LA SAPIENZA PREESISTENTE NELLA LETTERATURA PAOLINA (Cor; Gal;) (PRIMA PARTE)

LA SAPIENZA PREESISTENTE NELLA LETTERATURA PAOLINA

il libro dal quale traggo questo stralcio di studi su San Paolo è stato scritto dal Prof. Marco Nobile nel 1993, Padre Marco, è stato mio professore di studi sull’Antico Testamento, ormai diversi anni fa, lo scrivo non per me, ho dimenticato anche troppe cose, purtroppo, ma perché i corsi fatti con lui sono tra i più bei ricordi degli anni di studio nelle facoltà teologiche, vi sono diverse citazioni in greco che non posso mettere perché il programma del Blog non lo consente, ma sono tradotte in italiano, inoltre a me non piace molto la traslitterazione, è possibile per chi conosce il greco seguire il commento sul testo originale; divido il testo su due o tre post;

Nobile M., Premesse anticotestamentarie di cristologia, Pontificium Athenaem Antonianum Romae 1993

per un’introduzione breve ai libri sapienziali dell’Antico Testamento vedere:

http://www.bibbiaedu.it/versioneCEI_1974/index.html

un po’ più approfondito (Prof. G. Ghirlanda) in:

http://www.lasacrabibbia.com/LIBRI%20SAPIENZIALI.htm

da questo ultimo sito stralcio la presentazione della « Sapienza personificata »:

« La sapienza personificata

Accolta e sviluppatasi all’interno dell’esperienza storica e religiosa d’Israele, la sapienza, dopo l’esilio, tende a essere considerata come una realtà a sé, distinta da Dio e dall’uomo; in altre parole, subisce un processo di personificazione. I saggi, oltre alla sapienza proverbiale che può regolare con certo successo la vita dell’uomo, rilevano e ammirano una sapienza che traspare dall’ordine, dall’armonia e movimento dell’universo (Gn 1 lo fa con linguaggio catechistico; i Salmi 8, 19, 104 col linguaggio della preghiera). La stessa legge, che era stata il vaglio della sapienza contro possibili deviazioni, viene presentata, nella parte più recente del Deuteronomio (secolo VI/V), come un insieme di norme così «sapienti» da suscitare l’ammirazione degli altri popoli per Israele, depositario di un tale patrimonio, Dt 4,5-8. Il Siracide porterà a termine questo processo di assimilazione identificando semplicemente la sapienza con la legge dell’Altissimo, 24,22. I saggi parlano della sapienza che presiede alla creazione, Pro 8,30, della sapienza che pone la sua dimora in Israele sotto forma di legge, Sir 24,8, senza alcuna specificazione: è sempre la stessa sapienza che porta l’uomo all’incontro con l’universo di Dio e all’incontro col Dio dell’universo. La messa in scena della sapienza come una persona, più che una speculazione su un attributo di Dio o l’anticipazione di una pluralità di persone in Dio (che sarà rivelata nel Nuovo Testamento), indica la preziosità e l’autorità di questa sapienza (cfr. il caso simile della personificazione letteraria della parola di Dio, per esempio in Is 55,10-11). Essa invita alla sua mensa, Pro 9,1-6, e minaccia chi la respinge, perché dalla sua accoglienza o rifiuto dipendono la vita o la morte, Pro 8,35-36; cfr. Dt 30,15. La sua misteriosità e irreperibilità per l’uomo, Gb 28; Bar 3,15.31, sottolineano che solo Dio la possiede e può inviarla come compagna e amica dell’uomo. Per questo il Siracide e l’autore del libro della Sapienza si rivolgono a Dio con la preghiera per ottenerla, Sir 39,5-6; Sap 8,21; infatti «per quanto uno tra i figli degli uomini sia perfetto, se gli manca la sapienza che viene da te, come un nulla sarà considerato», Sap 9,6. Essa non irrompe con prepotenza nella vita dell’uomo come la parola profetica (cfr. Am 3,8; 7,15; Ger 20,7-10), ma chiama a una collaborazione più libera e responsabile, diuturna e impegnativa (cfr. Sir 39,1-11). Risultato di tale collaborazione è la nuova forma che assume la parola che Dio continua a rivolgere a Israele, con linguaggio accessibile anche fuori d’Israele. Al di là del genere celebrativo encomiastico e della personificazione letteraria, i testi che esaltano la sapienza che viene da Dio, Pro 8,12-36; Gb 28; Sir 24,1-27; Sap 7,22-30, esprimono un’esperienza di fede, perché essa è frutto di preghiera, di meditazione assidua sulla «parola» che Israele già possedeva, e di una illuminazione di Dio. Mediante questa mentalità sapienziale Israele, attraverso l’opera dei suoi saggi, si riappropria anche del suo passato storico, vedendo la sapienza di Dio all’opera nella vita dei grandi personaggi del passato, Sir 44-50, o alla guida del popolo nel periodo più significativo della sua storia: l’esodo, Sap 10-12; 16-19. Queste «riletture» del passato, profondamente diverse nelle loro modalità specifiche, convengono nella loro funzione sapienziale di ammaestramento per il presente e segnano un ulteriore passo verso una visione globale del patrimonio religioso e legislativo, storico e culturale d’Israele che i saggi sembrano voler proporre sotto il nome prestigioso di sapienza. Il Siracide, 24,10, cercherà di integrare in questa visione globale anche il culto, così assente dalla letteratura sapienziale, proponendo la sapienza quasi come l’artefice delle celebrazioni liturgiche d’Israele nel tabernacolo del deserto e nel tempio di Gerusalemme; in altri termini, vedendo nella prassi cultuale, regolata dalla legge, una saggia impostazione del rapporto dell’uomo con Dio, da cui non si può prescindere. Le entusiastiche presentazioni di Aronne e del sommo sacerdote Simeone II, Sir 45,6-22; 50,1-21, testimoniano un attaccamento al culto e al sacerdozio che, nel contesto sapienziale, va oltre l’istituzione come tale e li considera come parte integrante di quella sapienza che scende da Dio e ha trovato in Israele la sua dimora, Sir 24,8. « 

