SAN PAOLO STUDI, MEDITAZIONI, PREGHIERE

 

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Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. 2 E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. 3 E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. 4 La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, 5 non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, 6 non gode dell`ingiustizia, ma si compiace della verità. 7 Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. 8 La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. 9 La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. 10 Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. 11 Quand`ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l`ho abbandonato. 12 Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch`io sono conosciuto. 13 Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità

ICorinzi 13,1-13;

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Mons Gianfranco Ravasi:

http://lapaginadisanpaolo.unblog.fr/2008/03/12/mons-gianfrano-ravasi-inno-alla-carita-1cor-13/

 

Publié dans : ANNO PAOLINO | le 9 mars, 2008 |29 Commentaires »

LINK PER LE LETTURE DELLA MESSA DEL GIORNO; LINK A LITURGIA DELLE ORE E COMMENTI

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(Beato Angelico)

METTO IL LINK AL SITO « EAQ » TROVERETE LE LETTURE DEL GIORNO, IL COMMENTO ALLE LETTURE E, VOLENDO, POTETE SCORRERE E LEGGERE LE LETTURE DEI GIORNI PRECEDENTI E QUELLI SUCCESSIVI A QUELLO DEL GIORNO IN CORSO, TROVERETE LA VERSIONE FRANCESE, A DESTRA C’È IL COLLEGAMENTO ALLE VERSIONI IN ALTRE LINGUE COMPRESO L’ITALIANO:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php

 CALENDARIO LITURGICO ANNUALE-MENSILE:

http://www.lachiesa.it/liturgia/

LETTURE DI, E SU, SAN PAOLO NELLA LITURGIA DELLE ORE E COMMENTI:

http://lapaginadisanpaolo.unblog.fr/tag/leture-di-san-paolo-nella-oliturgia-del-giorno/

PER I SANTI, COLLEGAMENTO:

LINK PER LE LETTURE DELLA MESSA DEL GIORNO; LINK A LITURGIA DELLE ORE E COMMENTI dans LITURGIA DEL GIORNO logosanti1

LITURGIA DELLE ORE, COLLEGAMENTO DIRETTO ALLA LITURGIA APPROPRIATA ALL’ORA NELLA QUALE SI APRE IL SITO « LA CHIESA IT »:

http://www.liturgiadelleore.it/ 

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San Paolo in meditazione (Rembrant)
LA PREGHIERA IN SAN PAOLO

scritti sulla preghiera, questo è il link a tutte e quattro le sottocategorie, come vedete in « categorie »:

http://lapaginadisanpaolo.unblog.fr/tag/la-preghiera-in-san-paolo/

scritti sulla preghiera, questo è il link alla sola categoria « preghiere e meditazioni »:

http://lapaginadisanpaolo.unblog.fr/tag/la-preghiera-in-san-paolo/preghiere-e-poemi-italiano-inglese-francese/

PREGHIERE A SAN PAOLO
del Beato Alberione (1884 1971) fondatore della Famiglia Paolina, PDF:

http://www.paoline.it/download/preghiere_san-paolo_alberione_paoline08.pdf

Publié dans : LITURGIA DEL GIORNO | le 9 mars, 2008 |1 Commentaire »

L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto.

paolo

Publié dans : immagini sacre | le 1 octobre, 2021 |Pas de Commentaires »

OMELIA (03-10-2021)

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/54545.html

OMELIA (03-10-2021)

Missionari della Via

Il testo di oggi non va letto in chiave moralistica. È un vangelo, un lieto annuncio: Gesù ci aiuta a riscoprire il disegno d’amore di Dio sull’amore tra uomo e donna, amore chiamato ad essere fedele e indissolubile; e, soprattutto, Gesù ci rende capaci di viverlo.

