MONS. GIANFRANCO RAVASI: SÒSTENE, COLLABORATORE DI S. PAOLO (1Cor; Atti)
dal sito:
http://www.novena.it/ravasi/2005/032005.htm
MONS. GIANFRANCO RAVASI (2005)
SÒSTENE, COLLABORATORE DI S. PAOLO (1Cor; Atti)
«Paolo, chiamato a essere apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, alla chiesa di Dio che è in Corinto…».
Si apre con queste parole, che costituiscono la cosiddetta subscriptio o titolatura epistolare, la prima Lettera di san Paolo ai Corinzi che proprio in questa domenica si inizia a leggere nella liturgia. Abbiamo, così, deciso di far emergere questo oscuro personaggio, in greco Sosthénes, tradotto in Sòstene, una figura attorno alla quale ruota un piccolo e irrisolto enigma.
Se, infatti, prendiamo in mano il racconto che Luca fa, negli Atti degli Apostoli, del soggiorno di Paolo a Corinto, scopriamo questa informazione: quando l’Apostolo fu deferito dagli ebrei residenti in quella città greca al tribunale romano presieduto da Gallione, dopo la sua assoluzione e messa in libertà, i giudei « afferrarono Sòstene, capo della sinagoga, e lo percossero davanti al tribunale » (18,17).
Tuttavia lo stesso Luca, poche righe prima, parlava di unaltro «capo della sinagoga, Crispo», che « aveva creduto nel Signore assieme a tutta la sua famiglia » (18,8).
Ecco, allora, l’enigma: chi era questo Sòstene? Era un altro nome di Crispo? Oppure era un altro ebreo a capo di un’altra sinagoga di Corinto? È da identificare col Sòstene che si incontra nell’apertura della Lettera sopra citata? Alcuni hanno appunto ipotizzato un unico personaggio che, una volta convertito, si sarebbe con passione schierato dalla parte di Paolo, tanto da divenire una sorta di « co-autore » della prima Lettera ai Connzi, collaboratore fedele dell’Apostolo. Ora, Paolo scrive la sua epistola da Efeso (16,8), che è nell’attuale Turchia: come può Sèstene co-firmare lo scritto? Forse egli si era recato in visita a Paolo con quella delegazione corinzia che è evocata proprio nella finale della Lettera: « Io mi rallegro della visita di Stefana, di Fortunato e di Acaico, i quali hanno supplito alla vostra assenza; essi hanno allietato il mio spirito e allieteranno anche il vostro » (16,17-18).
Forse, per la sua autorevolezza di ex-capo della sinagoga, egli presiedeva la delegazione e, così, Paolo l’aveva associato a sé nella stesura del testo che voleva destinare alla Chiesa corinzia, una comunità piuttosto turbolenta che aveva creato non pochi problemi all’Apostolo, come si riesce a dedurre dalla seconda Lettera che a essi Paolo in seguito indirizzerà. Sta di fatto che gli scritti paolini non mancano di far emergere nomi e volti di cristiani che partecipavano alla testimonianza e alla missione di evangelizzazione.
Così, vorremmo almeno far emergere quella Cloe che fa capolino poche righe dopo nella stessa Lettera (quelle che verranno lette la prossima domenica).
« Mi è stato segnalato », scrive Paolo, « dalla gente di Cloe che vi sono discordie tra voi » (1,1 1).
Probabilmente Cloe era un’imprenditrice che aveva traffici mercantili tra Corinto ed Efeso: era stata lei, attraverso i suoi dipendenti, a comunicare all’Apostolo la grave situazione di lacerazione in cui versava la Chiesa di Corinto. Era venuta da lei la spinta ideale alla risposta che Paolo e Sòstene avevano approntato per i cristiani corinzi.

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