il testo di Padre Marco Nobile:

(scrivo qualcosa dall’indice perché alcuni libri dell’Antico Testamento utilizzati nella parte che propongo alla lettura sono citati nella prima parte e posso essere letti dalla Bibbia per maggiore comprensione)

Capitolo Primo:

Figure all’origine di traiettorie teologiche nell’Antico Testamento

3 parti:

a. La rivelazione biblica veterotestamentaria come storia

b. La rivelazione biblica veterotestamentaria come profezia

c. La rivelazione biblica veterotestamentaria come canto, preghiera e sapienza

Capitolo secondo:

L’epoca del giudaismo primevo, recipiente di rielaborazione dell’Antico Testamento

Inquadramenti:

a. La sapienza preesistente

- Giobbe 28

- Proverbi 8

- Sapienza 7-9

- Aristobulo

- Filone di Alessandria

- Testi apocalittici

b. La Sapienza-Torà preesistente

- nel nascente giudaismo

- Siracide 1,24

- Baruc 3-4

c. La Sapienza e il Messia preesistente

- Mic 5, 1-3

- Salmo 110

- Salmo 72

- Enoc Etiopico

- Apocalisse siriaca di Baruc e 4Esdra

segue….

Capitolo terzo

a. la tradizione sinottica

b La sapienza preesistente nella letteratura paolina

c. il Salvatore preesistente di Gv 1,1-8

conclusione del libro

« LA SAPIENZA PREESISTENTE NELLA LETTERATURA PAOLINA

(pagg. 101-118)

Il motivo della Sapienza preesistente è conosciuto da Paolo ed è ben presente nelle sue lettere. In questo saggio vi si può solo accennare.

1Cor 2,7s

In questi versetti, Paolo, polemizzando con i Corinti, vogliosi di sapienza umana, afferma con forza che la sapienza vera, di cui lui parla, è la sophia theou (sapienza di Dio), un mistero (notare la relazione del concetto di misterion (greco) con la sapienza, concezione cara all’apocalittica) …nascosto fin dagli inizi del tempo a gloria dei redenti, un mistero che i principi di questo modo non hanno conosciuto, altrimenti non avrebbero crocifisso il Signore della gloria: La Sapienza preesistente viene messa in relazione al Gesù crocifisso, anzi con lui identificata (precedentemente, in 3,30, Paolo aveva affermato che il Cristo è diventato per noi sapienza). In tal modo, la speculazione sulla Sapienza mostra di essere servita per l’interpretazione apocalittico-soteriologica della morte storica di Gesù. Sulla base, poi, della assimilazione sapienza-spirito…Paolo afferma nel v. 10 che chi ha rivelato il mistero ai credenti è lo spirito: , e aggiunge più avanti: ha conosciuto il pensiero del Signore, da dargli lezione (Is 40, 13)? Ora, noi abbiamo la mente (greco) di Cristo> (vv. 15-16).