Viene posta a Gesù una domanda: «È lecito per un marito ripudiare la propria moglie?» (vv. 2-4). La legge di Mosè accordava al marito di poter rimandare la moglie se avesse trovato in lei «un fatto indecoroso» (Dt 24,1). Al tempo di Gesù, il senso di questa espressione era oggetto di discussione tra due scuole rabbiniche: quella rigorista, di Shammai, che riconosceva legittimo motivo di ripudio solo il caso di adulterio (= tradimento) da parte della moglie; e quella lassista, di Hillel, che ammetteva come valido qualsiasi motivo, anche il più futile. Gesù non si lascia coinvolgere nelle dispute di scuola e riporta l’uomo alla santità dell’origine. Mosè ha permesso il ripudio per la durezza del cuore (in greco sklerokardìa, vale a dire all’incapacità umana di intendere e fare la volontà di Dio, di amare sino in fondo). Il problema non è cambiare la regola del matrimonio, ma il cuore. Dio aveva offerto la sua alleanza e dato le sue dieci parole per viverla, tra cui: non commettere adulterio.

L’uomo lo sapeva ma non riusciva a viverlo. Infedeltà, incostanza, amore possessivo minavano – e minano – il rapporto di coppia. L’annuncio di Gesù non è tanto: il divorzio è proibito ma vi dono un cuore nuovo, capace di amare in modo eterno, fedele e fecondo, superando divisioni, antagonismi e gelosie. Ecco perché Dio viene in Gesù: per riportarci all’origine e renderci capaci di vivere la santità dell’origine. «All’inizio del mondo…i due lasceranno e saranno una carne sola. L’uomo non separi ciò che Dio ha unito».

«Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra… e se lei, ripudiato il marito ne sposa un altro commette adulterio» (vv. 11-12). Donna ed uomo sono messi sullo stesso piano. Non è solo la donna colpevole di adulterio verso il marito, ma anche il marito si rende colpevole di adulterio se rimanda la propria moglie e prende un’altra. Così Gesù riporta l’uomo e la donna a riscoprire la loro pari dignità e responsabilità nel costruire una relazione d’amore, per vivere quella vocazione meravigliosa al matrimonio che è via al cielo. L’uno per l’altra sono questa via, segnaposto di quell’Altro che li conduce e infonde loro forza di amare. Perché dunque il matrimonio è eterno? Perché dobbiamo vivere legati a una catena? No, perché il Signore ci ha amato così: per sempre, totalmente, fedelmente, fino in fondo. Questa è la verità dell’amore. E in Lui facciamo esperienza dell’essere amati indissolubilmente, accolti, perdonati. E in lui diventiamo capaci di farlo, guarendo quel cuore ferito dal peccato originale che tende a vivere per se stesso, donandosi fino ad un certo punto, « finché la barca va ».

L’indissolubilità è dono della croce di Cristo, non esisteva nel mondo giudaico, nel mondo greco e romano. È un dono di Cristo, legato alla sua risurrezione, non a una pretesa sulla natura umana. L’uomo da solo non può: lo desidera, ci prova, ma senza Cristo, fino in fondo non ci riesce. Lui è venuto a donarci il suo Spirito e con esso, un cuore nuovo! Per vivere tutto ciò è importante vivere un cammino umano e spirituale serio: preghiera, sacramenti, confessione. Lo scarta-vetramento dell’egoismo dal cuore dura tutta la vita. E poi dedicarsi tempo, ascoltarsi, dire i propri bisogni andando incontro a quelli del coniuge, comunicarsi amore, non trascurando i piccoli gesti. E se si attraversano momenti difficili non scoraggiarsi ma affrontarli, lasciandosi anche aiutare se necessario. «Gli presentavano dei bambini perché li toccasse» (vv. 13-16). I discepoli non volevano; per la mentalità del tempo i bambini erano « ultimi », senza diritti, un impaccio. Gesù si sdegna invitandoli a lasciare che i bambini vengano a lui; e non solo, ma li chiama (e ci chiama) ad imparare dalla loro spontaneità nel rapporto con lui, dalla loro fiducia pronta e semplice, capaci di accogliere il regno non come una conquista ma come un regalo. La «logica» su cui è fondato il vincolo matrimoniale è la stessa che si richiede per entrare nel regno di Dio: i bambini sono simbolo di questa logica, che non si ostina a far valere i propri diritti o a misurare i torti degli altri, che non persegue secondi fini, né avanza pretese, ma si affida a Dio con assoluta semplicità filiale e accoglie lui e l’altro come un dono.

