duro lavoro l’uomo sulla terra? (cfr. Gb 7, 1). Chi vorrebbe molestie e difficoltà? Tu ci comandi di sopportarle, non di amarle. Nessuno ama quello che sopporta, anche se ama di sopportare; avviene che uno può godere di sopportare, ma tuttavia preferisce che non esista quello che deve sopportare. Nelle avversità desidero prosperità, nella prosperità temo le avversità. Qual è il giusto mezzo tra questi estremi, dove l’uomo non abbia un simile duro lavoro sulla terra? Guai alle prosperità del mondo, doppiamente indesiderabili e per il timore dell’avversità e per la caducità della gioia! Guai alle avversità del mondo, e una e due e tre volte e per il desiderio della prosperità, e perché l’avversità stessa è ben dura e la sopportazione fa naufragio! La vita dell’uomo sulla terra non è forse un duro lavoro (cfr. Gb 7, 1) senza mai una pausa? E allora ogni mia speranza è posta nella tua grande misericordia.
GIOVEDÌ 29 MAGGIO 2008
UFFICIO DELLE LETTURE
sentenza sul Salmo
SALMO 43, 10-17 (II) Il popolo di Dio nella sventura
In tutte le tribolazioni noi siamo più che vincitori, per virtù di colui che ci ha amati (Rm 8, 37).
http://www.bibbiaedu.it/pls/bibbiaol/GestBibbia.Ricerca?Libro=Salmi&Capitolo=43
responsorio dopo la prima lettura
Responsorio Cfr. 2 Cor 4, 8-9. 10
R. Siamo tribolati, ma non schiacciati; sconvolti ma non disperati; * subiamo persecuzione, ma non siamo perduti.
V. Portiamo sempre nel corpo la morte di Cristo, perché anche la sua vita si manifesti in noi:
R. subiamo persecuzione, ma non siamo perduti.
non conosco quanto precede e quanto segue questa lettura, in questo caso il commento è una vera e propria spiegazione di 1Cor 13, 4-6, una parte del, cosiddetto, » Inno alla carità »
Seconda Lettura
Dal «Commento al libro di Giobbe» di san Gregorio Magno, papa
(Lib. 10, 7-8. 10; PL 75, 922. 925-926)
Molteplice è la legge di Dio
Che cosa si deve intendere qui per legge di Dio se non la carità, per mezzo della quale sempre teniamo presente nella nostra mente come si debbano osservare nella pratica i precetti della vita? Di questa legge infatti dice la voce della Verità: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri» (Gv 15, 12). Di essa Paolo afferma: «Pieno compimento della legge è l’amore» (Rm 13, 10). E della medesima dice ancora: «Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo» (Gal 6, 2). In verità per legge di Cristo nulla si può intendere più convenientemente della carità, che adempiamo quando portiamo per amore i pesi dei fratelli. Ma questa stessa legge è detta molteplice, perché la carità si estende con premurosa sollecitudine alle opere di tutte le virtù. Essa comincia certo da due precetti, ma si dilata a innumerevoli altri. Assai bene Paolo enumera la complessità di questa legge, col dire: «La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità» (1 Cor 13, 4-6). «La carità è paziente», perché sopporta con serenità i torti ricevuti. «E’ benigna», perché in cambio dei mali offre beni con larghezza. «Non è invidiosa», perché nulla desidera in questo mondo, e quindi non sa invidiare i successi terreni. «Non si vanta», perché non si esalta dei beni esteriori, mentre desidera ardentemente il premio di una ricompensa interiore. «Non manca di rispetto», perché dilatandosi nel solo amore di Dio e del prossimo, ignora tutto ciò che è contrario alla rettitudine. «Non è ambiziosa», perché, occupandosi intensamente dei suoi beni interni, non sente affatto all’esterno il desiderio delle cose altrui. «Non cerca il suo interesse», perché tutto quello che possiede in modo transitorio quaggiù lo trascura come fosse di altri, e non riconosce nulla di suo, se non quello che perdura con essa. «Non si adira», perché, anche se provocata dalle ingiustizie, non si eccita ad alcun moto di vendetta, e attende maggiori ricompense future per i grandi travagli sostenuti. «Non tiene conto del male ricevuto», perché rinsaldando l’anima nell’amore del bene, svelle dalle radici ogni forma di odio e non sa trattenere nell’anima ciò che macchia. «Non gode dell’ingiustizia», perché, anelando unicamente all’amore verso tutti, non si compiace in alcun modo della rovina degli avversari. «Ma si compiace della verità», perché, amando gli altri come se stessa, e vedendo in essi la rettitudine, si rallegra come di un profitto e progresso proprio. Complessa e polivalente dunque è questa legge di Dio.