Come risulta evidente, Paolo, con le sue argomentazioni, crea una sequenza di contiguità e di assimilazioni: Cristo-Sapienza-Spirito conoscitore dei misteri-apprendimento, ad opera dello Spirito (greco), il quale possiede la stessa di Cristo.

Paolo, adoperando concezioni correnti, le ha trasfigurate nel nuovo pensiero: la sua cristologia.

1Cor 8, 4-6

Nel contesto della difesa dell’unico Dio conto la molteplicità degli idoli, Paolo afferma che non vi è altro Dio se non il Padre (da cui s’inferisce indirettamente la figliolanza divina di Gesù) dal quale tutto proviene, e un solo Signore, Gesù, mediante il quale sono tutte le cose e noi stessi (greco).

Questa espressione che, prima di Cristo sarebbe stata adoperata per la Sapienza viene ora riferita a lui. Sapienza preesistente. Lo… (autore) scorge in questo passo non tanto un’invenzione paolina, quanto piuttosto una dottrina oramai consolidata, appartenente al Kerigma cristiano originario …

1Cor 10, 1-11

In questo riferimento ad un teologico, tipico del tempo di Paolo, cioè l’Esodo nelle varie interpretazioni correnti, l’apostolo dice che la roccia da cui era scaturita l’acqua del deserto era Cristo: (greco) (v 4). per avere un qualche testimonianza del retroterra da cui Paolo può aver attinto materiale per le sue argomentazioni, bisogna considerare testi come quello di Filone, il quale, trattando lo stesso in Quod deterius potiori insidiari soleat 115-116, afferma che la roccia era la sapienza di Dio:

Questo retroterra concettuale è però presente anche nella letteratura rabbinica dove alla sapienza di frequente viene sostituita la Torà (cfr Mekh a Es 13,7 e 15,25).

Paolo, quindi, pregno di quest’ordine di idee, ha operato un passaggio dalla concezione corrente della roccia-sapienza, alla roccia-Cristo.

Gal 4,4s

.

In questo passo paolino, si ha una splendida testimonianza di quanto noi andiamo trattando. La (greco) ricrea il quadro apocalittico del punto di arrivo ultimo della traiettoria storico-salvifica partita dai primordi (cfr. 1Cor 2,7s), mentre l’invio del figlio da parte di Dio Padre evoca la discesa della Sapienza dal trono celeste sulla terra (Sir 24; Sap 9). Interessante è il processo di personalizzazione operato da Paolo: il Figlio (Sapienza), inviato da Dio, è nato da una donna, sotto il regime della legge. Quell’ordine d’idee allora corrente attorno alla Sapienza, è stato personalizzato nella figura del Gesù storico, aprendo la strada al concetto fondamentale d’incarnazione. L’assunzione del corpo umano, della , da parte di Dio, è un elemento di vitale importanza per il pensiero di Paolo, come dimostra anche Rm 8,3: Dio avendo inviato il proprio Figlio in uno stato di affinità con la carne del peccato e per il peccato, condannò il peccato nella carne>. Qui l’invio del Figlio come incarnazione, data la valenza negativa del concetto di sarx (carne), è da intendere come una parabola discendente di umiliazione, nel senso di Fil 2,7: <...ma svuotò se stesso, prendendo natura di servo, diventando simile agli uomini; ed essendo come uomo, si umiliò, facendosi obbediente...>

Che anche nel passo che stiamo considerando, Gal4,4s, l’incarnazione abbia quella connotazione negativa, lo si deduce dalla sua relazione con il regime non salvifico della legge. E qui si inserisce la connotazione soteriologica della speculazione sapienziale attorno al destino di Gesù. L’umiliazione e incarnazione del Figlio di Dio sotto il regime della legge, sono state operate per il riscatto dei credenti, quindi per la loro libertà dalla legge e per ricevere la figliolanza (greco) divina.

SEGUE SU ALTRO POST, SCRIVO (SECONDA PARTE)

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