Publié dans : OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ | le 1 octobre, 2021 |Pas de Commentaires »

San Paolo Apostolo

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Publié dans : immagini sacre | le 13 septembre, 2021 |Pas de Commentaires »

PAPA FRANCESCO – UDIENZA GENERALE – 18 agosto 2021 – Catechesi sulla Lettera ai Galati – 5. Il valore propedeutico della Legge

https://www.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2021/documents/papa-francesco_20210818_udienza-generale.html

PAPA FRANCESCO – UDIENZA GENERALE – 18 agosto 2021 – Catechesi sulla Lettera ai Galati – 5. Il valore propedeutico della Legge

Aula Paolo VI

Fratelli e sorelle, buongiorno!

San Paolo, innamorato di Gesù Cristo e che aveva capito bene cosa fosse la salvezza, ci ha insegnato che i «figli della promessa» (Gal 4,28) – cioè tutti noi, giustificati da Gesù Cristo -, non stanno sotto il vincolo della Legge, ma sono chiamati allo stile di vita impegnativo nella libertà del Vangelo. La Legge, però, esiste. Ma esiste con un altro modo: la stessa Legge, i Dieci Comandamenti, ma con un altro modo, perché da se stessa non può giustificare una volta che è venuto il Signore Gesù. E perciò, nella catechesi di oggi io vorrei spiegare questo. E ci chiediamo: qual è, secondo la Lettera ai Galati, il ruolo della Legge? Nel brano che abbiamo ascoltato, Paolo sostiene che la Legge è stata come un pedagogo. È una bella immagine, quella del pedagogo di cui abbiamo parlato nell’udienza scorsa, un’immagine che merita di essere compresa nel suo giusto significato.

L’Apostolo sembra suggerire ai cristiani di dividere la storia della salvezza in due, e anche la sua storia personale. Sono due i momenti: prima di essere diventati credenti in Cristo Gesù e dopo avere ricevuto la fede. Al centro si pone l’evento della morte e risurrezione di Gesù, che Paolo ha predicato per suscitare la fede nel Figlio di Dio, fonte di salvezza e in Cristo Gesù noi siamo giustificati. Siamo giustificati per la gratuità della fede in Cristo Gesù. Dunque, a partire dalla fede in Cristo c’è un “prima” e un “dopo” nei confronti della stessa Legge, perché la legge c’è, i Comandamenti ci sono, ma c’è un atteggiamento prima della venuta di Gesù e poi dopo. La storia precedente è determinata dall’essere “sotto la Legge”. E chi andava sulla strada della Legge si salvava, era giustificato; quella successiva – dopo la venuta di Gesù – va vissuta seguendo lo Spirito Santo (cfr Gal 5,25). È la prima volta che Paolo utilizza questa espressione: essere “sotto la Legge”. Il significato sotteso comporta l’idea di un asservimento negativo, tipico degli schiavi: “essere sotto”. L’Apostolo lo esplicita dicendo che quando si è “sotto la Legge” si è come dei “sorvegliati” e dei “rinchiusi”, una specie di custodia preventiva. Questo tempo, dice San Paolo, è durato a lungo – da Mosè, alla venuta di Gesù -, e si perpetua finché si vive nel peccato.

La relazione tra la Legge e il peccato verrà esposta in maniera più sistematica dall’Apostolo nella sua Lettera ai Romani, scritta pochi anni dopo quella ai Galati. In sintesi, la Legge porta a definire la trasgressione e a rendere le persone consapevoli del proprio peccato: “Hai fatto questo, pertanto la Legge – i Dieci Comandamenti – dice questo: tu sei in peccato”. Anzi, come insegna l’esperienza comune, il precetto finisce per stimolare la trasgressione. Scrive così nella Lettera ai Romani: «Quando eravamo nella debolezza della carne, le passioni peccaminose, stimolate dalla Legge, si scatenavano nelle nostre membra al fine di portare frutti per la morte. Ora invece, morti a ciò che ci teneva prigionieri, siamo stati liberati dalla Legge» (7,5-6). Perché? Perché è venuta la giustificazione di Gesù Cristo. Paolo fissa la sua visione della Legge: «Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge» (1 Cor 15,56). Un dialogo: tu sei sotto la Legge, e sei lì con la porta aperta al peccato.