il responsorio prosegue sul tema dell’amore, da Rm e Gal:
Responsorio Cfr. Rm 13, 8. 10; Gal 5, 14
R. Non abbiate debiti con nessuno, se non quello di un amore vicendevole; chi ama il suo simile ha adempiuto la legge, * e pieno compimento della legge è l’amore.
V. Tutta la legge ha la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso;
R. e pieno compimento della legge è l’amore.
sentenza sul Salmo
SALMO 142, 1-11 Preghiera nella tribolazione
Siamo giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge (Gal 2, 16).
http://www.bibbiaedu.it/pls/bibbiaol/GestBibbia.Ricerca?Libro=Salmi&Capitolo=142
sentenza sul Cantico
CANTICO Is 66, 10-14a Nella città di Dio consolazione e gioia
La Gerusalemme di lassù è libera ed è la nostra madre (Gal 4, 26)
http://www.bibbiaedu.it/pls/bibbiaol/GestBibbia.Ricerca?Libro=Isaia&Capitolo=66
Lettura Breve Rm 8, 18-21
18. Io ritengo, che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi. 19. La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; 20. essa infatti è stata sottomessa alla caducità — non per suo volere, ma per volere di colui che l’ha sottomessa — e nutre la speranza 21. di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.
VENERDÌ 30 MAGGIO 2008-05-30
SOLENNITÀ DEL SACRATISSIMO CUORE DI GESÙ
http://santiebeati.it/
ho messo una « Pages » con il link ad una presentazione della festa liturgica del sacro cuore di Gesù:
http://lapaginadisanpaolo.unblog.fr/listituzione-della-festa-liturgica-del-sacro-cuore-di-gesu-storia-link-al-sito/
BENEDETTO XVI – ANGELUS
Domenica, 25 giugno 2006
Cari fratelli e sorelle!
L’odierna domenica, la dodicesima del Tempo Ordinario, si trova come « circondata » da solennità liturgiche significative. Venerdì scorso abbiamo celebrato il Sacro Cuore di Gesù, ricorrenza che unisce felicemente la devozione popolare alla profondità teologica. Era tradizionale – e in alcuni Paesi lo è ancora – la consacrazione al Sacro Cuore delle famiglie, che ne conservavano un’immagine nella loro casa. Le radici di questa devozione affondano nel mistero dell’Incarnazione; è proprio attraverso il Cuore di Gesù che in modo sublime si è manifestato l’Amore di Dio verso l’umanità. Per questo l’autentico culto del Sacro Cuore conserva tutta la sua validità e attrae specialmente le anime assetate della misericordia di Dio, che vi trovano la fonte inesauribile da cui attingere l’acqua della Vita, capace di irrigare i deserti dell’anima e di far rifiorire la speranza. La solennità del Sacro Cuore di Gesù è anche la Giornata Mondiale di Preghiera per la Santificazione dei Sacerdoti: colgo l’occasione per invitare tutti voi, cari fratelli e sorelle, a pregare sempre per i sacerdoti, affinché possano essere validi testimoni dell’amore di Cristo. Ieri la liturgia ci ha fatto celebrare la Natività di San Giovanni Battista, l’unico Santo di cui si commemora la nascita, perché segnò l’inizio del compimento delle promesse divine: Giovanni è quel « profeta », identificato con Elia, che era destinato a precedere immediatamente il Messia per preparare il popolo d’Israele alla sua venuta (cfr Mt 11, 14; 17, 10-13). La sua festa ci ricorda che la nostra vita è tutta e sempre « relativa » a Cristo e si realizza accogliendo Lui, Parola, Luce e Sposo, di cui noi siamo voci, lucerne e amici (cfr Gv 1, 1.23; 1, 7-8; 3, 29). « Egli deve crescere e io invece diminuire » (Gv 3, 30): questa espressione del Battista è programmatica per ogni cristiano. Lasciare che l’ »io » di Cristo prenda il posto del nostro « io » è stato in modo esemplare l’anelito degli Apostoli Pietro e Paolo, che la Chiesa venera con solennità il prossimo 29 giugno. San Paolo ha scritto di sé: « Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me » (Gal 2, 20). Prima di loro e prima di ogni altro Santo, a vivere questa realtà è stata Maria Santissima, che ha conservato le parole del suo Figlio Gesù nel suo cuore. Ieri abbiamo contemplato questo suo Cuore immacolato, Cuore di Madre, che continua a vegliare con tenera sollecitudine su tutti noi. La sua intercessione ci ottenga di essere sempre fedeli alla vocazione cristiana.
