JOSEPH RATZINGER/PAPA BENEDETTO: « …A LODE DELLA SUA GLORIA » (EF 1,3-4)
JOSEPH RATZINGER/PAPA BENEDETTO
« …A LODE DELLA SUA GLORIA »
RIFLESSIONE SU EFESINI 1,3-4
(luglio – Quindicesima domenica durante l’anno –B)
dal libro: Ratzinger J., Cerco il tuo volto, Edizioni Figlie di San Paolo, Milano 1985
pagg. 38-40;
(dalla Prefazione al libro: « I brevi testi, che sono stati raccolti in questo libro, furono dapprima pubblicati come meditazioni mensili in una rivista tedesca per sacerdoti. Essi seguono i testi delle letture liturgiche degli anni B e C;)
L’introduzione della lettera agli Efesini ci fa percepire l’entusiasmo dei neoconvertiti, per i quali l’essere cristiani è un dono, una benedizione, una ricchezza inattesa di Dio. Prendere coscienza di questo è cosa salutare per noi, che viviamo il nostro cristianesimo quasi con la fronte corrugata, con fatica, con difficoltà, tanto da avere una cattiva coscienza qualora ne proviamo un po’ di gioia, timorosi come siamo che questo possa essere trionfalismo. In ultima analisi la gioia di questa lettura dipende dal fatto che l’Apostolo ha il coraggio di puntare semplicemente lo sguardo sul centro della realtà cristiana: sul Dio trinitario e sulla sua vita eterna. Chi rumina solo e sempre le domande iniziali del cristianesimo e non guarda tranquillo e sereno al suo centro, finisce per essere assorbito sempre di più dalla lacerazione della riflessione. Dobbiamo di nuovo imparare a parlare della realtà più autentica della fede, anche se rimangono sul tappeto tante altre domande preliminari ad essa; in fondo solo la logica e la bellezza intrinseca del tutto, irradianti dal suo centro, possono superare anche le difficoltà iniziali.
Sotto il profilo contenutistico il testo cerca in primo luogo di farci conoscere il fondamento ed il fine del nostro essere cristiani. Il fondamento non è costituito dalle nostre prestazioni, ma dall’amore di Dio, che ci ha cercati dall’eternità. Il giudaismo conosceva l’idea della preesistenza del Messia, della legge, del popolo di Dio. Qui l’Apostolo ci dice: tutto ciò è vero in un senso profondissimo. Nei pensieri di Dio noi esistiamo eternamente da sempre, perché apparteniamo al suo Figlio. Perciò partecipiamo alla sua eternità, alla sua priorità su tutte le cose del mondo. In lui esistiamo come da giorni immemorabili. Dio ci vede in lui, ci vede coi suoi occhi, Che cosa questa certezza significhi lo possiamo comprendere in modo nuovo in un tempo di nausea per l’uomo, in un tempo in cui l’uomo viene presentato come una scimmia nuda, come topo particolarmente ingegnoso, e viene dichiarato l’autentico perturbatore della natura, cosicché crescono la paura di fronte all’essere umano e l’odio dell’uomo contro l’uomo.
Chi sa di essere guardato dagli occhi del Figlio, prova una sensazione che è più forte di una simile paura. La sua origine è già una risposta alla domanda impellente della sua meta e del suo fine. la lettera agli Efesini descrive tutto ciò con una serie di quattro concetti strettamente correlativi l’uno all’altro. Essa parla di redenzione. Parla di eredità, cioè del fatto che tutto apparterrà a tutti, che il mondo ci appartiene. Parla della ricapitolazione dell’universo, del cielo e della terra, quindi della eliminazione dei contrasti e delle inimicizie, dell’unità indivisa, in cui tutti e tutto concorderanno: questa è la redenzione. Ma come si verificherà tutto ciò? La lettera dice – e lo dice tre volte a mo’ d’un ritornello che da il tono al tutto – che noi esistiamo : questa è la via. Ove l’uomo ha il coraggio di dimenticarsi e di orientare il suo volto al Creatore, lì segue il resto: l’eredità, l’unità, la redenzione. Francesco d’Assisi non è forse l’esempio luminoso delle verità di questa affermazione apparentemente fin troppo semplice? Ove Dio non viene più lodato, tutto il resto va in rovina. Solo se ricominciamo a volgere di nuovo il nostro sguardo a lui, a liberarci dall’incapsulamento in noi stessi, la nostra paralisi ha fine e può irrompere in noi la redenzione.

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