In questo contesto acquista il suo senso pieno il riferimento al ruolo pedagogico svolto dalla Legge. Ma la Legge è il pedagogo, che ti porta, dove? A Gesù. Nel sistema scolastico dell’antichità il pedagogo non aveva la funzione che oggi noi gli attribuiamo, vale a dire quella di sostenere l’educazione di un ragazzo o di una ragazza. All’epoca, si trattava invece di uno schiavo che aveva l’incarico di accompagnare dal maestro il figlio del padrone e poi riportarlo a casa. Doveva così proteggerlo dai pericoli, sorvegliarlo perché non assumesse comportamenti scorretti. La sua funzione era piuttosto disciplinare. Quando il ragazzo diventava adulto, il pedagogo cessava dalle sue funzioni. Il pedagogo al quale si riferisce Paolo, non era l’insegnante, ma era quello che accompagnava a scuola, sorvegliava il ragazzo e lo portava a casa.

Riferirsi alla Legge in questi termini permette a San Paolo di chiarificare la funzione da essa svolta nella storia di Israele. La Torah, cioè la Legge, era stata un atto di magnanimità da parte di Dio nei confronti del suo popolo. Dopo l’elezione di Abramo, l’altro atto grande è stata la Legge: fissare la strada per andare avanti. Certamente aveva avuto delle funzioni restrittive, ma nello stesso tempo aveva protetto il popolo, lo aveva educato, disciplinato e sostenuto nella sua debolezza, soprattutto la protezione davanti al paganesimo; c’erano tanti atteggiamenti pagani in quei tempi. La Torah dice: “C’è un unico Dio e ci ha messo in cammino”. Un atto di bontà del Signore. E certamente, come avevo detto, aveva avuto delle funzioni restrittive, ma nello stesso tempo aveva protetto il popolo, lo aveva educato, lo aveva disciplinato, lo aveva sostenuto nella sua debolezza. È per questo che l’Apostolo si sofferma successivamente nel descrivere la fase dell’età minorenne. E dice così: «Per tutto il tempo che l’erede è fanciullo, non è per nulla differente da uno schiavo, benché sia padrone di tutto, ma dipende da tutori e amministratori fino al termine prestabilito dal padre. Così anche noi, quando eravamo fanciulli, eravamo schiavi degli elementi del mondo» (Gal 4,1-3). Insomma, la convinzione dell’Apostolo è che la Legge possiede certamente una sua funzione positiva – quindi come pedagogo nel portare avanti -, ma è una funzione limitata nel tempo. Non si può estendere la sua durata oltre misura, perché è legata alla maturazione delle persone e alla loro scelta di libertà. Una volta che si giunge alla fede, la Legge esaurisce la sua valenza propedeutica e deve cedere il posto a un’altra autorità. Questo cosa vuol dire? Che finita la Legge noi possiamo dire: “Crediamo in Gesù Cristo e facciamo quello che vogliamo? “No! I Comandamenti ci sono, ma non ci giustificano. Quello che ci giustifica è Gesù Cristo. I Comandamenti si devono osservare, ma non ci danno la giustizia; c’è la gratuità di Gesù Cristo, l’incontro con Gesù Cristo che ci giustifica gratuitamente. Il merito della fede è ricevere Gesù. L’unico merito: aprire il cuore. E che cosa facciamo con i Comandamenti? Dobbiamo osservarli, ma come aiuto all’incontro con Gesù Cristo.

Questo insegnamento sul valore della legge è molto importante e merita di essere considerato con attenzione per non cadere in equivoci e compiere passi falsi. Ci farà bene chiederci se viviamo ancora nel periodo in cui abbiamo bisogno della Legge, o se invece siamo ben consapevoli di aver ricevuto la grazia di essere diventati figli di Dio per vivere nell’amore. Come vivo io? Nella paura che se non faccio questo andrò all’inferno? O vivo anche con quella speranza, con quella gioia della gratuità della salvezza in Gesù Cristo? È una bella domanda. E anche la seconda: disprezzo i Comandamenti? No. Li osservo, ma non come assoluti, perché so che quello che mi giustifica è Gesù Cristo.

