di Joseph Ratzinger/ Papa Benedetto XVI: « Il legame tra eucaristia e fede in Paolo »
di Joseph Ratzinger/ Papa Benedetto XVI:
« IL LEGAME TRA EUCARISTIA E FEDE IN PAOLO »
(pongo questa lettura anche sotto la categoria: teologia-cristologia ed ecclesiologia)
stralcio dal libro: La Comunione nella Chiesa, Edizioni San Paolo 2004, Cinisello Balsamo (MI) 2004, dal: Cap. V Eucaristia e Missione, parte prima: « La teologia della croce come presupposto e fondamento della teologia eucaristica », 1. « La teologia della croce come presupposto e fondamento della teologia eucaristica », pag 97-101:
« …Se…cerchiamo di cogliere il legame fra eucarestia e fede secondo Paolo, emerge allora come prima cosa che esistono tre strati molti diversi nella presentazione del tema, che certamente sono strettamente legati tra loro nelle loro radici e nelle loro intenzioni. Vi è anzitutto l’interpretazione della morte in croce di Cristo con categorie culturali, che costituisce il presupposto interiore di ogni teologia eucaristica. oggi noi percepiamo a stento la grandezza di questa intuizione. Un evento in sé profano, l’esecuzione di un uomo nel più crudele dei modi possibili, viene descritto come liturgia cosmica, come apertura del cielo serrato, come l’avvenimento nel quale ciò che in tutti i culti è ultimamente inteso e invano cercato finalmente diventa realtà. Paolo, utilizzando antiche formule prepaoline, ha elaborato il testo fondamentale per questa interpretazione in Rm 3,24-26. Ciò però fu possibile solo perché Gesù stesso nell’ultima Cena aveva anticipatamente assunto e vissuto la sua morte, trasformandola dall’interno in un evento di dono e di amore. A partire di qui Paolo poteva designare Cristo come
Ma qui nasce la domanda: come si è potuto giungere a spiegare la croce di Gesù in tale modo, vederla come la realizzazione di ciò che nei culti delle varie religioni e soprattutto dell’Antico Testamento era inteso, spesso orrendamente distorto e mai veramente raggiunto? Che cosa ha reso possibile un simile ripensamento così grandioso di questo evento, il trasferimento di tutta la teologia cultuale dell’Antico Testamento su di un avvenimento in apparenza così profano? La risposta l’ho già enunciata prima: Gesù stesso aveva preannunciato la sua morte ai discepoli e l’aveva interpretata con categorie profetiche, che gli erano state offerte soprattutto nei canti del Servo di Dio del Deutero Isaia. In questi testi aveva già fatto la sua apparizione il motivo dell’espiazione e della sostituzione, che appartiene al grande ambito del pensiero cultuale. Nel cenacolo egli approfondisce questo fondendo la teologia del Sinai e quella profetica, fusione da cui ora emerge la realtà del sacramento nel quale egli assume la sua morte, l’anticipa e nello stesso tempo la rende capace di esser presente come culto sacro per tutti i tempi. Senza una tale essenziale interpretazione di fondo nella vita e nell’agire di Gesù stesso, la nuova comprensione della croce è impensabile, nessuno avrebbe potuto per così dire imporla alla croce retrospettivamente. Così la croce diventa anche la sintesi delle feste dell’Antica Alleanza, del giorno dell’espiazione e della Pasqua allo stesso tempo, apertura a una nuova Alleanza.
Possiamo quindi dire che la teologia della croce è teologia eucaristica e viceversa. … »
interrompo il discorso qui, con dispiacere naturalmente, perché il discorso continua riprendendo il tema della teologia della croce nel quale è inserito questa lettura di San Paolo.
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