PRIMI VESPRI
Lettura Breve Ef 5, 25b-27
25b. Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, 26. per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola, 27. al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata.
UFFICIO DELLE LETTURE
Prima Lettura
Rm 8, 28-39
28. Fratelli, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno. 29. Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; 30. quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati. 31. Che diremo dunque in proposito? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? 32. Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? 33. Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica. 34. Chi condannerà? Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi? 35. Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? 36. Proprio come sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo trattati come pecore da macello (Sal 43, 22). 37. Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. 38. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, 39. né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore.
Responsorio Cfr. Ef 2, 5. 4. 7
R. Morti eravamo per i peccati, Dio ci ha fatti rivivere con Cristo: * grande è l’amore con il quale ci ha amati.
V. Per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia:
R. grande è l’amore con il quale ci ha amati.
la seconda lettura dell’Ufficio non è collegata al pensiero di Paolo però è utile da leggere per questa festa:
http://www.maranatha.it/Ore/solenTO/cuorletPage.htm
SECONDI VESPRI
Lettura breve Ef 2, 4-7
4. Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, 5. da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati. 6. Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù, 7. per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
SABATO 31 MAGGIO 2008-05-30
VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

Visitation of Mary Images of Religious and Theological Iconography Vanderbilt University, Divinity Library Nashville,
http://www.artbible.net/3JC/-Luk-01,39_Mary%20visits%20Elizabeth_La%20visitation/index.html
oggi nella liturgia non c’è nulla di San Paolo, peccato, forse qualche Padre della Chiesa ha collegato la storia di Maria con Paolo, ma fare ricerche senza avere una base è difficile; ho diversi libri di mariologia, un giorno me li guardo tutti e vedo se c’è qualcosa;
c’è solo, nella messa del giorno, nella prima lettura, l’alternativa nella prima Lettura tra:
Sof 3, 14-18a
e
Rm 12, 9-16:
9. Fratelli, la carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene; 10. amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. 11. Non siate pigri nello zelo; siate invece ferventi nello spirito, servite il Signore. 12. Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, 13. solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell’ospitalità. 14. Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. 15. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto. 16. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili.
i primi Vespri non ci sono perché ieri, venerdì, era solennità e, quindi, aveva i secondi Vespri
UFFICIO DELLE LETTURE
metto l’Inno che essendo di Dante è sempre bello, bellissimo: Inno
«Vergine madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’eterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l’amore
per lo cui caldo ne l’eterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui se’ a noi meridïana face
di caritate, e giuso, intra i mortali,
se’ di speranza fontana vivace.
Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia ed a te non ricorre,
sua disïanza vuol volar sanz’ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fïate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate».
ho trovato un’omelia di Mons. Bruno Forte, la metto (documento pdf), dal sito:
http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it/cci_new/documenti_diocesi/55/2008-05/21-195/pellegrinaggio2008.pdf
Bruno Forte
Padre Arcivescovo
Il racconto evangelico della visitazione a Santa Elisabetta si conclude con il cantico di Maria, il suo Magnificat (Lc 1,46-55): come l’incontro fra le due Donne aveva manifestato l’amore materno, generoso e irradiante della Madre del Signore, così il Suo cantico mostra come Maria sia la Sposa delle nozze messianiche, in cui l’Eterno è venuto a inaugurare e realizzare nel tempo le meraviglie del Suo amore, la Madre della speranza, che in Lei viene a farsi presente tra noi. Cantico di Maria, cantico della Chiesa, il Magnificat è veramente il canto delle nozze messianiche, dell’alleanza fra la terra e il cielo compiutasi nel Figlio di Maria, l’inno della speranza che non delude. Nel Magnificat i verbi sono al passato: la speranza si fonda su ciò che è già avvenuto, la vittoria di Dio compiutasi nella Pasqua di Gesù: “Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore, ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili…” (vv. 51-52). Le numerose evocazioni dei Salmi dei poveri di Dio (“anawim Adonai”) ci ricordano che la speranza è viva, accolta e realizzata soprattutto in chi è vuoto di sé, per essere riempito dall’amore di Dio. La speranza cantata dalla Vergine Madre è radicata nella grande attesa d’Israele: Maria è veramente la Figlia di Sion, che vive nell’ascolto del Dio vivente (“Shemà, Israel” – “Ascolta, Israele”: Dt 6,4), mantenendosi aperta alle Sue sorprese. Sulle labbra della Vergine Madre risuona la buona novella della predilezione di Gesù per gli ultimi, particolarmente sottolineata da Luca. Maria, “beata” perché ha creduto (cf. Lc 1,45), è colei in cui si realizza in maniera esemplare la novità dell’evangelo, il nuovo inizio che Dio opera a partire dai poveri: con Lei l’Eterno stringe il patto dell’alleanza nuova e definitiva e inaugura il compimento della speranza messianica. Quanto è avvenuto nell’umile serva dell’Altissimo diviene così motivo di fiducia e di speranza per i poveri, provati e sofferenti delle prime generazioni cristiane e per quelli di tutte le generazioni che – insieme con esse – la chiameranno beata. Il Magnificat è il canto della salvezza possibile per chi non ritiene di avere alcun titolo a meritarla, è il canto della pura grazia che colma il cuore di gioia e fa della Chiesa dell’amore la comunità della festa delle nozze messianiche , in cui lo Sposo è venuto a saziare l’attesa umile della Sposa oltre ogni calcolo ed ogni misura. Cantico dell’esultanza per l’avvento del Messia, il Magnificat di Maria è veramente il cantico del possibile, impossibile amore, che, umanamente impensabile, è offerto da Dio con larghezza e gratuità a chiunque si apra a riceverlo con umiltà e fede. La spiritualità del Magnificat è così quella della Chiesa della speranza e dell’amore, nata dalle nozze del Messia col popolo che l’attendeva, di cui Maria Figlia di Sion è la figura più alta: nella Vergine Madre del cantico la fede dei discepoli trova la conferma più bella delle ragioni della sua speranza. Viviamo allora il nostro annuale pellegrinaggio mariano da Pollutri a Casalbordino chiedendo a Dio per intercessione di Maria, di essere i testimoni della speranza, i cantori del Magnificat con l’eloquenza della vita. Lo facciamo con le parole di un singolare testimone, Martin Lutero. Nel suo commento al Magnificat il Riformatore, che passerà alla storia anche come l’iniziatore di una polemica anti-mariana divenuta usuale in alcune espressioni della Riforma, rivela un atteggiamento verso Maria di grande rispetto e venerazione. Nell’ora di un grande pericolo, Lutero guarda alla Donna del Magnificat per trovare in lei luce, conforto, aiuto: “La dolce Madre di Dio – scrive – mi procuri lo Spirito, affinché io possa spiegare con giovamento e bene questo suo canto, in modo che tutti ne possiamo trarre un’intelligenza che ci porti alla salvezza e a una vita degna di lode, sì che poi nella vita eterna possiamo celebrare e cantare questo eterno Magnificat… Che questo canto non soltanto illumini e parli, ma arda e viva nel corpo e nell’anima. Cristo ce lo conceda per l’intercessione e il volere della sua diletta madre Maria!”. Maria, Madre della speranza, preghi per noi e ci accompagni nel pellegrinaggio della vita!