Publié dans : PAPA FRANCESCO UDIENZE | le 13 septembre, 2021 |Pas de Commentaires »

Pensieri San Francesco

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Publié dans : 0 pensier | le 12 septembre, 2021 |Pas de Commentaires »

Il Figlio dell’uomo deve molto soffrire.

paolo

Publié dans : immagini sacre | le 10 septembre, 2021 |Pas de Commentaires »

OMELIA (12-09-2021)

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/54359.html

OMELIA (12-09-2021)

mons. Roberto Brunelli

Ecco la via giusta: pensare secondo Dio

La liturgia odierna ci propone un brano del Vangelo secondo Marco (8,27-35): Gesù è in cammino verso Cesarea di Filippo, una città pagana, cioè ormai fuori dal territorio abitato dagli ebrei, e intanto non perde l’occasione di ammaestrare gli apostoli che lo accompagnano, anche per prepararli ai non facili futuri eventi relativi alla sua persona.
In proposito, esordisce con una domanda: « Chi sono io, secondo la gente? » Dalle risposte apprendiamo che egli era visto come uno dei profeti redivivo: Giovanni Battista, da poco fatto decapitare da Erode, o il popolarissimo Elia, per gli ebrei l’emblema stesso dei profeti antichi, o qualcun altro dei grandi uomini mandati da Dio al suo popolo. « E secondo voi, io chi sono? » incalza Gesù, al quale risponde di slancio l’impulsivo Pietro: « Tu sei il Cristo ». Gesù non lo smentisce, perché, chissà quanto consapevolmente, egli ha centrato la verità; ma raccomanda di non dirlo a nessuno.
Non dirlo, almeno per il momento, possiamo supporre che intendesse. Ma perché non dirlo, se era la verità? Perché il termine poteva dare adito a fraintendimenti, ed egli voleva preparare il popolo a comprenderlo nel suo senso autentico. Quello che sarebbe diventato nei secoli l’altro nome di Gesù, suo esclusivo e inscindibile dal primo — lo chiamiamo infatti, e solo lui, Gesù Cristo — è la traduzione greca del termine Messia, con cui gli ebrei designavano il misterioso personaggio annunciato dai profeti come il futuro liberatore del suo popolo.
Le vicende storiche del popolo d’Israele, da secoli dominato da altri (Assiri, Babilonesi, Siriani, Egiziani, Romani), avevano portato a interpretare le profezie come relative a un Messia liberatore politico, in grado di restaurare l’indipendenza dell’antico regno di Davide e Salomone. Non era facile per Gesù far comprendere che l’autentico messaggio dei profeti intendeva una liberazione d’altro genere, più profonda e tutta spirituale; per questo non voleva, rivelandosi di colpo come il Cristo, il Messia atteso, suscitare false speranze e così vanificare la sua opera. Di qui la raccomandazione del silenzio.
Per gli apostoli, tuttavia, era venuta l’ora di avviarli a capire, spiegando loro di non essere un nuovo profeta del Messia venturo, ma proprio il Messia: non un annunciatore ma l’annunciato, e però venuto a fare tutt’altro che una rivoluzione politica. Ecco perché « cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo » (è l’espressione con cui Gesù designava se stesso) « doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere ». Altro che liberare Israele dalla dominazione straniera: i suoi avversari erano piuttosto i capi del suo stesso popolo, i quali avrebbero cercato addirittura di eliminarlo.
Un discorso inaccettabile, per chi aveva del Messia l’idea che si è detto. Ecco allora un nuovo intervento dell’impulsivo Pietro, il quale « lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo ». Pietro non riflette, non cerca di capire e semmai cooperare con il Maestro, ma dà per buona l’opinione corrente e dunque, se egli è il Messia, non deve dire quelle cose!
Ma ovviamente le cose devono andare come preordinato dall’Alto, e non come vorrebbe il popolo, cui Pietro dà voce. Di qui la reazione di Gesù, severissima (paragona Pietro addirittura al demonio) ma ricca di un concetto prezioso, di validità universale e perenne: « Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini ».
Pensare secondo Dio: per un uomo, per un cristiano, sta qui il più alto titolo di gloria; questa dovrebbe essere la sua maggiore aspirazione: consapevole delle grandi potenzialità ma anche dei limiti della sua intelligenza, l’uomo dovrebbe impegnarla non a cercare caparbiamente di realizzare le proprie vedute, ma a capire e attuare la volontà di Chi non può sbagliare, e vuole soltanto il nostro vero, autentico bene.

Publié dans : OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ | le 10 septembre, 2021 |Pas de Commentaires »
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